Ihr laßt Euch morgen, wie wir
gestern, schlachten.
Vier Jahre Mord, und dann ein
schön Geläute!
Ihr geht vorbei und denkt: sie
schlafen fest.
Vier Jahre Mord, und ein paar
Kränze heute!
Verlaßt Euch nie auf Gott und
seine Leute!
Verdammt, wenn Ihr das je vergeßt!
Erich Kästner
aus:
R.W.Leonhardt (Hrsg.): Kästner für
Erwachsene; S. Fischer/Atrium '66
traduzione
italiana a cura di Italo Slavo
NEL CUORE DEL MIO MONDO
(19/10/2005)
C'č una piazza
grande, come un grande lago
dove si specchiano a miriadi
le foglie
rosse fuoco dell'autunno:
nel cuore del mio mondo
č la piazza Tien An Men
Al centro della piazza sta il
corpo
immobile, del presidente Mao.
E sciamano milioni di cinesi:
bambini della scuola che
salutano contenti
famiglie di provincia,
curiosi, da ogni angolo
del continente Cina, anziani,
studenti, tassisti, donne e
proletari
e giovani soldati dell'Armata
Popolare
Al centro della piazza č
fermo il corpo
immobile, del presidente Mao.
Nel cuore del mio mondo č la
piazza Tien An Men
grande, come un grande lago
dove si specchiano a miriadi
le bandiere
rosse fuoco dell'autunno.
Veicoli a motore e
fotocamere, o fiori, vento
e sposini di provincia,
comitive, contadini
e milioni di cinesi
in ogni istante sanno
che al centro della piazza
immobile, č il presidente
Mao.
Nel cuore del mio mondo
č la piazza Tien An Men
con il volto
immobile, del presidente Mao:
tra ali di milioni di cinesi
e proletari
al centro della piazza
nel palazzo memoriale
tra milioni di cinesi
proletari
sorvegliato da picchetti di
uniformi popolari
di rivoluzionari
da filari militari di
bandiere sventolanti rosse fuoco
al centro del palazzo
memoriale
che č al centro della piazza
al centro della Cina
nel cuore del mio mondo
sta il corpo
immobile, del presidente Mao.
Italo Slavo
Lob
der Dialektik
Das Unrecht geht heute einher mit
sicherem Schritt.
Die Unterdrücker richten sich ein
auf zehntausend Jahre.
Die Gewalt versichert: So, wie es
ist, bleibt es.
Keine Stimme ertönt ausser der
Stimme der Herrschenden
Und auf den Märkten sagt die
Ausbeutung laut: Jetzt beginne ich
erst.
Aber von den Unterdrückten sagen
viele jetzt:
Was wir wollen, geht niemals.
Wer noch lebt, sage nicht:
niemals!
Das Sichere ist nicht sicher.
So, wie es ist, bleibt es nicht.
Wenn die Herrschenden gesprochen
haben
Werden die Beherrschten sprechen.
Wer wagt zu sagen: niemals?
An wem liegt es, wenn die
Unterdrückung bleibt? An uns.
An wem liegt es, wenn sie
zerbrochen wird? Ebenfalls an uns.
Wer niedergeschlagen wird, der
erhebe sich!
Wer verloren ist, kämpfe!
Wer seine Lage erkannt hat, wie
soll der aufzuhalten sein?
Denn die Besiegten von heute sind
die Sieger von morgen
Und aus Niemals wird: Heute noch!
Lode
della dialettica
L'ingiustizia oggi cammina con
passo sicuro.
Gli oppressori si fondano su
diecimila anni.
La violenza garantisce: Com'č,
cosě resterŕ.
Nessuna voce risuona tranne la
voce di chi comanda
e sui mercati lo sfruttamento dice
alto: solo ora io comincio.
Ma fra gli oppressi molti dicono
ora:
quel che vogliamo, non verrŕ mai.
Chi ancora č vivo non dica: mai!
Quel che č sicuro non č sicuro.
Com'č, cosě non resterŕ.
Quando chi comanda avrŕ parlato,
parleranno i comandati.
Chi osa dire: mai?
A chi si deve, se dura
l'oppressione? A noi.
A chi si deve, se sarŕ spezzata?
Sempre a noi.
Chi viene abbattuto, si alzi!
Chi č perduto, combatta!
Chi
ha conosciuto la sua condizione,
come lo si potrŕ fermare?
Perché i vinti di oggi sono i
vincitori di domani
e il mai diventa: oggi!
Bertold Brecht traduz.
italiana di Franco Fortini
LOB DER
PARTEI
Der Einzelne hat zwei Augen
Die Partei hat tausend Augen.
Die Partei sieht sieben Staaten
Der Einzelne sieht eine Stadt.
Der Einzelne hat seine Stunde,
Aber die Partei hat viele Stunden.
Der Einzelne kann vernichtet werden,
Aber die Partei kann nicht vernichtet
werden.
Denn sie ist der Vortrupp der Massen
Und führt ihren Kampf
Mit den Methoden der Klassiker, welche
geschöpft sind
Aus der Kenntnis der Wirklichkeit.
aus:
Bertolt Brecht, "Die Maßnahme.
Lehrstück.", Wien, Leipzig, 1931
LODE DELL'IMPARARE
Impara quel che č piů semplice! Per
quelli
il cui tempo č venuto
non č mai troppo tardi!
Impara l'abc; non basta, ma
imparalo! E non ti venga a noia!
Comincia! Devi sapere tutto, tu!
Tu devi prendere il potere.
Impara, uomo all'ospizio!
Impara, uomo in prigione!
Impara, donna in cucina!
Impara, sessantenne!
Tu devi prendere il poter.
Frequenta la scuola, senzatetto!
Acquista il sapere, tu che hai
freddo!
Affamato, afferra il libro: č
un'arma.
Tu devi prendere il potere!
Non avere paura di chiedere,
compagno!
Non lasciarti influenzare,
verifica tu stesso!
Quel che non sai tu stesso,
non lo saprai.
Controlla il conto,
sei tu che devi pagare.
Punta il dito su ogni voce,
chiedi: e questo perché?
Tu devi prendere il potere.
LOB DES LERNENS
Lerne das Einfachste! Für die,
Deren Zeit gekommen ist,
Ist es nie zu spät!
Lerne das Abc, es genügt nicht, aber
Lerne es! Laß dich nicht verdrießen!
Fang an! Du mußt alles wissen!
Du mußt die Führung übernehmen.
Lerne, Mann im Asyl!
Lerne, Mann im Gefängnis!
Lerne, Frau in der Küche!
Lerne, Sechzigjährige!
Du mußt die Führung übernehmen.
Suche die Schule auf, Obdachloser!
Verschaffe dir Wissen, Frierender!
Hungriger, greif nach dem Buch: es
ist eine Waffe.
Du mußt die Führung übernehmen.
Scheue dich nicht zu fragen,
Genosse!
Laß dir nichts einreden,
Sieh selber nach!
Was du nicht selber weißt,
Weißt du nicht.
Prüfe die Rechnung
Du mußt sie bezahlen.
Lege den Finger auf jeden Posten,
Frage, wie kommt er hierher?
Du mußt die Führung übernehmen.
Bertold Brecht
WER ABER
IST DIE PARTEI
Wer aber ist die Partei?
Sitzt sie in einem Haus mit Telefonen?
Sind ihre Gedanken geheim, ihre
Entschlüsse unbekannt?
Wer ist sie?
Wir sind sie.
Du und ich und ihr - wir alle.
In deinem Anzug steckt sie, Genosse, und
denkt in deinem Kopf.
Wo ich wohne, ist ihr Haus, und wo du
angegriffen wirst, da kämpft sie.
Zeige uns den Weg, den wir gehen sollen,
und wir
Werden ihn gehen wie du, aber
Gehe nicht ohne uns den richtigen Weg
Ohne uns uns ist er
Der falscheste.
Trenne dich nicht von uns!
Wir können irren, und du kannst recht
haben, also
Trenne dich nicht von uns!
Daß der kurze Weg besser ist als der lange
das leugnet
Keiner
Aber wenn ihn einer weiß
Und vermag ihn uns nicht zu zeigen, was
nützt uns seine
Weisheit
Sei bei uns weise!
Trenne dich nicht von uns!
Bertold Brecht
SLOBO POETA
Guardi
diritto
stando seduto fermo, un poco reclinato
indietro la
scena attorno che
ha perso i connotati del reale
Ti
guardo sconcertato e calmo
oltre la fluorescenza dello schermo, stare
appeso al
proscenio di una sala al neon di un potere
virtuale, o
ad una stanza che
piů che di galera mi suona di ospedale
Trecentomila filtri un
miliardo di intenzioni
infinite recriminazioni
incomprensioni - pallottole - tumori -
distrazioni
e
sbagli ritardi stanchezze corruzioni
vigliacchi ed assassini - rimpianti e
rimozioni il
ricordo di sorrisi, angoscia.
Attraversare in pochi anni una valanga di
emozioni
Guardi diritto chi
usa te come capro d'espiazione del delitto che
ha commesso lui. Angoli bui,
meandri inesplorati della storia
falsa coscienza di chi non usa la memoria. Tu
lo sputi in faccia fiero a
chi ha rinunciato al suo coraggio e
si č accanito su sloboda e primo maggio
(Italo Slavo - gennaio 2001, rev.
gennaio 2004)
LOB
DES REVOLUTIONÄRS
Viele sind zuviel
Wenn sie fort sind, ist
es besser.
Aber wenn er fort ist,
fehlt er.
Er organisiert seinen
Kampf
Um den Lohngroschen,
Um das Teewasser
Und um die Macht im
Staat.
Er fragt das Eigentum:
Woher kommst du?
Er fragt die Ansichten:
Wem nützt ihr?
Wo immer geschwiegen
wird
Dort wird er sprechen
Und wo Unterdrückung
herrscht
und von Schicksal die
Rede ist
Wird er die Namen
nennen.
Wo er sich zu Tisch
setzt
Setzt sich die
Unzufriedenheit zu Tisch
Das Essen wird schlecht
Und als eng wird
erkannt die Kammer.
Wohin sie ihn jagen,
dorthin
Geht der Aufruhr, und
wo er verjagt ist
Bleibt die Unruhe doch.
Bertold Brecht
LODE DELLA
NOSTALGIA
Al
giornalista correct che sputa sulla tua
giovinezza
Al servo
di Bruxelles che ti stupra con perizia
la memoria
diglielo:
bisogna
essere pazzi per non avere nostalgia.
Perchč
non č il passato che ritorna, č il
presente che uccide.
Bisogna
essere falsi per non avere nostalgia:
pazzi,
fanatici, o da falsa identitŕ accecati
da falsa
storia, da false religioni
Da
parole false e suoni muti
da soldi
di Giuda, da stracci di alta moda,
da nuove
borghesie, brave ragazze
troie ed
assassini
-
Europa.
Al
professore scaltro e benpensante
A chi
t'incute oblěo, disprezzo e prostrazione
diglielo.
Seppur
non fosse stata tanto verde, e rossa e
blu
(petokraka,
speranza di chi lotta!)
sarebbe
stata comunque la mia giovinezza:
le
giornate sul mio mare,
le
colonie proletarie
Persino
se non fosse stata vera.
Anche, e
sopratutto per chi non c'era.
La
nostalgia
č
pioniera
della
nuova era.
(Italo Slavo, 18 marzo 2006)
POHVALA NOSTALGIJI
Politički ispravnom novinaru koji
pljuje po tvojoj mladosti, briselskom
sluzi koji obavlja vešto nasilje nad
tvojim sećanjem, ti
lepo reci: treba
se biti lud, pa ne gajiti u sebi
nostalgiju. Jer
se ne radi o vraćanju u prošlost,
već o otporu sadašnjosti koja te
ubija. Trebaš
samog sebe lagati, pa ne gajiti
nostalgiju: kao
što to sebi činite vi ludaci,
fanatici, zaslepljeni od
podražavanja drugih, od
lažne istorije i lažnih religija, od
lažnih reči i muzike bez zvuka, od
Judinog novca, od krpica visoke
mode, od
novih bogataša, kao
što to sebi činite i vi, fine cure,
kurve i ubice -
Evropa. Mudrome
i lukavom profesoru, svakome
ko ti širi zaborav, prezir i jad, ti
lepo reci. Iako
nije baš bila puno zelena, crvena i
plava, (ta
petokraka, zvezda nade pregalaca!) ipak
je to bila moja mladost sa
letovanjima u radničkim
odmaralištima
na
mome moru. Pa
da je i tačno da nam se sve to
snilo, čak
i pogotovo kako misli onaj koga tamo
nije ni bilo. Nostalgija
budi
iz groba
novo
doba.
(Italo
Slavo, 18. marta 2006. Prevod:
D. Kovačević)
Non sei
caduta, Avala!
Il Monte Avala č un picco triangolare
d'origine vulcanica,
l’ultima montagna della catena rodopiana
che giunge al Danubio,
con sua vista domina sopra le pianure
del nord,
e la vedi da tutte le finestre di
Belgrado.
Con il suo penděo duro da vincere č una
prova
per gli autisti spericolati, e i
ciclisti, come me.
Il posto dove l'aereo-amico,
dopo il disgelo tra Tito e Chruscëv. con
un generale d'esercito russo, si
schiantň.
Il luogo dove l'ago piů alto che ci sia
per una torre TV,
incontrň un missile-nemico nel 1999, che
si spezzň,
contro la montagna vulcanica
indistruttibile.
Monumento al Milite Ignoto:
ventoso utero delle ossa, aperto ai
Mondi...
La vertigine,
Le viole,
L’amore sulle ciglia sotto il sole
d'inverno.
Zdravo,
Avala, hvala!
Tu non sei caduta,
Avala!
(Dragomir Kovačević,
con riferimento alla notizia che la
torre TV dovrebbe essere ricostruita)
Puntarono qui i
fucili carichi e ordinarono la
strage spietata; trovarono qui un
popolo che cantava un popolo raccolto
per dovere e per amore, e l’ esile
fanciulla cadde con la sua bandiera, e il giovane
sorridente rotolň accanto a lei ferito, e lo stupore del
popolo vide cadere i morti con furia e con
dolore. Allora, sul posto dove essi caddero
assassinati, si chinarono le
bandiere per bagnarsi di sangue e per rialzarsi di
fronte agli assassini.
Per questi morti,
i nostri morti, chiedo castigo Per quelli che di
sangue cosparsero la patria chiedo castigo Per il carnefice
che comandň questa morte chiedo castigo Per il traditore
che salě al potere sul delitto, chiedo castigo. Per colui che
diede l’ordine dell’ agonia chiedo
castigo Per quelli che
difesero questo delitto chiedo castigo Non voglio che mi
diano la mano Intinta nel nostro
sangue. Chiedo castigo. Non li voglio come
ambasciatori E neppure a casa
loro tranquilli, li voglio vedere
qui giudicati, in questa piazza,
in questo luogo.
Voglio castigo
Pablo
Neruda
tratto da Terra
Tradita, parte del Canto General
Mondo Nuovo
Questo č
un momento perfetto
č un momento perfetto per molte ragioni
ma soprattutto perché tu ed io
ci stiamo svegliando
dalla nostra complicitŕ sonnambula,
tonta, ciucciadito
con i maestri dell'illusione e della
distruzione.
Grazie a loro, da cui fluiscono
queste benedizioni dolorose,
ci stiamo svegliando.
Le loro guerre e torture,
i loro diavoli e confini
estinzioni di specie
e malattie nuove di zecca
il loro spiare e mentire
in nome del padre, sterilizzando semi
e brevettando l'acqua, rubando i nostri
sogni
e cambiando i nostri nomi,
i loro brillanti spot pubblicitari,
le loro continue prove generali
per la fine del mondo.
Grazie a
loro, da cui trasudano questi spaventosi
insegnamenti,
ci stiamo svegliando.
E come il cielo e la terra si
incontrano,
come il sogno e la veglia si mescolano,
come il paradiso e gli inferi si
intersecano,
notiamo il fatto esilarante e
scioccante
che tocca a noi decidere
-tocca a noi decidere, a me e a te come
costruire un mondo nuovo di zecca.
Non in qualche lontano futuro o luogo
distante
ma proprio qui ed ora
Cosě sono radicalmente curiosa,
compagni miei
creatori;
sul serio in delirio:
visto che tocca a noi
costruire un Mondo Nuovo di zecca,
da dove cominciamo?
Quali domande ci alimenteranno?
Eccotene
una:
nel Mondo Nuovo
saprai con tutto te stesso
che la vita č pazzamente innamorata di
te
la vita č selvaggiamente
e innocentemente innamorata di te.
Nel Nuovo Mondo
saprai al di lŕ di ogni dubbio che
migliaia di alleati nascosti
stanno dandosi da fare per farti
diventare
quella bellissima curiosa creatura
cui sei destinato per nascita.
Ma poi arriva la domanda fatale:
l'amore con cui la vita eternamente ti
inonda
non č stato corrisposto al suo meglio,
ma c'č ancora modo per mostrarsi piů
espansivi,
se la vita č selvaggiamente
e innocentemente innamorata di te,
sei pronto a cominciare ad amare la
vita cosě
come essa ti ama?
Nel Nuovo Mondo, lo farai.
Rachel
Corrie giovane
pacifista americana, nata a Olympia (Washington)
nel 1979, impegnata con una associazione
umanitaria come osservatrice per i diritti umani
e in azioni di accompagnamento ed interposizione
nonviolenta, il 16 marzo 2003 veniva uccisa da
un bulldozer dell'esercito israeliano a Rafah,
nella striscia di Gaza, mentre cercava di
impedire l'abbattimento di una casa interponendo
il proprio corpo. Aveva 23 anni.
Il titolo della poesia č di IS; la fonte č la
lista
http://it.groups.yahoo.com/group/aderentiretecontrog8/
Rachel Corrie
(di Alessio Lega - da Resistenza e Amore)
"Ragazza mia", le disse il cingolato
Chi t' ha detto di venirti a cacciare
Fin dove le mie ruote hanno azzannato
La tua fragilitŕ di respirare.
Non vedi? Č sufficiente un piede solo
Sul pedale dell'accelerazione
Per sprofondarti morta dentro al suolo
Per soffocare la tua ribellione
"Ragazza mia", diceva poi il soldato
Con gli occhi vuoti e i pugni sul volante
Io non t'ho vista, non ho mai guardato
Oltre questa divisa non c'č niente
Ci sono un po' di ordini e follia
Ed anche un po' di odio personale
Se ho calpestato un fiore sulla via
Presenta il tuo rapporto al generale
"Ragazza mia", chi te l'ha fatto fare
Diceva una famiglia ad un balcone
Con altre centomila a domandare
Una risposta alla televisione
"Ragazza mia perché, di chi sei figlia?"
E poi non hai lasciato manco un rigo
Si chiese centomila e una famiglia
Chiudendo la coscienza dentro al frigo
"Ragazza mia", ma ci hai pensato bene
Tuonava il ministero del progresso
Qui non si torna indietro non conviene
Diceva andando dritto verso il cesso
La conferenza stampa al cimitero
Chiarě che non si va contro la storia
"Ragazza mia", le disse l'uomo nero
Chiudiamo nella tomba la memoria
"Ragazza mia", concluse il presidente
La libertŕ di fare quel che hai fatto
A me, cosě orgoglioso del presente
Perchč hai voluto rompere il contratto?
La mia ragazza che t'ho regalato
Ti prova quant'č libero il paese
Diceva il presidente al cingolato
E non staremo a chiederti le spese!
"Ragazza", infine disse la sua morte
Perchč a ventitre anni mi chiamavi
Dal fango delle strade piů contorte
Lontana dagli dei e dagli schiavi
"Signora mia, le chiedo scusa, sorry
L'amore non m'ha dato via d'uscita
M'ha detto corri fuori Rachel Corrie
C'č solo da rincorrere la vita
M'ha detto corri fuori Rachel
Cerchiamo di raggiungere la vita
M'ha detto corri ...
Proviamoci a proteggere la vita"
SIDUN
U mć ninin u mć u mć lerfe grasse au su d'amë d'amë tűmů duçe benignu de teu muač spremműu 'nta maccaia de staë de staë e oua grűmmu de sangue ouëge e denti de laete e i euggi di surdatti chen arraggë cu'a scciűmma a a bucca cacciuéi de
baë a scurrď a gente cumme selvaggin-a finch'u sangue sarvaegu nu gh'ŕ
smurtau a qué e doppu u feru in gua i feri d'ä
prixún e 'nte ferie a semensa velenusa d'ä
depurtaziún perchč de nostru da a cianűa a u
meü nu peua ciű cresce ni ćrbu ni spica
ni figgeü ciao mć 'nin l'eredítaë l'č ascusa 'nte sta çittaë ch'a brűxa ch'a brűxa inta seia che chin-a e in stu gran ciaeu de feugu pe a teu morte piccin-a.
SIDONE
Il mio bambino il mio
il mio
labbra grasse al sole
di miele di miele
tumore dolce benigno
di tua madre
spremuto nell’afa umida
dell’estate dell’estate
e ora grumo di sangue orecchie
e denti di latte
e gli occhi dei soldati cani arrabbiati
con la schiuma alla bocca cacciatori di
agnelli
a inseguire la gente come selvaggina
finché il sangue selvatico non gli ha spento
la voglia
e dopo il ferro in gola i ferri della prigione
e nelle ferite il seme velenoso della
deportazione
perché di nostro dalla pianura al molo
non possa piů crescere albero né spiga né
figlio
ciao bambino mio, l’ereditŕ
č nascosta
in questa cittŕ
che brucia che brucia
nella sera che scende
e in questa grande luce di fuoco
per la tua piccola morte.
La canzone
"Sidun", scritta con Mauro Pagani, č stata cantata
e incisa in "Creuza de mä" da Fabrizio De
André nel 1984. Queste le parole con cui lui
stesso la commentň:
"Sidone č la
cittŕ libanese che ci ha regalato oltre all'uso
delle lettere dell'alfabeto anche
l'invenzione del vetro. Me la sono
immaginata, dopo l'attacco subito dalle truppe
del generale Sharon del 1982, come un uomo
arabo di mezz'etŕ, sporco, disperato,
sicuramente povero, che tiene in braccio il
proprio figlio macinato dai cingoli di un
carro armato. (...) La piccola morte a cui
accenno nel finale di questo canto, non va
semplicisticamente confusa con la morte di
un bambino piccolo. Bensě va metaforicamente
intesa come la fine civile e culturale di
un piccolo paese: il Libano, la Fenicia,
che nella sua discrezione č stata forse la piů
grande nutrice della civiltŕ
mediterranea..."
EPPURE POSSIAMO
CANTARE
che il piede straniero č sul cuore di altri
i morti sono in piazze e strade lontane
si ammucchiano tra macerie riarse
i lamenti d'agnello dei fanciulli giungono flebili
e l'urlo nero delle madri non rompe il cristallo
della distanza
i salici non hanno fronde per cetre appese a voto
il vento si č chetato
sono questi i tempi dell'incoscienza
stupida e stupefatta
scorrono le immagini delle mattanze
come quelle della cocacola di schumacher
e vasco rossi
tutto si confonde in un sogno insensato
le cifre dei morti vengono scandite
insieme alle finte commozioni dei potenti
ci dispiace ci dispiace tanto
per le vittime innocenti
oh uomini che danzate fra macelli
e macellati i vostri figli tremano
al pensiero della vendetta da scontare
Sentono l'angoscia che sale dai cadaveri
si accucciano sotto il peso della maledizione
Da millenni di padre in figlio
si tramanda il fratricidio
per il solco maledetto
su cui fondare una Roma
che libertŕ cercate fra l'odore del sangue
e le rovine? quale riscatto sazierŕ
le vostre mani nude
che scavano la terra in cerca della morte?
come siete sordi a questa colpa collettiva?
sul confine contate i morti da entrambi le parti
chiudete le palpebre agli occhi fissi
dei vostri piccoli innocenti
o vi incrudelite dietro la
vostra stella di morte
corazzati nelle vostre divise
stupidamente fieri nelle vostre armi vincenti
per ora
la danza macabra corre come
in un nuovo medioevo
e i vostri padroni
brindano insieme alla morte
a voi le vesti del lutto
per loro le tutte le gioie della terra
a voi lacrime e fame
per loro tutte le primizie della terra
oh schiavi coperti di sangue
la terra per cui lottate
la perenne cima da conquistare
č arsa ormai per il troppo sangue
putrefatta dai cadaveri
darŕ solo frutti marciti
oh schiavi questa č
l'ora della diserzione
che ogni esercito si sciolga
volga le armi contro
i propri generali
scannate i rispettivi padroni
che non ne resti il seme per Dio
che in suo nome vi sterminate
in una guerra che nessuno
puň vincere
strappate le divise
e vadano a fuoco
che l'incendio purificatore redima
la vostra ignominia
oh uomini diventate uomini
o che siate maledetti
che la rovina vi travolga
che nessuno resti a piangervi
Vittoria Oliva, 1
agosto 2006
(L'avamposto degli Incompatibili -
http://www.controappunto.org )
Fu in questi giorni
quando il fiume Sava a Belgrado confluiva nel
fratello
una Sava di smeraldo e quasi potabile,
priva di tragedia e caos,
rispetto alle colonne, colonne
sotto il sole, degli inquieti e disperati.
Non si poteva aiutarli, portando loro solo cibo.
Una nonnina disse, nel parco di fronte all'ex
Parlamento federale,
di gonna nera ormai in stracci:
"figlio mio, mi
basta solo questo pezzo di pane che c'ho".
Passava la fiumana,
la Sava quieta, di smeraldo roccioso,
sembrava cantare questa spavalderia della nonnina.
Un "flop" sentii dinanzi a te
e vidi il paracadute di una gonna,
in quest'acqua della Sava
il morto viso di una donna,
un ricordo che mai non ti abbandonava.
Dragomir Kovačević,
agosto 2008
Non portate con
se...
non portate con se nulla che deteriora e si guasta,
asciuga presto, sgretola sotto i colpi del vento
o che pioggia diluisce nella morte.
non conservate il foglio del tiglio,
peli conciate soltanto se ben prosciugate al sole,
pifferi di salice, nidi degli astori,
tombe dei bambini, fieno nelle stalle,
cacio nelle tinozze;
lasciate la farina ai topi,
forchette, coltelli, pentole per la polenta,
coperchi,
trivelle, trapani, ganci, serrature, non portate
nulla.
lasciate le sorgive che vi davano vita,
frassino che sovrasta il giardino,
gallo da occhi cristallini,
tuoni dal ciel sereno, maestrale,
angoli per i carri dei buoi, ciabatte di lana,
coperte trapuntate, tappeti colorati, telai,
palette da fuoco, specchi rotti, dighe e chiuse,
pietre da mulino, macine,
non portate pane di segale, perché tutto ciň dovrete
ancora una volta abbandonare in un luogo diverso,
disse Arsenije avviandosi.
spargete la voce da bocca a bocca
per i monti e i fiumi.
MILOŠ KORDIĆ
(dedicato ai
profughi da Knin, 1995. Trad. di Dragomir
Kovačević)
Poesie di Mahmoud Darwish dedicate alla Palestina martoriata
Passanti tra
parole fugaci
O voi, viaggiatori tra parole fugaci
portate i vostri nomi,
ed andatevene.
Ritirate i vostri istanti dal nostro tempo,
ed andatevene.
Rubate ciň che volete dall'azzurritŕ del mare
e dalla sabbia della memoria.
Prendete ciň che volete d'immagini,
per capire che mai saprete
come una pietra dalla nostra terra
erige il soffitto del nostro cielo.
O voi, viaggiatori tra parole fugaci
da voi la spada … e da noi il
sangue
da voi l'acciaio, il fuoco … e da noi la
carne
da voi un altro carro armato … e da noi un
sasso
da voi una bomba lacrimogena … e da noi la
pioggia.
E' nostro ciň che avete di cielo ed aria.
Allora, prendete la vostra parte del nostro
sangue,
ed andatevene.
Entrate ad una festa di cena e ballo,
ed andatevene.
Noi dobbiamo custodire i fiori dei martiri.
Noi dobbiamo vivere, come desideriamo.
O voi, viaggiatori tra parole fugaci.
Come la polvere amara, marciate dove volete
ma non fatelo tra di noi, come
insetti volanti.
L'aceto č nella nostra terra finché lavoriamo,
mietiamo il nostro grano, lo annaffiamo
con le rugiade dei nostri corpi.
Abbiamo qui ciň che non vi accontenta:
un sasso … o una soggezione.
Prendete il passato, se volete, e portatelo
al mercato degli oggetti artistici.
Rinnovate lo scheletro all' upupa, se volete,
su un vassoio di terracotta.
Abbiamo qui ciň che non vi accontenta:
abbiamo il futuro….e abbiamo
nella nostra terra, ciň che fare.
O voi, viaggiatori tra parole fugaci.
Ammassate le vostre fantasie in una
fossa abbandonata, ed andatevene.
E riportate le lancette del tempo
alla legittimitŕ del vitello sacro
o al momento della musica di una pistola !
Abbiamo qui ciň che non vi accontenta
abbiamo ciň che non c'č in voi:
una patria sanguinante
un popolo sanguinante, una patria
adatta all'oblio o alla memoria ….
O voi, viaggiatori tra parole fugaci.
E' giunto il momento che ve ne andiate
e dimoriate dove volete, ma non tra
noi.
E' giunto il momento che vi ne andiate
e moriate dove volete, ma non tra noi.
Abbiamo nella nostra terra, ciň che fare
il passato qui č nostro.
E' nostra la prima voce della vita,
nostro il presente … il presente e il futuro
nostra, qui, la vita …e nostra l'eternitŕ.
Fuori dalla nostra patria …
dalla nostra terra … dal nostro mare
dal nostro grano … dal nostro sale
dalla nostra ferita …da ogni cosa.
Uscite dai ricordi della memoria
O voi, viaggiatori tra parole fugaci !….
Pensa agli
altri
Mentre prepari la tua colazione, pensa agli
altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.
Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.
Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa
agli altri,
coloro che mungono le nuvole.
mentre stai per tornare a casa, casa tua,
pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi contando i pianeti , pensa agli
altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.
Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa
agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di
esprimersi.
Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa
a te stesso,
e dě : magari fossi una candela in mezzo al
buio.
Gennaro Carotenuto, nel suo
sito
ha scritto oggi (19 maggio 2009): "Č morto
a Montevideo Mario Benedetti, scrittore,
giornalista, rivoluzionario, ma soprattutto poeta.
Era il poeta del popolo, cantava l’amore e la Patria
Grande, e chiamava per nome e cognome i nemici
dell’America latina".
Segue la biografia di Benedetti, che vi consiglio
di leggere. Vorrei ricordarlo
con una sua poesia (qui nella traduzione
di
Valerio Evangelisti). Claudia Cernigoi
Sono un caso
disperato
Finalmente un critico sagace ha rivelato
(sapevo che lo avrebbero scoperto)
che nei miei racconti sono parziale
e a margine mi esorta
a far mia la neutralitŕ
come ogni intellettuale che si rispetti
credo cha abbia ragione
sono parziale
su questo non c’č dubbio
piů ancora io direi un parziale irrecuperabile
in fin dei conti un caso disperato
perché per quanti sforzi faccia
non potrň arrivare mai a essere neutrale
in vari paesi di questo continente
specialisti di valore
hanno fatto il possibile e l’impossibile
per curarmi dalla parzialitŕ
per esempio nella biblioteca nazionale del mio
paese
ordinarono lo spurgo parziale
dei miei libri parziali
in argentina mi diedero quarantotto ore
(altrimenti mi ammazzavano) perché me ne andassi
con la mia parzialitŕ alle costole
da ultimo in perů imbavagliarono la mia
parzialitŕ
e quanto a me mi deportarono
se fossi stato neutrale
non avrei avuto bisogno
di queste terapie intensive
perň cosa posso farci
sono parziale
incurabilmente parziale
e per quanto possa suonare un poco strano
totalmente
parziale
giŕ lo so
questo significa che non potrň aspirare
a tantissimi onori e riconoscimenti
e glorie e cariche
che il mondo riserva agli intellettuali
che si rispettino
vale a dire ai neutrali
con un’aggravante
poiché ogni volta ci sono meno neutrali
i riconoscimenti sono ripartiti
tra pochissimi
dopo tutto e a partire
dalle mie confesse limitazioni
devo riconoscere che per quei pochi neutrali
provo una certa ammirazione
o meglio li considero con stupore
perché in realtŕ č necessaria una tempra
d’acciao
per mantenersi neutrali davanti a episodi come
girón
tlatelolco
trelew
pando
la moneda (1)
č chiaro che uno
e forse č questo che voleva dirmi il critico
potrebbe essere parziale nella vita privata
e neutrale nelle belle lettere
diciamo indignarsi contro pinochet
durante l’insonnia
e scrivere racconti diurni
su atlantide
non č una cattiva idea
e chiaramente
presenta il vantaggio
che da un lato
uno ha conflitti di coscienza
e questo rappresenta sempre
un buon nutrimento per l’arte
e d’altro lato non presta il fianco alle
gragnole
della stampa borghese e/o neutrale
non č una cattiva idea
perň
mi vedo giŕ scoprire o immaginare
nel continente sommerso
l’esistenza di oppressi e oppressori
parziali e neutrali
torturati e carnefici
ossia la stessa contesa
cuba sě yankee no
dei continenti non sommersi
di maniera che
poiché pare che per me non esista rimedio
e che sia definitivamente perduto
per la fruttuosa neutralitŕ
la cosa piů probabile č che io continui a
scrivere
racconti non neutrali
e poemi e saggi e canzoni e romanzi
non neutrali
perň avverto che sarŕ cosě
anche quando non tratteranno di torture e
carceri
o di altri temi che sembrano
risultare insopportabili ai neutrali
sarŕ cosě anche quando tratteranno di farfalle e
nubi
e fantasmi e pesciolini
Mario Benedetti
(1) La Playa Girón
č la Baia dei Porci, teatro nel 1961 di una tentata
invasione di Cuba da parte di esuli finanziati dagli
Stati Uniti; Tlatelolco,
o Piazza delle Tre Culture, č una piazza di Cittŕ
del Messico in cui, nel 1968, le forze di polizia
aprirono il fuoco sugli studenti, uccidendone
centinaia; Trelew
č una cittŕ argentina le cui caserme, negli anni
’70, durante la dittatura militare, furono
famigerati centri di tortura; Cecilia Pando č
una nota attivista del movimento argentino dei
parenti delle vittime dei “colonnelli”; La Moneda č il
palazzo presidenziale cileno in cui, nel 1973, fu
assassinato Salvador Allende.
Lode del
dubbio
Sia lode al dubbio! Vi consiglio, salutate
serenamente e con rispetto chi
come moneta infida pesa la vostra parola!
Vorrei che foste accorti, che non deste
con troppa fiducia la vostra parola.
Leggete la storia e guardate
in fuga furiosa invincibili eserciti.
In ogni luogo
fortezze indistruttibili rovinano e
anche se innumerabile era l'armata salpando,
le navi che tornarono
le si poté contare.
Fu cosě un giorno un uomo sulla inaccessibile vetta
e giunse una nave alla fine
dell'infinito mare.
Oh bello lo scuoter del capo
su veritŕ incontestabili!
Oh il coraggioso medico che cura
l'ammalato senza speranza!
Ma d'ogni dubbio il piů bello
č quando coloro che sono
senza fede, senza forza, levano il capo e
alla forza dei loro oppressori
non credono piů!
Oh quanta fatica ci volle per conquistare il
principio!
Quante vittime costň!
Com'era difficile accorgersi
che fosse cosě e non diverso!
Con un respiro di sollievo un giorno
un uomo nel libro del sapere lo scrisse.
Forse a lungo lŕ dentro starŕ e piů generazioni
ne vivranno e in quello vedranno un'eterna sapienza
e spezzeranno i sapienti chi non lo conosce.
Ma puň avvenire che spunti un sospetto, di nuove
esperienze,
che quella tesi scuotano. Il dubbio si desta.
E un altro giorno un uomo dal libro del sapere
gravemente cancella quella tesi.
Intronato dagli ordini, passato alla visita
d'idoneitŕ da barbuti medici, ispezionato
da esseri raggianti di fregi d'oro, edificato
da solennissimi preti, che gli sbattono alle
orecchie
un libro redatto da Iddio in persona,
erudito da impazienti pedagoghi, sta il povero e ode
che questo mondo č il migliore dei mondi possibili e
che il buco
nel tetto della sua stanza č stato proprio previsto
da Dio.
Veramente gli č difficile
dubitare di questo mondo.
Madido di sudore si curva l'uomo
che costruisce la casa dove non lui dovrŕ abitare.
Ma sgobba madido di sudore anche l'uomo
che la propria casa si costruisce.
Sono coloro che non riflettono, a non
dubitare mai. Splendida č la loro digestione,
infallibile il loro giudizio.
Non credono ai fatti, credono solo a se stessi.
Se occorre, tanto peggio per i fatti.
La pazienza che han con se stessi
č sconfinata. Gli argomenti
li odono con gli orecchi della spia.
Con coloro che non riflettono e mai dubitano
si incontrano coloro che riflettono e mai agiscono.
Non dubitano per giungere alla decisione, bensě
per schivare la decisione. Le teste
le usano solo per scuoterle. Con aria grave
mettono in guardia dall'acqua i passeggeri dl navi
che affondano.
Sotto l'ascia dell'assassino
si chiedono se anch'egli non sia un uomo.
Dopo aver rilevato, mormorando,
che la questione non č ancora sviscerata vanno a
letto.
La loro attivitŕ consiste nell'oscillare.
Il loro motto preferito č: l'istruttoria continua.
Certo, se il dubbio lodate
non lodate perň
quel dubbio che č disperazione!
Che giova poter dubitare, a colui
che non riesce a decidersi!
Puň sbagliare ad agire
chi di motivi troppo scarsi si contenta!
ma inattivo rimane nel pericolo
chi di troppi ha bisogno.
Tu, tu che sei una guida, non dimenticare
che tale sei, perché hai dubitato
delle guide! E dunque a chi č guidato
permetti il dubbio!
[BERTOLT BRECHT]
San
Izbegavajući glavne ulice,
autobus se bestidno uvukao u grad.
Ovde to kažu, kao "rolling stone".
Tamo napred, u jutarnjoj izmaglici,
trebalo bi da se, pored reke,
nalazi proplanak
gde je mladi arhanđeo Gavrilo,
u noći pre svog odlučnog čina,
bez uspeha pokušavao da se reprodukuje
sa svojom Jelenom.
Vijećnica,
Obala Kulina Bana,
Kino Tesla.
Stopa arhanđelovih u asfaltu,
više nema.
Sazvežđe je i dalje ono isto,
mi se i dalje vrtimo u njemu.
Dragomir
Kovačević Sarajevo
13.08.2001.
A Dream
The bus
rolled down shamelessly, avoiding
the main road to the city. Like a
rolling stone, they say. Down
into the morning haze, there
might have been the lawn where
the young archangel Gabriel pledged
her desperatelly for love, before
his decisive act. Vijećnica,
Obala Kulina Bana, Kino
Tesla. The
archangel's footsteps in the concrete,
are missing. The
Galaxy is still the same, we keep
running in it.
Гаврило Принцип
Сарајево, 1914
Тромо се време вуче
И ничег новог нема,
Данас све ко јуче
Сутра се исто спрема.
И место да смо у рату
Док бојне трубе јече,
Ево нас у казамату,
На нама ланци звече.
Сваки дан исти живот
Погажен, згњечен и стрт.
Ја нијесам идиот -
Па то је за мене смрт.
Ал право је рекао пре
Жерајић соко сиви:
Ко хоће да живи нек мре,
Ко хоће да мре, нек живи!
Ci sono
cose da fare ogni giorno: lavarsi,
studiare, giocare, preparare
la tavola, a
mezzogiorno. Ci sono
cose da far di notte: chiudere
gli occhi, dormire, avere
sogni da sognare, orecchie
per sentire. Ci sono
cose da non fare mai, né di
giorno né di notte, né per
mare né per terra: per
esempio, la guerra.
Gianni Rodari
Za
pamćenje
Postoje
stvari koje radimo svaki dan;
peremo se, ućimo, igramo,
pripremamo stol u podne.
Postoje stvari koje radimo noću;
zatvoriti oći, spavati,
imati snove za sanjati,
imati uši za slušati. Postoje stvari koje ne treba
nikada raditi, niti danju, niti noću, niti ma moru, niti na kopnu, na primjer, rat.
Gianni Rodari
prijevod:
Željko V.
Boro i Ramiz
Jedno smo
nebo dva lista s
iste grane dva kamička
iz iste rijeke čiste
Bistrice dva tijela iz
iste krvi prečiste krvi
Dukađina prsti sa iste
ruke jedna smo
lasta ja desno
krilo njeno ti njeno
lijevo krilo oči moje
tvoje trepavice tvoji nabori
moje čelo pričaju o
putevima u budućnost pričaju o
putevima ka slobodi Pušketaše nas
od istog srno
metka pali — jer šta sam
ja bez tebe šta je jedno
krilo bez drugog
krila.
Adem Gajtani
Boro Vukmirović e Ramiz
Sadiku, Eroi del Popolo della Jugoslavia
Boro e Ramiz
Un unico cielo siamo
due foglie da un albero
due ciottoli dallo stesso fiume
la Bistrica limpida
due corpi del sangue
purissimo di Dukadjin
le dita di una mano siamo
una rondine siamo
l'ala destra son'io
e l'ala sinistra sei tu
gli occhi son miei e tue sono le ciglia
sulla mia fronte le tue rughe
raccontano i sentieri del futuro
raccontano i sentieri per la libertŕ.
Ci fucilarono
e di medesima pallottola cademmo —
poiché, cosa son'io senza di te
cos'č un'ala senza
l'altra ala.
Adem Gajtani
Natale di guera
Ammalapena che s'č
fatto giorno la prima luce č
entrata ne la stalla e er Bambinello
s'č guardando intorno.
- che freddo,
mamma mia! Chi m'arripara? che freddo,
mamma mia! Chi m'arriscalla? - Fijo, la legna
č diventata rara e costa troppo
cara pe' compralla...
- E l'asinello
mio dov'č finito? - Trasporta la
mitraja sur campo de
battaja: č requisito. - Er bove? -
puro quello fu mannato ar macello
- Ma li Re Maggi
arriveno? - E'
impossibbile perchč nun c'č la stella che li
guida; la stella nun vô
uscě: poco se fida pe' paura de
quarche diriggibile...
- Er Bambinello
ha chiesto: - Indove stanno
tutti li campagnoli che l'antr'anno portaveno la
robba ne la grotta?
Nun c'č neppuro
un sacco de la polenta, nemmanco una
frocella de ricotta... - Fijo, li
campagnoli stanno in guerra, tutti ar campo e
combatteno.
La mano che
seminava er grano e che serviva
pe' vangŕ la terra addesso vič
addoprata unicamente per ammazzŕ la
gente...
Guarda, laggiů,
li lampi de li bombardamenti! Li senti, Dio ce
scampi, li quattrocentoventi che spaccano li
campi?
- Ner di' cosě
la Madre der Signore s'č stretta er
fijo ar core e s'č asciugata
l'occhi co' le fasce.
Una lagrima
amara per chi nasce, una lagrima
dňrce per chi more...
TRILUSSA
Günter
Grass
Quello
che deve essere detto
Perché taccio, passo sotto silenzio troppo
a lungo
quanto č palese e si č praticato
in giochi di guerra alla fine dei quali,
da sopravvissuti,
noi siamo tutt'al piů le note a margine.
Č l'affermato diritto al decisivo attacco
preventivo
che potrebbe cancellare il popolo iraniano
soggiogato da un fanfarone e spinto al
giubilo organizzato,
perché nella sfera di sua competenza si
presume
la costruzione di un'atomica.
E allora perché mi proibisco
di chiamare per nome l'altro paese,
in cui da anni - anche se coperto da
segreto -
si dispone di un crescente potenziale
nucleare,
perň fuori controllo, perché inaccessibile
a qualsiasi ispezione?
Il silenzio di tutti su questo stato di
cose,
a cui si č assoggettato il mio silenzio,
lo sento come opprimente menzogna
e inibizione che prospetta punizioni
appena non se ne tenga conto;
il verdetto «antisemitismo» č d'uso
corrente.
Ora perň, poiché dal mio paese,
di volta in volta toccato da crimini
esclusivi
che non hanno paragone e costretto a
giustificarsi,
di nuovo e per puri scopi commerciali,
anche se
con lingua svelta la si dichiara
«riparazione»,
dovrebbe essere consegnato a Israele
un altro sommergibile, la cui specialitŕ
consiste nel poter dirigere annientanti
testate lŕ dove
l´esistenza di un'unica bomba atomica non
č provata
ma vuol essere di forza probatoria come
spauracchio,
dico quello che deve essere detto.
Perché ho taciuto finora?
Perché pensavo che la mia origine,
gravata da una macchia incancellabile,
impedisse di aspettarsi questo dato di
fatto
come veritŕ dichiarata dallo Stato
d'Israele
al quale sono e voglio restare legato.
Perché dico solo adesso,
da vecchio e con l´ultimo inchiostro:
la potenza nucleare di Israele minaccia
la cosě fragile pace mondiale?
Perché deve essere detto
quello che giŕ domani potrebbe essere
troppo tardi;
anche perché noi - come tedeschi con
sufficienti colpe a carico -
potremmo diventare fornitori di un crimine
prevedibile, e nessuna delle solite scuse
cancellerebbe la nostra complicitŕ.
E lo ammetto: non taccio piů
perché dell'ipocrisia dell´Occidente
ne ho fin sopra i capelli; perché č
auspicabile
che molti vogliano affrancarsi dal
silenzio,
esortino alla rinuncia il promotore
del pericolo riconoscibile e
altrettanto insistano perché
un controllo libero e permanente
del potenziale atomico israeliano
e delle installazioni nucleari iraniane
sia consentito dai governi di entrambi i
paesi
tramite un´istanza internazionale.
Solo cosě per tutti, israeliani e
palestinesi,
e piů ancora, per tutti gli uomini che
vivono
ostilmente fianco a fianco in quella
regione occupata dalla follia ci sarŕ una
via d´uscita,
e in fin dei conti anche per noi.
(marzo
2012 - traduzione di Claudio Groff)
Günter Grass
Was
gesagt werden muss
Warum schweige ich, verschweige zu lange,
was offensichtlich ist und in Planspielen
geübt wurde, an deren Ende als Überlebende
wir allenfalls Fußnoten sind.
Es ist das behauptete Recht auf den
Erstschlag,
der das von einem Maulhelden unterjochte
und zum organisierten Jubel gelenkte
iranische Volk auslöschen könnte,
weil in dessen Machtbereich der Bau
einer Atombombe vermutet wird.
Doch warum untersage ich mir,
jenes andere Land beim Namen zu nennen,
in dem seit Jahren - wenn auch
geheimgehalten -
ein wachsend nukleares Potential verfügbar
aber außer Kontrolle, weil keiner Prüfung
zugänglich ist?
Das allgemeine Verschweigen dieses
Tatbestandes,
dem sich mein Schweigen untergeordnet hat,
empfinde ich als belastende Lüge
und Zwang, der Strafe in Aussicht stellt,
sobald er mißachtet wird;
das Verdikt 'Antisemitismus' ist geläufig.
Jetzt aber, weil aus meinem Land,
das von ureigenen Verbrechen,
die ohne Vergleich sind,
Mal um Mal eingeholt und zur Rede gestellt
wird,
wiederum und rein geschäftsmäßig, wenn
auch
mit flinker Lippe als Wiedergutmachung
deklariert,
ein weiteres U-Boot nach Israel
geliefert werden soll, dessen Spezialität
darin besteht, allesvernichtende
Sprengköpfe
dorthin lenken zu können, wo die Existenz
einer einzigen Atombombe unbewiesen ist,
doch als Befürchtung von Beweiskraft sein
will,
sage ich, was gesagt werden muß.
Warum aber schwieg ich bislang?
Weil ich meinte, meine Herkunft,
die von nie zu tilgendem Makel behaftet
ist,
verbiete, diese Tatsache als
ausgesprochene Wahrheit
dem Land Israel, dem ich verbunden bin
und bleiben will, zuzumuten.
Warum sage ich jetzt erst,
gealtert und mit letzter Tinte:
Die Atommacht Israel gefährdet
den ohnehin brüchigen Weltfrieden?
Weil gesagt werden muß,
was schon morgen zu spät sein könnte;
auch weil wir - als Deutsche belastet
genug -
Zulieferer eines Verbrechens werden
könnten,
das voraussehbar ist, weshalb unsere
Mitschuld
durch keine der üblichen Ausreden
zu tilgen wäre.
Und zugegeben: ich schweige nicht mehr,
weil ich der Heuchelei des Westens
überdrüssig bin; zudem ist zu hoffen,
es mögen sich viele vom Schweigen
befreien,
den Verursacher der erkennbaren Gefahr
zum Verzicht auf Gewalt auffordern und
gleichfalls darauf bestehen,
daß eine unbehinderte und permanente
Kontrolle
des israelischen atomaren Potentials
und der iranischen Atomanlagen
durch eine internationale Instanz
von den Regierungen beider Länder
zugelassen wird.
Nur so ist allen, den Israelis und
Palästinensern,
mehr noch, allen Menschen, die in dieser
vom Wahn okkupierten Region
dicht bei dicht verfeindet leben
und letztlich auch uns zu helfen.
(März
2012)
Günter
Grass
Ono što se mora reći
Zašto šutim, predugo prešućujem,
ono što je očigledno i uvježbavano u
pomno planiranim igrama,
na čijem kraju kao preživjeli mi smo
jedino fusnote.
To je sačuvano pravo da napadnu prvi,
koje bi moglo uništiti hvalisavcem
podjarmljeni
i do organiziranog klicanja dovedeni
iranski narod,
jer se na području pod njegovom vlašću
o gradnji atomske bombe nagađalo.
Ali zašto samome sebi zabranjujem
imenovati onu drugu zemlju
u kojoj već godinama – iako potajno –
postoji i raste nuklearni potencijal,
doduše izvan kontrole, jer je svim
provjerama nedostupan?
Opće prešućivanje činjenica,
kojem se moja šutnja podredila,
osjećam kao tešku, opterećujuću laž
i kao prisilu, uz kaznu u slučaju
nepoštovanja;
presuda “antisemitizam” sasvim je
uobičajena.
I onda baš iz ove zemlje,
koju stalno sustiže njezin zločin, po
svemu
neusporediv,
i svaki je put iznova pozivana na
odgovornost,
još jednom, čisto poslovno, iako
u izjavi je hitroj to objašnjeno kao
kompenzacija,
doprema se Izraelu još jedna podmornica
čija se posebnost sastoji u tome
da usmjerava sveuništavajuće bojeve
glave
tamo gdje postojanje atomske bombe nije
dokazano,
ali je kao pretpostavka već potvrđeno,
I zato ću sada reći, ono što mora biti
rečeno.
Zašto sam dosad šutio?
Zato što sam mislio da mi moje
podrijetlo
označeno nepopravljivom sramotom,
ne dozvoljava da zahtijevam izricanje
činjenica kao jedine moguće istine
prema zemlji Izraelu, s kojom sam
povezan
i s kojom i dalje povezan želim biti.
Zašto ovo govorim tek sada,
Ovako star, posljednjom svojom tintom:
Atomska sila Izrael ugrožava
Ionako krhki svjetski mir?
I mora se reći,
jer sutra je možda već prekasno;
pogotovo za nas koji – opterećeni ionako
što smo Nijemci –
možemo postati isporučitelji zločina,
koji je predvidljiv, zbog kojeg se naše
saučesništvo
ne može prebrisati uobičajenim
opravdanjima.
I priznajem: ne šutim više,
sit sam licemjerstva Zapada;
i želim se nadati,
ukinuti svako prešućivanje,
pozvati izazivače stvarne opasnosti
da odustanu od nasilja
i insistirati da se dopusti
nesmetana i trajna kontrola
izraelskog atomskog potencijala
i iranskih atomskih elektrana
od istih međunarodnih institucija
prihvaćenih u vladama obje zemlje.
Samo na taj način, Izraelcima i
Palestincima,
i ne samo njima, nego svim ljudima koji
žive tamo,
u tom zabludama okupiranom dijelu
svijeta,
gužvovitom i zavađenom odavna,
a zatim i svima nama, može se na kraju
pomoći
(mart
2012. god.
Preveli Anne-Kathrin Godec i Miljenko
Jergović)
Günter
Grass
Ce qui doit ętre dit
Pourquoi me taire, pourquoi taire
trop longtemps
Ce qui est manifeste, ce ŕ quoi l’on
s’est exercé
dans des jeux de stratégie au terme
desquels
nous autres survivants sommes tout au
plus
des notes de pas de pages.
C’est le droit affirmé ŕ la premičre
frappe
susceptible d’effacer un peuple iranien
soumis au joug d’une grande gueule
qui le guide vers la liesse organisée,
sous prétexte qu’on le soupçonne, dans
sa zone de pouvoir,
de construire une bombe atomique.
Mais pourquoi est-ce que je m’interdis
/De désigner par son nom cet autre pays
Dans lequel depuis des années, męme si
c’est en secret,
On dispose d’un potentiel nucléaire en
expansion
Mais sans contrôle, parce
qu’inaccessible
Ŕ toute vérification ?
Le silence général sur cet état de fait
silence auquel s’est soumis mon propre
silence,
pčse sur moi comme un mensonge
une contrainte qui s’exerce sous peine
de sanction
en cas de transgression ;
le verdict d’"antisémitisme" est
courant.
Mais ŕ présent, parce que de mon pays,
réguličrement rattrapé par des crimes
qui lui sont propres, sans pareils,
et pour lesquels on lui demande des
comptes,
de ce pays-lŕ, une fois de plus, selon
la pure rčgle des affaires,
quoiqu’en le présentant habilement comme
une réparation, de ce pays, disais-je,
Israël
attend la livraison d’un autre
sous-marin
dont la spécialité est de pouvoir
orienter des tętes explosives
capables de tout réduire ŕ néant
en direction d’un lieu oů l’on n’a pu
prouver l’existence
ne fűt-ce que d’une seule bombe
atomique,
mais oů la seule crainte veut avoir
force de preuve,
je dis ce qui doit ętre dit.
Mais pourquoi me suis-je tu jusqu’ici ?
parce que je pensais que mon origine,
entachée d’une tare ŕ tout jamais
ineffaçable,
m’interdit de suspecter de ce fait,
comme d’une vérité avérée,
le pays d’Israël, auquel je suis lié
et veux rester lié.
Pourquoi ai-je attendu ce jour pour le
dire,
vieilli, et de ma derničre encre :
La puissance atomique d’Israël menace
une paix du monde déjŕ fragile ?
parce qu’il faut dire,
ce qui, dit demain, pourrait déjŕ l’ętre
trop tard :
et aussi parce que nous - Allemands,
qui en avons bien assez comme cela sur
la conscience -
pourrions fournir l’arme d’un crime
prévisible,
raison pour laquelle aucun
des subterfuges habituels
n’effacerait notre complicité.
Et admettons-le : je ne me tais plus,
parce que je suis las
de l’hypocrisie de l’Occident ; il faut
en outre espérer
que beaucoup puissent se libérer du
silence,
et inviter aussi celui qui fait peser
cette menace flagrante
ŕ renoncer ŕ la violence
qu’ils réclament pareillement /un
contrôle
permanent et sans entraves
du potentiel nucléaire israélien
et des installations nucléaires
iraniennes
exercé par une instance internationale
et accepté par les gouvernements des
deux pays.
C’est la seule maničre dont nous
puissions les aider
tous, Israéliens, Palestiniens
plus encore, tous ceux qui, dans cette
région occupée par le délire
vivent côte ŕ côte en ennemis
Et puis aussi, au bout du compte, nous
aider nous-męmes.
(mart 2012. god.
Traduit de l’allemand par Olivier
Mannoni)
ZA VJEČAN PRVI MAJ (AUGUST
CESAREC)
O svi vi prošli
Prvi majevi, sve vi opće
smotre armija bratskih boraca širom čitave
zvjezdane kugle! O sve vi
povorke prosvjedne i duge, svi vi
zborovi na trgovima gradskim, u dvoranama
zagušljivim, u zelenilu
šuma proljetnih, svi vi
stjegovi i karanfili crveni, svi vi
cjelovi bratimstva čovječjeg! O svi vi
Majevi Prvi posljednjih tužnih godina, svi vi
užasni, svi mučeni morom međunarodne mržnje, razbijeni
lavinom ognja, gušeni plinom
plinova i laži otrovnih, svi vi
stjegovi crveni u prašinu tavana bačeni, u pokolju
bratoubilačkom oskinavljeni, svi vi Majevi
Prvi, svi vi tek
sanja ste bili, a danas ste na ivici zbilje!
Danas, u kolopletu
krvavom, kad zemlja je tek suza u svemiru
zgrušana, tek kaplja
zgrušana mučeničke krvi, danas smo na
ivici doba da sanje ostvarimo svoje, o armija
boraca bratskih! Sudišta
naraštaja budućih i savjesti vlastite naše gledaju na
nas, o braćo moja
širom čitave kugle! Neka u sve
nas duhne proljetnog sunca sunca sa
istoka dah. Dah konačne
borbe za majsko izmirenje vječno, za vječan
Prvi maj, za miris
majskih ruža u dušama čovječjim vječan, O neka se
bije bitka posljednja za vječan
Prvi maj, za bratimstvo čovječje vječno! Nek se bije
bitka posljednja! Za spasenje i
pročišćenje sviju nas na kugli ovoj zvjezdanoj! Tijelo je
majčice zemlje posramljeno haljom krvavom
ratova bezumnih. Tijelo je
majčice zemlje paluba razdrte galije, zalutale na
Atlantiku krvi, nasukane na Himalaji leševa. I svi se mi
rvemo na njoj — bezumlju požarnom u hiljadu
ciljeva hoteći zaploviti. O veliki,
crveni Dane, dane Prvoga maja 1919. ljeta! Neka dah tvoj
topli, svemoćni osnaži smjele
veslače i krmilare iskusne, razbruja
braću moju za juriš borbe posljednje te s grebena
se Smrti u jedinstvu cilja maknemo do luke
spokoja i spasa! Podignimo
zastave naše crvene i zataknimo
ih na jarbol, na zrenik Maja Prvog vječnoga u dušama da
našim boja zaleprša njihova — u znamen
spasenja sviju nas, što u
procjepima tamnog zla smo rođeni i za vječnim
podnem čovječje sreće vapimo! U stjegove
crvene zavijmo tijelo zemlje majčice po njima da
ko po sagovima majskih ruža mirisnih, svi mi, još
uvijek razjedinjeni, pocijepani, u ophodu
praznika velikog pjevajući prođemo, ujedinjeni,
zagrljeni, sa suncem ljubavi, sa vječnim
podnem izmirenja i opraštanja, sa himnom
Prvog maja vječnoga u duši smirenoj! O braćo moja,
o armije crvenih boraca širom čitave kugle, sa grebena se
smrtnog maknimo u borbu posljednju za vječan
Prvi maj, za vječan Prvi maj! Za bratimstvo
čovječje vječno!
Visoko
nek stoji, ko oblak i tron, Da ne
dopre do njeg niskog tornja zvon,
Da ne
dopre do njeg pokajnicki glas, Strah
obracenika, molitve za spas.
Neka
sikne travom, uz trnovit grm, Besput
da je do njeg, neprobojan, strm.
Nitko
da ne dodje, do prijatelj drag, - I
kada se vrati, nek poravna trag.
Ivan Goran Kovačić
MRZIMO VAS
Mrzimo
vas hulje, Mrzimo
krvnici Vi,
pljačkaške rulje! U
majčinoj klici Kunu
vašu djecu utrobe svih žena Ispod
doma našeg, bombom porušena. Skotovi
i gmazi, Što
psičete zrakom Na
krvavoj stazi, Za
mračnim oblakom. Dostić
će vas, zmije, osvetnička strijela Iznad
naših brda, dolina i sela.
Kukavice,
vrane, Psi
tuđinskih kurva, U no
naše rane Bijes
će da vas surva. Od
otrova njenih kosti će vam gnjiti, Dok
se ne nasiti, dok se ne nasiti.
Naše
ljute guje Kroz
kost će vam gmizat, Pobješnjele
kuje Crijeva
će vam lizat. Muhe
zukavice i smrdljivi crvi Osvetu
će množit u crnoj vam krvi.
Srce
bismo jeli Pogano
vam meso, Na
lešine sjeli I
kliktali bijesno. Smrdežima
vašim punili bi pluća, Za
pobjede nove, nova nadahnuća.
LA SOCIALDEMOCRAZIA
Claudio Lolli
(dall'album "Disoccupiamo le strade dai
sogni", 1977)
Il nemico, marcia, sempre, alla tua
testa.
Ma la testa del nemico dove č,
che marcia alla tua testa.
Ma la testa del nemico dove č,
che marcia alla tua testa.
Ma che nebbia, ma che confusione,
che aria di tempesta,
la socialdemocrazia č
un mostro senza testa.
Il nemico, marcia, sempre, alla tua
testa.
Ma una testa oggi che cos'č?
E che cos'č un nemico?
E una marcia oggi che cos'č?
E che cos'č una guerra?
Si marcia giŕ in questa santa pace
con la divisa della festa.
Senza nemici né scarponi e
soprattutto senza testa!
La socialdemocrazia non va
a caccia di farfalle.
Il nemico marcia in testa a te
ma anche alle tue spalle.
Il nemico marcia con i piedi
nelle tue stesse scarpe.
Quindi anche se le tracce non le vedi
č sempre dalla tua parte.
La socialdemocrazia č
un mostro senza testa.
La socialdemocrazia č
un gallo senza cresta.
Ma che nebbia, ma che confusione
che vento di tempesta.
La socialdemocrazia č
quel nano che ti arresta.
SOCIJALDEMOKRACIJA
Claudio Lolli (iz albuma «Oslobodimo ulice
snova», 1977.
Prijevod: Jasna Tkalec)
Neprijatelj uvijek maršira na
čelu.
Ali gdje je neprijatelja čelo
Što ti po glavi stupa?
Gdje je neprijatelja čelo,
Misao glavom ti lupa?
Koliko magle, koliko pometnje
Vrijeme naviješta buru
I čudne osjećaš smetnje,
Što ti ih misli prave:
Socijaldemokracija je čudovište bez
glave.
Neprijatelj uvijek maršira na
čelu,
A danas gdje mu se djela glava?
Što danas neprijatelj znači?
Što znači marš?
Što znači rat?
Kad vele da mu je slomljen vrat?
I ti u svetom stupaš miru.
U prazničnom odijelu, praznična košulja
prava,
Neprijatelja nema, ni cipele nisu ti
teške
Nedostaje ti glava: inače sve je bez
greške!
Socijaldemokracija ne lovi
leptire:
Neprijatelj maršira na čelu kolone!
I po glavi te gazi, jer ste na istoj
stazi.
I iza tvojih pleća sakriven se pravi,
Neprijatelj stupa i tvojim nogama lupa:
Neprijatelj je s tobom u istim cipelama,
Tako ni tragovi njegovi nisu ti znani:
Socijaldemokracija tvrdi,
Da je na tvojoj strani!
Socijaldemokracija je čudovište
bez glave
Ona je pijevac kome nedostaje kresta.
Al' za smijeh uopće nema mjesta:
Ona je prava prijetnja.
Kolika magla, kolika pometnja,
Zbog vremena što naviješta buru:
Socijaldemokracija je kepec,
Koji te trpa u buturu.
Non č canto di gioia,
nemmeno d'allegria
pur non vi sembri
triste questa canzone mia:
E' nata dal dolore
ma canta la speranza
del popolo che lotta
e sanguinando avanza.
Il 17 Marzo
lasciammo le officine
per dire a lor signori:
Mai piů morte e rovine.
Il "Patto" che firmaste
č un tradimento nero
che renderŕ l'Italia
schiava dello straniero
E Terni laboriosa,
Terni degli operai,
ve lo dice fin d'ora,
non l'accetterŕ mai!
E andavam cantando
sotto il bel sole d'oro,
i canti della pace,
i canti del lavoro!
Ma l'eccellenza e soci,
facendo colazione
avevan giŕ deciso
di "darci una lezione"
Inermi marciavamo
quand'ecco la sbirraglia
ci affronta con le jippe,
i gas e la mitraglia.
Noi le gridammo: pace!
Ma ci risposer guerra
e di sangue innocente
si fe' rossa la terra!
O guardia scellerata,
celere maledetta!
il sangue di Trastulli
dal ciel grida vendetta!
Aveva ventun anni
ed era ardito e forte
pace! vi disse, o infami,
e voi gli deste morte.
Padre e sposo felice
gli rideva la vita
ma voi gliela troncaste
con raffiche di mitra!
O Sposa giovinetta!
a Te e al tuo pargoletto
giuriam che gli assassini
non moriran sul letto!
E tu Gente Ternana,
che sulla bara hai pianto
raccogli il giuramento,
propaga questo canto!
S'intenerisca il cuore
anche a chi l'ha di quarzo
ricordando l'eccidio del
17 Marzo! ...
Terni, ricorda! Terni ricorderŕ! ....
Il giovane operaio Luigi Trastulli
cadde a Terni il 17 marzo 1949, ucciso
dalla celere durante la
repressione poliziesca di una
manifestazione contro l'adesione
dell'Italia alla NATO. Una lapide
in memoria č apposta a Viale Brin, sul
muro delle Acciaierie.
This song of mine
is neither for joy
nor for glee;
yet let it not sound sad to you.
It is born in sorrow,
but sings the hope
of the people who struggle
and shed their blood as they march on.
On March 17,
we walked out of the factories,
to tell those in power:
no more war and destruction.
The Treaty you have signed
is a dark act of treason,
which will make Italy
a slave to foreigners.
And hard-working Terni,
Terni the workers' town,
is telling you right now:
we'll never let it be!
And as we marched, we sang
under the golden sun,
our songs of peace,
our songs of labor.
But the prefect and his partners
as they sat down to eat,
had already made up their minds
to teach us all a lesson.
Unarmed we marched,
when the dirty cops
rushed against us with jeeps,
tear gas, and machine guns.
We shouted to them: Peace!
But they answered us with war,
and the earth was reddened
with innocent blood.
You heartless guard,
you accursed cops!
Trastulli's blood
from heaven cries for vengeance.
He was twenty-one years old,
and he was strong and bold;
he offered you peace,
and you, rascals, gave him death.
A happy father and husband,
life smiled on him;
but you cut him down
with a volley of your machine gun.
To you, young bride,
and to your little child,
we swear that the killers
shall not die on their bed.
And you, people of Terni,
who wept upon his grave,
take up this oath,
and teach the world this song.
Let every heart be melted,
even if made of stone,
remembering the massacre
of March 17!
Terni, remember! Terni shall not forget!
Notes
Many thanks to Alessandro Portelli for
permission to add this song to the
Union Songs collection. This
Italian industrial song comes from
Alessandro Portelli's 1991 book 'The
Death of Luigi Trastulli and Other
Stories: Form and Meaning in Oral
History'
Portelli writes: 'On 17 March 1949,
the 21 year old steelworker, Luigi
Trastulli was killed by the police
during a demostration against NATO.
Sante Carboni, a mechanic, former
railroad worker and draftsman, wrote a
song about the event'
Stradalni zemljopis (Milan Komnenić)
Usitnilo se pored Sitnice olabavilo po Labu, istočilo u Istoku drenom zlodusi razrovaše Drenicu, vučjim trnom proboden Vučitrn, gola neman vere se Golešom, klinom udriše na Klinu, Mitrovica seva bez Dimitrija, u Gnjilanu gnjiju sokolići, glogov kolac zbo Glogovac, prištevima Moloh prekrio Prištinu, razdevičiše Devič, Mušutište survaše u tmušu, u peć gurnuše Dečane i Peć, u Đakovici se razbezaše đaci, prokletstvo se surva niz Prokletije, kosovima pobelela cika po Kosovu gačac gače iznad Gračanice, gore oblaci nad Goriocem, Lipljanu se posušile lipe, Nerodimka opasala naš rod, Vitinu su oplele vitine od munja, Uroševac se izmetnu u Ferizaj, gubimo Dobrotin, bežimo u Zlokućane, Srbica je besrbica, prezren je Prizren... Gospode, izvedri lelek nad ovim narodom!
Da "Kosovski polom"(Il
patibolo – o La sconfitta – del Kosovo).
"Stradalni zemljopis" (Geografia del
calvario) č poesia profonda, intraducibile.
Kosovo je polom
srpskog naroda (Ivo Andrić) Il Kosovo č il patibolo del popolo serbo
(Ivo Andrić)