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Bologna, martedì 25 Aprile 2017Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS sarà presente con un proprio banchetto martedì 25 Aprile 2017, Festa della Liberazione, in occasione del meeting antifascista Pratello R'Esiste a Bologna. Presso il banchetto, allestito in Via del Pratello all'altezza del civico 23/2, sarà possibile conoscersi, scambiare informazioni e acquistare libri e bandiere. Il nostro Coordinamento (JUGOCOORD ONLUS) sostiene e collabora con il Comitato Ucraina Antifascista Bologna, impegnato a far conoscere le ragioni della opposizione al regime sciovinista-revanscista russofobo e filonazista instaurato in Ucraina a seguito del colpo di stato del febbraio 2014. In particolare, sarà possibile visitare il banchetto del Comitato Ucraina Antifascista Bologna vicino al nostro in Via del Pratello. |
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Bologna, venerdì 5 Maggio 2017dalle ore 17:45 alle ore 20:00 presso la sala Tassinari (Palazzo D'Accursio, Piazza Maggiore 6) ANPI com. prov. Bologna Jugocoord Onlus con la partecipazione di: Comitato Ucraina Antifascista Bologna Associazione culturale Russkij Mir (Torino) Associazione culturale Portico delle Parole / corsi di russo, Bologna organizzano il convegno: INTERNAZIONALISMO
PARTIGIANO
Sovietici e jugoslavi nella Resistenza in Emilia-Romagna presiede: Anna Cocchi (ANPI prov. Bologna) Ermenegildo Bugni "Arno" (partigiano): saluti Anna Roberti (Ass. Russkij Mir): partigiani sovietici in Italia e in Emilia-Romagna Ivan Serra (Jugocoord Onlus): sovietici caduti a Casteldebole e Casalecchio Mirco Carrattieri (Museo della Resistenza di Montefiorino): il battaglione russo nella Repubblica di Montefiorino Stralci dal video Bello Ciao sul Comandante Pereladov Andrea Martocchia (Jugocoord Onlus): la presenza jugoslava sul territorio Jadranka Bentini (ANPI Bologna): Ricordo di Vinka Kitarovic Franco Sprega (Museo della Resistenza Piacentina): jugoslavi nel Piacentino Eric Gobetti (storico): I partigiani italiani all'estero per informazioni e contatti: VIDEO
INTEGRALE DELLA INIZIATIVA:
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Casalecchio (BO), martedì 9 Maggio 2017 alle ore 19 all'inizio di Via Martiri della Libertà |
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Intervento di Ivan Serra al convegno di Bologna, 5.5.2017 Dei 132 partigiani sovietici che hanno operato nella provincia di Bologna (sui 1200 in Emilia Romagna) 21 sono i caduti, e di questi 8 nei due episodi che tratteremo: – sei nella strage del cavalcavia di Casalecchio del 10 ottobre 1944, – e due nella battaglia di Casteldebole del successivo 30 ottobre. In entrambi gli episodi i partigiani sovietici erano inquadrati nella 63esima Brigata Garibaldi, e alcuni provenienti anche dalla Brigata Stella Rossa. Nella Strage del Cavalcavia si conosce solo il nome completo di una vittima sovietica, Marùssa Filip Andreévic, il nome o pseudonimo di altri due, Miska e Vassìli, mentre gli altri tre Sovietici sono rimasti ignoti. In realtà non si conosce neanche esattamente il percorso che fecero per arrivare alla 63esima: disertori dell’esercito tedesco dove erano stati costretti ad arruolarsi, o prigionieri dei nazisti trasferiti in Italia al lavoro coatto fin dal ’42, oppure giunti dopo l’8 settembre 1943. Nel combattimento del guado di Casteldebole persero la vita il soldato Grigori e l’ufficiale di origine mongola Karaton, che si era distinto nell’azione di Caparra del 29 settembre ‘44 contro i nazisti, nell’ambito degli eccidi di Marzabotto. La 63esima Brigata Garibaldi, nata dopo l’8 settembre ‘43 da gruppi partigiani della zona bazzanese, arrivò ad operare lungo tutta la zona collinare fino ad Imola. Nel luglio ’44 un suo forte nucleo partecipò alla difesa della Repubblica Partigiana di Montefiorino. Nell’estate ’44 la brigata aveva raggiunto gli 800 effettivi, sotto il comando di Monaldo Calari e Corrado Masetti -Bolero-. Il 27 agosto i nazisti iniziarono un massiccio rastrellamento in tutta la zona collinare, e i boschi aiutarono la maggior parte degli uomini a sfuggire alla cattura e a continuare le azioni di sabotaggio. Sul finire di settembre gli alleati rallentarono le operazioni militari e si assestarono sulle posizioni raggiunte. I nazisti allora intensificarono i rastrellamenti per rendere sicure le proprie retrovie: furono quelli i giorni dei massacri a Montesole e Marzabotto. L’8 ottobre ci fu un rastrellamento a Rasiglio e la brigata, che aveva lì 230 uomini, fu circondata. Grazie ad un attacco alle spalle dei nazisti attuato dai GAP, la brigata ruppe l’accerchiamento, e la gran parte degli uomini riuscì a salvarsi. Però 11 partigiani caddero, e altri 11 vennero fatti prigionieri, tra cui i sei Sovietici. Il giorno 10 ottobre i nazisti aggregarono ai prigionieri due contadini della zona che avevano fornito le loro case come basi partigiane e li condussero da Calderino a Casalecchio, insieme ad altri rastrellati che invece furono poi condotti al lavoro forzato in Germania. I 13 furono trucidati in una piazzetta al cavalcavia ferroviario di Casalecchio, forse per vendicare le sentinelle tedesche lì uccise in un agguato qualche giorno prima. Una ventina di uomini del comando della 63esima, con alla testa Bolero, vagarono poi per diversi giorni, finché ricevettero l’ordine di raggiungere Bologna per predisporre l’insurrezione, allora ritenuta imminente. La sera del 29 ottobre giunsero, sotto una violentissima bufera, fino al guado del Reno nei pressi di Casteldebole. Il fiume in piena rendeva impossibile l’attraversamento, e il gruppo decise di pernottare in una baracca di legno sulla sponda. Il mattino del 30 ottobre, in seguito ad una delazione, i partigiani vennero circondati dai nazisti. Ci fu un asprissimo combattimento, diverse centinaia di nazisti contro 20 partigiani, nessuno si arrese e morirono tutti, compresi i due Sovietici del comando. I nazisti poi continuarono a sfogare la loro crudeltà incendiando le case di Casteldebole e uccidendo 15 civili inermi. Nel corso della Resistenza la brigata riorganizzata ebbe poi il nome di 63esima Brigata Garibaldi “Bolero” in onore del comandante caduto. La strage del cavalcavia ha avuto subito un grande ruolo nella memoria e nel ricordo delle barbarie nazifasciste a Casalecchio e non solo, basti ricordare la presenza di un’altra vittima straniera, il giovane medico costaricano Collado Martinez Carlos. Il 25 aprile 1947 fu inaugurato un monumento commemorativo nella piazzetta luogo della strage, e a partire dal 1955 le cerimonie di ricordo della strage videro la presenza, oltre ai parenti delle vittime e alle autorità locali, anche di rappresentanti di URSS e Costarica. Non vennero dimenticate le modalità dell’eccidio: i corpi legati con filo spinato a pali e cancelli e poi fucilati gradualmente dal basso a piedi, gambe e ventre, per una morte straziante. I sei Sovietici, rispetto agli altri, furono lasciati a petto nudo, con pantaloni e scarpe, forse perché vestivano divise tedesche al momento della cattura, o forse per dileggiare la loro nazionalità. I responsabili di questa ed altre stragi ed eccidi, tra i più efferati avvenuti in Italia tra il 43 e il 45, erano reparti della 16esima divisione corazzata granatieri SS, e provenivano da mesi di occupazioni, stermini e politiche di “terra bruciata” nell’Europa dell’Est, dove il nemico veniva considerato un sub-umano. Un fotografo a cui fu commissionato dai fascisti di riprendere i 13 corpi lasciati lì ben una settimana come monito per terrorizzare la popolazione, ne conservò copie e le passò alla Resistenza. Già nel ’47 il primo libro in Emilia Romagna sulla lotta partigiana “Epopea Partigiana” pubblicava queste fotografie, facendole diventare uno dei simboli della violenza nazista in Italia. Su questo tragico episodio non è mai caduto l’oblio, anche grazie alla scoperta nel ’94 del famigerato “armadio della vergogna” con i dossier occultati delle stragi nazifasciste in Italia, compreso l’eccidio del cavalcavia. Tutto questo portò ad un processo, e all’accertamento delle responsabilità a carico del capitano delle SS Karl Manfred Schmidt, ma anche in un “non luogo a procedere” per presunta morte del reo. FOTOGRAFIE D'EPOCA |
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Coordinamento
Nazionale per la Jugoslavia - onlus
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