Segnalazione iniziativa
CONVEGNO
NAZIONALE del 20 novembre 2004 a Taranto
(ore 9-18 Salone Provincia v. Anfiteatro
Taranto)
"NESSUNA BASE NESSUNA GUERRA"
INTERVENTO
del Coordinamento Nazionale per la
Jugoslavia (CNJ)
Salutiamo calorosamente questa iniziativa
antimilitarista di grande importanza che si svolge in una citta'
fortemente segnata dalla presenza militare, quale e' Taranto. Il CNJ
sollecita la costruzione, insieme a tutte le realta' affini, di tante
altre analoghe iniziative contro la guerra, contro la militarizzazione
e contro la ri-colonizzazione, in uno spirito di solidarieta'
internazionalista.
Consentiteci innanzitutto qualche parola di presentazione.
Il CNJ nasce nel 2001 come ambito di comunicazione e raccordo tra le
persone a vario titolo impegnate sulle problematiche jugoslave. Un
Coordinamento Nazionale appariva necessario per continuare in maniera
proficua e anzi, se possibile, rilanciare tutte le attivita' che
avevamo avviato, prima, durante e dopo i bombardamenti del 1999, in
diversi ambiti:
- l'ambito della solidarieta' materiale alle popolazioni bombardate o
in altro modo colpite dallo smembramento della RFS di Jugoslavia;
- l'ambito della informazione, o contro-informazione che dir si voglia:
cioe' innanzitutto della denuncia delle mistificazioni giornalistiche e
del carattere propagandistico e, di fatto, militare dell'informazione
dei grandi media;
- l'ambito culturale, della diffusione della cultura degli slavi del
sud e della promozione della amicizia tra i nostri popoli;
- altro scopo fondativo del CNJ e' il mantenimento di rapporti con le
sinistre sociali e politiche delle varie repubbliche jugoslave.
Il CNJ si fonda su quegli stessi valori su cui e' stato fondato mezzo
secolo di vita pacifica e di sviluppo della Jugoslavia, contro ogni
secessionismo e contro ogni esasperato identitarismo. Con la nostra
attivita' ci prefiggiamo di contribuire anche a rimediare al profondo
debito storico e culturale ed alla profonda disinformazione sulle
vicende jugoslave e del nostro confine orientale che, proprio
in Italia, ereditiamo da lunga data, attraverso il nazionalismo
italiano post-unitario, le annessioni coloniali ed il fascismo,
la guerra fredda, lo smembramento della RFS di Jugoslavia. In questo ci
sentiamo in continuita' con lo spirito della comune lotta dei
partigiani jugoslavi ed italiani contro il nazifascismo.
La recente guerra per la distruzione della Jugoslavia e' incominciata
con le secessioni dell'estate 1991. Le secessioni della Croazia e della
Slovenia sono avvenute contestualmente alla disgregazione dell’Unione
Sovietica. La Bosnia-Erzegovina fu incitata alla secessione dalla
comunità internazionale l'anno successivo (1992), benche' fosse
chiaro che il riconoscimento delle "indipendenze" proclamate
unilateralmente era causa di ingiustizie, di instabilita' e di guerra.
La guerra per la distruzione della Jugoslavia e' stata certamente una
guerra fratricida, ma anche una guerra di assoggettamento imperialista,
e non puo' dirsi terminata: basti guardare non solo all'indefinito
"status" della provincia serba del Kosovo, ma anche alle tensioni tra
le componenti cosiddette "etniche" della Bosnia-Erzegovina, oppure agli
sforzi USA ed UE per la ulteriore frammentazione in Macedonia -- dove i
media parlano esplicitamente, guarda caso, di "devolution" -- o ancora
alle perduranti contese territoriali tra Slovenia e Croazia... Tutto
questo ci dice che i confini tracciati nei Balcani sono instabili; a
volerla dire tutta: i confini tracciati nei Balcani sono assurdi, o
meglio ancora: NON ESISTONO E NON POSSONO ESISTERE CONFINI "GIUSTI" A
DIVIDERE I BALCANI. Tutti i confini tracciati nei Balcani sono
necessariamente ingiusti, poiche' la popolazione e' ovunque mista, e
separare le componenti "etniche" le une dalle altre e' possibile sono
tramite la violenza ed il sopruso.
L'unico risultato evidente ed indiscutibile della guerra, dal punto di
vista geopolitico, e' stato finora l'invio di molte decine di migliaia
di soldati della NATO su quei territori. Sono circa diecimila soltanto
gli italiani attualmente presenti: considerato che essi si avvicendano
di continuo, possiamo valutare in centinaia di migliaia il numero dei
soldati italiani che sono "passati" per quei territori nel corso degli
ultimi anni, inquadrati nelle missioni: KFOR (Kosovo ed Albania),
IFOR/SFOR (Bosnia), "Essential Harvest" ed "Amber Fox" (Macedonia), ed
altre. Questa presenza e' spiegabile in base alle enormi pressioni
esercitate per un'estensione generale della NATO verso est.
L'imposizione di una pace precaria in Bosnia, come in Kosovo o nella
Macedonia, non e' stata altro che il pretesto per inviare le forze NATO
nei Balcani.
Scriveva Sean Gervasi gia' nel 1996:
<< La scelta strategica che si sta delineando [e' quella di]
controllare le risorse della regione intorno al Mar Caspio,
"stabilizzare" i paesi dell'Europa Orientale e in ultima analisi
"stabilizzare" la Russia e i paesi della Comunita' degli Stati
Indipendenti. (...) E' importante osservare che la NATO ha cercato di
inserirsi nella crisi jugoslava fin dall'inizio. L'intervento divenne
del tutto manifesto nel 1993, quando la NATO incomincio' ad appoggiare
le operazioni dell'UNPROFOR in Jugoslavia, soprattutto con il blocco
contro la Repubblica Federale di Jugoslavia e l'imposizione di una zona
di interdizione dei voli nello spazio aereo bosniaco. (...) La NATO
dunque ha incominciato a lavorare per una vasta operazione "fuori area"
praticamente fin dall'inizio della guerra in Bosnia-Erzegovina. (...)
Nei paesi occidentali l 'opinione comune e' che questa crisi, comprese
le guerre civili in Croazia e Bosnia-Erzegovina, sia il risultato di
conflitti interni jugoslavi, in particolare tra Croati, Serbi e
musulmani Bosniaci. Ma questa spiegazione e' ben lungi dal cogliere
l'essenza del problema. Sin dall'inizio il problema principale in
Jugoslavia e' stato l'intervento straniero negli affari interni del
paese. Due potenze occidentali, gli Stati Uniti e la Germania, hanno
deliberatamente indirizzato i loro sforzi a destabilizzare e
smantellare il paese. Il processo, gia' in pieno svolgimento negli anni
'80, e' stato ulteriormente accelerato all'inizio dell'attuale
decennio. Le due potenze hanno accuratamente pianificato, preparato e
assistito le secessioni che hanno mandato in pezzi la Jugoslavia e
hanno fatto il possibile per allargare e prolungare le guerre civili
iniziate in Croazia e continuate poi in Bosnia Erzegovina. Dietro le
quinte il loro coinvolgimento non e' mai venuto meno in nessuna delle
fasi della crisi. L'intervento straniero doveva servire a creare quegli
stessi conflitti che le potenze occidentali tanto deprecavano perche'
quei conflitti, una volta innescate le guerre civili, fornivano i
migliori pretesti per intervenire apertamente. (...) Sotto la maschera
della "promozione della democrazia" veniva in realta' aperta la strada
alla ricolonizzazione dei Balcani. (...)
Una volta disintegrata e gettata nel caos la Jugoslavia, si poteva
incominciare a riorganizzare questa area centrale dei Balcani. La
Slovenia, la Croazia e la Bosnia-Erzegovina dovevano entrare nella
sfera di interessi tedesca. La Germania otteneva l'accesso al mare
sull'Adriatico e, in prospettiva, se si fosse riusciti a piegare
totalmente i Serbi, al nuovo canale Reno-Danubio, una via d'acqua che
puo' trasportare navi da 3.000 tonnellate dal Mare del Nord al Mar
Nero. Le parti meridionali della Jugoslavia dovevano cadere in una
sfera di interessi americana. La Macedonia, che controlla gli unici
valichi tra est e ovest e tra nord e sud nelle montagne dei Balcani
doveva essere il centro di una regione americana. Ma la sfera americana
doveva includere anche l'Albania e, se si fosse riusciti a strappare
quelle regioni alla Serbia, anche il Sangiaccato e il Kosovo. Alcuni
esperti americani hanno parlato anche dell'emergere eventuale di una
Grande Albania sotto tutela USA e turca, nell'ambito di una serie di
staterelli musulmani, compresa se possibile la Bosnia-Erzegovina, con
accesso all'Adriatico.
Non c'e' da stupirsi se la Germania e gli USA, pur avendo lavorato di
concerto per la disintegrazione della Jugoslavia, sono ora in
competizione per il controllo di varie parti del paese, specialmente la
Croazia e la Bosnia-Erzegovina. In effetti in tutta l'area balcanica
c'e' un grosso scontro per l'influenza e i vantaggi commerciali. I
contendenti principali sono la Germania e gli Stati Uniti, le due
potenze responsabili della disintegrazione della Jugoslavia. Alla corsa
partecipano pero' anche importanti societa' e banche di altri paesi
europei. La situazione e' simile a quella creata in Cecoslovacchia
dall'accordo di Monaco del 1938, raggiunto per dividersi le spoglie in
modo da evitare scontri che avrebbero condotto immediatamente alla
guerra.
La Jugoslavia e' importante non solo per la posizione che occupa sulla
carta geografica, ma anche per le regioni a cui consente l'accesso.
Influenti analisti americani la considerano adiacente a un'area di
interesse vitale per gli USA, quella del Mar Nero e del Caspio. (...)
Questa stretta collaborazione lega gli USA al punto di vista tedesco su
quella che gli esperti tedeschi e americani chiamano ora Mitteleuropa
(Europa centrale). E' un punto di vista che prevede: 1) l'espansione
dell'Unione Europea verso est; 2) una leadership tedesca in Europa; e
3) una nuova divisione del lavoro in Europa. >>
Oggi, dopo otto anni da quando Gervasi scriveva queste parole, e mentre
la popolazione irachena viene massacrata ogni giorno a base di menzogne
mediatiche e di uranio impoverito proprio come era stato fatto negli
anni precedenti in Jugoslavia, la situazione balcanica e le sue
implicazioni geopolitiche appaiono in tutta la loro evidenza, ed ancora
piu' gravi. Gli Stati Uniti d'America hanno usato dapprima la Germania,
il Vaticano e l'intera Comunità Europea come battistrada, ma il
loro appoggio a livello mediatico, diplomatico, finanziario e militare
ai secessionismi e' stato sempre piu' sfacciato, tanto da creare
problemi, imbarazzo e nervosismo all'Europa stessa. Dopo avere
cinicamente sfruttato il risorgere dei revanscismi "mitteleuropei" e
delle destre neonaziste nell'Europa "post-Ottantanove", gli USA si sono
scatenati, assumendo via via un ruolo sempre piu' diretto e mostrando
di avere una strategia in fondo anti-europea, cioe' mirata (tra
l'altro) alla destabilizzazione cronica dell'Europa in quanto polo
imperialista concorrente.
In Croazia, gli USA sono intervenuti direttamente nella guerra civile
ad esempio attraverso la Military Professional Resources Inc., una
societa' di mercenari controllata dal Pentagono, facente base in
Virginia (USA): essa ha tra l‘altro assistito la Croazia nelle
operazioni di pulizia etnica “Lampo“ e “Tempesta“, con le quali nel
1995 le zone a maggioranza serba sono state svuotate della loro
popolazione autoctona, nella criminale indifferenza della
“comunità internazionale“.
In Bosnia gli USA vanno annoverati come i principali responsabili del
fallimento dei piani di pace, a partire dal piano Cutileiro (aprile
1992) che era stato sottoscritto da tutte le parti in conflitto ed
avrebbe risparmiato tragedie e lutti alla popolazione. Via via, gli USA
hanno mirato a screditare ed a far fallire ogni intervento attuato
sotto l'egida delle Nazioni Unite, imponendo la progressiva
sostituzione delle missioni ONU con missioni più direttamente
gestite dalla NATO. Ricordiamo il periodo delle grandi "stragi a mezzo
stampa" -- quelle di Sarajevo -- con le rimozioni dei vari generali ed
incaricati ONU Morillon, MacKenzie, Akashi, eccetera. Nel settembre
1995, USA ed UE scatenano ai danni dei serbi della Bosnia la prima
grande campagna di bombardamenti sul suolo europeo dai tempi della II
Guerra Mondiale. I serbi vengono prima diffamati e poi colpiti
perché, tra gli jugoslavi, sia per ragioni storiche sia
perché vivono in quasi tutte le repubbliche ex-federate, sono
quelli che meno di tutti hanno interesse alla frantumazione del loro
paese.
Gia' per quei bombardamenti del 1995, durante i quali proiettili
all'uranio impoverito vennero scagliati contro le infrastrutture
causando sul colpo anche decine di morti civili, la NATO si avvalse
delle basi militari in Italia. Dopo un paio di mesi, la firma degli
accordi di Dayton consenti' lo stanziamento "sine die" di decine di
migliaia di soldati NATO sul territorio bosniaco, interamente ridotto
ormai a protettorato internazionale.
La Jugoslavia era già stata spaccata in cinque parti, ma
evidentemente tanto non bastava. Nella primavera del 1999, dopo anni di
strumentalizzazione del movimento separatista pan-albanese, USA ed
europei bombardavano la Repubblica Federale di Jugoslavia - ciò
che restava della RFS di Jugoslavia dopo le secessioni, e cioè
Serbia e Montenegro.
Di nuovo erano le basi militari dislocate sul suolo italiano a
funzionare da basi di lancio per la aggressione a paesi e popoli a noi
vicini. Questo, peraltro, con gravi conseguenze anche sull'ambiente e
sulla sicurezza del nostro paese: si pensi ad esempio a tutti i
proiettili inesplosi scaricati in Adriatico dai bombardieri dopo le
loro missioni di morte, quasi che il nostro mare fosse la pattumiera
delle loro bombe. Sulla Jugoslavia, da chilometri di altezza venivano
colpite infrastrutture civili e militari, causando sul colpo centinaia
di morti civili. Gli jugoslavi hanno raccolto i cadaveri di
concittadini, amici e parenti nelle piazze dei mercati, dalle lamiere
dei treni sventrati, dai resti dei convogli di profughi, dagli
ospedali, dalle abitazioni. La NATO ha colpito per mettere in ginocchio
tutto il paese, devastandolo. Hanno infatti bombardato obiettivi
situati a molte centinaia di chilometri di distanza dal Kosovo-Metohija
che dicevano di dover "salvare" -- fino ai confini ungheresi! In
Kosovo-Metohija hanno bombardato con l'uranio impoverito. Hanno
bombardato il petrolchimico di Pancevo, a pochi chilometri da Belgrado,
intenzionalmente per causare la fuoriuscita di gas altamente venefici
-- in Italia la migliore documentazione su questo "buco nero"
informativo (uno tra i tanti) è stata prodotta dal comitato
Scienziate/i contro la Guerra. Attraverso l'effetto di lunga durata
degli agenti cancerogeni, la NATO sta uccidendo ancora oggi:
l'incremento dei casi di cancro a Pancevo e' documentabile.
In questa maniera criminale la Jugoslavia e' stata costretta alla resa,
nel giugno 1999, ed e' stata infine cancellata dalle cartine
geografiche: l'odierna Unione di Serbia e Montenegro e' una entita'
precaria costruita a tavolino in Occidente. Nel Kosovo-Metohija regna
oggi un regime del terrore. Sotto gli occhi disattenti ovvero complici
di molte migliaia di soldati NATO è stata pressoché
completata la epurazione delle nazionalità non-albanesi e degli
albanesi non-secessionisti, e prosegue la distruzione delle vestigia
della cultura tardo-bizantina. I "desaparecidos" sono migliaia, gli
attentati a sfondo razzista continuano, l'ultimo pogrom e' avvenuto lo
scorso marzo... La zona è in mano agli ex-guerriglieri dell'UCK,
sostenuti economicamente dai traffici di droga, armi e prostituzione.
Le grandissime risorse della provincia, specialmente minerarie, sono
state espropriate allo Stato serbo in vista dell'acquisizione da parte
delle multinazionali, ed ogni produzione è bloccata. Le poche
possibilità di lavoro "onesto" per i giovani kosovaro-albanesi
vengono dalle truppe straniere di occupazione: ad esempio nell'immensa
base militare USA di Camp Bondsteel, presso Urosevac, che e' il
più grande insediamento militare USA all'estero dai tempi del
Vietnam.
Ha scritto Diana Johnstone:
<< Camp Bondsteel fornisce il numero più importante di
impieghi legali agli Albanesi, e questo potrà continuare a farlo
anche dopo che la richiesta di autisti ed interpreti andrà ad
esaurirsi, quando le ONG si ritireranno. Possono contare sui
finanziamenti dell’Arabia Saudita per la costruzione di moschee. Ma con
un reddito pro capite di circa 30 dollari$ al mese, è difficile
vedere dove un “Kosovo indipendente” possa racimolare la tassazione di
base per sostenere finanziariamente un governo, specialmente poi se
molto del reddito reale è di provenienza illecita, fuori della
portata di esattori delle imposte. Il Kosovo è solo un caso
estremo della “transizione” dal socialismo al libero mercato,
così come imposto all’Europa dell’Est dalla “comunità
internazionale”. Lo Stato e i suoi servizi sono stati eliminati
attraverso la forza militare della NATO, mentre altrove il processo di
demolizione è avvenuto in modo più graduale e meno
drammatico, come risultato delle pressioni del Fondo Monetario
Internazionale, la Banca Mondiale e l’Unione Europea. >>
Ulteriore disgregazione è in atto in Macedonia. Anche in questa
Repubblica ex-federata il nazionalismo di ispirazione grande-albanese
è stato fomentato dalla NATO negli anni passati. In questo caso,
pero', l'incipiente frattura tra le cordate imperialiste --
statunitense da una parte ed europea dall'altra -- e' apparsa molto
evidente. All'inizio del 2000, la Commissione Europea aveva avviato con
la Bulgaria, la Macedonia e l'Albania i negoziati per l'ingresso
nella UE. Nell'aprile del 2001 la Macedonia era diventata il primo
paese dei Balcani a firmare un "accordo di stabilizzazione ed
associazione". Ecco allora che, proprio negli stessi giorni, il
terrorismo dell'UCK macedone, armato ed addestrato adesso soprattutto
dagli angloamericani, esplodeva in tutta la sua violenza, per portare
viceversa il paese alla de-stabilizzazione e cosi' allontanarlo dalla
UE.
Ogni esplosione della violenza terroristica serve comunque a
giustificare la ulteriore presenza delle truppe occidentali, oramai
diffuse un po' dovunque nella regione, che e' stata ridotta ad un
"patchwork" di protettorati. Queste truppe controllano le vie di
comunicazione, in particolare proprio in Macedonia e Kosovo, dove
è stata avviata la realizzazione del cosiddetto "Corridoio
numero 8", sulla direttrice fra Albania e Bulgaria, dunque di
particolare interesse per la Puglia. Ogni anno, a settembre, se ne
parla alla Fiera del Levante di Bari, in incontri tra i Ministri dei
sei Paesi interessati (oltre ad Italia e Grecia, Turchia, Macedonia,
Bulgaria ed Albania): si progettano porti, aeroporti, centri
intermodali, strade e ferrovie per collegare le regioni
adriatico-ioniche con l'area balcanica e i Paesi del Mar Nero. Pero'
dal 1996 anche il colosso energetico anglo-americano ha creato un
consorzio specifico, denominato AMBO, per lo stesso Corridoio 8,
sottoscrivendo accordi ad hoc nel tentativo di marginalizzare gli
europei. Il consorzio AMBO ("Albanian, Macedonian and Bulgarian Oil")
ha sede legale negli USA ed è direttamente collegato al potere
politico-militare statunitense attraverso la famigerata Halliburton, la
societa' del vicepresidente USA Dick Cheney già appaltatrice,
tramite l'associata Brown & Root, delle forniture e della stessa
costruzione della base di Camp Bondsteel, ed ora appaltatrice di tutta
la enorme "torta" irachena.
Il disegno strategico originario prevedeva almeno dieci corridoi
pan-europei; ma esso e' in fase di stallo per il contrasto crescente
tra UE ed USA, mentre sta drammaticamente esplodendo, cioe', la "grande
crisi" del petrolio a livello globale, con conseguenze potenzialmente
devastanti per la pace mondiale. Nei Balcani, come dappertutto, la
cordata petrolifera anglo-americana (BP-Amoco-ARCO, Chevron e Texaco)
si contrappone agli europei Total-Fina-Elf, ai quali l'italiana
ENI sarebbe associata (benchè la posizione sui generis
dell‘Italia meriterebbe un discorso a parte). Per questo gli
anglo-americani sono in prima linea nell'interventismo militare e di
intelligence nei Balcani, dove non disdegnano di usare il terrorismo di
matrice islamista e filoturca per tenere in scacco tutta la penisola,
così come già fanno nel Caucaso (vedi Cecenia). Loro
dicono di combattere il terrorismo islamico, ma in realta' ne sono i
principali sponsor.
Oggi sembra aver prevalso l'interesse USA ad insabbiare per il momento
qualsivoglia progetto di oleodotto balcanico. L'Iraq è infatti
stato occupato; inoltre, è stato avviato un progetto ben
più interessante per gli USA, per un oleodotto da Baku
attraverso la Turchia fino a Ceyhan, direttamente cioè sul
Mediterraneo: a tagliar fuori i Balcani, e con essi tutta l'Europa. La
"guerra infinita" proclamata dagli USA dopo l'11 Settembre sta
ridisegnando completamente la geopolitica del petrolio. La recente
aggressione contro l'Iraq ha colpito direttamente gli interessi
petroliferi francesi e russi, e sembra scalzare via gli europei dalle
posizioni che sembravano acquisite. Negli scorsi anni, gli europei
erano "arrivati prima" in Asia Centrale, ad esempio in Kazakistan,
anche grazie ad una politica di avvicinamento alla Russia: politica che
viene messa oggi in discussione dagli USA che fomentano l'instabilita'
e la guerra nel Caucaso... Nei Balcani gli europei hanno agito in
maniera paradossalmente autolesionistica: i bombardamenti del 1999
hanno di fatto nuociuto all'Europa centrale a causa dei gravi danni
arrecati alle infrastrutture dell'asse danubiano (il "Corridoio 10").
Evidentemente certi settori, soprattutto tedeschi, pur di capovolgere
nei Balcani gli esiti della Seconda Guerra Mondiale, che li aveva visti
sconfitti, e dunque accecati dal loro stesso revanscismo, sono andati
addirittura contro il proprio interesse nazionale quando, bombardando i
ponti sul Danubio, hanno bloccato per anni il traffico fluviale lungo
una direttrice per loro strategica!
In questo teatrino di "sgambetti" tra i vari attori sul proscenio
balcanico, l'Italia svolge un ruolo non irrilevante, per motivi
oggettivi: basti guardare la cartina geografica, per comprendere come
tanto il Corridoio 10 (con la progettata diramazione di Trieste) quanto
il Corridoio 8 (per tutti i nostri porti adriatici, Puglia compresa) o
il 5 (sempre per Trieste) siano tutti al centro dell'interesse del
nostro paese, indipendentemente da quale risulterà essere la
cordata imperialista "vincente".
In Europa, per adesso, sono gli jugoslavi a dover pagare il prezzo
più caro di una ristrutturazione geopolitica decisa a loro
insaputa e contro di loro. A partire dal riconoscimento diplomatico
delle Repubbliche secessioniste, l'Occidente ha fatto il "doppio gioco"
con il loro paese, proclamandosi pompiere mentre gettava benzina sui
focolai di crisi. Un "doppio gioco" che ha causato indicibili tragedie,
ridisegnando i Balcani secondo protettorati coloniali come ai tempi
dell'occupazione nazifascista, trasformandone i territori in
servitù militari occidentali e bacini di sfruttamento delle
risorse e della forza-lavoro, devastando le basi della convivenza
civile e della cultura comune di quelle genti. Nessun “gruppo
nazionale“ ci ha guadagnato niente, dalla disgregazione, visto che
tutti indistintamente si trovano oggi a dover vivere sparpagliati tra
tanti piccoli Stati; i quali a loro volta non hanno alcuna forza
"contrattuale" né voce in capitolo rispetto al proprio stesso
futuro. Di rado qualcuno di questi staterelli, tra pressioni e ricatti
di ogni genere, viene accolto nei "salotti buoni": è il caso
della Slovenia, che è entrata nella NATO e nella UE con un
referendum pro-forma che ha mostrato una volta di più lo scarso
entusiasmo della popolazione per tutto quanto sta avvenendo.
La situazione attuale nei Balcani è una dimostrazione clamorosa
della ipocrisia delle grandi potenze. In particolare, le "ragioni
umanitarie" sempre addotte dagli USA e dai loro alleati per far
scoppiare le guerre coprono uno spietato progetto di ricolonizzazione.
La filosofia complessiva è stata sempre quella dell'"arancia ":
per meglio mangiarla bisogna suddividerla spicchio per spicchio;
talvolta qualche spicchio si rompe, e bisogna sporcarsi le mani... di
sangue. Da sempre presi in trappola nei deleteri tira-e-molla tra le
grandi potenze, gli abitanti dei Balcani si trovano adesso a dover fare
i conti con gli interessi contrapposti di europei e statunitensi. Di
certo, non se ne gioveranno in nessun modo.
Dal 1999 in poi, mese dopo mese abbiamo visto replicarsi ovunque quello
che è successo alla Jugoslavia, con ritmi sempre più
rapidi e modalità sempre più sfacciate. Come in
Jugoslavia anche in Iraq, ad esempio, abbiamo visto tutti che la guerra
si prepara e si accompagna con la disinformazione strategica, gestita a
livello globale da agenzie specializzate e "corporation" del settore,
come la Hill&Knowlton, la Ruder&Finn, la ITN, il Rendon Group,
gli istituti legati ai governi occidentali ed alla Fondazione Soros.
Come in Jugoslavia, anche in Iraq la diffamazione delle classi
dirigenti e la promessa di "dare alla popolazione locale un governo
democratico" si sono rivelate un cinico imbroglio: l'Occidente ha
portato distruzione, militarizzazione, miseria, morte; porterà
nuovi confini a dividere le genti, porterà divisione ed odio
"etnico", e regimi coloniali repressivi ed antipopolari. Ibrahim
Rugova, il tanto vezzeggiato leader dei separatisti kosovari, diceva
testuale, all‘ANSA il 13 febbraio 2003: ''Hussein e Milosevic (...) in
quanto dittatori si assomigliano. Il problema che si pone il mondo
civile è quello di annullare le potenzialita' dei dittatori, per
andare sempre più verso la democrazia. (...) Noi kosovari
dobbiamo ringraziare Dio per l'intervento della NATO che è
servito a salvare un popolo e una civiltà''. Viceversa, i
kosovari albanesi sono stati presi in trappola dalla NATO e dai loro
stessi leader: il territorio sul quale vivono viene spogliato delle sue
risorse, ad esempio minerarie (vedi il sequestro delle miniere di
Trepca), ed e' trasformato in una grande portaerei.
Come in Jugoslavia, anche in Iraq gli imperialisti si litigano le
risorse, le materie prime, il petrolio ed il gas naturale, e mirano a
controllare militarmente tutte le rotte per il loro transito. Come in
Jugoslavia, anche in Iraq la guerra "umanitaria" si è combattuta
con l'uranio impoverito, con i bombardamenti sulle infrastrutture e
sugli insediamenti civili, con conseguenze mortali sull‘economia,
sull'ambiente e sulla salute.
Per concludere, vogliamo qui riaffermare:
- la nostra opposizione alla NATO, che sulla scorta di quanto sopra
appare sempre di piu' come una alleanza anacronistica, che copre
goffamente contraddizioni di ben altra natura tra le grandi potenze;
- la nostra opposizione alle basi militari USA e NATO sul suolo
italiano come altrove, e piu' in generale la nostra opposizione alla
crescente militarizzazione dei territori;
- la nostra richiesta di immediato ritiro di tutte le truppe italiane
dislocate all'estero, contro il neocolonialismo e contro le guerre di
conquista, in linea con il dettato costituzionale del nostro paese.
Ribadiamo infine la nostra solidarieta' internazionalista a tutti i
popoli aggrediti dall'imperialismo, ed in particolare al popolo
iracheno, vittima in questi giorni di una mattanza da parte delle
truppe statunitensi: altri crimini di guerra, dei quali l'Italia e'
complice.
20
novembre 2004
ore 9-18, Salone della Provincia, via Anfiteatro - Taranto
CONVEGNO
NAZIONALE:
NESSUNA BASE NESSUNA GUERRA
contro la nuova Base Usa a Taranto
avamposto nel mediterraneo nel disegno di dominio americano
A Taranto, dove vi sono già due basi navali -
l’ultima inaugurata proprio quest’estate - se ne ipotizza una terza a
comando militare USA.
Lanciamo un appello per realizzare a Taranto un Convegno per il
prossimo 20 novembre e subito dopo una manifestazione nazionale.
La strategia politico economica americana
che mira al controllo mondiale assegna all’Italia un ruolo di alleato
fede e servo Usa. Il nostro Paese ha fatto propria l’opzione bellica
presentandosi come “paladino della pace e della democrazia”. Per
consolidare questo disegno, il processo di militarizzazione e la
condizione di sudditanza dagli USA devono essere rafforzate.
La Puglia, regione meridionale protesa verso il medio-oriente,
costantemente alla ricerca dello sviluppo socioeconomico, è il
territorio ideale per la funzione di sentinella degli interessi
economici, della cultura, dei valori dei paesi imperialisti
occidentali.
In questo quadro è Taranto che sta diventando il nuovo avamposto
bellico assumendo il ruolo di nuovo cardine della militarizzazione
europea, sentinella della guerra preventiva.
A Taranto, dove vi sono già due basi navali - l’ultima
inaugurata proprio quest’estate - se ne ipotizza una terza di supporto
logistico, tutta a stelle e strisce. Documenti ufficiali delineano il
trasferimento del comando della VI Flotta Usa - dotata di mezzi a
propulsione nucleare - da Gaeta a Taranto. Sono in corso accordi per
l’attracco di navi Usa nel porto commerciale (1° e 3°
sporgente). Taranto viene pertanto chiusa (strozzata) sempre più
da rilevanti insediamenti militari.
Da alcuni mesi sorge un'antenna molto alta nell'isola di San Pietro, la
più grande delle due isole Cheradi che collega la base navale
italiana con la centrale Usa di San Diego in California. "Il Mondo" del
13 febbraio 2004 ha scritto la nuova base navale di Taranto "potrebbe
includere anche il centro di ascolto, ora a San Vito dei Normanni, che
rientra nella rete Echelon".
La nuova Base di Chiapparo viene definita "Porto militare utilizzabile
da tutte le marinerie, NATO e non" nonché "Deposito USA e NATO".
Non siamo quindi in presenza di una Base esclusivamente italiana ma di
un insediamento inserito, mediante il sistema C4i del Pentagono, nella
sfera di influenza americana.
Taranto diventa la più grande base militare navale per il
controllo del Mediterraneo, dei Balcani, del Medio Oriente, per le
missioni di guerra contro i popoli, per imporre sfruttamento,
predazione.
Una città di guerra è anche città a rischio
nucleare. Taranto è già attrezzata per accogliere navi e
sommergibili a propulsione nucleare; e tali presenze comporteranno
dispersione di radioattività;
Taranto ha visto un grave incremento dei casi di tumore; non ha un
serio piano di emergenza nucleare; non crescerà economicamente
con la presenza di ulteriori insediamenti militari; rischia di perdere
anche la mitilicoltura.
E’ assolutamente falso che tutto questo porterà nuova
occupazione e sviluppo economico: pochi si arricchiranno, mentre i
lavoratori, i giovani e la intera popolazione subiranno soltanto
aumenti del costo della vita, maggiore precarietà lavorativa,
flessione delle iniziative produttive, gli stessi posti di lavoro
dell’Arsenale Militare potrebbero essere smantellati. Il rafforzamento
della presenza militare porterà poi un più alto, diffuso
e capillare controllo sociale della zona (per proteggerci dal
terrorismo, ci diranno). Nei fatti diminuiranno gli spazi democratici
in tutti i settori della vita sociale, culturale, economica. Per tutto
questo la realizzazione della terza Base non può e non deve
avvenire nel silenzio.
Taranto non è un problema solo locale, ma anche nazionale.
Facciamo appello a donne, uomini, giovani, lavoratori, a intellettuali,
giornalisti, scienziati, ai Comitati di lotta contro le basi, alle
forze sociali, politiche e sindacali, strutture ed associazioni di base
e autorganizzate locali e nazionali a partecipare a Taranto al Convegno
del 20 novembre
Il Comitato per il No al nucleare e No ad ogni ulteriore insediamento
militare
per adesioni e informazioni:
cobasta @ libero.it - giovannimatichecchia @ libero.it
Vedi anche:
Contro la
nuova base USA e le nuove strategie asservimento militare
Le città militarizzate a convegno a Taranto il 20 novembre 2004
Cresce il
pericolo di un nuovo insediamento militare per ospitare le portaerei e
i sommergibili nucleari americani in transito nel Mediterraneo.
(Giovanni Matichecchia, 4 novembre 2004)
http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_7927.html
Taranto non vuole la terza base navale, questa volta a stelle e strisce
http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_7926.html
Contro la nuova base Usa a Taranto avviamo una mobilitazione nazionale
http://italy.peacelink.org/disarmo/articles/art_7349.html
programma
provvisorio
Nessuna base, nessuna guerra
CONTRO LA NUOVA BASE USA A TARANTO
avamposto nel Mediterraneo nel disegno di
dominio americano
Relatori e interventi programmati:
V. Francesco Polcaro -
CNR (Scienziate e Scienziati contro la guerra)
recherà
contributi
di Massimo Zucchetti - Politecnico di Torino
(Scienziate e Scienziati contro la guerra)
e di Francesco Iannuzzelli (Peacelink)
Edoardo Magnone - Chimico (Scienziate e Scienziati contro la guerra)
in collegamento da Tokio
Mauro Bulgarelli - Parlamentare
Nicola Occhiofino -
Assessore Comune Bari
Tonino Camuso -
Osservatorio sui Balcani
Manlio Dinucci -
Esperto problemi militari
Pietro Maestri -
Redattore Guerre e Pace
Comitati invitati:
Aviano -
Giuseppe Rizzardi
Sigonella - Alfonso Di
Stefano
Palermo - Antonio Mazzeo
La Maddalena - Anna
Fresu Comitato Cittadino Spontaneo
Catania
Pisignano (Rimini)
Camp Darby (Pi)
Brindisi
Taranto Comitato dei 2 No
Peacelink (A.
Marescotti), Slai Cobas (E. Palatrasio), Cobas (G. Petruzzi),
tarantosociale (G.
Matichecchia), Legambiente (M. Maranò), WWF (T.
D'Assisi), Pax Christi
(G. Tacente), Arci (Lorenzo), Attac (S. De Rosa)
Associazione per la
Pace, Oltre le barriere, Chiesa Valdese Tarantoviva,
Altrimondi, ...
Taranto
sabato 20 novembre, ore 9.00
Salone rappresentanza Amm.ne Provinciale
(palazzo Governo, via Anfiteatro)
Pausa dalle 13.30 alle 15.00
Termine dei: lavori ore 18.00
Primo rendiconto convegno di Taranto
Da: "slai cobas Taranto"
Data: Lun 22 Nov 2004 20:47:44 Europe/Rome
A: "Coord. Naz. per la Jugoslavia"
riteniamo utile fornire una prima sommaria informazione (assolutamente
ufficiosa) del convegno di taranto del 20 novembre
seguiranno i comunicati e le informazioni ufficiali del comitato dei 2
NO di taranto
Per una rete delle città militarizzate Nato/Usa
Per una manifestazione nazionale a Taranto in primavera
Per una vertenza nazionale e un referendum popolare in tutte le
città di Basi Nato/Usa
Il Convegno nazionale "Nessuna Base Nessuna Guerra" si è tenuto
nella giornata di sabato a Taranto, con un dibattito qualitativo e una
partecipazione rappresentativa di realtà nazionali.
E' stato aperto da una relazione del Prof. Francesco Polcaro del CNR,
dell'Associazione "Scienziati e scienziate contro la guerra" che ha
portato anche il contributo di Massimo Zucchetti del Politecnico di
Torino e di Iannuzzelli Francesco di Peacelink. Polcaro, che ha portato
un ampio e documentato dossier, ha analizzato e denunciato con forza,
in modo ricco i pericoli connessi alla presenza e al transito di
sommergibili nucleari, smantellando ogni teoria giustificazionista e
sottovalutante dei pericoli per le popolazioni, che notoriamente le
autorità militari, il governo, le amministrazioni locali,
utilizzano per coprire e far accettare questa situazione che, invece,
ha già mostrato ampiamente, in particolare a La Maddalena,
quanto sia criminale per le popolazioni del territorio.
Da Tokyo è pervenuto un messaggio di Edoardo Magnone, facente
anch'egli parte di "Scienziati e scienziate contro la guerra".
Il parlamentare Mauro Bulgarelli ha svolto una dura requisitoria sulla
guerra in atto in Irak, Afghanistan, sul ruolo delle truppe
dell'imperialismo italiano, le violazioni della Costituzione e il
carattere di crimini di guerra delle operazioni militari connesse dalle
truppe imperialiste. Forte è stata la denuncia del nesso:
guerra/attacco alla democrazia all'interno, come pure alla diffusa
illegalità connessa alla presenza delle Basi. Assumendosi
l'impegno di rappresentare sempre più questa battaglia sostenuta
nelle città Basi dalle lotte e dai Comitati.
L'On. Russo Spena, non essendo riuscito ad essere presente al Convegno,
ha mandato un suo utile intervento, affermando che la nuova questione
meridionale va assunta complessivamente come questione
euromediterranea, lottando per chiudere le Basi, per riappropriarsi del
territorio.
Tonino Camuso dell'Osservatorio dei Balcani, che ha portato un testo
estremamente documentato sulla Puglia militarizzata nella guerra
globale permanente, ha insistito sulla lotta al ruolo della
militarizzazione in
Puglia e sulla necessità di una Rete delle città Basi.
Il consigliere regionale Nicola Occhiofino ha posto l'attenzione allo
sviluppo di un movimento per la pace capace nella Regione di
contrastare la trasformazione del Mediterraneo e della Puglia in un
mare solcato da strumenti di guerra e in una Regione asservita che
contrasta con le prospettive di sviluppo di questa terra.
Un incisivo intervento è pervenuto da Piero Maestri di Guerra e
Pace, che non ha potuto essere tra i relatori previsti.
Nell'intervento di Alessandro Marescotti di Peacelink è stato
denunciato il contesto strategico e militare che porta all'ampliamento
della Base navale di Taranto, a far diventare Taranto futura sede della
VI flotta Usa, contornata da un sistema e da un utilizzo del sistema
spionistico, satellitare, inserito nella rete mondiale, a guida Usa,
Echelon. Ha denunciato inoltre come le modifiche al codice militare
sono volte ad
impedire l'attività di scoperta e denuncia di giornalisti ed
operatori pacifisti dei piani del pentagono e dei comandi militari
italiani, attraverso misure che prevedono arresti e repressione.
Marescotti ha
documentato l'attività del Comitato a Taranto per costringere
Amministrazioni locali, Prefettura ad informare sui propri impegni di
tutela della popolazione dal rischio nucleare, evidenziando che lo
scopo di
queste iniziative è soprattutto quello di arrivare al punto in
cui, data l'inosservanza di queste norme, è legittimo richiedere
e imporre il divieto di attracco e di transito di sommergibili nucleari
e di qualsiasi
altra nave da guerra, passibile di utilizzo del nucleare.
Salvatore De Rosa di Attac ha proposto che dal Convegno venga lanciata
una vertenza nazionale in tutte le città Basi, fondata sulla
richiesta di un referendum che permetta alle popolazioni di esprimersi
e offra un
terreno di scontro prolungato con le istituzioni e amministrazioni
locali.
La seconda parte del Convegno ha visto soprattutto gli interventi di
Comitati e compagni che stanno combattendo sul proprio territorio le
Basi militari.
Il racconto, fatto da Maja Maiore del Comitato cittadino spontaneo de
La Maddalena, della lotta in atto, le sue vicende, le sue
difficoltà, ma anche i suoi risultati che rendono la battaglia
in atto a La Maddalena il
punto di riferimento nazionale attuale di questa lotta, ha coinvolto
tutto il Convegno in una forte dimensione nazionale di questa
battaglia, in cui ogni Base, ogni lotta diventi nazionale e si leghi,
si trasmetta e si reticoli.
Da Aviano è intervenuto con uno scritto Giuseppe Rizzardo
dell'Associazione "L'ambiente è vita" sull'impatto ambientale
delle attività militari.
Dalla Sicilia, è stata portata da Rosario Sciortino dello Slai
Cobas per il sindacato di classe di Palermo, la denuncia delle Basi di
Sigonella e Comiso e dei nuovi piani di utilizzo di esse nello scenario
attuale della guerra globale permanente, e l'impegno a rilanciare la
mobilitazione della Regione che vada oltre le dimensioni attuali
sviluppate sul territorio.
Dalla Sicilia è arrivato anche un lungo intervento su `la mega
Sigonella - militarizzazione, mafia e conflitti' di Antonio Mazzeo del
Comitato permanente per la smilitarizzazione di Sigonella.
Lo Slai cobas di Taranto, al cui impegno insieme alle realtà
attive del pacifismo tarantino, in particolare Taranto Sociale, si deve
la realizzazione del Convegno, ha portato innanzitutto il valore
nazionale della battaglia che si sta conducendo a Taranto. La nuova
Base, la più grande del Mediterraneo, appunto un avamposto della
guerra proiettato verso l'Irak, il Medio Oriente e i Balcani, connessa
al trasferimento del
Comando Usa a Napoli, deve diventare un centro della mobilitazione
nazionale, e il ruolo del Comitato dei due NO è quello di essere
un "nemico interno" che attacca e sabota i piani dell'imperialismo,
cominciando ora con un Convegno poi con una manifestazione nazionale.
E' stato valorizzato il ruolo di raccolta del Comitato dei due NO, che
raccoglie effettivamente, almeno a livello di rappresentanze, le forze
reali che per diverse ragioni e convinzioni combattono la guerra, le
Basi e la militarizzazione del territorio. Chi non era al Convegno, e
in particolare le forze della sinistra parlamentare, Rifondazione
compresa, non lo era perchè era contro questo Convegno, dato che
fiancheggiano più o meno apertamente il ruolo della Marina a
Taranto e ne condividono e coprono i processi di trasformazione
Nato/Usa. E' stata rilanciata la necessità di dare una
dimensione effettivamente popolare al Comitato, mettendo in luce come i
lavoratori e i diversi settori delle masse popolari devono scoprire
attraverso l'azione del Comitato le ragioni per scendere in campo e
mobilitarsi contro la Base e i suoi effetti, ma anche contro le
istituzioni locali. Infine, è stato sottolineato come il metodo
principale da seguire ora per coinvolgere le popolazioni, sia quello
dell'azione diretta che anche con piccoli numeri incidi e polarizzi
l'attenzione dell'opinione
pubblica e delle masse e inneschi l'iniziativa e la partecipazione
popolare. Tutto ciò va visto come una "guerra", perchè a
chi sviluppa piani di guerra e azioni di guerra non si possono opporre
parole di pace, ma azioni e un movimento che spazzi via il sistema
economico, politico e militare della guerra,
basato sui profitti e lo sfruttamento e l'oppressione dei popoli.
Il Cobas confederazione nel suo intervento ha sottolineato che proprio
la lotta contro la guerra e le forze oscure o aperte che localmente la
sostengono sono una delle ragioni che hanno portato alla repressione da
Napoli a Genova e che a Taranto ha colpito militanti e realtà,
processate a Cosenza - il Comitato di quartiere città vecchia
con le realtà ad esso collegate ha fatto appello con un suo
intervento alla massima
partecipazione alla manifestazione di Cosenza. Il Cobas ha denunciato
come Stato, polizia e magistratura vogliono mettere a tacere il
dissenso per impedirci di lottare e smascherare i loro piani e disegni.
Ma la lotta contro l'ex sindaco fascista Cito fatta dal Centro Sociale
a Taranto ha mostrato che una mobilitazione nazionale e locale ampia e
vincente è possibile, e che nonostante che anche allora centro
destra e centrosinistra erano uniti contro chi combatteva questo stato
di cose, ciò non impedì affatto che tanta parte del
popolo e anche singoli rappresentanti politici della sinistra nelle
istituzioni, si schierassero con l'opposizione reale. Questo lo
dobbiamo fare anche oggi contro la Base e la militarizzazione.
Importanti sono state nel Convegno le presenze di pacifisti cattolici
che hanno contribuito alla sua realizzazione e che hanno un peso
rappresentativo nel Comitato dei due NO. Ma interessante è stato
la presenza e l'intervento della chiesa Valdese che ha denunciato il
ruolo della religione e della
spiritualità, di stampo cattolico-integralista che ha portato
alla vittoria di Bush in America e che sostiene la guerra permanente e
sviluppa una guerra di religione antislamica che ne tradisce il
messaggio di pace e l'impegno all'educazione alla pace.
Un dirigente locale dei Comunisti italiani ha sottolineato che è
necessario delineare un modello di sviluppo alternativo a quello di una
città militarizzata per mobilitare le popolazioni locali.
Un rappresentante del Comitato No War di Napoli ha documentato il
difficile lavoro di conoscenza e denuncia nei confronti della presenza
e del ruolo Nato/Usa a Napoli, in particolare i recenti cambiamenti che
vengono annunciati di trasferimenti del comando Usa, ma ha denunciato
anche l'addestramento delle truppe irakene a Bagnoli - contro cui il
Csoa `Terra - Terra' ha indetto una manifestazione per il 24 novembre -
e il ruolo dell'aeroporto di Capodichino. Significativo è stato
poi la denuncia dell'imperialismo europeo, che troppe volte viene
oscurato mettendo in luce il solo ruolo dell'imperialismo americano,
mentre proprio la Costituzione europea legalizza e legittima il riarmo
e l'intervento crescente
dell'imperialismo europeo. E' necessario a Napoli il raccordo unitario
di tutti i comitati che si muovono nelle diverse realtà
militarizzate della Regione e l'impegno alla costruzione di questa rete
nazionale lanciata nel Convegno.
Da Ravenna, è venuta la denuncia da parte di Enzo Diana dello
Slai cobas per il sindacato di classe della guerra del petrolio,
dell'Eni che dismette stabilimenti per sfruttare stabilimenti a
Nassirija, dell'Hulliburton, che ha un'azienda anche a Ravenna, del
vice presidente Cheney, grande sponsor e profittatore della guerra in
Irak e del business della ricostruzione, delle Basi di Pisignano e del
sistema delle Basi dell'"Emilia rossa", contro cui si sviluppano
iniziative e lotte.
Ha aderito al Convegno anche con un suo documento "Gettiamo le Basi" di
Bologna e Romagna.
Andrea Catone per il Coordinamento
Nazionale per la Jugoslavia, che ha mandato anche un lungo
documento al Convegno, ha messo in luce come sia stata la guerra dei
Balcani, sostenuta dal governo D'Alema, ad aprire la strada all'attuale
guerra infinita, e di come la Nato si sia ridisegnata come alleanza
aggressiva ancor più di prima, nonostante lo scioglimento del
patto di Varsavia. Ha portato la piena adesione e l'impegno
perchè da questo Convegno si rilanci e si rafforzi la lotta
contro la Nato, per il suo scioglimento e la chiusura delle sue Basi.
L'ultimo intervento è stato dei giovani di Red Block di Taranto,
che in tutta la settimana hanno fatto - solo loro purtroppo - una
intensa campagna alle scuole con volantini locandini e appello ai
presidi e professori per tenere discussioni in classe sul convegno. Nel
loro intervento forte é stata la denuncia della guerra
imperialista e del sistema e stato che in Italia la supporta, con la
repressione e le campagne da unità nazionale.
Il tempo a disposizione del Convegno ha costretto a ridurre gli
ulteriori interventi che la rappresentativa presenza permetteva,
compreso la lettura delle altre adesioni, e interventi scritti,
numerosi, arrivati
nazionalmente: da Corrispondenze metropolitane di Roma (che ha inviato
un intervento "La Nato di Ciampi e quella di Martino e la nostra
lotta"), alla Compagnia teatrale Saverio Tommaso, a Giustizia e Pace,
ad ambientalisti di Taranto, a Giuseppe Scano (www.censurati.it), a
Studenti di Ingegneria da Pisa, ecc.
8 ore di intenso dibattito, con una presenza difficilmente realizzata
così varia e plurale, ma nello stesso tempo così univoca
nel centrare l'obiettivo e indirizzare la lotta, hanno reso importante
e qualificata questa
iniziativa, un Convegno di studio e di lotta, che ha elevato la
conoscenza e la coscienza dei partecipanti e ha fornito una gran massa
di materiali che possono essere di grande utilità, pensiamo,
all'intero movimento contro le Basi e contro la guerra imperialista.
In tempi relativamente brevi, il Comitato dei due NO si è
impegnato a realizzare e a mettere in rete gli Atti di questo Convegno
con pressoché tutti gli interventi a disposizione.
Alla fine sono state elencate alcune decisioni che saranno meglio
illustrate dal Comitato dei due NO nei prossimi giorni.
Sinteticamente:
- Adesione alla manifestazione del 27 a Cosenza;
- Adesione al Convegno di Pisa del 11 e 12 dic., di cui
diversi intervenuti hanno parlato;
- Rete delle città sedi di Basi militari,
Nato/Usa;
- Vertenza nazionale e Referendum in tutte le
città Basi;
- Manifestazione nazionale a Taranto (proposta
orientativa per il 5 marzo), preparata con mobilitazioni locali e come
tappa di un lungo "assedio" alle Basi della morte.
Resoconto provvisorio a cura di Margherita Calderazzi dello Slai cobas
di Taranto - cobasta @libero.it
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