P A R T I G I A N I !

Roma, 7-8 maggio 2005



ETTORE BONAVOLTA

Di Ettore Bonavolta, militante nelle formazioni partigiane comandate da Koli Bozo operanti nella regione Dunrea (e che quindi non appartenne al battaglione Gramsci) è lo scritto seguente, che non ha bisogno di particolari rilievi e che descrive l'azione contro un comando del Balli Kombetar. Abbiamo inserito la memoria a dimostrazione della doppia battaglia che conduceva l'E.L.N. contro il nazifascismo e contro la reazione interna rappresentata qui, appunto, dal comando ballista.

IL MORTAIO DI "PEDRO"

Il 30 novembre 1943, dopo aver camminato tutta la notte il gruppo Myzeqe ebbe l'incarico di accerchiare il villaggio di Postema nella zona Tomorizza.
Il villaggio di Postema, era situato su un alto roccione, ben fortificato ed era sede di un comando ballista. Giunti sul posto accerchiammo il villaggio: il mio battaglione si trovava sul lato sinistro, e all'alba del 1 dicembre attaccammo Postema. Io comandavo la squadra mortaio del II battaglione, mi trovavo in difficoltà, poichè le bombe del mortaio da « 45 » che io sparavo, non raggiungevano il bersaglio, cadevano nella vallata sottostante. Mi prodigai, ma non riuscii a trovare una giusta posizione, perchè il villaggio non solo si trovava su un'alta montagna ma era circondato da torrenti che scorrevano da ogni direzione. Ci trovammo in una situazione molto difficile, ma il nemico era ben piazzato, le case erano tutte di scaglia di roccia, quindi molto solide, mentre dalle finestre sparavano continuamente le mitraglie.
Fu allora che il mio comandante Koli Bozo mi chiese: « Pedro, cosa succede? » (i compagni albanesi mi chiamavano Pedro, mentre il mio nome è Ettore) . Gli risposi che non riuscivo a colpire con le bombe il villaggio, e così gli chiesi: « Se mi dai una squadra di fucilieri, vado suI villaggio ». Il comandante non si fece ripetere la proposta la seconda volta.
La squadra dei fucilieri comandata dal compagno Nefail Hoxha e quella del mortaio presero il cammino verso Postema. Scendemmo giu al torrente, aggirammo la montagna per salire aIIe spaIIe del vilIaggio. L'azione era più difficile di quanto pensavo, ma non mi scoraggiai; con difficoltà iniziammo la salita del monte; era erta e dura.
Appena giunti a metà percorso, iniziarono a pioverci addosso paIIottole da tutte le parti, dovemmo coprirci ed arrestare la marcia.
I proiettili giungevano daIle finestre di un villaggio di fronte, che difendevano la base di Postema.
Inviai subito una staffetta al comandante, il quale mandò una compagnia in quel villaggio, la compagnia era comandata da un compagno italiano, di nome Bruno.
Appena fece ritorno la staffetta riprendemmo la marcia, giunti suIIa cima della montagna, il villaggio non si vedeva, vi trovammo una pianura di circa cento metri e in fondo si trovava un roccione.
Rimasi un po' scoperto per rendermi conto della situazione; il compagno Nefail mi invitava alIa prudenza, mi voleva bene più di un fratello. Strisciando per terra raggiunsi un ammasso roccioso, da questo si osservava tutto iI villaggio; che era formato da poche case e recintato da un muro di protezione. Dopo aver osservato la situazione chiamai tutti i compagni, le due squadre non erano aI completo, in tutto eravamo otto.
Dal roccione si vedevano i ballisti che banchettavano, mentre noi avevamo camminato tutta la notte e senza mangiare. Era una bellissima giornata piena di sole, i ballisti non si sarebbero mai aspettati una simile sorpresa. Piazzammo il mortaio ed aprimmo il fuoco. Il compagno Nefail quando vedeva cadere Ie bombe sulle case saltava di gioia, ma purtroppo queste non facevano niente perchè il tetto delle case era roccia resistente; decisi di puntare il mortaio in linea diretta, ma ciò era molto pericoloso e il compagno NefaiI mi implorava di non farlo.
Appena sistemai il mortaio suI roccione per mirare diritto, da una finestra iniziò senza tregua a sparare una mitraglia, ma a questo punto tengo a far rilevare il grande coraggio del compagno Nefail, che col suo fucile mitragliatore impegnò a fondo il nemico, permettendomi di portare a termine l'azione, e così la prima bomba penetrò nella casa dove era collocata la mitraglia, facendoIa saltare.
Nel villaggio vi fu uno sbandamento, un fuggi fuggi. Il compagno Nefail mi baciava dalla gioia, mi ringraziava per la riuscita azione.
Poco dopo vedemmo uscire dal villaggio uno zingaro, con in mano una bandiera bianca.
Giunto dietro al roccione, ci guardò sbalordito non si sarebbe mai aspettato che eravamo in pochi, ma quei pochi furono molto bravi e coraggiosi, si spostavano continuamente per apparire più numerosi.
Inviai subito una staffetta per avvisare che i balisti volevano trattare, guai se questi si fossero accorti della nostra scarsezza numerica. Eravamo sfiniti, per giunta avevo finito tutte le bombe del mortaio. Ero stordito dalla forte esplosione che provocava la carica di lancio per le bombe. Dopo circa un'ora, il battaglione giunse al villaggio e i comandanti si riunirono con il comando ballista per trattare la resa.
Nel frattempo il compagno Nefail, mentre girava intorno al muro del villaggio, venne colpito da una pallottola alla fronte morendo all'istante.
Non so se al compagno Nefail sia stata conferita la giusta ricompensa alla memoria; nessuno meglio di me conosce il grande valore dell'eroico compagno caduto nella battaglia di Postema.
Dopo 29 anni, grazie ai compagni Llaqi Jano, Koli Bozo, e al compagno Misto Treska, presidente del comitato per i rapporti culturali con l'estero, ho avuto il piacere di abbracciare la madre dell'indimenticabile, compianto Nefail Hoxha.


* Pubblicato in: Albania oggi, n. 1/2, gennaio-giugno 1973, pag. 32.
Riprodotto in: "LIRI POPULLIT. Partigiani italiani in Albania. Un esempio di internazionalismo proletario" (Cultura editrice)


Dalla NOTA
inviata al Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro
dalla Presidenza Nazionale dei Veterani Albanesi

ETTORE BONAVOLTA

Nato nel 1923. Residente a Napoli.
Noto per i suoi sentimenti antifascisti, l'8 Settembre  1943 passò volontario nei reparti partigiani della regione Lushnja e prese parte al II Battaglione partigiano della provincia di Berati; per due anni interi percorse la via eroica del combattente coraggioso.
Affrontò con sacrifici e coraggio raro le difficoltà delle operazioni delle forze naziste dell'inverno 1943-1944 e del giugno 1944. Fu in prima fila tra tutti i combattenti contro i nazisti ed i loro collaborazionisti. Si distinse in particolar modo nei combattimenti nei pressi di Dumrea, nella regione di Berati ed in quella di Skrapari. Ma il grande coraggio di Bonavolta si dimostrò prima di tutto nei combattimenti nella zona di Tomorizza, Shemberdhenje e Postene, dove con il suo mortaio riuscì a salvare circa 200 partigiani che di sorpresa erano stati circondati dalle forze naziste e collaborazioniste, e che rischiavano l'annientamento. Il suo mortaio ha "cantato" in tutti i combattimenti fino alla liberazione completa dell'Albania.
Ettore Bonavolta fu notato per il suo ottimismo e per la sua fiducia nella vittoria sul fascismo.
Dopo la liberazione, Bonavolta si è distinto come abile attivista dell'amicizia e della collaborazione tra gli antifascisti italiani e i veterani albanesi della Lotta antifascista di Liberazione Nazionale (L.A.L.N.). Egli ha in Albania tanti buoni amici e compagni della Lotta antifascista. Ha visitato alcune volte il nostro paese, che considera come seconda patria. Per tanti anni è stato segretario dell'ANPI della provincia di Napoli e membro del Consiglio Nazionale dell'ANPI, dal 1969.
Per tutto ciò, la Presidenza del Comitato Nazionale dei Veterani della L.A.L.N. del popolo albanese, propone a Lei, di intitolare Ettore Bonavolta "Cavaliere della Repubblica" o con altra decorazione simile, e di accordare a lui le retribuzioni che gli spettano secondo le leggi della Repubblica Italiana.

Il vice-presidente
Myqerem Fuga (firma)




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nel 60.esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo

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