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Il ricordo della "dismissione": la distruzione dei libri negli anni '90
Igor Lasić
30.06.2015.
Il cambio di regime in Croazia all'inizio degli anni Novanta ha avuto, accanto alla sua accezione politica ed economica, anche una dimensione bibliotecaria, prima di tutto attraverso la "dismissione" straordinaria dei libri, ovvero una sistematica e pedante eliminazione di tutti i libri che il nuovo regime riteneva inadatti, sia a causa della nazionalità ed altri dettagli bibliografici degli autori, che del luogo di edizione del libro, che del suo contenuto.
Lo scarico inventariale dei libri è un procedimento standard nella prassi bibliotecaria. Esso comporta la dismissione di edizioni e titoli malandati o obsoleti, i quali vengono normalmente sostituiti con nuove copie o traduzioni, se disponibili. Nel ramo bibliotecario si prescrive una quota di dismissione, ovvero la massima percentuale annuale permessa per la riduzione di un fondo bibliotecario. Tuttavia, i dati ufficiali delle librerie di Zagabria dell'ultimo decennio del XX secolo – e cosa simile successe allora anche altrove in Croazia – ci rivelano che per diversi anni, lo scarico fu fino a tre volte e mezzo maggiore di quanto permesso.
Dei motivi di questo scarto inventariale organizzato di due volte e mezzo più ampio di quanto prescritto dai requisiti della professione, parla in queste settimane il progetto "I dismessi – In occasione del ventesimo anniversario dell'Oluja[Operazione Tempesta, ndt]" del collettivo curatore WHW ("Che cosa, come e per chi") e dell'Istituto Multimediale mi2 nella Galerija Nova di Zagabria. Su questo ritorneremo, ma per ora prestiamo attenzione a una sola componente del progetto che ci dà una panoramica della selezione dei titoli dell'argomento: ovvero alla scannerizzazione dei libri eliminati – disprezzati e scomunicati – con l'appello ai cittadini alla collaborazione nel consegnare tali volumi. Perché molte copie venivano in quel tempo salvate da benefattori e da chi passava, ad esempio, accanto a discariche nei pressi delle biblioteche pubbliche.
Già da tale esposizione, che al momento della stesura del presente articolo conta una novantina di libri, diviene piuttosto chiaro quali criteri seguissero gli architetti della degradazione dei fondi librari. Ne furono vittime principalmente le opere di scrittori serbi e montenegrini, più i rari dissidenti croati di allora. Se la passarono altrettanto male le edizioni stampate nella variante ekava e nel cirillico [tipici della cultura di matrice serba, ndCNJ]. Inoltre, bastava che l'editore fosse di Belgrado o Novi Sad, a volte anche di Sarajevo – città evidentemente considerate estremamente indesiderabili. Ma un posto speciale venne occupato dai libri scartati per motivi tematici, indipendentemente dalla lingua, dalla variante dialettale, dal luogo di edizione o dalla nazionalità degli autori.
L'Index librorum prohibitorum nazionale
Un'enorme quantità di opere di questa categoria sono appunto marxiste, rivoluzionarie, socialmente impegnate, di sinistra in generale. Bisognava dunque dissociarsi e disconnettersi velocemente dalla realtà sociale in voga fino ad allora, la quale prevedeva la coesistenza dei Croati con gli altri Slavi del Sud e una vita socialista-autogestita. Questa esperienza aveva portato con sé anche un imponente lascito dialettico sotto forma di intere collane, i cui fondamenti teorici rigettavano recisamente la minaccia mortale della guerra mossa sulle basi dell'intolleranza interetnica.
Era tra l'altro pure necessario che la presidentessa croata e l'arcivescovo – ma anche molti socialdemocratici [del partito al governo SDP, ndt] – ci dicessero oggi che accanto al fascismo e nazismo dobbiamo ripudiare anche il comunismo, il suo passato e soprattutto il suo futuro. La contemporanea coltivazione della ristretta mentalità della proprietà privata ed in generale il ragionamento basato sugli elementi nazione, famiglia e individuo, rispetto alla preminenza del pubblico, alla dimensione internazionale e solidale, ha preso decisamente piede in larga parte grazie all'efficace soppressione della memoria e all'eliminazione della sua ulterioreriproduzione attiva. E per qualche tempo la tattica descritta è riuscita benissimo, compensando l'opposizione di determinate roccaforti sociali ed economiche con mitologie identitarie, come quella della classe media o quella esclusivamente confessionale.
Il processo è in parte rallentato solo negli ultimi anni, in virtù del notevole crollo della base materiale della società e comunque della maggioranza dei suoi singoli membri. La ribalta creata da WHW e mi2 potrebbe solo ora, sembra, avere terreno fertile. Ma esaminiamo ancora come questa folle, specifica disinfezione bibliotecaria, ha operato tecnicamente in questi ultimi due decenni. Non si tratta ovviamente di una particolarità croata, e molto di questa storia rimanda alla figura e opera di Wolfgang Herrmann, bibliotecario nazista tedesco all'inizio degli anni '30 del secolo scorso, autore del documento storico "Principi della pulizia delle biblioteche pubbliche".
Gli igienisti della controrivoluzione
Questo scritto, il preferito di Joseph Goebbels, ha classificato in modo sistematico i testi che negli anni seguenti sarebbero scomparsi nelle fiamme dalle quali nasceva il costrutto politico della sovra-razza ariana. Il caso croato fu meno trasparente, ma ha comunque avuto molti elementi ideologici simili. Ricorderemo vari istanti noti, sebbene non in ordine cronologico, ma piuttosto in base alla loro influenza e importanza concettuale. Il primo posto lo merita Borislav Škegro, vicepresidente del Consiglio croato dal 1993 al 2000.
Da ministro delle finanze e uno dei fondatori più eminenti della dottrina neoliberale, in seguito al cambio della matrice economica e all'accumulazione primitiva del capitale avvenuta con le privatizzazioni, fu proprio Škegro ad introdurre in Croazia l'imposta sul valore aggiunto. Uno dei più rilevanti effetti negativi dell'IVA fu subito proprio per l'industria letterario-editoriale, e il ministro delle finanze sottolineerà che i fondi resi disponibili dall'introduzione dell'IVA verranno utilizzati, tra l'altro, per "la pulizia delle biblioteche dai libri in serbo e simili lingue". A causa dell'appassionato conflitto etno-igienico e controrivoluzionario, tuttavia, molti hanno chiuso gli occhi di fronte al sarcasmo che l'idioma più simile al serbo è... il croato, e viceversa, se si può affatto parlare di lingue diverse.
Anche prima di questa sortita esplicita, la "pulizia" delle biblioteche aveva per anni funzionato regolarmente, e due eccezionali atti ufficiali del 1992 testimoniano indiscutibilmente che questa purtroppo non era solo un'odiosa attività senza sorveglianza. Uno porta la firma della ministra della cultura Vesna Girardi-Jurkić ed il titolo "Direttiva obbligatoria per l'uso del fondo librario nelle biblioteche scolastiche", caratterizzandosi con formulazioni piuttosto contorte come "adeguamento dei programmi d'insegnamento alla nuova realtà" o "eliminazione dalle biblioteche di quei libri che apparivano negli elenchi dei testi didattici precedenti".
Un libricidio documentato
Dieci anni più tardi, Girardi-Jurkić dichiarerà: "... Ritengo che ciò fosse la cosa più morbida che si poteva in quel momento firmare; di certo sapete che periodo era. Mi telefonavano ogni giorno per fare questo e quello". E non molto prima di lei, Veronika Čelić-Tica e Ranka Javor della Biblioteca Nazionale e Universitaria, ovvero la Biblioteca della Città di Zagabria, composero una "Direttiva per il lavoro con le biblioteche delle scuole elementari" la quale elencava principi precisi sul riordino del fondo librario secondo il nuovo, rigido parametro bibliografico nazionale, e vi ricordava l'obbligo della revisione regolare e la dismissione scrupolosa dei libri.
Preziosa, in senso storiografico, è la trascrizione della seduta del Consiglio Comunale di Korčula, nella quale non si esitò nemmeno a festeggiare l'esempio meglio documentato di distruzione dei libri indesiderati. Lo scarto inventariale della biblioteca cittadina nel 1997, che andava addirittura oltre la procedura prescritta – come verrà stabilito dalle autorità conteali competenti – fu diretto dalla bibliotecaria Izabel Skokandić. Questo caso, come altri a Zagabria, Fiume e Spalato, fino a Slatina, Orsera e Velika Gorica, per menzionarne solo alcuni, verrà poi trattato dal docente di economia Ante Lešaja nella vasta opera Knjigocid – uništavanje knjiga u Hrvatskoj devedesetih ("Libricidio – la distruzione dei libri nella Croazia degli anni '90").
L'opera inestimabile di Lešaja contiene un decennio e mezzo di ricerche e analisi, lui che fu il fondatore della biblioteca cittadina di Korčula e il cronista della scuola estiva del movimento jugoslavo di Praksis a Korčula. Ed è facile ritenere che la vasta maggioranza dei casi in cui i libri vennero distrutti in Croazia sarebbe rimasta, senza il suo impegno, non documentata, come sconosciuta sarebbe altrimenti rimasta questa prassi in generale. Ma non ci sarebbe stata nemmeno la sua opera, senza l'aiuto dei molti bibliotecari coscienziosi e di altri individui che salvarono i libri scomunicati e la loro verità nascosta.
Proprio i loro preziosi contributi potrebbero assumere un posto centrale nell'iniziativa "I dismessi"; saranno soprattutto loro a rianimare il tesoro, proprio e sociale, attraverso lo scanner, e a far ritornare in circolazione questi libri in formato digitale. Accanto alla inseparabile revisione dell'eredità del Domovinski rat [Guerra patriottica, nome ufficiale in Croazia per la guerra civile jugoslava, ndt] cui si riferisce l'estensione del titolo dell'iniziativa – "in occasione del XX anniversario dell'Oluja" –, l'iniziativa è svolta in collaborazione con il progetto anti-commercializzazione "Biblioteche pubbliche" dell'Istituto Multimediale mi2. Nello stesso ambito, all'inizio di luglio, una serie di artisti nazionali dedicheranno le proprie esibizioni ai libri tragicamente scomunicati, e c'è ora un più ampio desiderio di renderli nuovamente pubblici, di distribuirli e leggerli. Per quel che concerne il rapporto tra le parole scritte e le idee progressiste, non c'è miglior pegno per la salute pubblica di domani, di quello che ci era destinato ieri.
Smjena režima u Hrvatskoj počekom devedesetih je uz politički i ekonomski imala i svoj bibliotekarski izraz, prije svega kroz izvanredne “otpise” knjiga, odnosno sustavno i pedantno izbacivanje svih knjiga koje je novi režim smatrao nepoćudnima, bilo zbog nacionalnosti i drugih biografskih detalja autora, mjesta izdavanja knjige ili naposljetku njenog sadržaja.
Otpis knjiga standardni je postupak u bibliotečnoj praksi, a podrazumijeva rashodovanje dotrajalih ili oštećenih ili zastarjelih izdanja i naslova koji se obično mijenjaju novim primjercima ili prevodima, ako su takvi dostupni. S obzirom na prosječne okolnosti u branši propisuje se otpisna kvota, odnosno najviši postotak godišnjeg smanjivanja zatečenog knjižnog fonda. No službeni podaci o knjižnicama u Zagrebu posljednje decenije 20. stoljeća, a slično je tad bilo i drugdje po Hrvatskoj, otkrivaju nam da je kroz više godina otpisivanje bilo pak do tri i pol puta veće od zacrtanog.
O razlozima organiziranog bibliotekarskog izlučivanja dodatne dvije i pol knjige na onu jednu koja je predviđena zahtjevima struke, kazuje ovih tjedana projekt “Otpisane, povodom 20. godišnjice Oluje” kustoskog kolektiva WHW (“Što, kako i za koga?”) i Multimedijalnog instituta mi2 u zagrebačkoj Galeriji Nova. Njemu ćemo se još vratiti, ali zasad obratimo pažnju tek na jednu projektnu komponentu koja omogućuje uvid u predmetnu selekciju naslova; posrijedi je akcija skeniranja otpisanih – prezrenih te izopćenih – knjiga uz poziv građanima na sudjelovanje i donošenje takvih svezaka. Jer mnoge primjerke spašavali su u ono vrijeme (dobro)namjernici u prolazu pokraj npr. smetlišta u blizini javnih knjižnica.
Već iz takvog izloga koji u trenutku pisanja ovog članka broji devedesetak knjiga, biva prilično jasno kojim su se kriterijima vodili arhitekti razgradnje knjižničnih fondova. Stradavala su primarno djela srpskih i crnogorskih pisaca te rijetkih aktualnih hrvatskih disidenata. Također su jednako loše prolazila izdanja tiskana na ekavici i na ćirilici, tj. ona koja su zadovoljavala jedno od ta dva mjerila. Štoviše, bilo je dovoljno da nakladnik bude iz Beograda ili Novog Sada, ponekad i Sarajeva – takva se građa očito smatrala krajnje nepoželjnom. No posebno mjesto zauzimaju knjige koje su odbacivane s motiva tematskih, bez obzira na pismo, tretman dugog i kratkog jata, mjesto objave i nacionalnost autora.
Nacionalni Index librorum prohibitorum
Upravo golema količina djela iz te skupine jest literatura marksistička, revolucionarna, socijalno angažirana, općenito ljevičarska. Valjalo se dakle ubrzano ograditi i izolirati od dotadašnje društvene stvarnosti koja je uključivala zajednički život Hrvata s ostalim južnim Slavenima i život socijalističko-samoupravni. Potonje iskustvo nosilo je sobom i raskošnu dijalektičku zaostavštinu u vidu čitavih knjižnih edicija, a pripadajući teorijski fundamenti znatno su se lakše iz svake upotrebe odstranjivali kroz smrtnu prijetnju ratom pokrenutim po principu međunacionalne netrpeljivosti.
Bilo je to uostalom potrebno i da bi nam danas predsjednica države i nadbiskup zagrebački – ali i mnogi socijaldemokrat – poručivali kako se uz fašizam i nacizam moramo odreći i komunizma, njegove prošlosti i osobito budućnosti. Simultani uzgoj skučenog privatno-posjedničkog mentaliteta i uopće rezona baziranog na instancama nacije, obitelji i pojedinca, u odnosu na prioritete javnog, međunarodnog i solidarnog, uzeo je tako maha uvelike zahvaljujući djelotvornom brisanju zatečene memorije i onemogućavanju njezine daljnje aktivne reprodukcije. I neko je vrijeme opisana taktika izuzetno uspijevala, kompenzirajući određena društvena i ekonomska uporišta identitetskim mitologemima poput onoga srednjeklasnog ili ekskluzivno konfesionalnog, itd.
Proces je donekle usporen tek posljednjih godina, s osjetnijim kriznim te recesijskim urušavanjem materijalne osnove društva i svakako većine pojedinaca. Prevrat koji su osmislili WHW i mi2 tek bi sad mogao, čini se, pasti na iole plodno tlo, ali pogledajmo još i kako je tehnički djelovala ta specifična bibliotečna sanitarna ludnica unatrag svega dva desetljeća. Nije dakako riječ o hrvatskom specifikumu, pa mnogo što u priči podsjeća na lik i djelo Wolfganga Hermanna, nacističkog bibliotekara iz Njemačke početkom tridesetih godina prošlog stoljeća, autora povijesnog dokumenta “Principijelno o čišćenju javnih knjižnica”.
Higijeničari kontrarevolucije
Taj omiljeni spis Josepha Goebbelsa sustavno je klasificirao literaturu koja će narednih godina nestajati u plamenu iz kojeg se rađao živi politički konstrukt arijevske nadrase. Hrvatski je slučaj bio manje transparentan, no ipak je za sobom ostavio dosta traga ideološke srodnosti s historijski relevantnim biblioklastima. Podsjetit ćemo ovdje na nekoliko poznatih momenata, premda ne formalno kronološki, nego se ponaprije ravnajući po njihovoj utjecajnosti i koncepcijskoj važnosti. Na prvom bi se mjestu zaslužio stoga naći Borislav Škegro, potpredsjednik Vlade RH od 1993. do 2000. godine.
S pozicije ministra financija i jednog od viđenijih domaćih rodonačelnika neoliberalne ekonomske doktrine nakon promjene ekonomskog uređenja i privatizacijske prvobitne akumulacije kapitala, upravo Škegro uveo je porez na dodanu vrijednost u Hrvatskoj. Među istaknutijim lošim efektima PDV-a bio je spočetka baš onaj na književno-izdavačku industriju, pa će se ministar financija uto pozvati na krunski argument. Naglasio je naime da će sredstva namaknuta od netom uvedenog poreza biti iskorištena, među ostalim, za “čišćenje knjižnica od knjiga na srpskom i sličnim jezicima”. Uslijed strasnog sraza etnohigijeničarskog i kontrarevolucionarnog impulsa, doduše, mnogi su zatvorili oči pred sarkastičnom činjenicom da je srpskom najsličniji – hrvatski, kao i obrnuto, ako pritom uopće možemo govoriti o različitim jezicima.
I prije tog eksplicitnog ispada, čišćenje knjižnica je godinama regularno funkcioniralo, a na valu dvaju iznimnih oficijelnih akata iz 1992. godine koji neprijeporno svjedoče da ovdje nažalost ipak nije bila posrijedi tek odiozna stihijska aktivnost. Jedan nosi potpis ministrice kulture Vesne Girardi-Jurkić i naslov “Obvezatni naputak o korištenju knjižnog fonda u školskim knjižnicama” te se odlikuje donekle uvijenim formulacijama kao što je “prilagođavanje nastavnih programa novoj stvarnosti” ili “izlučivanje iz knjižnice onih knjiga koje su bile u ranijim popisima lektire”.
Dokumentirani knjigocid
Desetak godina kasnije, Girardi-Jurkić izjavit će: “(…) Držim da je ovo nešto najmekše što se u tom trenutku moglo potpisati, znate valjda kakvo je to bilo vrijeme. Svaki dan imala sam pozive da napravim ovo i ono”. A nedugo prije nje, Veronika Čelić-Tica i Ranka Javor iz Nacionalne i sveučilišne knjižnice, odnosno Knjižnica Grada Zagreba, sastavile su “Naputak za rad s knjižnicama osnovnih škola” koji donosi egzaktna načela o preuređivanju knjižnog fonda prema nacionalnom i rigidnom novolektirnom parametru, i podsjeća na obavezu redovne revizije i marljivog otpisa.
Dragocjen je u istom historiografskom smislu i transkript sjednice Gradskog Vijeća Grada Korčule na kojoj se nije prezalo ni od slavljenja najdokumentiranijeg primjera uništavanja nepoćudnih knjiga. Otpisa dakle u korčulanskoj Gradskoj knjižnici 1997. godine, koji je čak mimo propisane procedure – kako će ustanoviti nadležne županijske službe – provela bibliotekarka Izabel Skokandić. Taj slučaj, kao i druge od Zagreba i Rijeke i Splita do Slatine i Vrsara i Velike Gorice, da istaknemo samo neke, obradit će na koncu sveučilišni profesor ekonomije Ante Lešaja u obimnoj studiji “Knjigocid – uništavanje knjiga u Hrvatskoj devedesetih”.
Desetljeće i pol istraživanja i politološkog analiziranja sabrao je Lešaja, inače utemeljitelj Gradske knjižnice u Korčuli te kroničar praksisovske Korčulanske ljetne škole, u svom neprocjenjivom tekstu. I lako se može ustvrditi kako bi golema većina navedenih spoznaja o uništavanju knjiga u Hrvatskoj ostala bez njegova zalaganja nezabilježena, kao što bi nedosegnutima ostali i politički zaključci o toj kardinalnoj praksi. Ali tu dolazimo također do fakta da niti njegova djela ne bi bilo bez pomoći mnogobrojnih savjesnih knjižničara i raznih vanstrukovnih individua koje su spašavale anatemizirane knjige i potiskivanu istinu o njima.
Upravo njihovi vrijedni prilozi mogli bi zauzeti središnje mjesto u akciji “Otpisane”; prvenstveno njih ćemo vidjeti kako donose svoje i općedruštveno blago na reanimaciju skenerom i digitalni povrat u javni opticaj. Uz neodvojivu reviziju nasljeđa Domovinskog rata, o čemu govori nastavak imena te inicijative – “povodom 20. godišnjice Oluje” – dio je to šire projekcije u suradnji s antikomercijalizacijskim projektom “Javne knjižnice” Multimedijalnog instituta mi2. U istom okviru početkom srpnja niz domaćih umjetnika posvetit će nastupe knjigama koje su bile tragično prokazane, a sad je pokrenuta šira volja da konačno budu opet javno pokazane, dijeljene i čitane. Nema boljeg zaloga, što se tiče odnosa spram pisane riječi i progresivne misli, za društveno sutra zdravije od onoga što nam je bilo namijenjeno koliko jučer.