INTERVENTO DI IVAN PAVICEVAC
(CNJ / "Voce Jugoslava" su Radio Citta' Aperta, Roma)
La disinformazione di guerra: il caso jugoslavo
[nota: la trascrizione dell'intervento registrato e' stata
completamente
rivista e corredata di note per facilitare la lettura. CNJ]
Mi e' stato assegnato il compito, non facile, di sostituire Fulvio
Grimaldi nell'esporre la problematica della disinformazione di
guerra... e non solo di guerra, aggiungerei. Non e' facile per me
poter essere "distaccato" e lucido quanto sarebbe necessario, su
questa immensa tragedia che ha toccato il nostro popolo jugoslavo:
una comunità che e' stata a suo tempo esempio nel mondo
di pace,
convivenza, progresso.
Nella presentazione del suo libro "Menzogne di guerra" (1),
di cui consiglio caldamente la lettura, Juergen Elsaesser
sottolinea che non si può capire la distruzione della
Jugoslavia socialista se non si conosce la storia di questo paese:
una storia non tanto remota, in effetti.
LA STORIA SI RIPETE
"In Jugoslavia, all'insaputa degli italiani, agenti tedeschi tentano
di promuovere la secessione della Croazia facendo leva sui capi
nazionalisti"... Non sono poi tanto strane, queste parole, anzi
sarebbero applicabili all'oggi. Eppure sono state riprese da una
cronologia dell'anno 1941, apparsa sulla rivista dell'Associazione
Nazionale Partigiani d'Italia "Patria Indipendente".
1941: "in Jugoslavia, all'insaputa degli italiani, agenti tedeschi
tentano di promuovere la secessione della Croazia facendo leva
sui
capi nazionalisti". Se osservate la piantina della Jugoslavia sotto
il nazifascismo, notate la presenza di truppe straniere a sancire
la spartizione, allora come oggi - a parte poche sfumature.
La Germania - parliamo degli ultimi eventi - ha poi imposto
agli altri membri dell'Unione Europea il riconoscimento di Slovenia
e Croazia. E non dimentichiamo la "longa manus" vaticana: il
tradizionale nemico della Jugoslavia, il Vaticano, ha
riconosciuto la Slovenia e la Croazia due giorni prima dell'UE (2).
Grazie al sostegno fornito, la Chiesa cattolica ha incassato la
restituzione delle proprietà nazionalizzate nel dopoguerra:
i boschi
in Slovenia, nonché uno "status specialissimo" per le
istituzioni
cattoliche nel nuovo Stato di Tudjman.
Come nel 1941, così anche nel 1991 la parola d'ordine
e'
stata:
"La Jugoslavia deve sparire. La Serbia deve morire!" ("Serbien muss
sterbien!"). Nella nuova edizione aggiornata di Klaus Kinkel,
Ministro degli Esteri tedesco nei primi anni Novanta, essa suona:
"La Serbia va messa in ginocchio" - l'ha detto esplicitamente il 27
maggio 1992... Nel maggio 1941, invece, l'editorialista del periodico
"Conquiste", un fascista di nome Bartoli, scriveva un articolo
intitolato: "La Nemesi divina". E sosteneva: "La Provvidenza divina
è favorevole alla Germania... la Serbia dovrà
inchinarsi
per anni
e anni ad essa, e poi... e poi...".
Ne' l'Europa, ne' gli USA vogliono ricordare quel passato, per non
dover ricordare il loro ruolo disonesto in quel passato ed in
questo presente. L'assassino torna sempre sul luogo del delitto:
nel 1941, allo scoppio della guerra mondiale, Belgrado viene
bombardata dai tedeschi; nell'aprile 1944 (Pasqua ortodossa) Belgrado
viene bombardata dai "nostri alleati" anglo-americani. Il giorno
dopo si contavano più di 2000 civili morti, case, ospedali,
asili
nido, scuole distrutte.
PACIFISTI E "SINISTRA"
Quando nel 1994 si presento' forte la minaccia che gli USA-NATO
avrebbero bombardato i serbi di Bosnia, il sottoscritto consegnò
"due righe" scritte, all'attenzione degli addetti militari
dell'Ambasciata USA e di quella della Gran Bretagna a Roma:
"Nel 1941 la Germania bombardò Belgrado. Nel 1944 gli
anglo-americani. Nel 1994 insieme?!", scrissi. Era il periodo della
campagna di stampa su "Sarajevo assediata": una micidiale
trappola per tutto il movimento pacifista. Tra i pochissimi a
testimoniare che, in realta', la citta' era tragicamente divisa
in due piuttosto che "assediata" (o "doppiamente
assediata", secondo Tommaso di Francesco), c'erano alcuni
nostri amici e compagni. Tra questi Manuela Marianetti e
Maurizio Caldarola, che si offrirono anche di fare da "scudi
umani" in caso di bombardamento su Pale.
USA ed "alleati", piu' Germania ed Italia, bombardarono in effetti
i serbi della Bosnia nel 1995 con l'uranio impoverito (3) - ed il
comando italiano, pare, "non ne era stato informato" (sic!
Italiani
brava gente...). Ma nel mio piccolo, con la mia attivita' di
controinformazione e sensibilizzazione, mi sforzavo di avvertire
i compagni che i paesi NATO non si sarebbero fermati fintantoché
non avessero bombardato Belgrado. E cosi' fu.
La barbara aggressione contro Belgrado e tutta la Repubblica
Federale di Jugoslavia (RFJ, cio' che rimaneva della RFSJ)
avvenne nel 1999. Il pretesto era che lì si consumava una
"pulizia etnica", si commettevano "crimini contro l'umanità"...
E dagli addosso, per l'ennesima volta, all'unisono con tutti i
media, a quel "tiranno" di Milosevic... Ma chi voleva comprendere
capiva che la posta in gioco era alta. Si trattava della
sovranità
dello Stato jugoslavo, minacciata con l'ultimatum-ricatto di
Washington: l'ultimatum di Rambouillet. Purtroppo anche quella volta,
nonostante l'enormita' degli avvenimenti, la sinistra "perse il
passo", mal consigliata dai soliti pacifisti del "ne'-ne'" (ne'
con Milosevic, ne' con gli USA), che non hanno fatto altro che
il gioco dello zio Sam, come ha fatto ben notare Grimaldi in
numerosi interventi.
E dunque, avanti con "l'intervento umanitario", con D'Alema in
persona che senza vergogna diceva: "Abbiamo fatto il nostro
dovere... Siamo una nazione affidabile". Tuttavia in tanti,
gente comune o "anime belle", si chiedevano quale interesse
avesse l'America a promuovere i bombardamenti sulla RFJ.
"Perché questa guerra feroce, queste atrocità che fanno
inorridire il mondo?" Risposta tipica: "Bisognava
intervenire perché altrimenti... la Grande Serbia...
Milosevic...". Ed insistevano: "La ex-Jugoslavia
[seppellita come "ex", prima ancora di essere morta, con
particolare zelo proprio da certi "sinistri" ambienti]
non ha petrolio, non è un grande mercato da conquistare...
Dunque per comprendere occorre risalire indietro nei secoli...
I nazionalismi... Gli odii etnici..." (4)
I NEMICI ESTERNI ED INTERNI
Davvero, ad ascoltarli, veniva da chiedersi: "Ma ci sono o ci
fanno"?! Ce l'hanno, eccome, gli USA e i loro alleati NATO,
l'interesse a distruggere e ad infiltrarsi nei Balcani!
Interessi simili a quelli che l'imperialismo americano nutre
quasi in ogni angolo del pianeta (5). Anche la Jugoslavia, alla
fine degli anni Ottanta, si era incamminata verso le riforme
sociali ed economiche in atto in tutti i paesi socialisti d'Europa.
Aveva persino richiesto l'adesione all'UE. Lo standard economico
era uguale a quello spagnolo. Evidentemente a qualcuno (SI-SA-A-CHI,
come diciamo dalle parti nostre) nemmeno questo bastava. Furono
poste condizioni inaccettabili, dei veri e propri ricatti che
hanno accelerato la vertiginosa disgregazione dello Stato e la
decomposizione della stessa coscienza del popolo jugoslavo, con
l'obiettivo di sottometterlo totalmente agli interessi altrui.
"Piatto ricco, mi ci ficco"... ed ecco allora anche noi
italiani, e persino gli ungheresi, gli albanesi... Tutti a
gettarsi come rapaci sulle spoglie della Jugoslavia.
Tito ammoniva: "Se rimarremo uniti, non dovremo temere nessuno".
Invece di seguire le orme di Tito, su cui pure giuravano con
slogan del tipo: "Anche dopo Tito, Tito!", furono in primis
proprio certi leader politici della Lega dei Comunisti a
dileguarsi nelle formazioni nazionaliste, tradendo così non
solo Tito ma anche tutti i combattenti per una Jugoslavia libera,
e tradendo le generazioni che si erano adoperate, con il
volontariato, a ricostruire il paese, a farlo risorgere dalle
macerie nel dopoguerra (6). Creano partiti "democratici",
rinnegano il passato definendolo improvvisamente "periodo buio",
e cosi' via. Tutti a precipitarsi, a candidarsi a capo del proprio
piccolo "cortile" - da non crederci... Gli sloveni Dolanc,
Kucan e Drnovsek, i Racan ed i Mesic croati, il Djukanovic
montenegrino... Persino le maggiori cariche politiche ed
istituzionali! Ed altrettanto gli schipetari Vllasi (gia'
segretario della gioventu' comunista jugoslava) e Hodza (gia'
presidente nella presidenza "a rotazione").
L'unico a non essere mai stato comunista, nemmeno per sbaglio,
era Izetbegovic: integralista da sempre, dopo aver scritto nei
primi anni Settanta la "Dichiarazione Islamica" aveva dovuto
giustamente scontare qualche anno di "patrie galere". Per noi
e per quelli che conoscono anche solo un pò di storia delle
nostre
terre, questa sua prigionia non aveva proprio niente di strano o
deprecabile. Ma qui si dovrebbe aprire un altro capitolo: quello
della formazione "Handzar", la divisione delle SS musulmane
costituita su invito del mufti di Gerusalemme e con l'approvazione
di Hitler; poi le formazioni SS "Skanderbeg" ed i "balisti"
albanesi...
I PAPPAGALLI
La Jugoslavia dunque non si è "disgregata", come spesso
sostengono i media ed i soliti papagalli - "pappagallo magna risi,
quel che senti tutto dizi", si dice in Istria. La Jugoslavia è
stata attaccata, dall'interno e dall'esterno, con una determinazione
ed una ferocia mirate a distruggere, senza precedenti nella Storia.
Soltanto chi non aveva mai lavorato ne' contribuito alla
ricostruzione del paese dalle macerie della Guerra mondiale
poteva scagliarsi con una tale rabbia contro di esso. Quando mi
presentavo dicendo "sono jugoslavo", mi sentivo rispondere con
una soddisfatta cattiveria: "La Jugoslavia non esiste più".
Ma come potete voi definire noi, jugoslavi, "ex-jugoslavi",
malgrado esistiamo?!
Non vi chiediamo di comprendere il risentimento che possono provare
intere generazioni, compresa la mia, che hanno contribuito con il
lavoro volontario alla ricostruzione del paese ed alla edificazione
di tutti quei diritti sociali fondamentali, ottenuti con il lungo
lavoro delle masse popolari, ispirati solamente dagli ideali di
pace, uguaglianza, lavoro. Ma la "sinistra" italiana, e non solo
quella italiana, avrebbe dovuto capire che l'attacco alla
Jugoslavia socialista era un attacco contro la classe operaia.
Il concreto esempio lo abbiamo, di questi tempi, nel trasferimento
delle fabbriche dall'Italia in altri paesi, dove l'operaio
qualificato costa meno... Sin da allora abbiamo ritenuto che una
rielaborazione di quanto avveniva in Jugoslavia, un approfondimento
di analisi sarebbe stato doveroso per la sinistra italiana.
Purtroppo invece, niente da fare: equivoci ed "errori" di giudizio
si sono protratti ad auto-alimentati fino all'esito disastroso
dei bombardamenti. Cosi', rappresentanti di un governo (italiano)
che si definiva di centrosinistra andarono a stringere la mano a
rappresentanti di un governo di ultradestra, quello di Tudjman.
Certo, nemmeno ci sognamo oggi di chiedere ad un D'Alema - che
sembra godere di impunita' per i crimini ordinati nel 1999, ed
e' poi stato autore di un libro surreale sulla guerra per il
Kosovo - di vergognarsi, come pure sarebbe giusto, perché
camaleonti
del genere non conoscono la vergogna. Non era forse chiaro sin
dall'inizio che, finche' la denominazione stessa di "Jugoslavia"
non fosse sparita dalle piantine geografiche, questi politici
occidentali avrebbero comunque continuato ad attaccare, ad
"alzare il livello dello scontro"? E quale senso attribuire,
se non quello di un amaro paradosso, a proposte come quella
della "Euroslavia" (10), proposte nate dopo tanta insistenza
sulla distruzione della "slavia" federativa e socialista?
Dunque, nelle parole dello scrittore e poeta Mesa Selimovic, ma
riferendoci ai nemici interni (i "quisling") ed esterni (la NATO):
"Gli uomini sono dei bambini malvagi. Malvagi per i loro atti,
bambini nella mente. E mai saranno diversi".
L'INIZIO DELLA FINE
L'attacco contro la Jugoslavia ebbe inizio con la "terapia d'urto"
del FMI, alla fine degli anni Ottanta, e con una accelerazione
degli eventi da parte degli USA che stavano organizzando la
divisione della RFSJ proprio mentre, dal punto di vista militare,
si mobilitavano per la prima guerra contro l'Irak (8). Lo riferisce
in dettaglio Sara Flounders dell'International Action Center (9),
l'organizzazione di cui fa parte anche l'ex ministro americano
della Giustizia Ramsey Clark (poi fondatore del "Tribunale"
popolare per i crimini della NATO). Scriveva Sara Flounders:
<<Il Congresso americano approvava [nel novembre 1990] una
risoluzione
che tagliava qualsiasi aiuto, prestito o commercio (ma anche
congelava nelle banche americane i depositi jugoslavi) con la
RFS di Jugoslavia e ordinava elezioni separate nello spazio di
un semestre in ciascuna delle Repubbliche federate.>>
In questo contesto si inseri' l'equivoco sulle
"autodeterminazioni": secondo la Costituzione federale
l'autodeterminazione era ammessa, ma con riferimento esplicito
ai "popoli costitutivi" e non alle Repubbliche federate - tanto
meno alle Regioni autonome (Kosovo e Vojvodina). Percio' tutti i
confini interni amministrativi andavano ridiscussi.
Sapevano bene dove andare a piazzare i semi malati, gia'
all'inizio, perche' infestassero tutto: ad esempio nello sport.
La cultura sportiva era anch'essa un simbolo dell'Unità
jugoslava.
Roma, giugno 1991, Campionato europeo di pallacanestro. Arriva
da Lubiana al giocatore sloveno Jure Zdovc un ordine: "Non devi
piu' giocare con la Nazionale jugoslava, altrimenti sarai dichiarato
nemico del tuo popolo!" Ero li' da accompagnatore sportivo, ne sono
testimone. E vi posso dire, in quei giorni, quanto si sono
viceversa dimostrati affiatati, amici, patrioti i giocatori
slavi di tutte le nazionalita'! Ma purtroppo, dovendo ritornare
a casa dall'estero, ognuno nella sua Repubblica secessionista,
quegli sportivi dovevano stare molto attenti ad elogiare la
vittoria della formazione jugoslava.
In quei giorni che seguirono il 25 giugno - data delle proclamazioni
di indipendenza - l'Esercito Federale fu ostaggio non solamente dei
rivoltosi di Slovenia e Croazia, nelle caserme assediate, ma
anche delle opinioni pubbliche, interna ed internazionale. Derisa e
demoralizzata, con i soldati impossibilitati a rispondere agli spari
dei "territoriali" sloveni, con il comando pressato dai media, dalle
famiglie e dai parenti dei soldati di leva che chiedevano che i loro
figli tornassero subito a casa... l'Armija non svolse il suo ruolo.
Quella "abdicazione" di allora e' costata dieci anni di carneficine
e la distruzione del paese.
Negli stessi giorni giorni Tudjman, sull'ex Piazza della
Repubblica a Zagabria, davanti ad una folla che sbandierava
simboli nefasti e scandiva lugubri slogan, sentiti già nel 1941,
dichiarava che soltanto con la guerra (l'aiuto dell'Occidente e
la benedizione di Papa Wojtyla erano sottintesi!) avrebbero
ottenuto il loro tanto agognato cosiddetto Stato indipendente
croato. Precedentemente Tudjman - che per molti mesi si mosse
come un temporeggiatore, in attesa delle armi dall'estero
oltreche' del determinarsi di condizioni militari e diplomatiche
favorevoli - aveva affermato alla stampa: "Grazie a Dio, mia
moglie non è ne' ebrea ne' serba". La "piena indipendenza"
croata fu in effetti acquisita solo nel 1995, con la ferocia,
attraverso le varie operazioni "Tuono" e "Lampo", sotto la guida
e le istruzioni dei generali americani in pensione (12),
attaccando anche le colonne indifese dei profughi delle Krajne.
Vi potete immaginare quanto sia stata grande la tragedia dei
padri, delle famiglie cacciate dalle loro case, dai loro focolari.
Adesso, come nel 1941, i serbi ortodossi scacciati dalle loro
terre: dalle Krajne, dalla Erzegovina ("Erzegbosnia" nella
denominazione ustascia usata oggi ahinoi anche da Predrag Matvejevic)
per mano di "cattolicissimi" croati, con la diretta complicità
della Chiesa cattolica croata e del suo arcivescovo Stepinac -
beatificato nel 1997 da questo Papa (13)!
PRODROMI DI DISINFORMAZIONE
Ecco perche' la disinformazione sulla Jugoslavia non e'
solamente "disinformazione di guerra". Un grande contributo
alla disgregazione della Jugoslavia lo hanno dato i media.
"L'atroce guerra in Jugoslavia - a pochi mesi dal trionfale
spettacolo del Golfo - è nata nella bella capitale della
Slovenia, Lubiana, sotto il segno della disinformazione. Non è
più riuscita a liberarsene!", scriveva cosi nel suo libro "Sotto
la notizia niente" Claudio Fracassi (edizioni Avvenimenti).
Quando un giornalista, un reporter, vuole "vedere", riprende i fatti,
quando riesce a mostrarli, viene subito allontanato dai media, viene
messo in quarantena. Come ben sa Milena Gabanelli. (15)
Forse ricordate come stampa e TV mostravano i cittadini di
Lubiana scappare nei rifugi perché le sirene suonavano l'allarme
di un inesistente attacco dell'Esercito Popolare Jugoslavo... Ed il
Corriere della Sera titolava bugiardamente: "Lubiana bombardata".
Aerei militari sarebbero decollati dall'aeroporto militare di Pola,
o di Bihac... Lo stesso ministro degli Esteri italiano di allora,
Gianni De Michelis, ha poi dichiarato a voce e per iscritto (su
"Limes") che era tutto un bluff. Fu accusato prontamente dal Vaticano
di essere amico dei serbi...
Lo sanno benissimo i cittadini di Gorizia e della frontiera con la
Slovenia, compresi i compagni qui presenti, quello che stavano
facendo piuttosto i territoriali sloveni, contro le caserme,
contro i militari di leva... Fu abbattutto l'elicottero che
portava viveri ed acqua alle reclute nelle caserme assediate:
cadde nei pressi del consolato austriaco. Negli attacchi i
nazionalisti sloveni uccisero 34 soldati federali - di ogni
nazionalita'! - mentre dalla parte dei territoriali caddero in
quattro o cinque.
Nel frattempo, in Croazia si complottava sulla messa in opera di
piani preparati precedentemente. Fu intercettata e filmata una
riunione, fu mostrata alla TV. Tra gli altri, a tale riunione
partecipava il generale Martin Spegelj, che l'anno prima (1990)
era comandante in capo a Zagabria; c'era poi un altro alto
ufficiale, Boljkovac... In quella occasione preparava l'attacco
contro le caserme e contro gli ufficiali dell'Esercito Popolare
Jugoslavo, persino nei loro appartamenti privati. E' presente qui
Gordana Pavlovic, il cui marito medico è stato ucciso in
Croazia.
Tanti compagni e amici hanno incolpato lo Stato Maggiore per non
essere prontamente intervenuto; ma piu' ancora gli hanno dato addosso
gli altri, quelli che dicevano: "l'Esercito è serbo". Questa
è stata
una delle tante enormi menzogne diffuse a bella posta dagli uffici
stampa delle Repubbliche secessioniste. Anche questo abbiamo cercato
di dirlo, con ben poco successo, visto che lo spazio ci era negato
in tutte le sedi. Vi elenco chi erano in quel periodo le persone
ai vertici del Comando dell'Armata Popolare Jugoslava. Si noti che
nazionalmente la composizione non era esattamente proporzionata,
bensi' sfavorevole per i serbi.
Alla carica di segretario (ministro) della Difesa era il generale
d'Armata Veljko Kadijevic, che si e' dichiarato sempre jugoslavo.
Il capo di Stato maggiore era Blagoje Abdic, serbo.
Il vicesegretario alla Difesa era l'ammiraglio Stane Brovet, sloveno.
Comandate in capo dell'Esercito era Josip Gregoric, croato.
Comandante dell'Aviazione: Zvonko Jurjevic, croato. Egli, 15
giorni prima della secessione della Slovenia aveva sostituito
Antun Tus, anch'egli croato. Antun Tus avrebbe voluto fare un enorme
regalo a Tudjman, consegnandogli l'aeroporto militare di Bihac, in
Bosnia ed Erzegovina. Questo ve lo devo ricordare perché non
l'avete trovato scritto sui media italiani. Tus non riuscì
nell'intento perché l'Armata federale distrusse l'aeroporto,
che era
il migliore in Europa: ci erano voluti 30 anni di lavoro per farlo,
a
ricostruirlo non basterebbero 50 anni. Se fosse stato preso
dai paramilitari croati gli scontri bellici su quei territori
sarebbero durati almeno 30 anni...
Bihac, la sacca di Bihac, vi ricorda qualcosa? Fikret Abdic,
musulmano, ne prende il controllo, ed in quella regione stipula
la pace sia con i croati che con i serbi. Poi viene attaccato
dal V Corpo d'Armata della soldatesca dell'integralista Izetbegovic
(1994). Abdic ripara in Croazia, e viene accusato di crimini di
guerra. Il governo della Federazione croato-musulmana della
Bosnia-Erzegovina chiede che sia consegnato alle autorità di
Sarajevo, per trasferirlo all'Aia. Zagabria non lo consegna,
essendo lui diventato cittadino della Croazia. Ma recentemente,
per accontentare Sarajevo e l'Occidente, la Croazia ha celebrato
un processo-farsa ed ha condannato Abdic per crimini di guerra,
punendolo cosi'... per avere voluto la pace con tutti.
Chiusa la parentesi, continuiamo: comandante della Marina militare
era l'ammiraglio Bozidar Grubisic, croato, che l'anno prima della
secessione aveva sostituito Fridrih Moretti, anche lui di
nazionalità croata.
Del Servizio d'informazione e controspionaggio si occupavano gli
sloveni ed i croati. I maggiori capi di alcune sezioni erano macedoni
e musulmano-bosniaci. E cosi via.
LE OSTILITA' IN CROAZIA
Ancora non si erano raffredati i fucili dai tafferugli in Slovenia,
che subito iniziarono a divampare le fiamme in Croazia. La
popolazione serba della Croazia, vedendo cosa si stava preparando -
un vero e proprio ritorno al 1941 - incomincio' ad innalzare le
barricate nei comuni a maggioranza serba. Non sono forse le
barricate segno di difesa, e non di attacco!? Dovevano farle,
perche' i territoriali croati nel frattempo cercavano di
disarmare i serbi appartenti alla difesa territoriale ed alla
polizia. I primi poliziotti uccisi nei dintorni dei laghi di
Plitvice sono finiti nel "dimenticatoio" dei media... Ironia
della sorte: l'attuale presidente croato Mesic (è superfuo
ricordare
chi e' questo individuo) presenzierà il 16 dicembre prossimo,
in Piazza San Pietro a Roma, alla posa dell'albero di Natale,
sradicato dalla zona suddetta, cioé il Gorski Kotar, e donato
quest'anno al Papa dalla Croazia. Bisognerebbe far notare dunque
al Papa che quell'albero si e' nutrito del sudore e del sangue
serbo!
Con la Costituzione "di Natale", regalo di Tudjman alla "Croazia
dei croati", nel 1990 i serbi erano gia' stati esclusi dallo status
di "popolo costitutivo" ed erano diventati "minoranza". Venivano
licenziati dal lavoro, allontanati da tutti i posti di
responsabilita'. Poi furono prese di mira le case dei serbi in
Dalmazia, sulle isole e in altre parti della Croazia. Ed i media
su tutto questo neanche si sono mai soffermati. In seguito qualcuno
ha versato lacrime di coccodrillo, ammettendo che la Croazia e la
Slovenia erano state riconosciute prematuramente. Nel frattempo la
Croazia si stava armando, alla grande... Le armi venivano dalla
Germania, dall'Ungheria, e con l'aiuto di chi, se non del Vaticano?
Sono passati inosservati i retroscena, la vera ragione del crack
della banca Kreditna di Trieste, compresa la morte - "suicidio" -
del Rettore del Collegio Croato di San Girolamo a Roma. E poi, non
abbiamo forse visto persino alla TV italiana i reportage
sull'implicazione della Chiesa cattolica nel traffico di armi,
con la scoperta della falsa missione del "Pane di S. Antonio"?! (14)
I traffici erano coperti anche dalla ditta "Astra" di Zagabria.
Questo avveniva mentre la Comunità internazionale ci
presentava
i
serbi come aggressori, come occupatori (delle proprie terre).
Sono tante le ingiurie con le quali venivano gia' allora presentati
i serbi ed i loro leader politici. A buon titolo, i semplici cittadini
serbi si chiedevano:" Ma perché tanto odio verso di noi?".
Personalmente mi chiedevo se non fossero casi patologici le
Albraight, i Kucan, quelli che insieme ai loro genitori si
erano rifugiati in Serbia durante il nazismo; e poi Havel, e
tutti quelli che hanno letteralmente sopravvissuto solo grazie
al pane serbo. Questo popolo ospitale, dignitoso, che non ha mai
cercato vendetta, e nemmeno chiede di esser ringraziato, ma che
non si aspettava certo di esser offeso, segregato, pugnalato allo
stomaco. Un popolo che insegna ai suoi figli i valori espressi nella
testimonianza di quella ragazza intervistata alla TV, che dopo i
bombardamenti disse: "Non vorrei che questo succedesse mai ai miei
coetanei in tutto il mondo". Ma quel popolo non potrà e non
deve
dimenticare certi tragici eventi. "No, i bambini morti, quelli
non ve li perdoniamo!" era il titolo di una canzone composta
durante i bombardamenti NATO all'uranio impoverito.
LO SQUARTAMENTO DELLA BOSNIA-ERZEGOVINA
Intanto, mentre vari gruppi, organizzazioni, ONG, Caritas,
eccetera, continuano a versare "lacrime di coccodrillo", ne viene
combinata un'altra, ancora più grossa: viene riconosciuta la
Bosnia ed Erzegovina come Stato indipendente. Benzina sul fuoco della
guerra civile. Viene firmato, a Lisbona, l'accordo elaborato da
Cutileiro, con il quale la Bosnia veniva cantonizzata - un piano
accettato da tutte le parti in causa, dai serbi, dai croati e dai
musulmano bosniaci - ma Izetbegovic, su invito dell'ex ambasciatore
USA in Jugoslavia Zimmermann, ritira subito la firma. (16)
Gli scontri si inaspriscono. Alla fine, gli USA imporranno l'accordo
di Dayton, dopo che i serbi sono stati scacciati da varie regioni
e "sistemati" in due territori, collegati tra loro dal sottile
corridoio di Brcko. Come se vi venissero assegnate due stanze
collegate con un corridoio che non potete usare indisturbati.
A Dayton firmano Tudjman, Izetbegovic e Milosevic, ma l'accordo non
soddisfa nessuna delle tre parti in causa. I musulmano-bosniaci
sono insoddisfatti per non avere ottenuto il loro stato islamico; i
croati perché non hanno ottenuto i territori promessi;
figuriamoci
se potevano essere soddisfatti i serbi, scacciati dalla loro
terra "occupata" da centinaia di anni. E' la solita politica
americana: accordi di pace perché pace non sia, fintanto che
lo vuole zio Sam. Scriveva Ivo Andric, lo jugoslavo premio
Nobel per la letteratura, nei "Racconti di Bosnia":
<<Niente di buono in Bosnia fintantoché Dzelaludin
comanda.
Oggi Dzelaludin, domani chissà, qualcuno ancora
peggiore.>>
LA DISGREGAZIONE TOTALE. IL RUOLO DEI MERCENARI
La secessione della Macedonia viene riconosciuta cosi' come quella
della Bosnia ed Erzegovina. I media (tutti indistintamente)
non si sono mai chiesti perché la Macedonia sia potuta uscire
dalla
Jugoslavia senza uno sparo. La risposta e' semplice: perché
li'
non hanno fatto quello che i nazionalisti secessionisti facevano
nelle altre due repubbliche. Il Capo di Stato Maggiore
jugoslavo si era tranquillamente accordato con la dirigenza
macedone sul ritiro dell'Armija.
Ma se la Bosnia-Erzegovina è oggi un protettorato, la
Macedonia
ha
perso la sua "indipendenza" prima ancora di acquisirla con il
riconoscimento occidentale. Gli USA hanno piazzato lì subito
500
marines "per difenderla dalle truppe di Milosevic"... Oggi migliaia
di soldati di svariate forze occupatrici si trovano
su quel territorio, e sotto il loro attento sguardo si affermano
le pretese secessioniste degli estremisti schipetari e delle
loro organizzazioni mafiose, cosi' come in Kosmet. Lo dicono
anche nei loro murales: "Kosova - Tetova". Murales visti a Roma
nel 1992, durante una sessione FAO, che passarono "inosservati"
benche' segnalassero forze sovversive. Si allesti' invece, in
quella occasione, uno stand ufficiale della inesistente "Repubblica
Kosova", con una "bella" piantina della "grande Albania" in
distribuzione gratuita. Era in effetti lo stand del partito di
Rugova.
Uccisi o scacciati i serbi dalla Croazia, e mentre ancora le
fiamme si stavano spegnendo, Tudjman ordinò che soldati croati
-
quelli nati in Bosnia-Erzegovina, insieme ad altri quadri
militari - formassero Unità Speciali da spedire in Bosnia,
e precisamente nella cosiddetta "Erzegbosnia", a fare "piazza
pulita" dei musulmani. Di questo esistono le testimonianze di
croati i quali, nati in Bosnia-Erzegovina, per ottenere la
"domovnica" (il "pedigree" razziale valido come certificato di
cittadinanza) dovettero prestarsi a questa operazione. Ma
furono coinvolti anche cittadini di altre nazionalità, come
quell'alto ufficiale schipetaro che si vantò di "aver
contribuito
[anche lui] per questa patria", prima di essere "invitato" a
presentarsi al Tribunale dell'Aja.
In Bosnia divampava una feroce guerra civile. Dall'islamista
Izetbegovic venivano reclutati mercenari di tutte le specie:
pakistani, "mujaheddin" di Bin Laden, africani. In verità, il
governo croato di Tudjman già agli inizi dei scontri bellici
aveva usato i mercenari. Tra questi c'erano circa 600 rumeni
della ex polizia speciale "Securitate", nonche' filippini,
curdi, albanesi, africani... E volontari italiani, britannici e
tedeschi "pescati" nelle formazioni di estrema destra dei loro
paesi. Trovavamo questi individui nelle fotografie scattate
a fianco dei francescani croati! Paracadutisti scozzesi si
impegnavano con i croati nelle esercitazioni militari. E cosi' via.
Tutti questi mercenari non hanno disdegnato nemmeno di vantarsi di
quanti "serbo-cetnizi" avessero sgozzato: come un certo Roberto
Delle Fave, che gira tuttora indisturbato in Italia (19).
Apparivano foto di teste mozzate, si faceva riferimento a delitti
commessi dai serbi, oppure le foto erano inserite in articoli con
titoli e didascalie di dubbia interpretazione. Ma non dovrebbero,
tutti costoro, andare dinanzi al Tribunale Internazionale insieme
a chi li ha ingaggiati?!
Secondo alcuni dati i mercenari venivano pagati attorno ai 2.000
marchi tedeschi. Però le banconote trovate in possesso dei
mercenari,
morti o catturati, erano di solito banconote ritirate dal corso
legale. Gli appartenenti alle forze croate erano spesso imbottiti
di alcool e stupefacenti, il che veniva confermato dai soldati
catturati (20).
LA DEMONIZZAZIONE DEI SERBI
Malgrado delle varie carneficine - al mercato di Sarajevo, nella
via Miskina, a Zepa, a Srebrenica - fossero sempre smentite le
attribuzioni o le descrizioni immediatamente fornite dai media,
le sanzioni contro Belgrado venivano inasprite sempre di più.
Era impossibile far passare i medicinali tra gli aiuti umanitari.
La RF di Jugoslavia era trattata come un immenso lager. I media
e i politici si scatenavano a più non posso, contro Milosevic
e
contro l'intero popolo serbo: vedevano se stessi nello specchio
e accusavano gli altri. Milosevic era definito "macellaio dei
Balcani" su indicazione del tandem radicale Bonino-Pannella.
In un cruciverba apparso sull'"Espresso" bisognava trovare
una parola di nove lettere, che comincia per "M" e finisce per
"C", in base alla definizione: "il capo dei barbari". La
soluzione era sin troppo facile, perche' ci avevano messo pure la
foto. I serbi aggressori, torturatori, stupratori di donne musulmane.
I serbi erano stati fatti tanto "neri" che... nascevano addirittura
dei bimbi di "colore". Non è una barzelletta, ma il caso vero
di
un parto di una donna musulmano-bosniaca in una clinica Svizzera.
Sarebbe impossibile spiegare la asprezza dello scontro tra le
"etnie" nella Jugoslavia senza considerare il ruolo decisivo
giocato dai giornali e dalle TV, nonche' dalla maggiorparte degli
"intellettuali". Sentivamo e vedevamo in TV una cronista di nome
Bimba Di Maria riportare in italiano, nel doppiaggio, parole
che non corrispondevano per niente a quelle canticchiate dai bimbi
serbi delle Krajne. E Barbara Spinelli, da Mosca, sulla "Stampa":
"La figura di Milosevic produce cloni tra la bandiera rossa e
la svastica." Parole che rasentavano il razzismo. E non era la
prima volta che questa giornalista, seduta su di una comoda
poltrona a Parigi o Mosca, scriveva idiozie. Ma le idiozie
rimarrebbero soltanto tali se non avessero effetti cosi' nefasti.
E' per questo che sarebbe necessario andare a cercare i veri
criminali di guerra anche tra i giornalisti occidentali.
Prezzolati della stampa di regime, come Paolo Rumiz che
dichiarò
a Limes nel 1995: "Sarò amico dei serbi solo quando Belgrado
sarà bombardata." In realta' "amico dei serbi" non lo e' stato
mai,
nemmeno dopo il bombardamento sulla sede della TV serba, nel
quale perirono tanti suoi colleghi. Forse qualcuno ricorderà
Rumiz
in un dibattito alla RAI TV, durante i bombardamenti del 1999,
"preso in castagna" da Dragos Kalajic mentre dichiara il falso.
Lungo sarebbe l'elenco di questi giornalisti "di servizio".
Quanto agli intellettuali, ai giornalisti-scrittori, ricordiamo
innanzitutto quelli di origini "nostrane". Come Enzo Bettiza,
con gli occhi "foderati da prosciutto dalmata", o Demetrio Volcic,
che scrisse un libro sugli eventi in Bosnia, ma ad una domanda
di un giornalista, che gli chiese se fosse stato recentemente da
quelle parti, rispose di esser stato all'aeroporto di Sarajevo -
per qualche ora, forse (concediamogli tanto!).
Poi un certo professor Pirjevec... Ma gli intellettual-borghesi
nostrani sono "degnamente" rappresentati innanzitutto
dall'arcinoto Predrag Matvejevic, il professore appeso "tra asilo
ed esilio" - certamente dorato, il suo "esilio" in Italia, nelle pause
tra una vacanza in Dalmazia e la consegna di una onoreficenza a
Zagabria. Al quale Matvejevic vorremmo davvero chiedere di che
"asilo ed esilio" va blaterando.
L'unica verità della guerra civile in Bosnia, come su tutti
i territori delle ex Repubbliche federate, sono le vittime. Di
vittime, veramente, ce ne sono state troppe, non c'e' dubbio.
Ha scritto "Hrvatska ljevica" (il mensile della sinistra croata,
n.10/1995):
<<Sulle disgrazie della gente e del popolo della
Bosnia-Erzegovina
ci sono già tonnellate di documenti. Ogni etnia cerca di
convincere il mondo e se stessa di essere la piu' grande vittima
e di essere oggetto delle bestialità degli altri. Le Nazioni
Unite raccolgono e detengono la loro documentazione, l'UE la
sua, il Tribunale per i crimini in Jugoslavia la sua esclusiva...
Riguardo a questo, i fantocci del Nuovo ordine mondiale
piazzano le prove dei delitti secondo il loro tornaconto,
cosicche' al momento adatto possano ottenere qualcosa sul piano
diplomatico e sul "terreno". Malgrado fosse molto difficile
attestare tutta la verità sulle vittime e sui crimini commessi
dall'una, dall'altra, dalla terza parte, sicuramente i
musulmano-bosniaci hanno avuto il maggior numero dei morti.
I musulmani sono stati vittime dei serbi, dei croati e degli
stessi musulmani; imprigionati, scacciati, le donne stuprate.
Tra i serbi, almeno 20.000 sono morti in uniforme, e almeno
40.000 civili. Sono stati vittime dei musulmani e dei croati.
I croati morti in Bosnia-Erzegovina sono stati 15.000.
Morti, costoro, molto di più negli scontri con i musulmani
che non contro i serbi...>>
Claudio Fracassi lamentava in "Sotto la notizia niente":
<<Come una telenovela, abbiamo distrattamente seguito ogni
sera
la nuova puntata. Siamo stati messi in grado, com'è d'obbligo
in
ogni serial che si rispetti, di capire subito chi erano i buoni
e chi i cattivi, anche senza conoscere la trama; bastava una frase
del reporter, un'immagine, un rumore, una musica sullo sfondo.
Ma nessuno ci ha spiegato il contenuto delle puntate
precedenti...>>
DAL SECESSIONISMO PANALBANESE AI BOMBARDAMENTI
Il pericolo che ha portato alla distruzione della Jugoslavia
non veniva dalle parole attribuite a Milosevic - che avrebbe
voluto la "Grande Serbia" - ma delle forze secessioniste e
reazionarie. "La guerra di secessione è iniziata nel Kosmet
[Kosovo e Metohija: insistiamo sulla denominazione ufficiale di
questa ex Regione autonoma, anche se "Kosovo" ci è tanto piu'
"familiare", ormai] e terminerà lì". Questo promettevano
gli
estremisti pan-albanesi. Anche il Papa li ha appoggiato nel
loro desiderio "di ricongiungersi alla madrepatria": quando andò
in visità in Albania pregò per quel "povero vostro
popolo"
dall'altra
parte del confine...
Prima furono anni di sporadici, criminali interventi da
parte dei secessionisti, contro la popolazione civile serba.
Azioni intensificatesi dal 1981 (l'anno seguente alla morte di
Tito) non solo contro i serbi ma anche contro i rom e contro le
altre etnie non albanesi, nonche' contro gli schipetari
"traditori", che volevano rimanere fedeli al governo di Belgrado.
E non c'era nessuno Slobodan Milosevic ancora al potere!
Dal 1997 i terroristi secessionisti, inquadrati nel cosiddetto
Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK), venivano armati, finanziati,
sostenuti dal di fuori, SI-SA-DA-CHI! Uccidevano soldati e poliziotti,
attaccavano i distretti di polizia. Che cosa avrebbe dovuto fare
il governo di Milosevic, come il governo di un qualunque altro
stato, se non combattere e sconfiggere questi veri e propri
terroristi. Ed invece si sono basati sulle solite menzogne,
parlando di una presunta "pulizia etnica" verso di loro, e non
piuttosto il viceversa, e sono riusciti ad internazionalizzare la
questione del Kosovo-Metohija. Li hanno aiutati i media
occidentali: "Catastrofe umanitaria in Kosovo". L'ultimo stadio
di follia lo raggiunse Wesley Clark, che dichiaro' la Serbia
"paese aggressore" sul suo stesso territorio! E si dimentica
sempre che a Belgrado vivono e lavorano, nei propri negozi, nelle
attività proprie, 80.000 shipetari, e nessuno li toccava allora,
ne'
oggi.
Quando 250.000 serbi sono scappati dalla Croazia, e mentre
le bombe decimavano le colonne dei profughi, la TV non ci
mostrava niente: piuttosto filmavano e mostravano in continuazione
la "fuga" organizzata degli albanesi. Il pretesto e lo "scenario"
dell'intervento NATO per il Kosmet era simile a quello in
Bosnia-Erzegovina. La disinformazione strategica proponeva un
"dejà vu" di scene raccapriccianti all'opinione pubblica,
satanizzando un intero popolo, per far approvare l'intervento
armato. Prima dell'intervento della NATO, proprio come in Bosnia,
veniva ritirata la missione degli osservatori "ONU", guidata da
William Walker. La diplomazia è stata scavalcata un'altra volta
dalla NATO, cioé dagli USA nella persona della signora Albright,
in quella occasione. Mai un popolo era caduto tanto in basso da
invocare i bombardamenti sul proprio paese ed accogliere a braccia
aperte gli esecutori materiali di questi bombardamenti: questo
hanno fatto l'UCK ed i suoi seguaci, trascinando la propria gente
al seguito, con le buone o con le cattive, ad esprimere grida di
benvenuto.
Quanto fossero solide le basi della Jugoslavia socialista, alla
faccia di tutti quelli che la davano per "defunta" dall'inizio,
lo hanno dimostrato anni di dura resistenza allo smembramento,
resistenza anche da parte di quanto rimaneva della "ex"
Jugoslavia. Non sono riusciti a distruggere tutto con anni di
embargo totale ne' con l'isolamento; nemmeno la barbara aggressione
della NATO è riuscita a piegare Belgrado e quel suo
popolo "ribelle". Milosevic, in quanto presidente
jugoslavo, era allora sostenuto contro l'aggressione NATO dalla
stragrande maggioranza della popolazione: sia da quelli che
l'avevano votato sia da quelli che non l'avevano votato.
Il "via" ai bombardamenti lo diede Javier Solana, allora
Segretario generale della NATO. Dopo due anni Solana, sempre
perfidamente sorridente ma stavolta nella veste di rappresentante
UE, arriva a Belgrado e, come giocasse ad un "tavolo verde",
impone che la Jugoslavia dovrà chiamarsi "Unione di Serbia
e Montenegro". Sarebbe il caso di dire a Solana: "Con tutto
quello che succede a casa Sua, signor Solana... La Spagna dovra'
chiamarsi Stato Iberico degli Spagnoli, Catalani e Baschi!
Va bene cosi'?"
Chiaramente, l'operazione non sarebbe riuscita se questi
signori di NATO ed UE non avessero trovato a sostenerli i
soliti venduti e corrotti quisling nostrani, quelli
ai quali per sempre andra' tutto il nostro disprezzo di jugoslavi.
Quelli che oggi in Serbia hanno come loro capofila il premier
Djindjic, il quale politicamente non rappresenta nessuno,
ma con una abile mossa decisa altrove e' riuscito a conquistarsi
il potere usando la figura di Vojislav Kostunica come "cavallo
di Troia". Djindjic ed i suoi stanno bloccando tutte le
azioni legali avviate contro gli esponenti della NATO per crimini
di guerra. Ma i "nostri" traditori, la nostra rovina
si annida tra i serbi come tra i croati, tra i musulmano-bosniaci
(alias "bosgnacchi", come vuole il nuovo MinCulPop delle
opinioni pubbliche internazionali) come anche tra i "democratici"
sloveni, macedoni, montenegrini; questi che tanto smaniano per
assicurarsi dapprima il sostegno NATO, e poi per "entrare in
Europa" e nei "salotti buoni" della Comunità internazionale:
FMI, BM, eccetera.
A questo punto non possiamo aspettarci ed augurarci altro che
una rivolta popolare, una rivolta che prima o poi avverrà, come
è sempre stato nella nostra storia, malgrado tutto l'odio
seminato con la guerra fratricida. Un odio che si e' diffuso
come il cancro: sputando sulla propria storia, cancellando la
gloriosa memoria della Guerra di Liberazione 1941 - 1945,
distruggendo i monumenti ai caduti, rimuovendo le lapidi in
onore dei nostri caduti come anche dei partigiani italiani (11).
Aiutati in questa operazione da una "sinistra" e da
intellettuali occidentali immemori, o in malafede.
LA DISINFORMAZIONE STRATEGICA
<<I comandi NATO assicuravano di aver fotografato dall'alto
dei
cieli, in cui dominano sovrani, centinaia e migliaia di fosse
comuni, scavate e ricoperte in tutta fretta dai diabolici serbi
per occultare le tracce del genocidio.
Quando però le truppe NATO entrano nel Kosovo, il numero dei
morti
albanesi passa già da sei a cinque cifre...>> (21)
Ma ormai lo sappiamo: "è la prima notizia quella che conta.
Le smentite non hanno nessuna efficacia". Sono le parole di James
Harff, direttore della Ruder Finn Global Pubblic Affairs - una azienda
di Washington specializzata nelle operazioni di "public relations"
e disinformazione -, rilasciate nell'intervista di Jacques Merlino,
che le pubblicò nel suo libro "Les verités yugoslaves
sont pas
toutes bonnes a dire" (22).
<<Il nostro lavoro - continua Mr Harff - non è di
verificare
l'informazione. Il nostro lavoro è di accelerare la circolazione
di informazioni che ci sono favorevoli, di raggiungere bersagli
accuratamente scelti. E ciò che abbiamo fatto. (...)
Perché noi sappiamo che è la prima notizia quella che
conta.
Le smentite non hanno nessuna efficacia. (...)
Di che cosa vado più fiero in questa storia? Di esser riuscito
a portare dalla nostra parte l'opinione pubblica ebraica.>>
A proposito di opinione pubblica ebraica, continua Harff,
teniamo presente il libro scritto da Tudjman, "La deriva della
verità storica", con il quale poteva benissimo esser accusato
di antisemitismo. E non se la passava meglio Izetbegovic con la
sua "Dichiarazione islamica"...
<<...E noi siamo riusciti a rovesciare questo stato di cose in
modo magistrale. Tra il due ed il cinque di agosto del 1992,
quando il "New Jork Newsday" tirò fuori l'"affare" dei lager,
abbiamo preso in mano la storia... Con l'uso di termini a
forte valenza emotiva, come "campi di concentramento", eccetera;
tutto questo evocava la Germania nazista, Auschwitz. (...)
L'entrata in gioco delle organizzazioni ebraiche a fianco dei
[musulmano] bosniaci, frutto dei nostri suggerimenti, è stato
per noi un formidabile colpo di poker. Nell'opinione pubblica
potevamo far coincidere la parola Serbi con la parola Nazisti...
Siamo franchi, la questione era complessa, nessuno capiva ciò
che stava succedendo in Jugoslavia. Credo che la grande maggioranza
degli americani si stesse chiedendo in quale paese dell'Africa
si trovasse la Bosnia...>>
Ulteriori commenti li lascio a voi. Ho riportato qui le
dichiarazioni
di questo Mr Harff, per ricordarvi che la Ruder Finn Global
Pubblic Affairs ha lavorato, dall'agosto 1991 al giugno 1992, per
la Croazia; dal maggio 1992 al dicembre 1992 per la Bosnia ed
Erzegovina; e dall'ottobre 1992 in poi per la "Repubblica di Kosova"
cioe' per Rugova e l'UCK messi insieme. La Ruder Finn è stata
riconosciuta come una delle più esperte agenzie di informazione
nella "intricata" crisi dei Balcani.
SREBRENICA E RACAK, CASI EMBLEMATICI
Il pretesto per ogni attacco o per un bombardamento, lo "scenario
al contorno" insomma era sempre analogo: Racak come Vukovar, Tuzla,
Sarajevo, Srebrenica. Parigi-Rambouillet come Lisbona-Cutileiro.
Ci sarebbero pagine e pagine da scrivere. Mi limito a ricordarvi i
due casi che spesso ricorrono nei media: Srebrenica e Racak.
Anche questi, come tutti gli altri casi, sono stati ben documentati
nel libro "Menzogne di guerra" (1).
Il caso di Srebrenica fu <<decisivo per la politica estera
tedesca, decisivo per la prima partecipazione della Germania ad
una guerra dopo il 1945 sui territori dei Balcani.>> Parliamo
del <<presunto genocidio serbo del luglio 1995, nella
Srebrenica bosniaca. Questa menzogna fu decisiva nel senso che,
fino all'estate 1995, vi erano si massici pregiudizi antiserbi
nella politica e nella società tedesca, ma contemporaneamente
valeva ancora l'assioma pronunciato dall'allora cancelliere Kohl:
mai impiegare soldati della Bundeswehr dove un tempo aveva
imperversato la Wehrmacht.>> (1)
Srebrenica era stata dichiarata "zona protetta" ed era
sorvegliata dalle forze SFOR olandesi. Le forze musulmane
dell'integralista Izetbegovic, guidate da Nasir Oric (uno
dei criminali di guerra mai "invitati" all'Aia!) e senz'altro
avvalendosi anche dei mujaheddin stranieri, avevano messo
a ferro e fuoco la zona d'intorno, nel corso dei mesi e degli
anni precedenti, compiendo massacri a Kravice ed in altri
villaggi per poi rifugiarsi nell'enclave. Nel luglio 1995,
all'invito del comando serbobosniaco agli armati musulmani perche'
si arrendessero, questi risposero "picche" - tanto avevano
i civili in ostaggio...
Pare che le forze della SFOR (almeno quelle rimaste: un gruppo
di loro stava passando il weekend a Roma, nell'albergo "Universo")
abbiano lasciato ai serbi la facolta' di "stanare" gli uomini
di Oric. Gli scontri furono cruenti. I media parlano oggi di
almeno 7.000 "massacrati". Anche se tanti di questi sono poi
miracolosamente "ricomparsi" nelle liste elettorali l'anno dopo,
e' indubbio che i morti furono molti. In effetti, uomini
dell'entourage di Alija Izetbegovic hanno rivelato che costui,
all'invito di evacuazione dei civili, abbia invitato a rispondere
"picche", dicendo ai suoi: dobbiamo sacrificare quella gente per
ottenere il nostro obiettivo militare (22). La SFOR se ne
lavò le mani, come Ponzio Pilato, concedendo il weekend-premio
a
Roma ad un gruppo delle truppe stazionate lì.
Passiamo adesso al 1999. Nel Kosmet, a Klecka e Gnjilane, nel
calcare, sono ritrovati oltre 30 corpi di serbi, vittime dell'UCK.
Di questo la stampa non ha scritto, preferendo indirizzare
l'attenzione sulla "strage di Racak", che è stata la motivazione
della barbara aggressione alla Jugoslavia federale (Serbia e
Montenegro).
Su Racak, a quanto ci risulta, soltanto una parte della autopsia fu
presentata pubblicamente, quella del gruppo finlandese guidato
dalla Ranta. Il momento in cui la perizia si e' potuta presentare
pubblicamente per intero l'ha deciso il Pentagono (lo stesso
dicasi per l'evidenza del crimine commesso con i bombardamenti
NATO sulla colonna dei profughi albanesi-kosovari che volevano
ritornare alle loro case...). Solo dopo i bombardamenti NATO, infatti,
si e' potuto sapere che a Racak non c'era stata una "strage di civili",
ma bensì una messinscena con i corpi dei terroristi UCK uccisi
negli scontri.
"Bisogna prima intervenire, solo poi passare al dialogo": queste
le parole pronunciate, alla presentazione di un libro sul Kosovo,
dal giornalista guerrafondaio Franco Venturini. Ed infatti, e'
proprio con questa "filosofia" che e' stata gestita la Conferenza
di Rambouillet, subito dopo il "caso" di Racak. A Rambouillet il
dialogo è stato sempre boicottato dagli estremisti secessionisti
dell'UCK. Non pero' dagli albanesi-kosovari moderati, ne' dai serbi,
dai gorani, turchi, ebrei, egizi, rom - non cioé dai
rappresentanti
delle tante "etnie" del Kosmet. Nel palazzo di Rambouillet la
Albraight invitò l'UCK di Taci e compagnia (23) a firmare tutto
un altro
accordo, che non era altro che un ultimatum al Governo di Belgrado
perche' consegnasse l'intero territorio jugoslavo agli USA ed ai
soldati NATO. Condizioni che non sarebbero state sottoscritte, a
buona ragione, da nessun Capo di Stato. Lo stesso Taci era scontento,
perché avrebbe voluto ottenere subito tutto quello che voleva.
Ma
la Albright si impose, dicendogli: se non firmi, la NATO non
potrà
bombardare la Jugoslavia.
IL KOSMET OGGI
<<Milosevic all' Aia, gli americani nel Kosovo... E con loro
anche
l'Aids>>. "Bulli e pupe", dicevamo noi con amara ironia.
Una volta stanziatisi li, gli americani con la loro "bella"
Camp Bondsteel, la base più grande di tutta l'Europa, completa
di case, chiese e grandi magazzini, proprio sulla rotta del petrolio
(il "Corridoio 8"), rifornita di elettricità ed acqua,
lavanderia
e
pasti sufficienti per una città di 25.000 abitanti... adesso,
chi li
smuove piu'?
Intanto scarseggia l'elettricità per i cittadini in quella
regione,
e non solo lì! I collegamenti ferroviari ed aerei sono per il
95%
nelle mani americane. E chi li sposta più, gli americani? Anche
le
decisioni ONU diventano "carta straccia", se non fanno comodo
agli americani. Mentre i soldatini europei sono impiegati a
tutelare... gli interessi americani, con il pretesto della "tutela"
di quei pochissimi serbi autoctoni rimasti, come una specie
rara...
E chi gestisce la base, chi ne intasca i benefici? La Brown and Root
Service, una filiale statunitense del complesso petrolifero
Halliburton,
quello con a capo l'attuale vice presidente degli USA, Cheney:
<<Dick Cheney, gia' segretario alla Difesa del governo Bush
senior, gli ha conferito il contratto per il sostegno logistico
alle operazioni all'estero della US Army. Tra il 1995 ed il
2000, Cheney lascia la politica ed entra nella Halliburton
Corporation. La quotazione di questa impresa si è impennata
parallelamente alla escalation del militarismo degli USA>>
(M. Collon). Citiamo solo qualche esempio del guadagno di questi
imprenditori senza scrupoli: <<Nel 1992 la B&R costruisce
e gestisce
le basi dell'US Army in Somalia, e guadagna 62 milioni di dollari.
Che diventano il doppio nel '94: 133 milioni di dollari per
costruire installazioni militari in Ungheria, Croazia e Bosnia.
Ma è Camp Bondsteel che diventa la perla del contratto>>,
spiega
Paul Stuart, citato da Collon.
Il Kosovo-Metohija e' stato "NATO-izzato" con l'arrivo delle forze
internazionali (KFOR), ed il terrorismo dell'UCK contro i civili
è
aumentato: tuttora continuano uccisioni e pressioni sui pochi non
albanesi rimasti, segregati in enclaves dalle quali si possono
raramente spostare, e solo sotto la protezione della KFOR (24).
In qualche caso i secessionisti offrono molti soldi per acquisire
anche umilissime abitazioni dei serbi, purche' questi ultimi se
ne vadano. La NATO ha celebrato le nozze tra la regione del
Kosovo-Metohija e la mafia. Ce lo confermano le polizie di tutta
europa. I mafiosi ed i terroristi diventano all'occorrenza
"politici moderati", ministri, generali, capi del TMK (una specie
di Protezione Civile, in realta' il nuovo nome delle milizie UCK
integrate nell'attuale apparato dello Stato). Mi riferisco ad
esempio ad un certo Ethem Ceku, cugino di Agim Ceku, capo UCK.
Intanto Rugova, ultimo lacché dell'Occidente, ha velleita' da
presidente di un "Kosovo indipendente". Mentre il governatore
del protettorato coloniale del Kosmet, Steiner (un altro nome
tedesco!) ammette che "i membri delle piccole comunità del
Kosovo non sono ancora tornati alle loro case..."
LA "MORALE DELLA STORIA"
Non mi dilungo oltre. Viene pero' da chiedersi: chi, se non proprio
il Pentagono, o chi per esso, ha creato e sostenuto il terrorismo
internazionale organizzato? Terrorismo "USA e getta": non erano
forse i mujaheddin di Bin Laden nei Balcani, sostenuti e armati
dagli USA e dai loro alleati? Chi, se non gli USA e i loro servizi,
promuove il contrabbando e sostiene governi mafiosi? La stessa
Procura italiana ha giustamente accusato il governo montenegrino
di Djukanovic! Il bombardamento NATO della fabbrica di tabacchi a
Nis, in Serbia, non ha forse dato ancor più vigore a questo
governo
montenegrino, non ha forse dato nuovo impulso al traffico delle
"bionde"?! Si è sorvolato sulla distruzione di questa fabbrica,
rasa
al suolo nel 1999. Una fabbrica tre le più grandi e moderne
in
Europa; stipulava commesse con 85 paesi nel mondo.
Oggi, tutti quelli che invocavano l'intervento della Comunità
internazionale, la protezione NATO, si trovano "tutelati" da
forze occupatrici. Compresa la Serbia del dopo-Milosevic.
Stati smembrati, protettorati, colonie.
Tutti i popoli costitutivi e le nazionalita' della Jugoslavia
hanno perso il loro Stato comune - tranne forse la vicina
Slovenia, ma questa è un capitolo a sé. Non vivono forse
i croati
in due - tre staterelli diversi? I serbi altrettanto, gli slavi
musulmani idem. Viene proprio da ripetere i versi della nostra
amica Milena:
"Sai dirmi dove passano ora le frontiere?
Tra te ed il tuo coniuge?
Tra te ed i tuoi figli?
Ed in quale nuovo Stato sono sepolti i tuoi cari?"
Le ultime elezioni presidenziali, largamente boicottate in Serbia,
dimostrano chiaramente la scontentezza diffusa verso la leadership
al governo. La situazione economica, ma anche quella morale, sono
disastrose. Le imprese sono messe in fallimento perché le possa
acquistare il capitale straniero. Sempre più i disoccupati,
i
diseredati. I malati ed i morti per le conseguenze dei bombardamenti
all'uranio impoverito. I suicidi.
Di questo si è parlato negli altri due interventi. Quello che
voglio
ribadire è che hanno distrutto la cosa più sacra, la
vita. Auguriamoci
che non rimanga soltanto il "mugugno" di questa scontentezza, in
Serbia come anche nelle altre Repubbliche ex federate. E che
il popolo, gli operai, in tutto il mondo, alzino finalmente la testa
contro "questo male, questo pericolo per la libertà di tutti
i
popoli, che proviene dall'imperialismo americano". Lo disse il
"Che", un giovane, grande combattente, diventato simbolo delle
generazioni passate e di quelle future.
Che risuonino le vecchie melodie...
Riportiamo quel grande Forum di Firenze più spesso nelle piazze.
Ho parlato tanto e mi sembra di non aver detto niente di nuovo,
perché e' tutto tanto evidente per noi slavi. Comunque, non
rassegnamoci a questo imperialismo, a questo neocolonialismo,
chiamatelo come volete, sempre nazifascismo è. E perciò:
mai
più timidezza a riportare la parola d'ordine:
Morte al fascismo - libertà ai popoli!
[fine]
NOTE:
(1) "Menzogne di guerra", di Juergen Elsaesser, Edizioni "La
Città
del
Sole", Napoli 2002.
(2) A Maastricht (novembre 1991) l'Unione monetaria europea, con il
marco tedesco come valuta-base, e' stata creata in cambio della
distruzione della Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia
(RFSJ): questa infatti la condizione posta dal Ministro degli Esteri
tedesco Genscher.
Il giorno di Natale 1991 i tedeschi annunciano che riconosceranno
formalmente le secessioni; il 13 gennaio 1992 il Vaticano compie il
primo passo ufficiale; il 15 gennaio seguono tutti i paesi UE.
(3) Sul criminale impiego delle munizioni all'uranio impoverito in
Jugoslavia ed altrove, nonche' sulle conseguenze dei
bombardamenti
NATO sulle infrastrutture e sui civili, si vedano ad esempio i due
libri del comitato Scienziate/i contro la guerra: "Imbrogli di guerra"
(1999) e "Contro le nuove guerre" (2000), Edizioni Odradek, Roma
(anche su http://www.scienzaepace.it).
(4) Il culmine lo aveva forse gia' raggiunto Rossana Rossanda con un
articolo sul "Manifesto" nei giorni di meta' agosto 1995, nel
quale la giornalista si dichiarava esplicitamente favorevole
all'intervento NATO contro i serbi della Bosnia, ed affermava con
irresponsabile superficialita' che gli USA non avevano alcun
interesse strategico nell'area balcanica!
(5) La strategia dell'imperialismo americano e' illustrata bene
da Noam Chomski nel suo libro "I cortili dello zio Sam" (editore
Gamberetti), dove si spiega perché gli USA mirino a distruggere
qualunque Stato, anche piccolo, ed il suo governo, se il sistema
di quello Stato non corrisponde ai parametri USA.
(6) Il movimento delle "brigate di lavoro", grazie alle quali
le infrastrutture del paese furono (ri)costruite soprattutto negli
anni Quaranta e Cinquanta, ed alle quali l'autore di questo
intervento partecipo', fu un formidabile fenomeno di massa.
(7) "No East no West, Islam is the best", era uno dei sottotitoli
di una edizione del libro di Izetbegovic. Fu il lancio della
campagna islamista in Bosnia. Nel 1990 usci' sulla rivista "Vox",
pubblicata in Germania, un esplicito proclama di 12 punti: "Che
cosa fare dei serbi nella Repubblica islamica di Bosnia ed Erzegovina".
(8) Il 29 novembre 1990 i giornali riportavano notizie di agenzia
in base alle quali la CIA "prevedeva" il disastro che poi,
l'anno successivo, in Jugoslavia si sarebbe effettivamente
verificato. Noi disponiamo dei ritagli da "La Stampa" ed
"Il Tempo": "La CIA ha detto: la Jugoslavia esisterà per
ancora 18 mesi... Non si escludono scontri bellici e il maggior
responsabile sarà indicato [sic] in Milosevic". Vanno fatte
due
considerazioni: primo, i servizi segreti non "prevedono" se
non "vogliono", ovvero se non stanno lavorando affinche'
succeda; secondo, il 29 novembre era guarda caso la ricorrenza
nazionale della RFSJ (la "Giornata della Repubblica"). Piu'
esplicita di cosi' la CIA non sarebbe potuta essere!
(9) Si veda: "NATO in the Balkans", IAC, New York 1997.
Pubblicato in versione ridotta in lingua italiana da Editori Riuniti,
"La NATO nei Balcani" (1999) e' uno dei testi piu' preziosi
per la ricostruzione della guerra di distruzione della RFSJ
(1990-1996), ma sembra essere ignorato dagli stessi suoi curatori
italiani, che non lo hanno mai menzionato ne' recensito sulla
stampa su cui pure regolarmente scrivono.
(10) La proposta della "Euroslavia" apparve su Limes ma fini'
presto nel dimenticatoio, sommersa dal fragore delle bombe all'U238.
(11) E' successo ad esempio a Spalato, in occasione della visita del
Papa.
(12) L'esercito croato, come poi quelli bosniaco-musulmano e
macedone
nonche' l'UCK, sono stati addestrati dalla Military Professional
Resources Inc., nota agenzia con sede in Virginia (USA). L'esercito
croato ha avuto anche l'appoggio logistico della NATO per il
completamento della pulizia etnica delle Krajne nel 1995.
(13) Sulla figura dell'arcivescovo cattolico nazista Stepinac e sul
genocidio, a danno soprattutto dei serbi, commesso durante la Seconda
guerra mondiale in Croazia, si veda ad esempio: "L'Arcivescovo
del genocidio", di M.A. Rivelli, Ed. Kaos, Milano 1999.
(14) <<Non c'è nessun nuovo indagato nell'inchiesta
condotta
dal
sostituto procuratore della Repubblica di Ancona Cristina Tedeschini
sui tre tir bloccati dalla Guardia di Finanza e dalla dogana nel
porto di Ancona lo scorso 12 aprile (ma la notizia del sequestro
è
stata data solo l'altro giorno): seppur carichi d'aiuti umanitari
per i profughi del Kosovo, i camion trasportavano nei doppifondi un
enorme carico d'armi diretto all'Uck. Al centro dell'interesse del
magistrato ci sarebbe per ora la figura di un prete, probabilmente
coinvolto nella vicenda. I tre tir viaggiavano sotto le insegne
dell'organizzazione umanitaria "Kruh Svetog Ante" (Il pane di
Sant'Antonio) di Sarajevo ed erano diretti, secondo la bolla
d'accompagnamento, alla "Caritas" di Scutari...>>.
Tratto da: La Padania, 4 maggio 1999. Del ritrovamento parlo' per
primo il "Corriere della Sera".
(15) Il caso di Milena Gabanelli viene descritto nel gia' citato
"Sotto la notizia niente" ed anche, da lei stessa, in una appendice
contenuta nel peraltro discutibile "La sconfitta dei media", di
Marco Guidi (Baskerville, Bologna, 1993).
(16) Ha scritto Andy Wilcoxson in «How the war started»
(su:
http://www.slobodan-milosevic.org/bosnia-started):
<<On March 18, 1992, Alija Izetbegovic (Bosnian-Muslim
leader), Mate Boban (Bosnian-Croat leader), and Radovan
Karadzic (Bosnian-Serb Leader) all reached an agreement
on the peaceful succession of Bosnia & Herzegovina from
Yugoslavia. The Agreement was known as the Lisbon Agreement (it is
also known as the Cutileiro Plan). The agreement called for
an independent Bosnia divided into three constituent and
geographically separate parts, each of which would be
autonomous. Izetbegovic, Boban, and Karadzic all agreed to
the plan, and signed the agreement.
The agreement was all set, internal and external borders, and
the administrative functions of the central and autonomous
governments had all been agreed upon. The threat of civil
war had been removed from Bosnia that is until, the U.S.
Ambassador Warren Zimmerman showed up.
On March 28, 1992, ten days after the agreement was reached
that would have avoided war in Bosnia, Warren Zimmerman
flew to Sarajevo and met with the Bosnian-Muslim leader,
Alija Izetbegovic. Upon finding that Izetbegovic was having
second thoughts about the agreement he had signed in
Lisbon, the Ambassador suggested that if he withdrew his
signature, the United States would grant recognition to
Bosnia as an independent state. Izetbegovic then withdrew his
signature and renounced the agreement.
After Izetbegovic reneged on the Lisbon Agreement, he called
a referendum on separation that was constitutionally illegal.
On the second day of the referendum there was a Muslim-led
attack on a Serb wedding. But the real trigger was
Izetbegovic announcing a full mobilization on April 4, 1992.
He could not legally do that without Serb & Croat consent,
but he did it anyway. That night terror reigned in Sarajevo.
The war was on. (...)
If Ambassador Zimmerman had just left Izetbegovic alone,
then none of this would have happened to begin with.
Its that simple. The blame for all of
the death and destruction associated with the Bosnian war
lies exclusively with Alija Izetbegovic for starting the war,
and with the U.S. President Bill Clinton for sending that idiot
Zimmerman to Bosnia in the first place.>>
(17) Djelaludin - soprannome di un visir ottomano - rappresenta lo
straniero occupante, il colonizzatore.
(18) La desinenza con la "a" e' propria della lingua schipetara
(cioe'
albanese in senso "etnico" e non nel senso della cittadinanza
della Repubblica di Albania). Tetovo è una cittadina della
Macedonia occidentale.
(19) Clamoroso il caso del criminale di guerra italiano Roberto
Delle
Fave, che rivelo' la sua vicenda di mercenario a stampa e televisione,
e dopo aver contribuito a massacri come quello nella zona di Divo
Selo (Gospic, Krajna) ed all'assassinio del giornalista francese
Xavier ha vissuto indisturbato a Bordighera ed e' stato "risparmiato"
da qualsivoglia inchiesta penale, all'Aia o altrove.
(20) I dati sull'uso di stupefacenti nell'esercito croato si possono
trarre dall'opuscolo "Nasiljem i zlocinom protiv prava. Hrvatska '91"
(Belgrado 1991. Trad.: "Con la violenza ed il delitto contro la
ragione. Croazia '91). Per quanto riguarda i drogati, ne abbiamo avuto
testimonianza da quanto apparso nel 1995 sul quotidiano "Corriere
della Sera", ed anche in televisione, sui soldati croati in cura
presso la "Comunità di San Patrignano".
(21) Andrea Catone nella prefazione del libro "Menzogne di
guerra" di J. Elsasser (Nota 1).
(22) Il libro di J. Merlino (trad.: "Le verità sulla
Jugoslavia
non
sono tutte buone a dirsi") e' stato pubblicato in Francia da Albin
Michel nel 1993. Mai tradotto in lingua italiana, e poco pubblicizzato
nella stessa Francia, il libro documenta la verita' sconvolgente della
disinformazione strategica ai danni dei serbi della Bosnia. Brani
della intervista ad Harff sono stati riproposti nel libro di Claudio
Fracassi "Sotto la notizia niente". Ulteriore dettagliatissima
documentazione sulla attivita' di disinformazione strategica compiuta
dalle grandi catene di "media" e da agenzie specializzate si possono
trovare in tutta la produzione del giornalista belga Michel Collon.
Ricordiamo ad esempio i libri: "Monopoly" e "Poker Menteur" (Edizioni
EPO, si veda: http://www.epo.be/index.html )
(22) Questo e' documentato ad esempio nella intervista ad Hakija
Meholjic, presidente del Social Democratic Party a Srebrenica,
pubblicata su "Dani" il 22/06/1998. Ampia documentazione sul
"balletto dei morti" di Srebrenica si trovano sul libro di Elsaesser
(Nota 1).
(23) Ennio Remondino ha recentemente rivelato in "La televisione
va alla guerra" (Edizioni ERI/RAI) che nelle valigie della
delegazione UCK a Rambouillet furono trovati sacchetti di "polvere
bianca": come dire, l'utile ed il dilettevole... Per noi italiani
e' particolarmente significativo ricordare che tra i consiglieri della
delegazione, insieme a molti americani, c'erano personaggi come un
tale Di Robilant, appartenente al Partito Radicale Transnazionale
(Fonte: il "Corriere della Sera" di quei giorni).
(24) Sulla condizione del Kosmet occupato dalla NATO, dopo il 1999,
e governato dai terroristi e dai mafiosi suoi alleati; sul
regime di terrore ed apartheid oggi vigente; e sulle migliaia di
"desaparecidos" che ormai si contano: si veda l'eccezionale
documentazione prodotta da Michel Collon e Vanessa Stojiljkovic
nel video "I dannati del Kosovo" (Edizione italiana a cura del
Comitato SOS Yugoslavia di Torino).