Un’affollata assemblea nazionale con la partecipazione di Ramsey Clark ha deciso a Roma lo scorso primo novembre di dar vita alla sezione italiana del costituendo Tribunale Internazionale contro i crimini NATO in Jugoslavia.
La proposta del Tribunale è partita come è noto dagli Stati Uniti e ha in Ramsey Clark il suo massimo animatore. A scanso di equivoci, precisiamo subito che non si tratta affatto - come è evidente - di una proposta riduttiva, come se, in mancanza di meglio, si volesse confinare l’opposizione alla guerra in un ambito giuridico, ma di un lavoro puntiglioso e circostanziato di denuncia dei crimini NATO e dei piani imperialisti da cui scaturiscono, che coinvolge, a livello internazionale, migliaia di militanti e punta a mantenere viva l’attenzione e stimolare la mobilitazione di massa su quello che è accaduto e sta accadendo. Si tratta inoltre di denunciare all’opinione pubblica internazionale il carattere fazioso, di vero e proprio strumento bellico utilizzato (e finanziato) dagli USA, del Tribunale per i Crimini di Guerra nella ex Jugoslavia costituito in anni recenti a L’Aia in violazione del diritto internazionale.
Ramsey Clark ha tutte le caratteristiche per poter dare impulso, come sta facendo, a un ampio movimento internazionale con queste finalità. Già ministro della giustizia del governo Kennedy, dimessosi da ogni incarico governativo, è stato animatore per decenni delle battaglie contro l’imperialismo USA, dal Vietnam, all’America Latina, all’Iraq. Il 31 luglio scorso, a New York, Clark ha dato il via al percorso che deve portare alla costituzione del Tribunale presentando a una grande assemblea di militanti antimperialisti un capo di accusa in 19 punti su cui concentrare il lavoro di inchiesta. Significativamente, il capo di accusa non si limita ad elencare i singoli crimini, per quanto rivoltanti, ma parte dal contesto generale che li ha determinati: la "pianificazione ed esecuzione dello smembramento, dell’isolamento e dell’impoverimento della Jugoslavia" (primo punto).
L’assemblea è stata segnata da una partecipazione non solo ampia, ma carica di un’intensità e di una serietà non sempre riscontrabili: chi ha partecipato ha avuto l’impressione netta che si stava rispondendo a un’esigenza profonda e si stava mettendo in moto qualcosa di reale, con la ferma intenzione di andare fino in fondo.
Insieme A Ramsey Clark (e ai suoi collaboratori dell’International Action Center, Sara Flounders e Lenora Foerstel) e ai rappresentanti della Repubblica Federale Jugoslava (l’incaricato d’affari Slavko Njegomir e la signora Slavica Slatinac) l’assemblea ha visto la presenza attiva di un vasto numero di comitati e organizzazioni: dalla Fondazione Nino Pasti a "Un ponte per...", da strutture di Rifondazione Comunista ai vari Comitati contro la guerra (di Bari, Bologna, Torino, ecc.), dal Comitato sardo "Gettiamo le basi" al Convoglio di solidarietà internazionalista "Giorgiana Masi", dal Comitato "Stop Uranio 238", al Comitato per la Democrazia Internazionale, dal Coordinamento Romano per la Jugoslavia al Comitato delle scienziate e scienziati contro la guerra e molti altri, oltre a numerose personalità della politica e della cultura - da Fulvio Grimaldi ed Enrico Giardino (autori di tre video contro la guerra) a Giovanni Russo Spena, da Raniero La Valle ai numerosi giuristi, avvocati e magistrati che hanno sollecitato e aiutato nei mesi scorsi la presentazione di numerose denunce contro il governo per violazione della Costituzione e abuso di potere (Gabriele Cerminara, Fabio Marcelli, Giuseppe Mattina, ecc.), da Carlo Pona a Gordon Poole, da Andrea Catone allo jugoslavo Dragos Kalajic. La redazione dell’emittente televisiva Teleambiente, molto attiva nei mesi scorsi contro la guerra, ha curato la registrazione integrale dell’assemblea e la successiva messa in onda.
Nel suo intervento, Ramsey Clark è partito da una rievocazione di alcuni dei più significativi esempi di ciniche aggressioni imperialiste promosse dai dirigenti degli Stati Uniti, dal Vietnam (contro cui l’embargo è durato fino al 1995, mettendo in ginocchio l’economia del Paese) alla Libia, dall’Iraq (con la strage degli innocenti determinata dal criminale embargo ancora in atto) al bombardamento della fabbrica di medicinali nel Sudan. Quanto alla Jugoslavia, l’aggressione è incominciata assai prima del 24 marzo 1999, con la distruzione sistematica di un Paese che era un modello di convivenza multietnica e al tempo stesso di forte attaccamento alla propria indipendenza e sovranità. Proprio quest’ultimo elemento, evidentemente, è stato determinante nel far scattare l’opera di frammentazione, che ha visto personaggi come Richard Holbrooke ("mediatore internazionale") incentivare (come egli stesso ammette esplicitamente nelle sue memorie) la pulizia etnica dei serbi della Kraijna, fomentando al tempo stesso i conflitti tra slavi e musulmani, ormai i nuovi nemici nell’immaginario dei gruppi dirigenti americani, che cercano quindi di fare in modo che "si massacrino tra loro" (come affermato esplicitamente da Kissinger). In tutto ciò sono in gioco grandi interessi economici oltre che geopolitici: in particolare la partita riguarda il petrolio del Caucaso e l’oleodotto che dovrebbe condurlo fino in Europa (nella società americana che gestisce il business figurano tra gli altri James Baker e il consigliere del Pentagono Brzezinski). Ma la questione sul tappeto è ancora più generale: si tratta del neocolonialismo che USA e Occidente stanno cercando di imporre alla stragrande maggioranza dell’umanità, e ora anche ai popoli dell’ex blocco sovietico, prefigurando l’uso di forza lavoro specializzata a prezzi stracciati, l’occupazione di interi territori, forme di nuovo schiavismo per i popoli slavi, i quali sono stati distrutti prima dalla spirale crediti/debiti e dalle sanzioni economiche, poi dalle privatizzazioni, infine da una sistematica deindustrializzazione. Occorre dunque unirsi nella denuncia e nell’incriminazione della NATO, e avviare una grande battaglia per la sua abolizione, agendo ciascuno contro il proprio governo e tutti assieme contro il nemico principale.
Non è possibile dar conto in dettaglio in poco spazio dell’ampio dibattito a molte voci che ha impegnato l’assemblea per tutta la giornata, ma possiamo farlo sintetizzando le conclusioni, riprese e precisate anche in una successiva riunione del comitato promotore dell’assemblea che rimane come segreteria tecnica per farsi carico della continuità dell’iniziativa.
La prima e fondamentale decisione è la partecipazione italiana al Tribunale e quindi al movimento internazionale che lo sta costruendo con l’impostazione nettamente antimperialista che gli è stata data fin dalla riunione di luglio a New York. Il Tribunale vero e proprio (con una giuria di alto prestigio chiamata a pronunciarsi sui crimini NATO) sarà convocato a New York in marzo (ma è possibile uno slittamento a maggio). In coincidenza con questo evento si intende organizzare una iniziativa di massa anche in Italia che ne sottolinei e valorizzi la portata
Nei mesi a venire e in preparazione di questo avvenimento tutti i comitati e i singoli che hanno aderito all’iniziativa o che vorranno farlo sono chiamati a lavorare per 1) sviluppare un movimento di massa che chieda l’incriminazione del governo italiano, dando vita a iniziative articolate nelle diverse località; 2) contribuire al lavoro di raccolta dei materiali per l’incriminazione in particolare del governo italiano e per contribuire al più generale lavoro di documentazione e denuncia a livello internazionale.
Per facilitare queste attività il Comitato promotore si è assunto il compito di fornire alcuni materiali di riferimento (un secondo dossier, dopo quello presentato all’assemblea, sarà pronto entro la prima metà di gennaio) e i nomi di compagni che possono partecipare alle iniziative decentrate esplicitando l’azione del Tribunale. E’ allo studio la preparazione di un manifesto e di un volantino utilizzabili in ogni sede per la propaganda.
Per quanto riguarda il lavoro di documentazione e denuncia, a cui tutti soo invitati a contribuire centralizzando i risultati, esso è stato articolato su 5 temi a cui saranno dedicate altrettante assemblee di sintesi a Roma. I temi sono: 1) la distruzione dell’ambiente; 2) le basi militari, le violazioni della sovranità italiana, il segreto di stato; 3) la disinformazione strategica; 4) la nuova fase in cui è entrata la guerra dopo giugno (embargo, pressioni, ingerenze, manovre secessioniste, occupazione coloniale in Kosovo e Bosnia); 5) le violazioni del diritto internazionale e della costituzione.
Per finanziare l’attività e formalizzare le adesioni il Comitato Promotore chiede anche a tutti gli aderenti una quota di partecipazione (L.100.00 per i comitati, L. 50.000 per i singoli, da versare sul ccp 82046004 intestato Agenzia di Informazione, C.P. 7218 Roma-Nomentano, 00100 Roma, con la causale "Adesione al Tribunale contro i crimini NATO in Jugoslavia").
Il Comitato promotore può essere contattato
ai seguenti indirizzi:
Stefano de Angelis: s.deangelis@ agora.stm.it
Carlo Pona: pona@ casaccia.enea.it
telefono: 06 - 5181048
fax 06 - 8174010
posta normale (indirizzo provvisorio): vicolo Scavolino 61, 00187 Roma.
Due giorni prima della assemblea di Roma, un’assemblea analoga, con la partecipazione di 600 persone, si era svolta a Berlino. Altre assemblee si sono tenute in Norvegia e in Olanda, a Vienna e a Kassel (ancora in Germania), oltre che in diverse città degli Stati Uniti. Ne sono previste a Praga e in Australia. Il movimento internazionale che chiede l’incriminazione dei governi dei paesi della NATO e dei vertici dell’organizzazione per quello che hanno fatto e stanno facendo nei Balcani è molto vasto. E’ importante che il movimento italiano mantenga a valorizzi il collegamento con gli altri paesi.