“Gli Angeli di Novi Sad” –
Diario di bordo, 18.08.2014
La guerra nella
ex Jugoslavia. Il Kosovo.
Vorrei “raccontarvi” questa canzone
presentandovi alcune delle “linee” che ho
seguito per realizzarla, alcuni momenti che mi
hanno ispirato e portato fin qua. Di
solito una canzone non nasce seguendo una
linea sola ma si comincia a camminare a
cercare lungo una di esse poi si incontrano
tante altre linee..magari ad un incrocio si
pigliano altre strade poi si inciampa si
scarta di lato. Più che una linea é un insieme
di linee molto diverse, inconsuete,
impreviste, che fanno una prospettiva…una
canzone.
Ogni volta che passo per Pisa se ho un paio
d’ore di tempo vado in piazza dei Miracoli..ma
più che salire sulla Torre mi reco al cimitero
monumentale per godere della visione del
“Trionfo della Morte”. E’ uno spettacolo
incredibile, un grande affresco che ogni volta
mi trasmette una grande emozione.
Hermann Hesse nel suo “Dall’Italia” ne parla
come di “un possente dipinto che ancora oggi è
capace di immergere l’animo di chi lo osserva
in ombre funeree e in lugubri pensieri”.
Il malinconico misticismo del medioevo al
tramonto.
Gli angeli della canzone sono un po’ delle
figure che potrebbero stare in quell’opera,
sono mezzi demoni o almeno degli angeli che
sono passati per l’Inferno…
Posso dire che quest’opera ha influenzato
molto lo stato d’anima della canzone che vi
sto raccontando.
Ho sempre avuto la sensazione che la guerra in
Kosovo fosse stato il patto fondante della
Nuova Europa, quella che conosciamo oggi,
quella dopo il Muro per intenderci. Ebbene, in
ogni atto fondativo si prende una vittima
sacrificale e in questo caso la vittima è
stato il popolo serbo. Il nemico, il mostro,
colui che bisognava sacrificare al nuovo
ordine d’Europa.
Il resto, le atrocità, l’orrore, è stato la
conseguenza di chi ha voluto tutto ciò, l’ha
provocato e poi è restato a guardare;
l’Europa.
E un’altra linea seguita è stato il lavoro di
René Girard, circa il sacrificio. Nel corso
degli ultimi decenni Girard ha accuratamente
esplorato la dinamica sacrificale ed in
particolare il concetto di capro espiatorio
come momento essenziale del rinsaldamento del
vincolo sociale delle culture mitiche. In un
percorso partito oltre venti anni fa nel “La
violenza e il sacro”, il lavoro di Girard si è
fatto via via più specifico ed attento al
valore fondante, nelle culture mitiche, della
violenza rituale, e del suo ciclico
rinnovarsi. I miti di fondazione legati
all’omicidio rituale (Romolo, Caino) ben
rappresentano il carattere di violenza
mimetica su cui si regge il patto sociale
dell’antropologia mitica. La società è il
luogo di azione e riproduzione di desideri
mimetici, imitativi, e delle rivalità ed
antagonismi che da tali desideri si
instaurano. L’uomo innesta la propria macchina
desiderante in rapporto allo sguardo, ai
desideri ed alle realizzazioni dell’altro. Il
comportamento è mimetico, concorrenziale. La
struttura sociale diviene il terreno di
interazione di contraddizioni, frustrazioni,
invidie, pietre di inciampo della compagine
sociale.
La società rinnova il suo patto attraverso il
rito dello spargimento del sangue del capro
espiatorio. Il tutti contro tutti si risolve
in un tutti contro uno.
Scrive Girard: “Se gli uomini riusciranno
tutti a convincersi che uno solo di loro è
responsabile di tutta la mimesis violenta, se
riusciranno a vedere in lui la ‘macchia’ che
li contamina tutti, se saranno davvero unanimi
nella loro credenza, tale credenza sarà
confermata. […] Distruggendo la vittima
sacrificale, gli uomini crederanno di
sbarazzarsi del loro male”.
Jack Abbott ne “Il ventre della bestia” scrive
a proposito del popolo vietnamita “erano
uomini piccoli dediti all’amore libero…” =
erano miti, in pace…poi arrivarono gli
americani…e quell’orrore finì per generare
uomini come Pol Pot!
Per mettere ancora meglio a fuoco quella che è
stata la guerra nella ex Jugoslavia e per non
unirmi al coro “semplicistico” d’occidente
contro le atrocità della guerra “etnica” e per
non puntare il dito sulla vittima sacrificale
e per Un senso di giustizia verso il popolo
serbo, sono stati importanti due libri di
Peter Handke “Un viaggio d’Inverno” e
“Appendice ad un lungo viaggio d’inverno”.
Il primo, che porta come sottotitolo
“giustizia per la Serbia”, è un viaggio della
scrittura e della memoria. Contro le falsità e
le semplificazioni dell’occidente e dei suoi
mezzi di comunicazione, su una guerra atroce e
per molti versi non ancora finita.
Il secondo è un percorso attraverso il dolore
e il lutto in una realtà senza prospettive
privata del presente e del futuro di quel
senso della durata che è “la cosa più bella e
più grande” che una generazione può lasciare
in eredità a quella successiva.
Furono questi due libri a ricondurmi poi a
quel classico della letteratura slava “Il
Ponte sulla Drina” del serbo Ivo Andric’.
Questo libro mi restituì la visione del Ponte!
Musulmani, cristiani, ebrei, nemici per tanti
secoli, intorno a questo ponte si sono
incontrati, hanno constatato la loro comune
natura di uomini, oltre le ideologie, hanno
sperimentato la possibilità di raggiungere la
comprensione. Per questo ogni ponte è simbolo
della possibilità di comunicazione e amore fra
gli uomini; per questo ogni ponte, e quindi
anche il ponte sulla Drina, ha un angelo
custode, mandato da Allah per benedirlo e
proteggerlo. Perché non c’è ponte che non
abbia origine divina: all’inizio Allah fu
turbato dai misfatti di Satana che, per odio
al genere umano, graffiò rabbiosamente la
terra, provocando profonde spaccature, burroni
fiumi, abissi, allo scopo di impedire che gli
uomini si ritrovassero, per disturbare i
viaggiatori. Ma Dio mandò gli angeli,
all’inizio, i quali spiegarono le loro ali
sugli abissi e sui fiumi, in modo che la gente
potesse passare; poi gli uomini cominciarono a
costruire i ponti. E Allah si compiace di
coloro che costruiscono i ponti, come di
coloro che aprono le fontane: così ha mandato
un angelo a proteggere il ponte sulla Drina, e
l’angelo rimarrà finché a Dio piacerà che il
ponte esista.
Andric è, per dirla col Cronia, il cantore
della “Bosnia romantica, storica, realistica,
in cui, dalla venuta dei Turchi ai nostri
tempi, si incrociano razze, religioni,
concezioni spirituali e istituzioni sociali
diverse e antitetiche, nel cui paesaggio,
teatro di guerre, di uccisioni, di prepotenze
e di sofferenze, vive ed opera una galleria
svariatissima e animatissima di pascià, e
visiri turchi, di ufficiali austriaci e frati
cattolici, di mercanti e di duchi, di uomini e
donne di ogni risma con i loro istinti e le
loro passioni, con i loro usi e costumi”.
Se è vero che domina, nell’opera complessiva
di Andric, “il peso di un destino che si deve
compiere” è però altrettanto vero che scorre
sotterraneo ma forte il fiume della speranza,
lo sforzo perché oltre le divisioni di etnia e
di religione, gli uomini riconoscano la loro
unità. Certo, la storia ha sempre dato torto a
queste speranze, però, a volte, i fatti, hanno
permesso agli uomini di riconoscersi proprio
in tale speranza: è di questa che il ponte
sulla Drina è il simbolo poetico.
Il PONTE! Si sarebbe potuta chiamare così
questa canzone…
Paolo Rumiz scrisse su Repubblica “In una
terra che è di per se un ponte tra mondi, i
ponti hanno ancora un significato speciale,
che da noi è perduto. Ogni ponte che cade è un
confine in più e una possibilità di
riconciliazione in meno. In otto anni di
guerra i ponti più antichi sono stati
distrutti più per sdradicare i simboli di
appartenenza che per motivi militari. E
d’istinto i giovani di Belgrado hanno scelto
in questi giorni di fare gli scudi umani con i
loro canti e balli non accanto alle chiese o
ai monumenti ma lungo i ponti della Slava.
Il premio nobel Ivo Andric’ scrisse: “Ovunque
nel mondo, in qualsiasi posto il mio pensiero
vada o si arresti, trova fedeli e operosi
ponti, come eterno e mai soddisfatto desiderio
dell’uomo di collegare, pacificare e unire
tutto ciò che appare davanti al nostro spirito
ai nostri occhi ai nostri piedi affinché non
ci siano divisioni contrasti distacchi. I
ponti sono più importanti delle case, più
sacri e più utili dei templi, appartengono a
tutti e sono uguali per tutti sempre
saggiamente costruiti nel punto in cui si
incrocia la maggior parte delle necessità
umane”.
Ho scritto questa canzone perché un popolo non
si deve mai demonizzare, un giorno tocca a
quello serbo ma un altro può toccare al mio
popolo.
Perché non bisogna mai identificare un popolo
con i propri estremisti.
Perché provo ancor oggi in quanto comunista un
senso profondo di vergogna nei confronti del
popolo serbo in quanto è stato proprio il
governo D’alema ad autorizzare l’intervento
militare e l’utilizzo dello spazio aereo
italiano per i bombardamenti sul Kosovo a
seguito della decisione della NATO. Penso che
la storia della sinistra italiana finisca in
quel momento. Da lì in poi niente è stato più
come prima.
Per questa canzone ho chiesto la
collaborazione del maestro Stefano Campolucci
e della sua orchestra d’archi. Sarà quindi
all’interno del disco un episodio particolare
ed unico. Tanto per capirci sarà una di quelle
canzoni come “Il Buco del Diavolo” o
“Oltre”…con un arrangiamento a metà fra
Morricone e Karaindrou.
„Anđeli iz Novoga
Sada“ – Brodski dnevnik
18.08.2014.
Rat u bivšoj Jugoslaviji.
Kosovo. Htio bih vam „ispričati“ ovu
pjesmu, počevši od „linija“ koje sam
slijedio da je napišem, opisati trenutke
koji su mi poslužili kao inspiracija i
koji su me doveli dovle, gdje jesam.
Obično pjesma ne nastaje samo iz jedne
crte, već se ide uzduž jedne od linija, a
onda se slijede i mnoge druge, koje se
ukrštaju, uatim se kreće se drugim
putevima, a zatim se posrće i odbacuje na
rub. Prije no o jednoj liniji može se
govoriti o skupini vrlo različitih crta,
nepredviđenih, nenadanih,koje daju
perspektivu ...a to je pjesma.
Uvijek kad me put nanese kroz
Pisu, ukoliko imam koji sat vremena idem
na Torre dei Miracoli (Toranj čudesa)...No
prije no što se popnem na Toranj idem na
monumentalno groblje, da uživam u slici
„Trijumf smrti“. To je nevjerojatan
prizor, velika freska koja svaki put u
meni izaziva veliko uzbuđenje. Herman
Hesse u svojoj biografiji „Iz
Italije“govori o njoj kao o moćnoj slici,
koja i danas obuzima dušu promatrača
svojim grobnim sjenama i natjerava ga na
pogubne misli“. Radi se o melanholičnom
misticizmu srednjevjekovlja na izdisaju.
Anđeli u mojoj pjesmi su
prikaze, koje bi se mogle naći na toj
slici, to su poludemoni ili u najmanju
ruku anđeli, koji su prošli kroz pakao...
Mogu kazati da je ta slika jako
utjecala na duh pjesme o kojoj vam
govorim.
Oduvjek sam osjećao da je rat na
Kosovu bio osnivački paktNove
Evrope, Evrope koju poznajemo danas,
Evrope nakon Pada zida, da se dobro
razumijemo.E,
pa kako je znano, u svakom osnivačkom aktu
neophodna je sakrifikalna žrtva, a u ovom
slučaju bio je to srpski narod.On
je prikazan kao neprijatelj, kao
čudovište, koje treba žrtvovati novom
poretku Evrope. Sve ostalo, ratne strahote
i užasi, posljedica su upravo onog, ko je
sve to htio, ko je sve to izazvao, a zatim
je ostao skrštenih ruku i samo promatrao –
bila je to Evropa.
Druga linija koju sam slijedio
bilo je djelo René
Girarda o žrtvi. Tokom posljednjih
decenija Girard je pomno ispitao dinamiku
žrtvovanja i pogotovo koncept žrtvenog
jarca, u kojem je vidio trenutak
učvršćivanja društvenih veza mitskih
kultura.U procesu otpočetom prije dvadeset
godina knjigom „Nasilje svetog“ ,
istraživačko djelo Girarda postalo je sve
specifičnije i sve pažljivije prema
temeljnoj vrijednosti , u mitskim
kulturama, ritualnog žrtvovanja te značenja
povezanosti žrtvovanjem kao i njegovog
cikličkog ponavljanja.
Mitovi
osnivanja (Romul, Kain) izvrsno
predstavljaju karakter mimetiziranog
nasilja, na kojem je nastao društveni
ugovor mitske antropologije. Društvo je
mjesto stvaranja i ponavljanja
mimetiziranih –prikrivenih –požuda i želja
za oponašanjem te rivaliteta
i antagonizama, što ih takve želje
stvaraju. Socijalna struktura postaje
teren interakcija i kontradikcija,
frustracija, i zavisti, kamen posrtanja
društvenih zajednica. Društvo obnavlja
svoj (p)akt spajanja u zajednicu putem
rita prolijevanja krvi žrtvenog jarca. Svi
protiv svih na kraju biva razrješeno kao
svi protiv jednog. Piše Girard: „Ako se
ljudi uspiju uvjeriti da je samo jedan
među njima odgovoran za cijelu nasilnu
mimezis (pretvorbu), ako u njemu
uspiju vidjeti 'mrlju'koja ih sve prlja i
zaražava, ako zaista budu jednodušni u tom
uvjerenju, tada će to vjerovanje biti
potvrđeno /.../ Uništavajući biće koje se
prinosi na žrtvu, ljudi će biti uvjereni
da su se riješili zla“.
Jack
Abott piše o viejtnamskom narodu u knjizi
„Trbuh zvijeri“: „...bili su to krhki
ljudi, koji su uživali u slobod noj
ljubavi“= bili su blagi za vrijeme
mira...a zatim su došli Amerikanci ...i
taj je užas na kraju napravio je ljude
poput Pol Pota ! Kako bih još izoštrili
sliku o tome što je bio rat u bivšoj
Jugoslaviji i kako ne bih bio uklopljen u
zbor zapadnog „pojednostavljenog viđenja“
užasa počinjenih u „etničkom“ ratu i kako
i ja ne bih upro prsto u žrtvenog jarca i
iz Osjećaja pravde prema srpskom narodu
poslužile su mi knjige Petera Handkea
„Zimsko putovanje“ i „Dodatak dugom
zimskom putovanju“.
Prva knjiga, koja nosi podnaslov
„pravda za Srbiju“, jeste putovanje
pisanjem uspomena. Protiv laži i
pojednostavljenja Zapada i njegovih
sredstava komuniciranja o jednom strašnom
ratu, koji s mnogih gledišta još uvijek
nije završen. Druga knjiga je put kroz bol
i žaljenje kroz jednu realnost bez
perspektive, kojoj je oduzeta sadašnjost i
vjera u trajnu budućnost „najljepšu i
najveću“, što je jedna generaciju može
ostaviti u amanet generaciji, koja dolazi.
Te dvije knjige potsjetile su me
na klasično štivo iz slavenske literature
„Most na Drini“Srbina Ive Andrića. Ta mi
je knjiga vratila viziju Mosta! Muslimani,
kršćani, Židovi, neprijatelji kroz
vijekove, oko tog mosta nađoše se ,
shvativši svoju zajedničku prirodu,
prirodu ljudi, koja prevazilkazi
ideologije te su iskušali mogućnost
međusobnog razumijevanja. Zato je svaki
most simbol moguće komunikacije i ljubavi
među ljudima; zato svaki most, pa tako i
most na Drini, ima Anđela čuvara, kojeg je
poslao Alah da ga blagoslavi i sačuva. Jer
ne postoji most koji nije božjeg
porijekla: u početku Alaha potresoše
nedjela Sotone, koji je, iz mržnje prema
ljudskom rodu, bjesomučno izgrebao zemlju
i tako izazvao duboke rasjede, provalije,
rijeke, i ponore, s ciljem da spriječi da
se ljudi međusobno nađu, da omete putnike.
No bog popsla anđele, koji raskriliše
svojakrila nad ponorima i nad rijekama,
tako da ih ljudi mogu prelaziti; onda
ljudi počeše graditi mostove. A Alah se
raduje zbog onih, što grade mostove i
česme: i tako posla anđela da čuva most na
Drini i anđeo će ostati na Drini, dokle
god bog bude želio da most postoji. Andrić
je, kako je kazao Cronia, „pjesnik
romantične Bosne, Bosne iz historije,one
istinske Bosne, u kojoj se od dolaska
Turaka do naših dana ukrštaju rase,
religije, duhovne koncepcije i različite
društvene institucije, često antitetske; u
čijem pejzažu, pozornici ratova,
ubojstava, nasilja i patnji, živi i stvara
vrlo raznorodna galerija turskih paša i
vezira, austrijskih oficira i katoličkih
fratara, trgovaca i vojvoda, ljudi i žena
svih vrsta, sa svojim nagonima i
strastima, sa njihovim običajima i
navikama“. Ako je istina da Andrićevim
djelom dominira „težina sudbine, koja se
mora izvršiti“ isto je toliko istina, da
ispod površine teče rijeka nade, napor da
se prebrode etničke i religijske podjele i
da ljudi prepoznaju svoje jedinstvo.
Zacijelo, historija uvijek porekne ove
nade, pa ipak, katkada su činjenice
dozvolile ljudima da se prepoznaju upravo
u ovoj zajedničkoj nadi: upravo to je
poetska simbolika mosta na Drini. MOST!
Tako se mogla zvati ova pjesma...
Paolo Rumiz napisao je u „la
Repubblica“: „U zemlji koja je sama po
sebi most između svjetova, mostovi još
uvijek imaju posebno značenje, koje je kod
nas izgubljeno. Svaki most što je srušen
jeste jedna granica više i jedna mogućnost
manje za pomirenje. U osam godina rata
srušeni su najstariji mostovi, kako bi se
iz korijena iščupali simboli pripadnosti
prije no iz vojnih razloga. Instinktivno
su mladi Beograda izabrali ovih dana da
budu ljudski štitovi sa svojom pjesmom i
igrom ne kraj crkava ili spomenika , već
uz mostove Save“.
Dobitnik Nobelove nagrade Andrić
je napisao: „Gdje god na svijetu krene ili
se zaustavi moja misao, nailazi na vjerne
ivrijedne
mostove, kao na vječnu i nikad
zadovoljenui želju čovjeka da poveže,
pomiri i ujedini sve ono što stoji pred
našim duhom i pred našim očima i što nam
je pred nogama, kako ne bi bilo podjela,
suprotnosti, prekida. Mostovi su važniji
od kuća, svetiji i korisniji od hramova,
pripadaju svima i jednaki su za sve,
uvijek mudro izgrađeni na mjestu na kojem
se ukršta najveći dio ljudskih potreba“.
Napisao sam ovu pjesmu jer ne
treba demonizirati ni jedan narod, jednog
dana je na redu srpski narod, ali nekog
drugog dana može se to dogoditi i mome
narodu.
Nikad se ne smije identificirati
nijedan narod sa svojim ekstremistima!
Pa i dan danas osjećam, kao
komunista, duboki
stid u odnosu na srpski narod, jer je
upravo vlada D'Aleme dozvolila vojnu
intervenciju na Kosovu, nakon što je to
odlučio NATO. Mislim da je u tom času
došao kraj historije talijanske ljevice.
Od tada pa nadalje više ništa nije bilo
kao ranije.
Za ovu pjesmu tražio sam
suradnju maestra Stefana Campolucci i
njegovog violinskog orkestra. Ona će
unutar ploče predstavljati posebnu i
jedinstvenu epizodu. Da se razumijemo: bit
će to pjesma kao „ IlBuco
del Diavolo“ (Đavolja rupa) i“oltre“
(Preko)...uz aranžman, koji je nešto
između onog Morriconea i Karaidroua.
GLI
ANGELI DI NOVI SAD
Il Diluvio era finito
seduti sulla Riva
dissero la preghiera
dell’Arcobaleno
Portavano croci
ricamate sopra il cuore
una serpe sotto al piede
uccisa nel nome dell’Amore
Venivano come una Promessa
portavano la Risposta
all’Urlo Nero di una madre
alla neve morta sopra la fossa
Venivano cantando
nel coprifuoco
dalle periferie del cielo
passati per le fiamme
erano angeli
caduti in volo
Le Ali stesero nel sole
Il Ponte ! il Ponte !
Riva a riva
Perche’ ogni passo sia Cammino
vennero gli angeli a Novi Sad
Erano angeli caduti
a Novi Sad
ANĐELI U
NOVOM SADU
Bio je tad upravo kraj Velikog
Potopa
sjedeći na Obali
riječi molitve izustiše k'o iz topa
šarenoj Dugi.
Nosili su krstove
izvezene na mjestu srca
a stopalo zmiju im savi
ubijenu iz Ljubavi
Stizali su poput Obećanja
nosili su Odgovor
na
Crni Vrisak majke
nad mrtvim snijegom rake
Kretali su se s pjesmom
u vrijeme zbog ratazabranjenig
sata
silazili sa periferija neba
i prošli su kroz vatru isjetu:
bili su to anđeli
što padoše u letu.
Krila ispružili na suncu
Most! Most!
I krilima spojiše oblae tada
da svaki korak pretvore uPut
stigli su anđeli doNovoga
Sada.
In free
download il primo brano estratto da Sangue e
Cenere! (15DIC2014)
Realizzato insieme all’Orchestra Pergolesi diretta
dal Maestro Stefano Campolucci, si intitola “Gli
Angeli di Novi Sad” ed è senza dubbio uno dei
momenti più struggenti del nuovo album “Sangue e
Cenere” in uscita a febbraio 2015, a distanza di 14
anni dal precedente album di inediti in studio.
“E’ una canzone che punta dritto e mira all’ultimo
inferno di Novi Sad. Alla guerra contro la
Jugoslavia, ai bombardamenti sul Kosovo, al capro
espiatorio del popolo serbo, all’abbattimento dei
Ponti come strategia militare e soprattutto
culturale…” (Marino Severini)
La possibilità di ascoltare e scaricare
gratuitamente la traccia su questo sito e tramite il
nostro canale SoundCloud vuole essere un primo
riconoscimento ai tanti sostenitori che hanno
contribuito alla realizzazione definitiva del nuovo
album attraverso la piattaforma di auto
finanziamento BeCrowdy.
Realizzato tra gli Stati Uniti e le Marche e
prodotto da Jono Manson, “Sangue e Cenere” sarà
disponibile in formato digitale e in CD a partire
dal 18 Febbraio e verrà anticipato da un singolo in
uscita a metà Gennaio 2015. Il formato LP sarà
invece riservato esclusivamente alle persone che
hanno contribuito al finanziamento delle
registrazioni.