Secchia (1949), La Resistenza accusa,
ANPI, Roma
trascrizione e conversione in html a cura del CCDP
Secchia
La Resistenza accusa
Indice
I partigiani ritrovano la loro unità
Assumersi la propria responsabilità
Le persecuzioni anti-partigiane
Gli arresti illegali
Violenze e torture
Quanti sono i partigiani detenuti?
Un comunicato ignobile
Chi sono gli inquisitori dei partigiani?
Gli ex dirigenti dell'O.V.R.A.
La più bassa delle infamie
Polizia di partito
Il Casellario politico centrale
Che cosa chiediamo?
Giuraste di tornare...
Per la distensione: giustizia ai partigiani
L'appello dell'A.N.P.I. con la denuncia del limite intollerabile a cui sono giunte in Italia — specie nel Modenese — le persecuzioni anti-partigiane, ha avuto larga eco anche nel Parlamento. Decisive prove sugli arbitrari arresti e sulle sevizie di partigiani sono state portate in un impressionante intervento del sen. Pietro Secchia, attualmente Vice Segretario del P.C.I. e durante la lotta di liberazione eroico Commissario Generale delle Brigate Garibaldi. A noi pare che il suo discorso, superando nella parte sostanziale ogni posizione particolare di Partito, abbia risuonato come la voce stessa — severa e ammonitrice — della Resistenza, che accusa coloro i quali cercano di infamarla e processarla, che richiama tutti i suoi esponenti di ieri alla gloriosa responsabilità comune, che solleva con ferma fiducia i suoi grandi ideali popolari e nazionali, destinati comunque a trionfare.
Per tali ragioni, abbiamo scelto questo discorso per iniziare una collana di pubblicazioni dell'A.N.P.I. in difesa della Resistenza.
Signor
Presidente,
onorevoli senatori.
Limiterò di proposito il mio intervento ad una sola questione,
ma che ritengo decisiva per giudicare dell'opera del Governo e
del bilancio del Ministero dell'Interno. E' una questione
sulla quale molto già si è parlato fuori di qui, nell'altro
ramo del Parlamento ed anche in questa Aula; però la sua
importanza è tale da richiamare non solo la nostra insistenza
ma l'attenzione e la preoccupazione di ogni italiano, a
qualunque partito appartenga, a cui stiano veramente a cuore
le sorti della libertà e l'avvenire del Paese. Parlerò della
politica di persecuzione dei partigiani, politica perseguita
con metodo, pervicacemente da ormai due anni e in modo
particolare dal 18 aprile ad oggi, e che costituisce parte
essenziale del bilancio del Ministero dell'Interno e
dell'attività dei suoi organi di polizia.
Nel corso della discussione all'altro ramo del Parlamento sul
bilancio dell'Interno, si è detto che l'opposizione nega
semplicemente le opere del regime (scusate, del governo)
democristiano o che le degna appena di uno sguardo sprezzante,
mentre si sarebbe persa in una serie di cronachette e di
episodi particolari senza importanza. Si è detto che il
Governo ha presentato dei bilanci di opere compiute nel corso
di quest'anno, che ad esempio si sono costruite strade per
2.200 chilometri, fognature per 1.036 Km. acquedotti per 1.291
chilometri, strade ferrate, porti e così via. Tutte cose senza
dubbio assai importanti, ma che non sono l'elemento decisivo
per giudicare della politica di un regime o di un governo.
Anzitutto i ministri, e in primo luogo il ministro
dell'Interno e quello della Giustizia avrebbero dovuto
presentarci un bilancio dal quale risultasse che democrazia e
repubblica sono state consolidate, che le libertà
costituzionali dei cittadini, ma di tutti i cittadini,
sono state rispettate tutelate e difese. Voi anzitutto avreste
dovuto presentare un bilancio dal quale risultasse che la
legge é uguale per tutti e che la Costituzione repubblicana e
stata applicata in difesa delle libertà personali di tutti i
cittadini, ripeto di tutti i cittadini, perché la libertà del
cittadino é il diritto fondamentale, soppresso il quale la
Costituzione della Repubblica perde ogni e qualsiasi valore e
perdono valore anche le opere costruttive realizzate durante
l'anno.
Anche il regime fascista ogni anno il 28 ottobre, proprio di
questi giorni, usava presentare il bilancio della sua
attività, ed era un bilancio nel quale venivano messe in
mostra, e molto in luce, le costruzioni dei ponti, delle
strade, delle ferrovie, degli stadi sportivi, degli arenghi,
ecc. ecc. Ma cosa volete, onorevoli senatori, che importasse a
noi che in regime fascista i treni arrivassero in orario, o
che si costruisse un certo numero di strade, di scuole, di
case, quando il popolo italiano era privato di tutte le
libertà e quando quel regime conduceva una politica che
avrebbe portato infine a sicura rovina il Paese?
C'era forse un solo democratico in Italia, un solo
antifascista disposto a far credito a quel regime, o ad essere
indulgente nei confronti della sua politica, solo perché
costruiva delle strade, delle case, delle ferrovie? Per alcune
centinaia di case costruite, quante migliaia ne fece poi
distruggere in conseguenza della sua politica?
Ebbene, perché noi oggi dovremmo dare più importanza ai
chilometri di strade ricostruite, che non alle libertà dei
cittadini italiani? Ogni regime e ogni governo è capace di
costruire strade. ponti, ferrovie, e in questo campo quello
che é stato fatto sarebbe stato fatto ugualmente se al governo
non c'eravate voi e d'altronde, quanto é stato costruito é
soprattutto il risultato del lavoro e del sacrificio di
centinaia e centinaia di ingegneri, di operai, di tecnici, di
contadini, di lavoratori.
Ma é invece l'opera fondamentale di questo Governo. é la
sostanza che noi vogliamo esaminare e discutere. E la sostanza
é: in quale misura la democrazia é stata consolidata in
Italia? Quanti passi avanti si sono fatti per debellare i
residui del fascismo, quanti passi avanti si sono fatti nel
consolidamento della Repubblica, per dare un maggiore
benessere agli italiani, e per valorizzare quelle forze che
per far libera l'Italia hanno tanto sofferto e combattuto,
cosa si é fatto per unire tutte le forze produttive del nostro
paese nello sforzo per ricostruire e per riedificare in pace?
Questo vogliamo vedere.
L'azione antipartigiana e le violazioni delle libertà dei
cittadini, sancite dalla Costituzione repubblicana da parte
delle autorità di polizia e con la diretta responsabilità di
organi governativi, hanno ormai raggiunto un'ampiezza tale da
suscitare nel Paese l'indignazione e la protesta di uomini di
ogni corrente politica.
I partigiani ritrovano la loro unità
Fuori di qui, malgrado i contrasti di parte, malgrado le
differenze di gradi e di mostrine, malgrado le diversità di
fede politica e religiosa, i partigiani ed i patrioti
ritrovano la loro unità su questo punto: la difesa della
Resistenza.
L'appello lanciato dall'A.N.P.I. una settimana fa perché tutte
le Associazioni della Resistenza e degli ex combattenti
manifestino la loro decisione e la loro protesta contro la
repressione antipartigiana, ha già trovato eco in diverse
città d'Italia. E' di ieri sera il Convegno tenuto a Torino
per la difesa dei valori della Resistenza. A questo Convegno,
per la prima volta dopo il 18 Aprile, si sono ritrovati
riuniti insieme i membri dei Comitati di Liberazione, ed ex
partigiani di formazioni diverse; per la prima volta si sono
ritrovati assieme dopo il 18 aprile i partigiani
democristiani, comunisti, socialisti, liberali, monarchici,
saragattiani, repubblicani, comandanti di formazioni autonome
e di diverso colore politico; tutti si son trovati d'accordo
sulla necessità che venga posto fine in tutta Italia alla
campagna antipartigiana, che la Resistenza, gli uomini e i
valori del movimento di liberazione nazionale siano tutelati e
rispettati, che la Costituzione abbia un valore anche per
loro. Ed io credo che almeno su questo punto dovrebbe essere
possibile trovare anche in quest'Aula l'accordo di tutti
coloro che hanno combattuto nelle file partigiane o che
comunque hanno lottato e sofferto per la causa della libertà.
L'onorevole Scelba ha detto, nell'altro ramo del Parlamento,
che non vuole lasciare a noi il monopolio della Resistenza.
Noi non abbiamo mai preteso di avere questo monopolio. Non
abbiamo mai preteso di avere il monopolio del movimento
partigiano nei giorni della lotta (anche se molti allora ce lo
lasciavano volentieri, e non intendiamo neppure avere oggi il
monopolio della difesa e della valorizzazione della
Resistenza. Saremo ben lieti se non solo da questi banchi, ma
da tutti i banchi di quest'Aula, dove siedono autorevoli e
valorosi comandanti del movimento partigiano ed autorevoli
esponenti della Resistenza, si leveranno altre voci a chiedere
che sia posto fine all'infame campagna anti-partigiana, a
chiedere che non siano più tollerate le diffamazioni, le
persecuzioni. le violenze. gli arbitri, le violazioni della
legge a danno dei partigiani, a danno di coloro che hanno
salvato l'onore dell'Italia e per merito dei quali é sorta la
Repubblica, e per merito dei quali voi sedete su quel banco di
Governo. Io mi auguro anzi che da tutti i settori si levino
voci autorevoli a chiedere che i partigiani siano considerati
dei benemeriti della Patria e non dei malfattori e dei
«fuorilegge»
Io mi auguro che ognuno che abbia ricoperto dei posti di
responsabilità nel Corpo dei Volontari della Libertà, nei
Comitati di Liberazione e nel movimento partigiano, senta oggi
il dovere, l'imperativo morale di parlare. Tacere
significherebbe dare prova di irresponsabilità e di viltà,
tacere significherebbe tradire la fiducia di migliaia di
partigiani e di ex combattenti. Chi tace prova che non era
degno di occupare il posto al quale era stato chiamato dalla
fiducia del popolo.
Assumersi la propria responsabilità
Se l'esigenza della lotta ha consigliato uomini autorevoli dei
Comitati di Liberazione e valorosi comandanti di formazioni
partigiane a impartire, in determinate circostanze, ordini
talvolta duri ma necessari, questi uomini hanno oggi il dovere
e l'obbligo morale di assumere le proprie responsabilità,
hanno il dovere di intervenire a difesa di chi oggi é
perseguitato per aver fatto il suo dovere di soldato e di
patriota, e per aver eseguito degli ordini.
L'onorevole Marazza, per esempio — io pensavo di incontrarlo
oggi qui — si é forse dimenticato di aver firmato il 26 aprile
1945 (dico il 26 aprile 1945 e non sei mesi o un anno prima)
un manifesto-proclama del Comitato di Liberazione Nazionale
per l'Alta Italia nel quale, tra l'altro, è detto:
«Tutti i fascisti devono fare atto di resa alle Autorità del
Comitato di Liberazione Nazionale e consegnare le armi. Coloro
che resisteranno saranno trattati come nemici della Patria e
come tali saranno sterminati — Questo é il termine
usato: «sterminati».
Questo proclama è firmato dall'on. Achille Marazza e da
Augusto De Gasperi. a nome del partito della Democrazia
Cristiana, da Giustino Arpesani e da Filippo Jacini per il
Partito Liberale.
Orbene, si rendevano conto, questi signori, che firmando il
giorno 26 aprile 1945, un proclama di tale vigore, diffuso a
diecine di migliaia di copie, mentre il popolo era in armi,
essi si assumevano una responsabilità, una responsabilità
della quale forse allora erano orgogliosi, ma alla quale non
posson sottrarsi oggi quando degli autentici partigiani
vengono arrestati e condannati per avere, non dico sterminato,
ma giustiziato in quei giorni alcuni nemici della Patria.
Nel 1944, il generale Trabucchi, quando venne arrestato dai
tedeschi, alla domanda rivoltagli da un ufficiale tedesco come
mai egli, insegnante alla scuola militare, capo di stato
maggiore di armate avesse accettato di essere il comandante di
una ciurmaglia di straccioni, rispose fieramente: «Nessun
comando più di quello partigiano poteva onorarmi e la
ciurmaglia di straccioni vedrà le spalle dei tedeschi in fuga
come pecorelle folli». Ebbene, noi siamo certi che oggi il
generale Trabucchi non si dimenticherà di quei suoi partigiani
straccioni di cui era così orgoglioso, e non si dimenticherà
neppure di certi suoi ordini un po' drastici alla vigilia
della insurrezione.
Voglio leggervi, perché é probabile che molti in quest'Aula
non conoscano, certi documenti. Voglio leggere, non tutti,
alcuni dei punti delle istruzioni impartite alla vigilia del
26 aprile dal generale Trabucchi quale comandante regionale e
della piazza di Torino del Corpo dei Volontari della Libertà.
Queste istruzioni sono pubblicate dall'Ufficio storico per la
guerra di Liberazione, a cura della Presidenza del Consiglio.
Ebbene cosa dicevano queste istruzioni? — Dicevano:
a) i Ministri di Stato, i sottosegretari di Stato, i prefetti,
i segretari federali, «in carica dopo l'8 settembre 1943»,
sono già stati condannati a morte per intesa col nemico e
opera diretta a colpire le forze armate del governo legittimo.
Di conseguenza sarà per questi sufficiente l'accertamento
della identità personale per ordinarne l'esecuzione capitale;
b) nei riguardi di coloro che hanno portato le armi a favore
dello straniero contro le forze armate legittime sarà
sufficiente stabilire l'appartenenza dell'imputato dopo 1'8
settembre 1943 a qualsiasi formazione volontaria, (brigate
nere, formazioni Muti, X Flottiglia MAS, raggruppamento
brigate cacciatori delle Alpi e degli Appennini, S.S.
italiane, milizie speciali indossanti la camicia nera, ecc.
ecc.) per pronunciare condanna alla esecuzione senza
diritto ad inoltrare domanda di grazia;
c) nei riguardi delle spie dovrà essere accertata la
consistenza del capo d'accusa ed emessa sentenza in
conseguenza;
d) infine il tribunale di guerra potrà anche giudicare quel
personale che, come i direttori della stampa fascista. dopo
l'8 settembre 1943, abbia favorito le forze naziste nell'opera
di repressione e di rappresaglia arrecando gravi danni alla
Nazione. Anche qui per questi crimini sarà pronunciata e fatta
immediatamente eseguire la sentenza capitale.
Orbene, é vero che il Comando generale del Corpo Volontari
della Libertà ebbe allora a osservare che queste disposizioni
di fucilare tutti coloro che avevano portato le armi contro la
Patria, compresi i direttori dei giornali fascisti, ecc., non
corrispondevano alla posizione da noi assunta; la posizione
era che soltanto chi resisteva doveva essere fucilato e invece
coloro che si arrendevano avrebbero dovuto aver salva la vita.
Tuttavia quelle istruzioni furono impartite e il generale
Trabucchi non avrà dimenticato quelle sue, direttive
insurrezionali; (d'altra parte si possono rileggere negli atti
pubblicati dalla Presidenza .del Consiglio) e pensiamo non
vorrà dimenticare qualcuno che oggi forse paga per avere
ubbidito.
Si é detto e ripetuto da parte dell'autorità e dei giornali
governativi che nessuno intende perseguitare i partigiani ma
che si tratta semplicemente di applicare la legge nei
confronti di criminali indegni di portare il nome di
partigiani. L'onorevole Scelba, anzi, finge di indignarsi ogni
volta che noi parliamo di oltraggio alla Resistenza, ma i
fatti stanno a dimostrare che la ricerca del colpevole o di
alcuni colpevoli non é che il pretesto per perseguitare una
grande parte di partigiani per tentare di offuscare le loro
gesta eroiche, per diminuire il loro prestigio nell'opinione
pubblica.
Le persecuzioni anti-partigiane
Quando in una sola provincia, nella provincia di Modena sono
stati in poco più di un anno fermati e interrogati 3.500
partigiani, quando parecchie centinaia di essi si trovano
tuttora in carcere non si può negare che si tratti di una vera
e propria campagna di persecuzione.
Nella provincia di Modena vi sono stati in tutto durante la
guerra di liberazione 18.411 partigiani combattenti e voi nel
corso di 18 mesi ne avete fermati e interrogati 3.500, cioè il
20%. E la dimostrazione che si tratta di infami montature, di
odiose persecuzioni, la si ha dal fatto stesso che la gran
parte di questi fermati e arrestati é stata poi rilasciata
ancor prima del processo per inesistenza di reato o perché i
fatti risultavano essere autentiche azioni di guerra. Non
posso mettermi qui ora a leggervi tutti gli elenchi dei
partigiani arrestati e fermati nella provincia di Modena e
nelle altre provincie italiane e poi mandati assolti dopo
lunghi mesi di carcere, in sede di istruttoria o al processo.
Mi limiterò a citare alcuni casi, i più recenti.
Pochi giorni or sono i giornali (non tutti) hanno dato la
notizia che a Bologna sono stati rilasciati dopo un lungo
periodo di detenzione gli ex partigiani Cleto Masi, Piero
Astolfi, Saverio Malpieri, Tommaso Bosi, Pino Trebbi, Leopoldo
Lambertini, tutti da Castelfranco (Emilia); ebbene. questi
partigiani si trovavano in carcere da 14 mesi. Dai giornali
cosiddetti indipendenti, dai giornali della Democrazia
Cristiana e dei Comitati Civici furono coperti di insulti
infamanti e definiti volgari malfattori. Di che cosa erano
accusati? Del solito reato di avere ucciso a scopo di rapina,
In realtà avevano giustiziato quattro fascisti repubblichini,
spie dei tedeschi, collaborazionisti. Ebbene questi partigiani
a quattro anni di distanza, furono arrestati, bastonati,
seviziati, portati a scavare le fosse dove erano i
repubblichini. Ecco che cosa racconta ad esempio Cleto Masi,
uno di questi assolti, mandato in libertà dopo lunga
detenzione. Racconta il Masi: «Il maresciallo Cau si avventò
su di me, mi sbottonò i pantaloni, cominciò a strapparmi i
peli mentre i carabinieri facevano grandi risate e disse: "Se
non dici la verità ti dò un sacco di botte da farti divenire
tubercoloso". Mi dava forti schiaffoni sull'orecchio sinistro,
poi cominciò a picchiarmi con un bastone, e solo quando fu
stanco mi rinviò in cella».
Ed un altro .di questi partigiani, rilasciato in questi giorni
aggiunge: «Fummo portati sul posto ove erano sepolti i
repubblichini; ci attendeva uno spettacolo inatteso, vi era
molta folla, in primo piano i parenti dei morti, da un lato
molte macchine ferme, vi erano pure i giornalisti del Giornale
dell'Emilia, dell'Avvenire d'Italia e della Gazzetta
di Modena, i carabinieri, il tenente Rizzo, il giudice
istruttore. Il maresciallo Cau mi disse: "prendi la vanga
assassino", i fotografi si avvicinarono, tentai di non farmi
fotografare, il maresciallo mi sollevò la faccia dicendomi:
"su delinquente, alza la testa, ed ora al lavoro". Ad un
tratto mi sentii male, sono tuttora convalescente di una
malattia e chiesi di essere esonerato. Mi fu risposto con un
brusco rifiuto. Al tenente Rizzo che aveva proposto di andare
a chiamare il becchino, il maresciallo Cau disse che a me
spettava il compito di scavare la fossa. I parenti dei morti
che si trovavano ad un palmo da me gridavano come invasati:
"assassino, delinquente"; "quando avrai finito — mi disse un
vecchio fascista — andrai tu nella buca". Un ex milite delle
brigate nere mi passò davanti con un nodoso bastone e mi
disse: "appena hai finito te ne faccio fare stoppa". Io
seguitavo solamente a dire: "i nazifascisti mi hanno ammazzato
due fratelli, io non ho fatto altro che eseguire un ordine
militare". Dovetti raccattare i due cadaveri, osso per osso.
mentre la folla urlava forsennatamente».
Ebbene il 18 ottobre, dieci giorni or sono, dopo 14 mesi, la
sezione istruttoria della Corte di Assise di Bologna, mandava
questi partigiani tutti assolti perché il fatto non
costituisce reato e perché alcuni di essi non avevano
partecipato al fatto, I giornali più reazionari, hanno
taciuto.
L'Umanità, organo del partito dei lavoratori italiani
ha intitolato un articoletto «Giustizia alla resistenza» ecco
tutto.
Giustizia alla Resistenza! troppo poco. non c'erano neppure
due righe di commento! Credete di avere così reso giustizia
alla Resistenza?
Ma giustizia alla Resistenza avrebbe voluto fossero almeno
arrestati e condannati coloro che avevano fatto arrestare e
seviziare questi partigiani. Giustizia esigerebbe fossero
almeno condannati quei giornali che hanno volgarmente
diffamato la Resistenza.
Chi indennizza ora questi partigiani dei 14 mesi di carcere,
di sofferenze, di umiliazioni, di insulti ricevuti? Questo non
é che un caso, il più recente. Ve ne sono degli altri.
Il 19 luglio u.s., sono stati assolti dalla Corte di Assise di
Modena, dopo 26 mesi di carcere, i partigiani Cirri Armando,
Manfredi Loreno, Brasti Pietro. Manni Pietro e altri perché il
fatto non costituiva reato, e potrei citare, sempre di Modena,
Luigi Carpelli arrestato il 12 maggio 1948 ed assolto dalla
Corte di Assise di Modena dopo 10 mesi di carcere perché il
fatto fu riconosciuto atto di guerra. Lulli Sergio, Bizzarri
Vincenzo. Cavalcanti Cesare, Gianni Giancarlo, arrestati il 3
febbraio 1949, prosciolti in istruttoria dopo 5 mesi di
detenzione, perché il fatto fu riconosciuto azione di guerra.
E potrei continuare ancora. I partigiani di Arezzo, prosciolti
il 15 settembre u.s. dalla Sezione Istruttoria della Corte di
Appello di Firenze. Erano imputati:
Don Tarquinio Mazzoni parroco di Capolona, già Presidente di
quel Comitato di Liberazione e primo sindaco del paese, il
dottor Ivo Barbini, Siro Giannini, Vittorio Martinetti, Bruno
Ceccotti, Antonio Capoianni ecc. assolti con formula piena
perché il fatto é da considerare azione di guerra.
E' di pochi giorni or sono la scarcerazione di 7 partigiani di
Calenzano (Firenze), i quali erano stati arrestati per avere
giustiziato 5 repubblichini organizzatori di franchi
tiratori nei giorni dell'insurrezione.
Anche per questi come per tutti gli altri una scandalosa
campagna giornalistica era stata inscenata dai giornali
cosiddetti «indipendenti»e dai giornali della Democrazia
Cristiana.
Gli arresti illegali
La grande maggioranza dei partigiani arrestati vengono
assolti, la grande maggioranza viene rilasciata dopo mesi e
mesi di carcere, dopo che nel Paese si é fatto contro di loro
un abominevole campagna di diffamazione, il che significa che
si arresta a casaccio, che si procede ad arresti in massa
senza discriminazione; che si viola continuamente la legge, la
quale prescrive che perché si possa procedere a mandati di
cattura e di arresto nei confronti dei partigiani e dei
patrioti, occorre vi sia la prova certa che si tratti
di reati comuni.
Orbene, quando vi sono delle assoluzioni di questo genere
significa che la prova certa non c'era. La prova certa non c'é
mai quando i partigiani vengono arrestati ed accusati di atti
avvenuti nel corso della guerra di liberazione. (Applausi
da sinistra).
L'onorevole Scelba si é giustificato, pochi giorni or sono,
dicendo che tutti questi arresti sono stati eseguiti in
seguito a regolare mandato di cattura. Ma cosa significa
questo? La assoluzione della grande maggioranza dei partigiani
dopo lunghi mesi di carcere non sta forse a dimostrare che
quei mandati di cattura erano illegali?
E poi la conosciamo noi la storia dei mandati di cattura! Noi
tutti che sediamo su questi banchi siamo stati durante il
regime fascista arrestati e condannati quasi sempre con
regolare mandato di cattura. Oh! non era certo quella parvenza
di legalità che mancava, anzi il regime fascista ne emetteva
in abbondanza di mandati di cattura!
Al momento dell'arresto però i mandati di cattura non c'erano
mai, ma dopo quando già ci si trovava in carcere arrivavano,
proprio come si fa oggi. Ed anche questo è illegale. Ma poi
crede proprio il Ministro Scelba che noi, che i partigiani,
che ognuno che ha votato la Costituzione repubblicana possa
essere pago di questa puerile giustificazione: c'era il
mandato di cattura! Ma allora quale valore hanno gli articoli
13 e 28 della Costituzione?
Migliaia di cittadini, di partigiani benemeriti della Patria
vengono arrestati, bastonati, insultati, colpiti nel loro
onore e seviziati, portati a scavare le fosse e fatti oggetto
degli scherni e del ludibrio dei traditori risparmiati dalla
generosità del nostro popolo; vengono trattenuti in carcere
per mesi e mesi e poi, a giustificazione di così rivoltante
trattamento si crede di poter dire semplicemente: «c'era il
mandato di cattura!».
Ma la Costituzione repubblicana rende i funzionari, i
dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici direttamente
responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti dei
cittadini. Ebbene che cosa ha fatto il Ministro dell'Interno
così solerte nel fare applicare la legge quando si tratta di
colpire i comunisti, i socialisti, i partigiani e i
lavoratori? Cosa ha fatto per fare applicare la legge quando é
stata calpestata da coloro che perseguitavano i partigiani e i
lavoratori, da coloro che avevano il dovere di farla
rispettare?
Quanti sono stati i funzionari di polizia e dei carabinieri
sottoposti a giudizio perché colpevoli di violenze fisiche e
morali sulle persone di numerosi partigiani arrestati? Che
cosa é stato fatto per riparare, per risarcire i danni morali
e materiali arrecati alle centinaia e centinaia di partigiani
ingiustamente colpiti? Insomma, la libertà personale é
inviolabile o no? Le violenze morali e fisiche sono punite
oppure no? Gli organi e i dipendenti dello Stato sono
responsabili oppure no? Oppure quando l'arbitrio e la violenza
sono adoperati dal potere statale e dai suoi organi, allora
l'arbitrio e la violenza diventano legittimi ed anche
encomiabili?
Violenze e torture
I casi di violenze inaudite perpetrate a danno dei
partigiani sono innumerevoli. Anche qui non sono i fatti che
mancano, ma c'é solo l'imbarazzo della scelta. Mi limito a
citarne alcuni:
«Io sottoscritto CAVALLI Domenico, di Giuseppe, nato a San
Ruffino, residente a Sassuolo, dichiaro quanto segue: il
giorno 16 agosto 1949 fui fermato dai carabinieri e consegnato
alla polizia modenese per essere sottoposto ad interrogatorio
in seguito alla morte di un certo Giuliani. Poiché, in seguito
ad accuse mosse dal funzionario Pedullà, io asserivo che in
quella data mi trovavo a Paderna di San Romano per lavori di
mietitura, mi fecero un circolo entro al quale dovevo restare
immobile per 18 ore consecutive, costringendomi così alla
fame, alla sete e ad una stanchezza indicibile. Poi fui
portato in una cella della questura. Dopo alcune ore fui di
nuovo sottoposto ad interrogatorio durato sette ore
consecutive a base di schiaffi, e bastonate ed ogni genere di
insulti. Tutto questo accadde durante i primi tre giorni di
detenzione in questura, mentre nei giorni successivi sino al
18 agosto, ho assistito più volte alle più vergognose offese
contro la persona dell'on. Togliatti e di altri parlamentari e
personalità».
Naturalmente, dopo questo bestiale trattamento il Cavalli fu
rilasciato perché riconosciuto innocente.
Ecco come scrive un altro partigiano:
«Io sottoscritto FORAPANE Giuseppe di Enrico e di Folli
Elvira, nato a Rovereto di Novi, Via Giglida 4, dichiaro che
la notte tra il 13 e il 14 luglio 1949, alle ore 24, circa,
venivo fatto alzare dal letto dal maresciallo dei carabinieri
di Novi, Bellotti, e obbligato a prendere una vanga; caricato
sulla sua bicicletta dovetti accompagnarlo in un podere.
Durante il percorso il carabiniere di nome Sciacca mi chiese
se mi ricordavo quella strada. Alla mia risposta che non avevo
niente da ricordare, mi disse: "Fa una croce sulla strada
perché non la rivedrai mai più". Arrivato sul podere vidi che
sotto un filare di viti c'erano già due carabinieri e vicino a
loro era stata scavata una buca. Appena fermato il maresciallo
si avvicinò a me e disse: "Questa volta ci sei caduto: parla!"
Alla mia risposta negativa mi diede due schiaffi, e sputandomi
in faccia voleva sapere dove erano le armi. Poi in numero di
tre cominciarono a percuotermi, e mentre uno mi teneva stretto
gli altri mi battevano compreso il maresciallo. Questo durò
per 15 minuti, ma poiché rimanevo sulla negativa, mi gettarono
nella buca scaricandomi palate di terra addosso. Nello stesso
tempo l'appuntato dei carabinieri mi montò addosso pestandomi
il petto e dicendo: "Ora dovrai parlare, altrimenti ti
seppelliremo". (Rumori dalla sinistra). Poi mi fecero
sedere a terra: l'appuntato mi era seduto vicino e continuava
ad interrogarmi ed ogni tanto mi stringeva con le mani alla
gola. (Rumori). Fui poi portato su un camioncino e
accompagnato in paese alla Caserma dei carabinieri di Novi. Mi
chiusero in cella. Al mattino seguente, alle ore 10,30, venne
dentro alla mia cella l'appuntato con altri due carabinieri,
Sciacca e Filippi, e cominciarono di nuovo la battuta della
notte che durò per circa un'ora. Nel pomeriggio dello stesso
giorno, verso le ore 15, mi prelevarono dalla cella e mi
portarono in cucina dove fui sottoposto ad altro
interrogatorio e ad altre percosse. Poi mi portarono a
mangiare e mi dissero: "Preparati perché sarai portato in
carcere a Modena". Durante la notte e nei giorni successivi,
ogni ora circa o i carabinieri o il maresciallo mi venivano a
fare una visita nella quale oltre ad essere interrogato mi
picchiavano. Il 25 corrente mese fui messo finalmente in
libertà, ed in data odierna mi sono recato dal dottore
Giovanni Braghiroli per una visita di controllo».
Il referto medico dichiara:
«FORAPANE Giuseppe di Enrico, di anni 28 é stato da me
visitato in data odierna; e l'ho trovato affetto da ecchimosi
sottorbitale destra e da ecchimosi alla regione scapolomerale
sinistra» Firmato: dott. BRAGHIROLI»
Ed eccovi ancora un altro caso:
«Io sottoscritta NADALINI Bruna di Eliseo e della Bianchi
Assunta, nata a San Giovanni in Persiceto, dichiaro di essere
stata arrestata dai carabinieri di Castelfranco Emilia al
comando del maresciallo Cau, il 20 luglio 1949, sotto l'accusa
di avere effettuato un prelevamento di generi alimentari e di
vestiario nel marzo 1945, presso l'abitazione De Stefani. Sono
stata trattenuta fino al 30 luglio presso la caserma di
Castelfranco in compagnia di altri partigiani, ed ho subito
ben tre pressanti interrogatori. Sono stata obbligata a
dormire in una stanza con 15 uomini in condizioni veramente
disperate: senza brande, con una sola coperta. Avendo chiesto
di essere alloggiata in una stanza da sola mi veniva risposto
dal maresciallo Cau che "trattandosi di una partigiana non
potevo che essere una ragazza di malavita (Rumori ed
interruzioni), e potevo quindi stare assieme agli uomini
senza timore di perdere l'onore". Nei giorni trascorsi nella
Caserma .di Castelfranco, ho assistito più di una volta a
pietosi spettacoli di uomini che uscivano dall'ufficio del
maresciallo ridotti male per i pugni e le bastonature prese.
Dopo tre mesi di detenzione nelle carceri di Modena sono stata
rimessa in libertà».
Ed ancor ecco quanto racconta un altro partigiano, DINI
Romolo, abitante a Modena, Via Nonantola 648:
«La sera del 25 maggio '1949 mi trovavo a Spilimberto e verso
le ore 21, mentre attraversavo la piazza del paese in
compagnia della mia fidanzata, fui avvicinato dal maresciallo
dei carabinieri che mi chiese se nessuno mi aveva rotto la
faccia. Io gliene chiesi il perché e lui per tutta risposta mi
invitò in caserma, dicendomi che aveva bisogno di parlarmi.
Gli domandai perché non poteva dirmi subito che cosa
desiderava e a tale domanda egli mi puntò la pistola in un
fianco e mi ingiunse di seguirlo in caserma. Strada facendo mi
percosse continuamente a calci e a pugni. Giunti davanti alla
Caserma mi disse di suonare il campanello e mentre lo facevo
mi colpì con un forte calcio nella schiena che mi buttò dentro
alla porta. Appena dentro il maresciallo si buttò su di me
colpendomi a calci e pugni e insultandomi con le frasi più
ingiuriose. Tu sei un lurido comunista, io ti metto le budella
in gola; puoi ringraziare Iddio se ancora non ti ho bucato la
pancia. Prendendomi alla gola continuava a ripetere: "non sai
che io ti strozzo?"».
Questo partigiano venne poi rilasciato dopo alcuni giorni
senza sapere il perché di questo trattamento e senza sapere
ancora oggi che cosa il maresciallo volesse da lui.
Questo maresciallo fu denunciato e qualche settimana fa fu
condannato a pagare le spese processuali. (Commenti da
sinistra).
Il Tribunale non ha potuto fare a meno di condannare il
maresciallo, perché molti cittadini di ogni ceto sociale
avevano assistito a quella scena brutale. avvenuta sulla
pubblica piazza. Non sempre però si verificano condizioni del
genere per cui alla violenza dei marescialli possono assistere
20 o 30 persone. Ma vi pare onorevoli colleghi che la semplice
condanna alle spese processuali sia sufficiente a rendere
giustizia ad un cittadino arrestato e malmenato senza alcun
motivo, e ad impedire che simili fatti si ripetano?
E così potrei continuare a lungo nella elencazione dei fatti,
ma altri sono stati già denunciati nei giorni scorsi
nell'altro ramo del Parlamento.
Le violenze nelle questure e nelle caserme contro i detenuti
sono ancora oggi un sistema normale di interrogatorio. Né ci
si venga a dire che il Ministro dell'Interno ha impartito più
di una volta direttive e disposizioni affinché sia
salvaguardata la personalità e i diritti del cittadino.
Queste circolari non sono che un alibi fabbricato
preventivamente, allo stesso modo che certe dichiarazioni che
i marescialli dei carabinieri fanno firmare ai detenuti di
«non essere stati bastonati», sono la prova migliore che la
bastonatura c'é stata. Può darsi - io non lo nego - che le
circolari alle quali il Ministro dell'Interno ha alluso altre
volte esistano. Però quello che é certo é che in molte caserme
ed in molte questure esistono strumenti per bastonare e
torturare anche senza lasciare tracce esteriori sulla carne
dei pazienti.
So di non dire una novità; é questa cosa vecchia di decenni,
risale al fascismo e a molto prima del fascismo; ma l'enormità
é che questi sistemi durino tuttora e che siano impiegati da
organi e da funzionari di un governo che si dice democratico,
che si dice cristiano, e che si dice repubblicano. La polizia
oggi, come in passato, continua ad essere superiore a tutto,
continua ad essere al di sopra delle leggi.
Se si vuole sul serio porre termine a questi sistemi non
bastano certo le circolari. Quale valore esse possono avere
quando la polizia ed ogni agente di polizia sanno di poter
compiere impunemente ogni arbitrio ed ogni violenza?
Ma di tutto quanto succede nelle camere di sicurezza, nelle
questure e nelle caserme, il Ministro dell'Interno é
responsabile. Perché la responsabilità delle bastonature e
delle violenze non può essere attribuita soltanto a qualche
miserabile maresciallo Cau o a qualche commissario
fascista-repubblichino. La responsabilità non é solo di chi
bastona o di chi materialmente tortura; ma di chi violando la
legge ha ordinato o autorizzato o consentito all'arresto in
massa di centinaia e centinaia di partigiani. Il costume di
arrestare degli innocenti e tenerli in carcere arbitrariamente
dura da un pezzo: ma questo abuso le autorità di polizia lo
commettono ogni giorno solo perché nessuno é chiamato a
renderne conto.
Quanti sono i partigiani detenuti?
Potrei leggervi un lungo elenco di partigiani attualmente
detenuti nelle Carceri di Modena e in altre Carceri italiane.
Si tratta di partigiani autentici, di valorosi combattenti,
accusati e detenuti ingiustamente per azioni di guerra che
hanno avuto luogo nel corso del 1944 e nei primi mesi del
1945, in ogni caso in epoche nelle quali quei fatti o non
costituivano reato o sono amnistiati. Non leggerò tutto
l'elenco, ve ne faccio grazia.
Vi leggerò solo alcuni nomi:
BARTOLINI Giuseppe, Medaglia d'Argento, comandante di
Divisione, ferito di guerra, è stato arrestato il 10 giugno
1949 e si trova nelle Carceri di Modena in attesa di processo,
accusato di fatti avvenuti 1'8 aprile 1945;
BISI Umberto, Medaglia d'Argento, proposto per la Medaglia
d'Oro, decorato di Bronze-Star, comandante di Brigata. Il Bisi
ha avuto il padre ed il fratello assassinati dai
nazi-fascisti. E' in carcere dal 28 aprile per fatti che
risalgono al 14 luglio 1945.
MENONI Angelo, partigiano, ferito di guerra, Medaglia
d'Argento; é in carcere dal 13 febbraio .di questo anno, per
fatti che risalgono al gennaio 1945;
PAPA Filippo, comandante di Brigata, decorato di Bronze-Star,
arrestato il 12 maggio 1949, si trova in Carcere per fatti che
risalgono al 5 agosto 1944;
BORSARI Luigi. comandante di Divisione, Sindaco di Caverro, si
trova in carcere fin dal 7 luglio 1948 per fatti che risalgono
al 7 marzo 1945;
LUGLI Vasco, vice comandante di Divisione, detenuto dal 15
agosto 1949 per fatti che risalgono al 6 gennaio 1945.
REBUTTINI Giuseppe, comandante di Brigata detenuto dal 10
giugno 1949 per fatti che risalgono all'8 aprile 1945.
RIOLI Narciso, comandante di brigata, detenuto dal 20 giugno
1949 per fatti che risalgono al 10 aprile 1945.
CORGHI Giuseppe, comandante di Brigata, detenuto dal 28 giugno
1949 per fatti che risalgono al 10 aprile 1945.
L'elenco dei partigiani detenuti nelle Carceri di Modena é
ancora molte; lungo.
Se questa Assemblea lo desiderasse io sarei disposto a
continuare la lettura di questi elenchi, e non solo dei
partigiani autentici che si trovano nelle carceri di Modena,
ma anche dei partigiani che sono detenuti nel Vercellese, nel
Biellese, nelle provincie di Bologna, Ravenna, Ferrara,
Mantova, Lucca, Reggio Emilia, Firenze, Arezzo ed in altre
località.
Onorevoli colleghi noi sappiamo molto bene che nelle carceri
vi sono anche altri detenuti, dei detenuti per reati comuni.
Vi sono pure degli ex partigiani che hanno macchiato il loro
onore di partigiani, ma questi non sono compresi nei nostri
elenchi. Noi non veniamo a difendere degli indegni. Ma non
vogliamo permettere neppure a voi di mescolare gli innocenti
con i colpevoli, i partigiani con i detenuti comuni, perché la
più grande offesa che si possa fare alla Resistenza, il più
perfido dei sistemi diffamatori è proprio quello di mettere in
un solo sacco dei partigiani valorosi e onesti con degli ex
partigiani che si sono macchiati di colpe. Ma siete voi a
impiegare questo sistema quando invece di informarvi sulla
personalità dei partigiani detenuti e sulla natura dei reati
di cui sono imputati, vi ritenete soddisfatti quando vi siete
informati sulla capienza delle carceri di Modena e quando
mettete nello stesso sacco i partigiani che sono detenuti per
atti di guerra con i truffatori e i ladri. Siete voi che
permettete e stimolate la diffamazione dei partigiani della
Resistenza quando ordinate e lasciate fare arresti in massa,
quando, con il pretesto di colpire o ricercare un colpevole,
arrestate diecine di innocenti.
L'onorevole Scelba ha contestato il numero dei partigiani
attualmente detenuti nelle Carceri di Modena, prima dando
alcuni dati sulla capienza delle carceri e poi con un
comunicato apparso ieri con grande evidenza sul giornale del
Presidente del Consiglio.
Un comunicato ignobile
Orbene, onorevoli senatori, non si può immaginare qualche cosa
di più ignobile di questo comunicato: esso é un tipico esempio
del modo come si diffama la Resistenza. Nel comunicato si
dice: «Nelle carceri giudiziarie di Modena e di Saliceto si
trovano ristretti 303 detenuti di cui 122 per omicidio e 181
per reati vari, come violenza carnale, furto, rapina,
fallimento, atti di libidine, falso, ecc».
Per imbrogliare le carte si è voluto appositamente mescolare,
confondere i partigiani con i detenuti per reati comuni. Ma se
l'onorevole Scelba pensava che l'ANPI avesse gonfiato le
cifre, se voleva precisare quelle cifre, correttezza e onestà
richiedevano che il Ministro contestasse quei dati senza
offendere la Resistenza. Ed avrebbe potuto farlo comunicando
semplicemente quanti sono i partigiani detenuti nella
provincia di Modena per fatti connessi alla lotta di
liberazione e per azioni avvenute prima del 31 luglio 1945.
Non c'era proprio alcun bisogno di fare l'elenco dei detenuti
per violenza carnale, furto, rapina, fallimento, atti di
libidine e falso. Tutto questo non ci interessa e non ci
riguarda, ed é stato messo lì in quel comunicato sui
partigiani al solo scopo di buttare un'altra manata di fango
sulla Resistenza. Questo comunicato non solo non smentisce
niente, ma conferma che molti partigiani si trovano detenuti
nel carcere di Modena perché esso dice: «Nelle cifre
suindicate sono compresi anche arrestati per fatti
avvenuti dopo il 31 luglio 1945».
Badate bene, onorevoli senatori, sono compresi anche
arrestati per fatti avvenuti dopo il 31 luglio 1945, il che
vuoi dire che i più sono detenuti per fatti avvenuti
prima del 31 luglio 1945, per fatti cioè che comunque sono
amnistiati. Insomma, quel comunicato si limita a dire che l'A.
N. P. I. ha esagerato le cifre; ma il Ministro dell'Interno
non sa o non ha voluto dirci quanti sono i partigiani detenuti
nelle Carceri della provincia di Modena e nelle altre
provincie di Italia. Sarebbe stato secondo me meno grave se
anziché cercare di negare o sminuire il numero dei partigiani
detenuti nella provincia di Modena e nelle altre provincie
italiane per fatti connessi alla lotta di liberazione, il
Ministro avesse saputo dirci quanti sono e avesse avuto il
coraggio di assumersi la responsabilità. Invece, confessando
di ignorare o fingendo di ignorare il numero dei partigiani
attualmente detenuti il Ministro dell'Interno viene a
dimostrare che egli non si preoccupa minimamente di
salvaguardare la libertà dei cittadini, di difendere il buon
nome dei partigiani, viene a dimostrare che egli ha lasciato
carta bianca alle autorità locali, a certi questori ex
repubblichini, a certi ex funzionari dell'O.V.R.A., ai
marescialli Cau, perché é nelle mani di costoro che oggi é
abbandonata la salvaguardia delle leggi o meglio é
all'arbitrio di costoro che sono abbandonati i partigiani.
Chi sono gli inquisitori dei partigiani?
Si, é veramente incredibile a dirsi, onorevoli senatori, ma
oggi in molti casi sono i fascisti, e i fascisti
repubblichini, sono cioè i peggiori nemici dei partigiani gli
incaricati di arrestare, inquisire e giudicare i partigiani.
Lungi da me, lungi da noi l'intenzione di accusare l'intero
Corpo di polizia, o di accusare tutti i facenti parte della
Celere, e l'intero Corpo di carabinieri di essere degli
antidemocratici di essere dei fascisti. Sappiamo molto bene
che nella loro maggioranza gli agenti di polizia e i
carabinieri provengono dal popolo, sono uomini del popolo,
quasi sempre mal pagati, chiamati ad una funzione altamente
responsabile e rischiosa, quale quella di difendere le libertà
democratiche, le libertà dei cittadini e di fare rispettare le
leggi della Repubblica.
Ma spesso questi uomini sono obbligati ad assolvere dei
compiti che non contribuiscono certo ad elevare, nell'anima
degli italiani, il rispetto e l'ammirazione per la polizia.
Sono uomini sì, che provengono dal popolo gli agenti i
carabinieri e molti funzionari di polizia. Tra di loro vi sono
senza dubbio dei democratici sinceri, ma come vengono
reclutati, e soprattutto come vengono educati? e poi come
vengono impiegati? Nelle caserme e nelle scuole di polizia gli
agenti vengono educati ad odiare i lavoratori, a considerare i
comunisti. i socialisti, i partigiani come i «sovversivi»,
come i nemici della Patria e della Società, proprio come erano
considerati all'epoca del fascismo.
Voglio citare solo qualche esempio tra i tanti. Nella «Rivista
di polizia» fascicolo gennaio-febbraio, un questore scrive:
«Durante uno sciopero é naturale che gli industriali
continuino a far funzionare i loro impianti; la gente dice che
sono dei benemeriti, gli scioperanti li chiamano crumiri e si
danno da fare per disturbarli, la polizia allora deve
intervenire e dare il fatto loro ai violenti».
Ecco come scrivono i dirigenti della polizia sulle riviste che
devono servire alla educazione degli agenti!
Prendo un altro fascicolo marzo-aprile di quest'anno, possiamo
leggervi uno scritto di un questore che si lamenta perché
mancano delle disposizioni di legge che «dichiarino finalmente
il carattere insurrezionale dello sciopero a sfondo politico».
Per cui secondo questo emerito tutore dell'ordine, in una
repubblica democratica ogni sciopero politico di protesta, per
l'assassinio di un bracciante, o per l'arbitrario scioglimento
di una amministrazione comunale o anche solo per il
licenziamento di un membro di una commissione interna o per
qualsiasi questione che interessa vivamente i lavoratori,
dovrebbe essere considerato alla stregua di un movimento
insurrezionale!!!
Ed é così, grazie a questa educazione, tipicamente fascista,
che si hanno poi, in occasione degli scioperi, frequenti e
violenti scontri tra lavoratori e agenti di polizia con
vittime e dolorose conseguenze dalle due parti. Questo perché
gli agenti di polizia vengono educati a considerare i
lavoratori e gli scioperanti come malfattori, come provocatori
di disordini, Non si insegna agli agenti di polizia
ai carabinieri che lo sciopero é un diritto dei lavoratori
sancito dalla Costituzione e che questo diritto va rispettato
difeso come tutti gli altri diritti dei cittadini.
Gli ex dirigenti dell'O.V.R.A.
Ma chi sono i dirigenti delle forze di polizia? Innanzi tutto
é risaputo che i 5.500 partigiani circa che erano stati
immessi nelle forze di polizia sono stati ad uno ad uno, quasi
tutti eliminati, perché ha detto l'on. Scelba, in altra
occasione, erano dei settari, incapaci di assolvere con
imparzialità al loro dovere. Ma chi sono gli uomini
imparziali, gli uomini non settari, adatti a far rispettare le
libertà democratiche e le leggi della Repubblica che
l'onorevole Scelba ha riassunto in servizio al posto dei
partigiani? Sono gli ex dirigenti dell'Ovra, gli ex fascisti
repubblichini, molti gerarchi della milizia fascista. Vi
potrei leggere qui i loro nomi o almeno quelli di una parte di
costoro; potrei dirvi quale era la posizione di questi
funzionari all'epoca del fascismo e quale la loro posizione
oggi nei ruoli del dipartimento di polizia, anche se spesso la
loro vera funzione é opportunamente coperta da incarichi
generici. Si cerca cioè di farli passare come elementi che
hanno incarichi assai meno delicati di quelli che veramente ed
effettivamente svolgono.
Potrei leggervi questi nomi, ma lo ritengo inutile perché
l'onorevole Scelba li conosce ad uno ad uno e credo che non
sia il solo a conoscerli in quest'Aula. Ho già detto prima che
nella polizia vi sono anche molti elementi sinceramente
democratici, però notevole é il numero degli ex appartenenti
alla polizia fascista, ex repubblichini, ex capi dell'Ovra. Vi
sono cioè molte di quelle degnissime persone che per venti
anni hanno fedelmente servito il regime di Mussolini, vi sono
tra di loro i responsabili e gli organizzatori di innumerevoli
delitti orditi e consumati durante il ventennio fascista,
responsabili di sevizie e violenze di ogni genere consumate
nel corso di venti anni nelle camere di sicurezza.
Non si vorrà dire che vi era allora un unico responsabile, il
giustiziato di piazza Loreto, e che costoro erano dei candidi
agnellini! Senza dubbio Mussolini era il responsabile numero
uno; ma certi capi dell'Ovra, certi ufficiali della milizia
fascista sono pure responsabili del lento assassinio di
Antonio Gramsci, dell'assassinio dei fratelli Rosselli, di
Gastone Sozzi, di Antonio Sanvito, di Iside Viana e di tanti
altri morti nelle carceri italiane prima del 25 luglio, morti
in seguito alle torture e alle sevizie cui furono sottoposti.
Non fu Mussolini personalmente ad andare nel febbraio 1928
nelle carceri di Perugia a torturare Gastone Sozzi, ad
iniettargli nelle carni vive la tintura di iodio, ad
ammazzarlo; non fu personalmente Mussolini ad andare nelle
Carceri di Genova a schiacciare il cranio a Giuseppe Riva in
una morsa di ferro. Il regime di Mussolini con la sua politica
ordinava e autorizzava questi delitti, ma materialmente questi
delitti sono stati consumati da certi dirigenti dell'Ovra,
della milizia fascista e dai loro subordinati. Ebbene, molti
di questi uomini sono stati oggi non solo riassunti in
servizio, ma adibiti a funzioni dirigenti e responsabili nel
dipartimento di polizia anche se, ripeto, in certi casi con
delle opportune coperture.
Questi uomini che per oltre venti anni hanno servito il regime
della tirannia nelle funzioni più sporche e criminali, questi
uomini che per oltre venti anni hanno lottato contro la
libertà e la democrazia, questi uomini che hanno odiato gli
antifascisti, che sono stati educati ai sentimenti più
antidemocratici, sarebbero per il Ministro dell'Interno, per
l'attuale governo gli uomini imparziali, competenti, i più
adatti a tutelare la Costituzione repubblicana ed a far
rispettare i diritti dei cittadini e le libertà democratiche!
Costoro sono incapaci e indegni per mentalità, per educazione,
sono incapaci moralmente e direi fisicamente di essere dei
tutori e dei difensori delle libertà democratiche e della
Costituzione repubblicana! E tanto meno sono capaci di lottare
e di vigilare contro la rinascita del fascismo. Dico di più,
li avete riassunti in servizio e messi a posti di
responsabilità proprio perché erano fascisti, proprio perché
avevano la competenza e le capacità tecniche per lottare
contro i lavoratori, proprio perché hanno la competenza e le
capacità tecniche per violare le norme costituzionali, per
violare la legge senza lasciare prove, per commettere ogni
sorta di arbitri e di violenze senza lasciare tracce. Costoro
avevano una grande competenza dei metodi fascisti che
certamente i partigiani entrati nella polizia non avevano, e
sono costoro che oggi sono chiamati ad arrestare, ad
inquisire, a giudicare i partigiani.
La più bassa delle infamie
No! costoro non debbono e non possono giudicare i partigiani,
i lavoratori, gli antifascisti. Ne sono indegni. Qualunque
possa essere il delitto di cui un partigiano é accusato,
costoro non lo possono toccare, non gli possono mettere le
mani addosso, poiché essi sono dei colpevoli mentre i
partigiani non lo sono.
L'articolo 27 della Costituzione stabilisce che «l'imputato
non é considerato colpevole fino alla condanna definitiva».
Ebbene, nel momento in cui il partigiano viene arrestato e
messo in istato di accusa per fatti che risalgono al periodo
della guerra di liberazione, o fino al 31 luglio 1945, il
partigiano é innocente, é un libero cittadino, é un valoroso
che ha dato il sangue per la libertà e l'indipendenza del
Paese, mentre certi individui che oggi vanno ad arrestare, ad
interrogare ed a giudicare i partigiani erano dalla parte dei
traditori fascisti ed hanno lottato per tanti anni contro la
libertà. Molti di essi sono stati al servizio dei boia
nazisti.
No, i dirigenti dell'Ovra, gli ex gerarchi della milizia
fascista, coloro che hanno servito i tedeschi e la repubblica
di Salò non possono essere impiegati ad arrestare, ad
inquisire a giudicare gli antifascisti e i partigiani.
Ma non vi accorgete che é la più bassa delle infamie, è la più
rivoltante delle ingiustizie, é l'insulto più atroce che
potesse essere fatto a tutti coloro che hanno combattuto e
sofferto, a tutti coloro che sono morti per la libertà, quella
di fare oggi arrestare e giudicare i partigiani e gli
antifascisti proprio dai fascisti di ieri, proprio da coloro
che hanno tradito la Patria e che oggi sono salvi grazie alla
generosità del popolo italiano, degli antifascisti e dei
sinceri democratici?
Sono già state denunciate qui ieri l'altro dall'amico Lussu le
gesta vergognose del commissario di polizia ex fascista
repubblichino Pirrone a Carbonia; altre ne sono state citate
da Firenze, da Bologna, da Modena e da Torino; altri casi sono
stati citati qui stamane dal mio amico senatore Bardini.
Polizia di partito
L'on. Scelba nell'altro ramo del Parlamento, in occasione
della discussione sul bilancio, ha detto: «Io respingo
nettamente l'accusa che la polizia sia diventata una polizia
di partito».
In questa sua affermazione l'onorevole Scelba viene smentito,
una volta tanto, anche dagli stessi funzionari della polizia.
Ecco cosa scrive la «Rivista di polizia», fascicolo
dell'aprile di questo anno, in un articolo che ha per titolo:
«Per l'indipendenza della polizia». Scrive un funzionario: «In
Italia la polizia non é mai stata libera. Non é stata libera
durante il regime fascista dato il carattere autoritario di
questo, avendo essa il compito prevalente, spesso ingrato, di
mantenere in vita quel regime. Non é stata libera dopo la
caduta del fascismo perché, dopo aver subito le vendette, le
persecuzioni, le recriminazioni di tutti coloro che il
fascismo avevano avversato, si vide avvolta in un alone sempre
più denso e soffocante di diffidenza e di sospetto». Venendo
poi a parlare della situazione di oggi, questo funzionario
dice: «L'asservimento è ancora dannosissimo, perché ottunde ed
annulla il senso della responsabilità e, con questo, lo
spirito di iniziativa e di autocritica, il coraggio nella
determinazione, la decisione nella esecuzione. Ma la
conseguenza peggiore e senza dubbio più deleteria
dell'asservimento della polizia al potere politico, é
certamente la carenza e l'assenza di ogni forma di assistenza
e di tutela dei pubblici e privati diritti ed interessi.
Stando così le cose, quando all'un partito succede un altro di
opposta tendenza (mi sembra che questo funzionario cominci a
preoccuparsi) succede che il primo pensiero dei nuovi capi é
quello di circondarsi di uomini fidati e provati, anche se
incompetenti e specialmente di mettere nei posti di comando
della polizia persone lige, rimovendo quelle che c'erano
prima». Ed infine questo funzionario, conclude: «Ora noi
vogliamo che tutto ciò abbia fine. Per noi e per la società
che é nostro dovere tutelare e proteggere. Riteniamo quindi
indispensabile ed urgente assicurare alla funzione di polizia
l'indipendenza necessaria perché essa possa funzionare. ecc.
ecc.».
La polizia, dunque, per autorevole confessione di alti
funzionari che ne fanno parte, non solo non é mai stata
indipendente. ma non lo é nemmeno oggi. E' al servizio di un
partito. D'altra parte basta vedere come e per quali obiettivi
viene impiegata per convincersene. La polizia viene sempre
impiegata per difendere gli interessi e le cosiddette libertà
dei grandi capitalisti e dei grandi agrari. Viene sempre
impiegata quando si tratta di garantire la cosiddetta libertà
di lavoro e cioè la libertà di crumiraggio. Non conosco un
solo caso in cui la Polizia sia stata impiegata per garantire
la libertà di sciopero. La Costituzione stabilisce il diritto
di sciopero ma non prevede il diritto di crumiraggio e neppure
il diritto di serrata.
Orbene in questo anno centinaia e centinaia sono stati i
braccianti, gli operai, i lavoratori arrestati, bastonati,
condannati per avere violato la cosiddetta libertà di lavoro.
In questo momento non voglio discutere sull'arbitrarietà di
questi arresti, voglio anzi ammettere che in qualche caso la
legge, sia pur dura, sia stata applicata alla lettera. Ma può
citare il Ministro on. Scelba un solo caso di un grande
industriale, di un grosso agrario, che sia stato denunziato
per infrazione al diritto di non lavoro? Quanti sono stati i
grandi industriali e i grossi agrari arrestati e condannati
per avere violato le libertà personali dei lavoratori, per
aver chiuso gli stabilimenti, per avere provocato scioperi,
per avere organizzato associazioni di crumiri, per avere
tentato di impedire e annullare il diritto di sciopero, per
avere organizzato delle bande armate contro gli scioperanti?
Lei, signor Ministro, non ci può citare uno solo di questi
casi. Orbene non é possibile che mentre nel corso di un anno
si sono arrestati a migliaia gli operai, i contadini, i
braccianti per violazioni della legge, non é possibile che
tutti gli agrari, tutti gli industriali, tutti i datori di
lavoro e i loro agenti abbiano sempre osservato
scrupolosamente la legge. No, questo non é possibile, nessuno
può crederci, nessuno ci crede.
La spiegazione c'é, ed é molto semplice. Il Ministro
dell'Interno si preoccupa soltanto di difendere gli interessi
dei grandi capitalisti e non si preoccupa affatto di fare
rispettare i diritti dei lavoratori. Se si pesta un callo ad
un grosso agrario allora tutta la Celere accorre, ma per
difendere i diritti dei lavoratori non c'é nessuna Celere,
nessuna Polizia, non c'é nessuna Costituzione, perché anche la
Costituzione diventa un pezzo di carta straccia quando si
tratta di difendere i lavoratori.
Ma vi sono altri elementi, altre prove che stanno a
testimoniare che l'attuale Governo ha trasformato la Polizia
in una Polizia di classe e di partito o meglio vi sono altre
prove che la Polizia continua ad essere, come era nel passato,
uno strumento della classe dominante, vi sono altre prove che
ne avete fatto lo strumento non di difesa della democrazia ma
degli interessi di casta e della parte più reazionaria della
società italiana. Non solo molti capi della polizia sono ex
fascisti repubblichini, ex dirigenti dell' OVRA, non solo la
Polizia viene impiegata esclusivamente in difesa di certi
gruppi di cittadini. Non solo, i mezzi che essa impiega sono
spesso simili a quelli fascisti, ma v'é qualcosa di più che
imprime ad essa un netto carattere di parte.
Il Casellario politico centrale
Non é una Polizia di partito, ha detto l'onorevole Scelba. Ed
allora come si spiega la ricostituzione degli schedari per i
politici nei quali sono diligentemente incasellati gli uomini
che più hanno combattuto per la libertà del nostro Paese? Non
soltanto sono stati rimessi in funzione i casellari per i
politici presso le questure, ma è stato ricostituito il
cosiddetto C.P.C. (casellario politico centrale) presso il
Ministero dell'interno, divisione della Pubblica Sicurezza.
Quali sono i dati che sono iscritti nei formulario di ogni
schedato? Ecco il modulo: in questo formulario si chiede il
nome, cognome, paternità, data e luogo di nascita, coniuge,
figli, connotati, contrassegni, caratteri funzionari ecc.
(Esempio: violento, pericoloso, intelligente), professione,
documenti, onorificenze, informazioni sui componenti della
famiglia, procedimenti penali, provvedimenti amministrativi,
dettagliata situazione economica, tenore di vita, ecc. ecc.;
precisare se svolge attività politica o se sia sospetto di
svolgerla, se tiene conferenze; residenza ed attività
economica, attività politica precedente». Vi sono poi indicati
quattro tipi di vigilanza e il tipo di vigilanza per il quale
viene proposto: continua vigilanza, attenta vigilanza, normale
vigilanza, discreta vigilanza. La discreta vigilanza può anche
essere, si dice, non molesta o riservata.
Onorevoli colleghi,
nell'elenco delle persone che dovrebbero essere iscritte al
Casellario Politico Centrale, in questi questionari che
vengono inviati alle questure, sono indicate, é vero,
prevalentemente delle voci che riguardano ex fascisti,
individui condannati o colpiti per collaborazionismo, sospetti
di voler ripristinare il regime fascista anche sotto altri
nomi. Però questa non é che la trasparente copertura. In
realtà tra le tante voci che riguardano i fascisti, ce ne sono
due o tre che danno la possibilità di schedare e di mettere
sotto vigilanza - senza che nel formulario siano nominati: i
comunisti, i socialisti, i partigiani, i più noti ed attivi
antifascisti. Queste voci sono: «violenti politici capaci di
atti di terrorismo». (Sarebbe curioso vedere chi deve
giudicare della capacità di quel tale elemento politico a fare
atti di terrorismo). Poiché molti comandanti e partigiani del
Corpo Volontari della Libertà hanno dimostrato notevoli
capacita di organizzare eroiche azioni gappiste e attacchi di
guerriglia contro formazioni tedesche e repubblichine, sotto
la voce violenti politici capaci di atti di terrorismo vengono
schedati i più noti partigiani. Poi vi é la voce: «condannati
per vilipendio alla nazione». Orbene, é risaputo che il
fascismo si é sempre autoidentificato con la nazione, e molti
sono stati gli antifascisti, nel corso del ventennio
condannati per vilipendio alla nazione. Così sotto questa voce
è possibile incasellare molti socialisti e molti comunisti. Ma
poi vi è una voce ancora più generica: «agitatori» sotto la
quale chiunque può essere compreso. In realtà questi schedari
vengono riempiti solo con nomi di partigiani, di comunisti e
di socialisti. Non ci risulta che siano stati segnalati degli
«agitatori» o dei «violenti politici» democristiani,
all'infuori di qualcuno che é stato partigiano e che non
sappiamo se é stato segnalato per errore o per troppo zelo di
qualche funzionario di questura.
Ma che cosa si dice in queste schede del casellario politico
centrale? Ve ne voglio leggere solo qualcuna. E' indirizzata
al Ministero dell'Interno; data, numero del protocollo. ecc.
ecc., ed ecco il testo: «Tal dei Tali, direttore dell'Ufficio
Stampa e Propaganda della Federazione del Partito Comunista di
X... membro del comitato esecutivo provinciale; fanatico
comunista (la terminologia é la stessa come vedete che c'era
alcuni anni fa), svolge intensa attività; elemento
intelligente e pericoloso, ha ascendente sulle masse e
riscuote molta fiducia nell'ambiente del Partito Comunista,
anche per la sua cultura; ha frequentato una scuola di partito
a Milano. Il Tal dei Tali é stato denunciato il... per
diffamazione. il giorno...,prosciolto per remissione di
querela é stato trasferito il giorno... nella provincia di...
con mansioni ancora da accertare. La questura e i carabinieri
di.. hanno disposto la vigilanza a richiesta della questura
di...
Un altro: «Studente universitario di carattere violento,
politicamente pericoloso, capace di sovvertire gli ordinamenti
dello Stato... (ilarità da sinistra) - questa è una
tipica formulazione di una volta - ...buon organizzatore,
scaltro, intelligente, autorevole, ambizioso, fanatico, capace
di arringare le masse e procurare disordini pur di raggiungere
i propri obiettivi, molto considerato negli ambienti
socialcomunisti». Seguono lo stato della famiglia di questo
individuo, i precedenti. ecc. le condanne che ha avuto e poi é
detto: «comunista anticlericale, opportunista, é stipendiato
dal Partito Comunista Italiano con L. 30.000 mensili».
Un altro: «La persona in oggetto indicata é uno studente
universitario già impiegato e successivamente nominato
responsabile della Camera del Lavoro di... Nel 1943 partecipò
ad azioni partigiane, si iscrisse al Partito Comunista.
Individuo di indiscussa intelligenza. Quando si trova in
presenza di un numero rilevante di persone diviene violento e
pericoloso per l'ordine pubblico e per gli attuali ordinamenti
dello Stato (ilarità da sinistra). Attualmente trovasi
a Roma, presso la Villa Crimajer (cioè quella località che noi
comunemente chiamiamo «Le Frattocchie») e frequenta un corso
di cultura comunista».
Ed un altro ancora: «Il Tal dei Tali, figlio di un direttore
di banca, famiglia benestante borghese, considerato in città
anche fra i ceti alti. Prima di essere comunista era iscritto
come uomo di punta del Partito d'Azione. E' stato partigiano -
coraggioso - si dice che l'attentato al comandante delle SS
tedesche il... 1944 sia stato diretto personalmente da lui.
Attualmente iscritto al P.C.I. e collaboratore di giornali
comunisti. Si dispone attenta vigilanza sulla sua reale
attività».
E così via. Io credo di poter rinunciare a leggerne degli
altri (ilarità da sinistra).
Orbene, come si conciliano questi schedari, queste
segnalazioni, queste disposizioni (in parecchi di questi
schedari alla fine c'é la disposizione della vigilanza
discreta) di vigilanza, di controllo e comunque di limitazione
delle libertà personali con gli articoli 13, 15, 16 e 21 della
Costituzione? Come si conciliano queste segnalazioni, queste
disposizioni di vigilanza e di controllo con l'immunità dei
parlamentari e con il prestigio stesso dei deputati e
senatori, sottoposti a vigilanza e a giudizio da parte del
maresciallo dei carabinieri o sia pure di un commissario capo
di polizia? Non é forse questa una delle prove che la polizia
é una polizia di partito, é uno strumento per la politica
reazionaria del regime? Non fa parte forse anche questo
dell'immonda campagna di diffamazione dei partigiani? Perché a
parole tutti sono capaci di esaltare la Resistenza, «i
partigiani», «l'eroismo patriottico»; in realtà partigiani
valorosi decorati di medaglie d'oro e d'argento si trovano
iscritti in questo Casellario Politico Centrale come elementi
pericolosi da vigilare e il giudizio che se ne dà in molti
casi non é diverso da quello che davano a suo tempo le SS
tedesche. E non può essere diverso perché coloro che danno
questi giudizi sono in molti casi ex fascisti repubblichini,
ex ufficiali della milizia, ecc.
Che cosa chiediamo?
Mi avvio alla conclusione.
Che cosa chiediamo noi? Chiediamo forse l'immunità o
l'impunità per chi é stato partigiano? A nessuno potrebbe
venire in mente una richiesta così assurda. Per quanto
meritevole possa essere un cittadino davanti alla Patria, per
quanto possa avere lottato e sofferto per la libertà del suo
Paese, sia esso ex partigiano, ex combattente, decorato o no,
se viola la legge ne deve subire i rigori.
Non siamo qui a difendere chi ha mancato, chi non era degno di
vestire la divisa partigiana, chiediamo una cosa sola sulla
quale tutti coloro che sono stati soldati o comandanti di
formazioni partigiane, tutti coloro che hanno partecipato alla
lotta per la liberazione, che hanno comunque lottato e
sofferto per liberare l'Italia dal fascismo e dai tedeschi
dovrebbero essere d'accordo.
Chiediamo che non sia più oltre permesso di poter impunemente
diffamare anche sulla stampa (per essere breve non ho voluto
citare una quantità di questi fogli da spazzatura che ogni
giorno vilipendono i partigiani), perseguitare, arrestare i
partigiani per azioni di guerra compiute prima dell'aprile
1945 e nei primi mesi della liberazione fino al 31 luglio,
come prescrive la legge. Noi chiediamo che non sia più oltre
permesso a nessuno di infangare la pagina più bella della
storia del nostro Paese; chiediamo che la legge sia rispettata
ed innanzi tutto da coloro che hanno il dovere e la funzione
di fare rispettare le leggi.
Chiediamo che la si finisca con l'arrestare i partigiani per
pretesi delitti avvenuti nel corso della guerra di
liberazione; chiediamo che venga applicato nella lettera e
nello spirito il decreto luogotenenziale del 12 aprile 1945
che tra l'altro dice: «sono considerate azioni di guerra e
pertanto non punibili a termini delle leggi comuni gli atti di
sabotaggio, le requisizioni ed ogni altra azione compiuta dai
patrioti per la necessità di lotta contro i tedeschi ed i
fascisti nel periodo di occupazione nemica»; chiediamo che si
ponga termine a questa vergogna alla quale da due anni
assistiamo, quella cioè di mettere sotto processo partigiani
per azioni di guerra, per operazioni compiute per necessità di
lotta contro i tedeschi e i fascisti.
Lo sappiamo che senza dubbio talune azioni furono dettate solo
dalla dura necessità di guerra, da necessità contingenti, ma
quali azioni di guerra, onorevoli colleghi, quali azioni di
guerra, di qualsiasi guerra potrebbero essere giudicate
obiettivamente a distanza di 5 o 6 anni da quando sono
avvenute? Non si deve dimenticare che le azioni partigiane
hanno avuto luogo quando il nostro Paese era messo a ferro ed
a fuoco, quando interi villaggi erano dati alle fiamme, le
loro popolazioni trucidate, due mila persone in un solo
villaggio a Marzabotto assassinate, i partigiani seviziati e
squartati vivi.
L'altro giorno l'onorevole Gasparotto parlando sul bilancio
della difesa ha rievocato qui quali orrendi delitti, quali
delitti di massa contro popolazioni inermi di interi villaggi
furono consumati dai tedeschi e dai fascisti. Quando si
giudicano i partigiani queste cose non bisogna dimenticarle,
occorre riportarsi a quel clima, rievocato ieri l'altro qui
dall'onorevole Gasparotto, occorre riportarsi a quei giorni di
lotta decisiva per liberare il nostro Paese.
Giuraste di tornare...
Il collega senatore Cadorna il 6 maggio del 1945 a Milano nel
suo discorso di commiato ai partigiani ebbe a pronunciare
queste parole: «sopraffatti dalla sproporzione del numero
foste talora costretti ad abbandonare con le lacrime agli
occhi e l'ira nel cuore le valorose popolazioni che vi avevano
fraternamente aiutati. Costretti a cercare riparo nel terreno
insidioso, sentiste alle vostre spalle l'urlo delle vittime
nei poveri villaggi dati preda alle fiamme. Giuraste di
tornare e di vendicare le vittime innocenti. Giunsero
così i giorni della Liberazione e della gloria. Man mano che
il successo si apriva agli eserciti alleati, si accendeva la
battaglia nelle retrovie del nemico... L'esercito partigiano
sorgeva dall'ombra e si collegava con le popolazioni insorte
affrontando il nemico al grido: arrendersi o perire. Il tempo
eroico é ora trascorso. L'esercito partigiano si riunisce oggi
per la sua grande celebrazione che prelude al suo
scioglimento. Ma se le formazioni si sciolgono, lo spirito
partigiano non muore, esso guiderà la Patria verso i suoi
nuovi destini».
Giuraste di tornare e di vendicare le vittime innocenti!
Generale Cadorna, quanti, di quei partigiani tornati al suo
appello in quei villaggi che erano stati dati alle fiamme,
quanti dei partigiani tornati a vendicare, sono le sue
parole, le vittime innocenti attendono che lei assieme a tutti
gli esponenti della Resistenza insieme ai comandanti
partigiani, assieme a coloro che furono alla testa dei
comitati di liberazione si levi a chiedere giustizia!
Mai nella storia d'Italia si é assistito ad un procedimento
così scandaloso che a distanza di cinque anni da una guerra di
popolo si mettono sotto processo coloro che hanno combattuto
per la libertà contro l'invasore e contro i traditori, su
denuncia delle famiglie delle spie, dei fascisti
repubblichini, su denuncia di coloro che stavano dalla parte
del nemico e che nella migliore delle ipotesi non possono che
essere mossi da spirito di vendetta.
Un procedimento simile sarebbe stato assurdo anche se adottato
nel corso della guerra di Liberazione o subito dopo quando i
Comitati di Liberazione Nazionale e il comando del Corpo
Volontari della libertà erano ancora in funzione; perché
questi organismi e solo questi organismi sarebbero stati in
grado di giudicare coloro che si erano macchiati di colpe nel
corso della guerra. Ma procedere oggi a distanza di 4-5 anni
all'arresto di centinaia e centinaia di partigiani, dare corso
oggi alle denuncie delle famiglie dei fascisti repubblichini,
delle spie e dei collaborazionisti, dei tedeschi, andar oggi a
disseppellire le tombe, a sottoporre a violenza i partigiani
per stabilire se questa o quest'altra esecuzione era stata
eseguita con tutte le regole del codice militare di guerra
oppure secondo talune indicazioni un po' sommarie del generale
Trabucchi, tutto questo supera ogni limite di ragionevolezza.
Il procedimento adottato contro i partigiani dopo la
«vittoria» democristiana del 18 aprile non può che essere
giudicato come il tentativo di forze fasciste di fare la loro
vendetta, come una delle manifestazioni più aperte della
controffensiva antidemocratica ed antirepubblicana. Perché,
onorevoli colleghi. in tutte le guerre, nelle guerre di tutti
i tempi e di tutti i paesi, tra le moltitudini dei
combattenti, dei valorosi e degli eroi, vi sono sempre stati
anche dei soldati indegni, ma sempre si è visto che questi
sono stati puniti nel corso della guerra stessa o subito dopo.
Mai si è assistito ad uno sconcio come quello al quale abbiamo
assistito in questi anni.
Non si é mai assistito in alcun paese a questo assurdo che a
cinque anni dalla fine della guerra per tentare di scoprire
dieci o venti delinquenti si proceda all'arresto ed
all'inquisizione di migliaia e migliaia di valorosi
combattenti. Al contrario, alla fine di ogni guerra, o pochi
anni dopo, quasi a sanzionare la pace ed a suggellare il
ritorno alla normalità si aprivano le porte delle carceri
anche a quei disgraziati che nel corso di tragici avvenimenti,
in circostanze particolari, avevano mancato, avevano violato
la legge.
Per la distensione: giustizia ai
partigiani
Invece da noi in Italia alla fine di una vera guerra di
popolo, al termine di una guerra di liberazione abbiamo prima
assistito all'esaltazione dei partigiani e dei patrioti, di
coloro che questa guerra avevano combattuto, poi per
realizzare la pacificazione nel Paese la Repubblica ha
generosamente accordato al nemico di ieri, ai fascisti, larghe
amnistie, ed adesso invece di porre la parola pace si
ricomincia da capo.
Voi avete cominciato a mettere sotto processo i partigiani, a
perseguitarli, a permettere e ad alimentare infami campagne di
stampa contro la Resistenza e i suoi artefici. E chiamate
questo pacificare il Paese? In un primo tempo si condannano i
fascisti più responsabili e più criminali. Poi sono venute le
amnistie ed era giusto, ripeto, accordarle se si voleva unire
e pacificare il Paese. Ma in seguito avete ricollocato in
posti delicati e di responsabilità degli ex dirigenti
fascisti, degli ex gerarchi della milizia e questo era già
sbagliato, ed ora siete arrivati a mettere sotto processo ed a
perseguitare i partigiani! Ma fino a quando si vuole
continuare questa tragica altalena?
Se non vi anima un senso di giustizia perlomeno l'interesse
del Paese, la necessità di spezzare quella che qualcuno di voi
ha chiamato la spirale della vendetta, vi dovrebbe spingere a
porre fine ad una campagna di odiose persecuzioni che non
possono non suscitare altro odio, altre vendette, che non
possono non provocare lo sdegno di quanti devono vivere questo
tempo della «liberazione tradita».
Nella relazione di maggioranza sul Bilancio dell'Interno
presentata dalla prima commissione si ricorda che «bisogna
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale. che, limitando
di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono
il pieno sviluppo della persona umana e la effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori alla organizzazione
politica, economica e sociale del Paese». E si aggiunge che:
«Bisogna rendere sempre più intimi e sempre più stretti i
legami tra lavoratori e lo Stato e togliere le cause dei
maggiori squilibri sociali. In ciò sta il segreto per
assicurare all'interno l'ordine e la pace, basati sul consenso
e non ottenuti con la forza».
Non so se il senatore Merlin ha voluto dare dei consigli
all'on. Scelba, comunque sono queste delle affermazioni che
noi possiamo pienamente sottoscrivere. Ma la politica sin qui
seguita dal governo e dal Ministro dell'Interno é nettamente
in contrasto con quelle parole. Tra l'altro esse sono la
confessione che il consenso sino ad oggi voi l'avete ottenuto
solo con la forza. Che voi contiate solo sulla forza, lo
dimostra anche la vostra svalutazione del Parlamento.
Per svalutare il Parlamento e per ridurne a zero la sua
funzione, voi avete adottato da tempo una tattica che si
potrebbe definire «l'ostruzionismo del silenzio». Voi dite
all'opposizione: «parlate, parlate pure, dite quel che volete,
tanto noi facciamo quello che vogliamo! Parlate pure, tanto
quando avrete finito noi voteremo e faremo quello che ci
piace!». Così voi dimostrate di non aver altra fede che nella
forza. Non fatevi però soverchie illusioni su questa forza.
Altri se le sono fatte e quelle illusioni furono causa per il
nostro Paese di immense rovine.
Per conto nostro, illusioni non ce ne facciamo; sappiamo che
la lotta per la libertà esige sacrifici e sofferenze; ma
queste non ci fanno paura, non ci hanno mai fatto paura. Noi
abbiamo una grande fede nel nostro popolo, nel nostro Paese e
nell'avvenire del Socialismo.
Voi fate quello che volete: verrà un giorno in cui
nessuna violenza, nessun arbitrio e nessuna forza potrà
impedire che l'Italia sia rinnovata. Ne siamo certi.
Per quel giorno noi lavoriamo, per quel giorno lavorano tutti
i partigiani della Pace!
(Vivissimi e prolungati applausi dalla sinistra. Si grida
«Viva i partigiani d'Italia». I senatori della sinistra sono
tutti in piedi e per alcuni minuti l'applauso continua a
risuonare nell'aula).
Secchia
Problemi e storia della Resistenza (*)