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COORDINAMENTO NAZIONALE PER LA JUGOSLAVIA - ONLUS
ITALIJANSKA KOORDINACIJA ZA JUGOSLAVIJU

  


Comunista e partigiano sin da giovanissimo, poi filosofo, docente all'Universitŕ di Belgrado, autore di una Dialettica della prassi, Mihajlo Marković č stato negli anni Sessanta animatore con molti altri della rivista Praxis, di area neomarxista e "francofortese", e dunque un critico del marxismo-leninismo e della linea portata avanti dalla Lega dei Comunisti in Jugoslavia.
Gli intellettuali di Praxis promuovevano regolarmente meeting filosofico-politici nella incantevole cornice dell'isola di Korčula... Forse anche per questo motivo piacevano tantissimo alla "nuova sinistra" di tendenza in quegli anni in Occidente, in Italia soprattutto. Eppure la gran parte di loro furono ben presto gettati nel dimenticatoio dagli ex-neomarxisti ed ex-francofortesi nostrani.
Diversamente da molti suoi vecchi compagni di Praxis, Marković rimase un socialista ed un antifascista conseguente anche nel tempo del "riflusso". Cosicchč, a partire dagli anni Ottanta, dalle nostre parti egli non fu piů visto come l' "intellettuale dissidente di un paese dell'Est", da vezzeggiare, ma piuttosto come un socialista serbo, perciň da ignorare, evitare, stigmatizzare. Quegli intellettuali radical-chic nostrani che avevano apprezzato Praxis erano gli stessi che si apprestavano a fare da mosche cocchiere dei bombardieri della NATO.
A metŕ degli anni Ottanta Marković fu tra gli estensori del "Memorandum" dell'Accademia Serba delle Scienze, tanto vituperato quanto poco letto e compreso in Occidente; e nei primi anni Novanta fu vicepresidente del Partito Socialista della Serbia (SPS) guidato da Milošević. Fu co-estensore del Programma del Partito, che mentre si poneva in totale sintonia con la Dichiarazione di Stoccolma dell'Internazionale Socialista, sottolineava i valori della sovranitŕ nazionale e l'opposizione all'imperialismo e alla disgregazione della patria jugoslava.
Marković non fu "recuperato" dalla sinistra europea nemmeno dopo la sua rottura con Milošević, nel 1995: in quanto antimperialista, rimaneva un indesiderato. Continuň a differenziarsi da Milošević anche in occasione degli eventi del 2000, quando il colpo di Stato promosso in Occidente impose in Serbia e Montenegro governi di destra, che avrebbero portato allo scioglimento dello Stato e al massacro sociale causato dalle politiche ultraliberiste. Nonostante la difficoltŕ di collocazione politica, Marković fu sempre lucido nell'analizzare quello che stava succedendo e denunziň sempre le manovre internazionali ed i pericoli di ulteriore smembramento che il suo paese correva. In seguito al rapimento di Milošević e durante il processo-farsa dell'Aia ne prese le difese; dopo l'assassinio di Milošević, fu tra le figure piů autorevoli a commemorarlo.
Nei testi che abbiamo raccolto in questa pagina si riconosce gran parte del percorso politico e personale di Mihajlo Marković, che abbiamo fin qui sintetizzato: un percorso non privo di incongruenze e di limiti, ma vissuto con la generositŕ di un uomo di sinistra - per davvero, non nel senso "italiano" -, un socialista che ha sinceramente amato il suo paese e la sua gente e per essi avrebbe voluto la pace e la giustizia sociale.
Perciň riteniamo non necessario commentare le opinioni espresse da Marković, e dai suoi interlocutori, nei testi riportati di seguito, anche laddove tali opinioni potrebbero differenziarsi dalle nostre. Lasciamo al lettore le sue considerazioni: gli argomenti trattati restano di eccezionale interesse per chi voglia ricostruire le cause profonde della crisi jugoslava ed europea degli ultimi decenni.
(A cura di Italo Slavo)





Chi vuole dividere il Kosovo?
(Dichiarazioni dal libro "Kosmet o Kosova" - Belgrado 1996)

Mihajlo Marković, accademico di Belgrado: "Se la Jugoslavia conserverŕ la forma federativa odierna, il Kosovo manterrŕ l'attuale autonomia territoriale. Se invece essa cambierŕ la sua forma per diventare uno Stato delle regioni, il Kosovo potrebbe diventare una di esse. Se l'assemblea del Kosovo insisterŕ a proclamare la secessione, la sua autonomia territoriale potrebbe essere abolita e in Kosovo-Metohija verrebbero applicati i diritti in vigore nella maggioranza dei paesi sviluppati; l'uguaglianza di tutti i cittadini, senza alcuna autonomia politica per le minoranze nazionali e/o regionali nelle quali sono raggruppati. Se cambiassero drasticamente le regole internazionali, ed alle minoranze venisse riconosciuto il diritto alla secessione, allora si potrebbe arrivare alle trattative sulla divisione del Kosovo. Non credo che si arriverŕ a questo, perchč allora anche la Florida potrebbe diventare cubana, alcuni Stati degli USA messicani, parti della Russia musulmane, qualche parte della Germania turca, la Corsica italiana, il Sud-Tirolo austriaco, l'Erdelj ungherese, e cosě via. Il caos in Europa sarebbe indiscrivibile..."




Intervista a Mihailo Marković
LA CAPITOLAZIONE DI TITO

di J. Elsaesser, da "Konkret" 5/2000

CENNI BIOGRAFICI
Mihailo Marković, classe 1923, ha insegnato Filosofia all'Universita' di Belgrado dal 1956. Negli anni Sessanta organizzava ogni estate, insieme a Predrag Vranicki, Svetozar Stojanovic ed altri, una conferenza sull'isola di Korcula, nell'Adriatico meridionale. Tra i partecipanti ricordiamo: Ernst Bloch, Herbert Marcuse, Erich Fromm, Ernest Mandel, Agnes Heller e Juergen Habermas. Nel 1968 per le edizioni Suhrkamp [in Germania] fu pubblicato il suo libro "Dialettica della prassi". "Come insegnante critico di marxismo, nel 1968 divento' il beniamino dei giovani e pertanto fu scacciato dall'Universita'", ricorda il suo amico di gioventu' (ed oggi critico) Milo Dor. La rivista "Praxis", alla cui redazione apparteneva Marković, pubblico' i contributi di Korcula fino alla sua chiusura per decreto, nel 1974. Negli anni Settanta Marković fu professore ospite in molte Universita' straniere. Nel 1985/86 fu uno degli estensori del "Memorandum" antititoista dell'Accademia Serba delle Scienze, e dal 1991 al 1995 vicepresidente del Partito Socialista della Serbia (SPS).



Il fatto che la Jugoslavia, sotto la guida tedesca, potesse essere spezzettata non e' stata colpa di Milošević bensi' colpa di Tito. Almeno questa e' l'opinione di Mihailo Marković, che e' stato eminente filosofo della autogestione operaia.


K: Nonostante la guerra della NATO la Serbia ed i serbi restano in fondo alla scala della simpatia tra molti esponenti della sinistra in Occidente - ma proprio in fondo, da qualche parte tra la Corea del Nord e l'Indonesia... Il "nazionalismo grande-serbo", cosi' si dice, avrebbe causato la fine del socialismo e della multiculturalita' della Jugoslavia. Il passo
decisivo sarebbe stata l'abolizione della Costituzione del 1974, ovvero della autonomia per il Kosovo ivi garantita.

M: L'idealizzazione della Costituzione del 1974 e' grottesca. Come puo' una persona avanzata essere cosi' ingenua? In realta' gia' in quel periodo con questa Costituzione Tito ha capitolato dinanzi alle tendenze secessionistiche delle Repubbliche che formavano la Jugoslavia, e queste si sono realizzate alla fine degli anni Ottanta. Alla fine degli anni Sessanta le correnti separatiste diventavano sempre piu' forti e culminavano infine, nel 1971, con il movimento di massa della "primavera croata". Tito reagi' troppo tardi scacciando i piu' grandi nazionalisti croati ma lasciando molti altri al loro posto.
Con la Costituzione del 1974 fu istituzionalizzato questo compromesso. Nessun paese del mondo avrebbe potuto sopravvivere con una Costituzione simile.

K: Perche'?

M: Lo Stato nel suo insieme fu liquidato per mezzo della Costituzione. Era scritto che ogni Repubblica introducesse una sua propria Costituzione e, se questa fosse stata in contraddizione con gli articoli della Costituzione federale, allora la precedenza l'avrebbe avuta la Costituzione della Repubblica federata. Ma soprattutto: negli organismi dello Stato federale erano rappresentate sei Repubbliche e, dal 1974 in poi, con il Kosovo e la Vojvodina, anche due provincie autonome; ognuno di questi otto soggetti legislativi aveva il diritto di veto e poteva silurare le decisioni definitive.
Cosi', alla fine degli anni Settanta, quando si approfondiranno i problemi economici, non si potranno introdurre le necessarie contromisure. Questo sfascio non e' stato visibile fino alla morte di Tito perche' lui, con la sua autorita', poteva sempre richiamare all'ordine ogni volta le forze centrifughe. Ma dopo la sua morte esse si affermarono: divenne impossibile reagire.

K: Non sono stati i problemi economici da lei citati le cause principali della disintegrazione?

M: Esiste un interscambio. Tito alla fine ha accettato ogni concessione che poteva fare. Il debito estero alla fine degli Ottanta ammontava a 22 miliardi di dollari, solo gli interessi erano tra i due ed i tre miliardi all'anno. Soprattutto in seguito alla crescita generalizzata dei tassi d'interesse alla fine degli anni Settanta, avremmo dovuto prendere misure di contenimento della spesa per ripagare i debiti. Tuttavia queste misure non sono state prese poiche' la Presidenza collegiale era sempre bloccata dall'uno oppure dall'altro veto.
Eppure se si fosse giunti ad un compromesso nella Presidenza o in Parlamento, i rappresentanti delle varie Repubbliche avrebbero dovuto farlo accettare in casa propria, a Zagabria, Lubiana e nelle altre capitali. Questo non ha mai funzionato.

K: Lei e' stato uno dei principali rappresentanti della autogestione operaia. Negli anni Ottanta, almeno cosi' sostiene la pubblicista croata Dunja Melcic, lei si sarebbe convertito in ideologo dell'idea grande-serba. Per quale motivo viene sostenuta questa tesi?

M: Perche' ho criticato la Costituzione del 1974. Ma l'ho fatto tra le altre cose perche' essa ha distrutto l'autogestione operaia. Nella Costituzione del 1963 si era stabilito che tanto il Parlamento federale quanto quelli delle Repubbliche creassero come seconda Camera un Consiglio delle Forze Produttive, che avrebbe dovuto rappresentare gli interessi delle imprese autogestite. Questo elemento si sarebbe dovuto rafforzare, perche' a cosa serve l'autogestione operaia se si limita solo alla propria impresa, mentre intanto le decisioni di macroeconomia vengono prese senza che la forza lavoro abbia effettivamente voce in capitolo? Ma la Costituzione del 1974 andava nella direzione opposta: come unica Camera del Parlamento fu istituito il "Consiglio delle Repubbliche e delle Regioni". In questo modo il diritto di veto delle singole Repubbliche aveva effetto anche sull'attivita' legislativa e la paralizzava. Da allora non ci fu piu' una Camera per i rappresentanti della classe operaia.
L'autogestione operaia e' un modello avanzato, che supera di gran lunga la democrazia borghese, e si sarebbe dovuto rafforzare attraverso una ulteriore de-burocratizzazione. Ed invece di cio', con la Costituzione del 1974 si fece strada il decentramento: la voce dei Consigli d'impresa nello Stato fu messa da parte, gli organi della Federazione furono indeboliti per favorire le burocrazie delle Repubbliche. Questo ha moltiplicato il burocratismo ed ha rafforzato le tendenze centrifughe. Ma la nuova Costituzione non ha distrutto
solo le premesse della autogestione operaia, bensi' fu anche un passo indietro rispetto alle concezioni di "costituzione" e "democrazia" proprie del mondo borghese: in tutti gli Stati dell'Occidente il potere legislativo e' costituito dai rappresentanti civili democraticamente eletti, ed a fondamento di questo c'e' un diritto di voto generalizzato e su basi paritarie.
In Jugoslavia nel 1974 la prima Camera del Parlamento costituita in base al diritto di voto paritario e diretto - corrisponde in pratica al Bundestag - fu paralizzata dal diritto di veto delle Repubbliche e delle Regioni autonome. La democrazia borghese, almeno in teoria, si costruisce sul cittadino adulto, percio' e' una democrazia "della cittadinanza". Cosi' invece la Jugoslavia a partire dal 1974 era una democrazia "dei popoli".

K: Per rimanere su di un paragone tedesco: sarebbe come se nel Bundestag non sedessero i rappresentanti eletti dalla popolazione, bensi' i deputati dei vari Laender, laddove ogni singolo Land potrebbe bloccare le decisioni di maggioranza grazie al suo diritto di veto. Si potrebbe dire che nella Costituzione del 1974 l'appartenenza etnica ha tolto il potere non solo al proletario ma anche al cittadino?

M: Assolutamente giusto.Mentre in Occidente si sottolineano i diritti umani, dal l974 in Jugoslavia valevano solamente i diritti umani collettivi dei gruppi etnici.

K: Qui mi sembra di intravvedere una convergenza tra la concezione stalinista e la concezione nazionalistica.

M: E' proprio questo il paradosso: Tito sostanzialmente e' considerato il grande avversario di Stalin, tuttavia nella sua politica delle nazionalita' ha seguito fedelmente le concezioni staliniane. Tra l'altro venendo meno ad un'altra delle linee guida del comunismo jugoslavo:
Il primo leader del PCJ, Sima Marković, era un sostenitore del jugoslavismo. Quando in seguito alla bolscevizzazione nel 1924 egli fu estromesso, la linea del partito cambio': sotto l'influsso di Stalin il PCJ si oriento' per lo smembramento della "Jugoslavia artificiale" e sostenne il diritto dei croati e degli altri a poter costruire i loro stati. Cosicche' i comunisti si ritrovarono a collaborare persino con gli ustascia fascisti.

K: Nel 1985/86 lei ed altri esponenti della Accademia Serba delle Scienze elaboraste un Memorandum, nel quale si attaccava duramente il modello titoista. Attorno a questo documento si addensano svariate leggende. Una di queste - che si puo' trovare persino in un libro di testo francese per le scuole superiori, per l'anno accademico 1993 - afferma che la teoria della "pulizia etnica" sarebbe stata lanciata attraverso di esso. Persino collaboratori della nostra rivista [cfr. K.H. Roth su KONKRET 9/99] sono dell'opinione che il Memorandum "diede nuovo vigore alle mire egemoniche della Grande Serbia".

M: Li' non si propone alcuna "pulizia etnica", ne' direttamente ne' indirettamente, e l'espressione "Grande Serbia" non si usa mai. Vorrei far notare che quelli che criticano il Memorandum di regola non l'hanno letto.

K: Potrebbe darsi, visto che il Memorandum e' stato tradotto in una lingua straniera (il francese) per la prima volta solo nel 1993, e solo nel 1996 una casa editrice belgradese ne ha prodotta una versione inglese ed una tedesca. D'altro canto, quest'ultima in Germania e' introvabile.

M: Il Memorandum cerca di descrivere la crisi della societa' jugoslava. C'e' un capitolo dedicato all'economia, che tra l'altro e' a firma di Kosta Mihajlovic. In questo si sostiene, nell'ambito delle riforme urgenti, che:
"...e' innanzitutto necessario abbandonare l'ideologia che mette in primo piano nazionalita' e territorialita'. Mentre nella societa' civilizzata moderna le funzioni di integrazione acquistano rilevanza, di pari passo con il riconoscimento dei diritti umani e di cittadinanza, con la dismissione delle forme di potere autoritario e con un processo di democratizzazione, nel sistema politico jugoslavo si rafforzano le forze della disintegrazione, un forte egoismo locale, regionale e nazionale cosi' come il potere autoritario ed arbitrario che viola a poco a poco i diritti umani generalmente riconosciuti. La tendenza alla divisione e frammentazione delle unita' sociali, la lotta contro una federazione moderna, democratica ed integrazionista viene occultata dietro agli slogan ideologici fuorvianti della battaglia contro l'"unitarismo" ed il "centralismo"... Questa posizione rispetto a Stato e Nazione non lascia alcuno spazio alla autogestione. L'autogestione resta monca e priva di forma, e non solamente a causa della limitazione alla sfera delle piccole strutture sociali, ma anche per la completa sottomissione agli organi del potere alienato - a cominciare dai Comuni e fino alle Repubbliche e Province. La classe lavoratrice disunita viene smembrata in una molteplicita' di collettivi a se' stanti, che devono lottare l'uno con l'altro per la distribuzione delle ricchezze. Non esistono organismi della autogestione all'interno di gruppi di imprese, branche dell'economia, o nell'economia nel suo complesso, che possano guidare razionalmente la produzione."
Le sembra nazionalista o pan-serbo tutto questo?

K: La critica occidentale in effetti non si concentra sulla parte economica del Memorandum, bensi' sul paragrafo "La posizione della Serbia e la condizione del popolo serbo".

M: Eppure neanche in quel paragrafo si tratta di alcuna velleita' d'egemonia serba, bensi' di parita' di diritti per i serbi. Nella Costituzione del 1974 al Kosovo abitato in maggioranza da etnicamente albanesi fu riconosciuta una autonomia molto ampia - il che significa che la Repubblica federata di Serbia, benche' in effetti piu' importante, aveva meno facolta' decisionali in Kosovo di quanto viceversa non avessero i rappresentanti del Kosovo nelle istituzioni della Serbia. Ma soprattutto: perche' alla Krajna, in quanto parte della Croazia abitata in maggioranza da serbi, non era stata concessa la stessa autonomia che era stata concessa al Kosovo? Io stesso ho scritto nel Memorandum:
"Gli appartenenti al popolo serbo, che in gran numero vivono in altre Repubbliche federate, a differenza delle minoranze nazionali non godono del diritto all'uso della loro lingua e scrittura, alla costituzione di formazioni politiche e culturali e alla cura del loro proprio patrimonio culturale. La incessante diaspora dei serbi dal Kosovo mette drasticamente in luce il fatto che le fondamenta che garantiscono l'autonomia di una minoranza (in questo caso quella albanese) non vengono applicate quando e' il caso di minoranze all'interno di altre minoranze (serbi, montenegrini, turchi e rom del Kosovo)."

K: Tuttavia, nell'ultimo capitolo del Memorandum mi sono soffermato su due punti in cui si parla di "genocidio" nei confronti dei serbi del Kosovo, e per l'esattezza con riferimento alla situazione degli anni Settanta e Ottanta. Questa e' propaganda nazionalista ne' piu' ne' meno che quando in Occidente, gia' all'inizio degli anni Novanta, si e' parlato di "genocidio" ai danni dei cosiddetti kosovaro-albanesi.

M: Lei ha ragione, il concetto non e' espresso bene. Un genocidio nei confronti dei serbi, in quanto sterminio fisico, o quantomeno il tentativo, e' stato fatto nello Stato ustascia, poi non piu'. Pero' nella fase della autonomia, quando il potere esecutivo in Kosovo era passato quasi interamente nelle mani degli albanesi, si verifico' una persecusione crescente - un'ondata di vessazioni, attentati, vandalismi, violenze sessuali ed anche omicidi ai danni dei serbi e degli altri non-albanesi. Questa non fu repressa dai dirigenti del governo autonomo, al contrario fu persino occasionalmente appoggiata. Trentamila serbi lasciarono la provincia tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Ottanta.
Nella critica ai concetti discutibili lei deve anche tenere presente che il Memorandum non e' stato mai ufficialmente approvato dall'Accademia. Mentre la prima parte del Memorandum - dunque la parte sulla economia e sulla politica - rispecchiava quantomeno lo stato della discussione nel gruppo di lavoro coinvolto, la seconda parte - l'elaborazione sui pari diritti per i serbi - non e' stata mai nemmeno dibattuta in quella sede. Era una versione preliminare, sostanzialmente frutto del lavoro del solo professor Vasilije Krestic. Non giungemmo mai al dibattito nel plenum, e dunque nemmeno alla possibile modifica di singole argomentazioni o termini, perche' la parte incompiuta del Memorandum fu scovata da un giornalista e pubblicata nel settembre del 1986. La dirigenza serba del partito, attorno ad Ivan Stambolic, uso' questo per scatenare un grande scandalo contro l'Accademia. In questo modo un ulteriore proficuo lavoro sul Memorandum non era piu' possibile.

K: Lei ha sostenuto Milošević a lungo. Perche'?

M: Quando Milošević nel 1987 fu eletto alla guida del Partito in Serbia, la campagna demagogica contro l'Accademia si spense subito. Anche in molti altri settori non si poteva fare a meno di vedere una svolta nel senso del pluralismo d'opinione, e le elaborazioni scientifiche non erano piu' minacciate da tribunali politici. Milošević introdusse il sistema multipartitico, rese possibile il lavoro di gruppi d'iniziativa extraparlamentari ed assicuro' il passaggio alla economia di mercato, ma con il mentenimento di un settore statale forte; tutte queste riforme gli assicurarono l'appoggio non solo da parte di ampi strati della popolazione, ma anche degli intellettuali. Percio', quando all'inizio degli anni Novanta Milošević mi chiese di scrivere il programma del neocostituito Partito Socialista della Serbia (SPS), io ho accettato.

K: Lei e' stato vicepresidente dell'SPS, ma nel 1995 c'e' stata la rottura.

M: Durante una riunione di Direzione del partito nell'agosto del 1995 io mi decisi a criticare. Su tre questioni: La corruzione del potere legata ad una errata politica dei quadri dirigenti; la ingiustamente forte posizione del partito della Sinistra Jugoslava (JUL), attorno a Mira Marković, moglie di Milošević, in tutte le sedi sociali e statali; ed infine la politica del disfattismo. Gli ultimi due punti in effetti erano legati insieme, poiche' la JUL glorificava la pace al di la' di ogni ragionevole misura. Se si capitola sempre, senza dubbio si ottiene sempre la pace... Ma in questo modo non ci si gioca anche tutto il resto?

K: Lei vuol dire che ha attaccato il fatto che la Jugoslavia non ha offerto aiuto politico e militare ai serbi della Krajna, la cui Repubblica era stata spazzata via durante l'estate del 1995 dalle truppe di Tudjman?

M: Si, innanzitutto proprio questo: alla Krajna erano state fatte delle promesse, ma quando poi furono scacciati in centinaia di migliaia, nessuno li aiuto`.

K: E' a causa di questa critica che lei non fu rieletto?

M: No. Durante la seduta, curiosamente, non ci fu alcuna critica nei miei confronti, qualche singolo anzi mi diede pure ragione. Ma alla seduta successiva, poche settimane dopo, Milošević mi comunico' di avere rimosso dall'incarico il sottoscritto ed altri due compagni. Non c'e' mai stata una votazione in merito. Ed io non sono stato mai nemmeno estromesso dal partito, ne' tantomeno mi sono mai allontanato di mia iniziativa: semplicemente, non ho mai piu' ricevuto un invito ufficiale. E tuttavia: non c'e' mai stata pubblicamente una campagna contro di me.

K: In quali forze politiche vi sentite oggi di riporre la vostra fiducia?

M: L'opposizione mi pare troppo dipendente dalla NATO e dall'Occidente, la coalizione di governo attuale e' l'unica chance, nonostante ogni critica.

K: Che critica?

M: I radicali di Seselj che la appoggiano secondo me sono troppo di destra, mentre il piccolo partner di coalizione JUL, in quanto partito dei "nuovi ricchi", e' giustamente odiato dalla popolazione. Ma i socialisti sono un partito molto pluralista ed hanno dentro molte persone oneste ed innovative. Non si puo' ridurre l'SPS al solo Milošević. Tra l'altro, la nostra Costituzione impone il cambiamento: l'incarico di Milošević come presidente jugoslavo avra' presto termine, ed un prolungamento non e' possibile. Ogni tentativo di accelerare questo cambiamento previsto dalla Costituzione e' inutile e pericoloso.

K: Il Partito Socialista della Serbia noin e' un partito socialdemocratico del tutto tradizionale, quindi capitalista?

M: Per niente. Esso ha reso possibile la privatizzazione delle imprese di Stato, non c'e' dubbio. Ma l'ultima decisione e' sempre nelle mani del personale dipendente dell'impresa. Questo e' unico in Europa, ed e' anche il motivo principale per cui finora sono state cosi' poche le imprese ad essere privatizzate.

(L'intervista a Mihailo Marković e' stata raccolta da Juergen Elsaesser)




Interview with Mihajlo Marković,
former vice president of the Socialist Party of Serbia

'A counter-revolution, and not all that velvety'

Tanja Djurovic, Belgrad
(October 11, 2000 - for junge Welt - http://www.jungewelt.de )

Mihajlo Marković, member of the Serbian Academy of Science and until 1995 the vice president of the Socialist Party of Serbia, was one of the ideological leaders of that party. Before 1989 he had a reputation as a 'reformer' and opponent of Tito within the Yugoslav left. Because of his position in the movement in Yugoslavia, we thought this interview with him would be of interest to anyone following the current developments-IAC

- Professor Marković, following the all-level elections on September 24 in Yugoslavia, a certain "coup d'etat" took place on the streets of Belgrade on October 5, organized by the Democratic opposition of Serbia (DOS). Some are already calling this "a velvet revolution." How would you describe what happened?

October 5 started out as one of the "rebellions" we've already had an opportunity to see. On March 9, 1991 to begin with and from then on there were several attempts on the street to scare the regime, to make it back off, to perhaps enter state institutions and take them over by force - as was the case elsewhere in the countries of Eastern Europe.
Of course this October 5 protest was not simply a "peaceful" expression of civil disobedience and was not even planned to be peaceful, no matter what its organizers say. There was a lot of violence in it. A couple of people were killed and around 100 injured, material damage was considerable. ...All this shows clearly that this was a counter-revolution, and not at all that "velvety," as some are calling it now.
By my definition, a revolution is a social coup, a social transformation, which leads to some higher, more progressive form of society. When this is not the case, then we're speaking of counter-revolution.
Slobodan Milošević should have admitted the defeat on presidential elections immediately. Then the damage would be smaller. But, he made another in a sequence of mistakes, and decided not to accept presidential election-results from September 24. Finally, when a big wave of protests was initiated, when on October 5 the DOS rallied the people to the Yugoslav capital for mass demonstrations, the number of people gathered wasn't even important anymore, because Milošević in the meanwhile already decided to capitulate. The army didn't react. The police gave more-less symbolic resistance, and power was simply given up.

- What were the factors to bring this situation about, and put an end to the Serbian 10-year-long resistance under Slobodan Milošević? Why didn't it happen before?

Here, in Serbia, the "transition" scenario didn't work out for a long time, for several reasons.

One of those reasons is that in Serbia already certain necessary reforms had been carried out. In year 1989 we had reforms of both the political and economic system. Therefore, what was later changed in East European countries, in Yugoslavia had been reformed and changed already, but of course the government was firmly in the hands of socialist forces.
Besides, the Serbian nation is very resilient when it comes to attempt to impose on it solutions from the outside. It resisted firmly and for a long time the attempts coming from reactionary circles from the West - to impose "transition" here, as it is called, transit to liberal [unregulated] capitalism, with "shock-therapy" and all the other catastrophical consequences for people and for society. So some kind of consciousness about all this existed, and therefore the resistance.
Nevertheless, the combination of certain factors in last 10 years brought about the gradual change in this attitude. First and very crucial, an enormous pressure from the USA and the West, which directly interfered in our internal matters, gave directives to opposition leaders and spent from 70 to 100 million of dollars on these last Yugoslav elections alone.
On the other hand, an inner weakening in the government itself occurred, and certain demoralization of Socialist party of Serbia (SPS) cadres [leading organizers]. And what's worst of all, the people, who found itself in a very difficult material situation, almost direct misery, couldn't take it anymore.
And then this motto "Change" at any cost, even if it was said that those changes can be for the worse (as they will be), prevailed. This is how the electoral defeat of the leftists occurred. Not total defeat naturally, in the Federal Parliament the coalition of left forces still has the majority - but on local level it was total indeed, and defeat on the presidential level, of course.

- You mentioned "inner weaknesses" and "demoralization" in SPS... Apart from the foreign factor, which is more than obvious, how much did the Yugoslav leftist government itself contribute to its downfall in these elections?

In the Socialist Party -- which carried the defense of basic socialist values -- at the beginning there was certain amount of inner democracy, and morale was also at a certain high level. Even now naturally you have a great number of socialist executives who remained honest and non-corrupt, who didn 't abandon their leftist orientation.
But the situation was gradually changed by the fact that inner erosion took place. First of all, Slobodan Milošević himself was very insensitive towards corruption. Even if he himself remained honest through and through until the end, even in his own family he wasn't principled enough to punish the behavior of his son and his wife Mirjana Marković. All that had a really bad influence on society, on followers, on members and executives of the Socialist Party itself.
This played a big role in inner erosion. And creation of Yugoslav Left (JUL) played a devastating role.
The JUL figures as a left party, but according to the informal admission of Milošević himself, this "left" party was created under sanctions, under the blockade. To break through this blockade the Yugoslav government had to tolerate some forms of gray economy. A certain number of private owners had to pay bribe-money to functionaries of European Community and NATO. This is how we managed to come by oil, gasoline and all the rest.
But those private owners, through gray economy, gathered a certain amount of wealth. Milošević, when he thought about how those people, who actually became capitalists now, as a matter of fact will be the adversaries of socialists, decided it would be good finding some way to make them allies.
Eventually, this is how JUL was created, and Milošević's wife took its leadership. But, in essence, this was after all a bad idea and no matter how attractive this seemed at first glance, in the long run the consequences were bad as we can see.
People in this so-called left party were there just to enrich themselves further, and to gain perhaps some political position on the top of everything by which to protect their capital. Of course it had a very demoralizing effect on Socialist party itself.
And then, Milošević even made socialists promote the JUL everywhere, be in coalition with it, and on elections give a great number of seats to representatives of the JUL. For years this has been causing increasing unrest among functionaries of the Socialist Party.

- You are one of the ideologists of SPS... Some say even so called Serbian nationalism and its establishing in program of Socialist party contributed also to the downfall of the leftists...?

"Serbian nationalism", nationalism as such and even patriotism, are often confounded with chauvinism...This is a simply a big defect in thinking, so let me explain this.
I have critical attitude towards nationalism, in a sense that nationalism always means one-sided approach to a problem, seeing only national dimension of it. So all is seen in the light of national relations, national interests. I am critical towards it. But even there, you have two kinds of nationalism. You have "benign nationalism" which is, as I said, just one-sidenesness. But chauvinism, which I would call "malign nationalism," is an entirely different thing.
Chauvinism is hatred of other nations, non-acceptance of other nations, and is something absolutely negative. So people who do not or cannot make a difference between those two kinds of nationalism, or can't even make a difference between nationalism and patriotism, are simply not educated enough. They just don't see the problematic of our times in all its nuances, but take things superficially. They see only black and white, where there are shades of gray.
Therefore, this is not the question of "Serbian nationalism," not even benign one, but of Serbian patriotism. Patriotism is love for its own people and its own country, and is completely justified. You can't be an internationalist without being a patriot, and when injustice and aggression is done, you have to defend your country in a way you would defend any other country as well. Patriotism is something entirely positive.
Nationalism could be present in some right parties, Seselj's or Draskovic's parties for instance, but in Socialist Party case we can speak only about patriotism, accepting other nations but at the same time readiness to defend interests of own, Serbian nation.
It is entirely unjustified to say SPS was infected with any form of nationalism, and Milošević himself can't be called a nationalist. His famous Gazi Mestan speech in 1989, was a completely anti-nationalist speech. Some people are calling it nationalistic, even without reading it.
Or before this, Memorandum of Serbian Academy of Science - in the whole world it was considered a base of Milošević politics, and called a nationalistic document which lead to breaking of old Yugoslavia. Anybody who had a mind to do that, could read this document and see that in it is spoken uniquely and only about equality of all nations.

- You spoke of transition scenario. We all know the consequences of "transition" in East European countries, as well as its outcome. If we say that these elections were a choice between "freedom and slavery," is it possible that Serbian people voted consciously and willingly for its own slavery?

Of course it didn't! It just couldn't cope with the pressure anymore, and here's the reason why. As I said, Serbian people had put up a 10 year long and very persistent resistance, and I said why. And according to me it would have kept on resisting - if each and everyone suffered the consequences equally...But ordinary people couldn't take the misery and suffering anymore, watching a certain number of others growing richer and richer, and enjoying the luxury. The discrepancy between left parties' program and practice was too big. This is why we were defeated in the end, by DOS.
And this is not the matter of "Serbian nationalism" or DOS "being better".
But people who engaged themselves in "the change," and voted for it under the supposition "it can't be worse than it is already" will soon see that it certainly can. And when Serbian people make sure it can be worse and will be, when they see the layoffs and selling out of people's wealth, when they feel the pressure of debts and when they finally see how we become a half-colony of foreign capital and the New World Order, of the USA first of all, then here again the conditions will be created for socialists and for left forces.

- At this moment, situation in the country is far away from being clear yet. On one side we have leftist forces, with all their past weaknesses and advantages. On the other side we have DOS, executing counter-revolution, even if it's mostly done behind the stage. When the dust is settled, how will this situation unravel?

Let's take a look first at DOS, this coalition which presently won "on the streets"... On one hand we have here our new President Vojislav Kostunica, and on the other, one very colorful grouping of politicians who do not agree on anything else except in their goal to topple Milošević. This goal achieved, the fight among them is imminent, about everything. We all know and saw DOS leaders already, they unified somehow under U.S. pressure, and managed to find one single man, the only man among them all for whom it can be said that he's honest and non-compromised.
One thing should be clear: there's a big difference between Kostunica and the rest of his allies. Kostunica is a man who was always what he is - anti-Communist, patriot, critical towards American foreign policies. He was vehemently against bombing of Yugoslavia last year, and he publicly said he won't cooperate with Hague Tribunal for war crimes in ex-Yugoslavia, because he considers it not a legal, but a political institution. He publicly said he won't give Slobodan Milošević to the Hague.
These are all the reasons why America is already criticizing Kostunica, but says it'll accept him as someone who believes in legal state and democratic procedures. But out of these statements clearly follows that USA will accept him only for a while and he won't stay in his position for long. Unless Kostunica manages to defend himself and his position, considering he has a wide support of his citizens. And Kostunica is not a new [Czech President Vaclav] Havel, no matter what USA might think.
Kostunica is also a legalist, trying to use existing legal forms.
The problem is, the rest of DOS, people around him, are not. They're already forming some "crisis groups" which are illegal institutions, and which are for example already pressuring certain politicians, certain directors of enterprises to submit their resignations, so some other people chosen arbitrarily by the DOS can take their places. This is completely anti-constitutional of course.
According to the constitution, the first thing to be done is to constitute the Federal parliament. This process is not finished yet, because the DOS is arguing 19 mandates of socialists from Kosovo and Metohija. But when this is settled, and all mandates verified, by my opinion the situation will be clear that left is in majority there.
At this point we will see how much president Kostunica is indeed a legalist, because government should be formed by parliament majority.
Kostunica already accepted giving the place of prime minister to someone from the Montenegro Socialist party, constitutional again. But we already have Zoran Djindjic, saying something which is not true - he's in favor of a "government of experts." This is hardly for Djindjic to decide, and parliament will chose what kind of government it wants.
Now, speaking about Serbian republic government, the situation is still unraveling and we have to wait for the outcome.
Altogether, considering present "double rule" in the country, it is certain that, as in any counter-revolution, the DOS will use their present advantage, triumph on the streets and support of masses, to win crucial power. By illegal means if must be. But even so, the DOS leaders will have to live with great resistance because of those methods precisely.

- The chances of Yugoslavia and its people for resistance to the dictates of USA, its centers of might and globalization are far from being spent yet... and leftist forces will certainly play a role in this fight in years to come. What role will that be, and how significant? What is the immediate task of socialist now?

As for the leftist forces themselves, it is obvious that now they must partly start anew, and a new period must begin for them. A period in which socialists will have to organize without Milošević's leading role. Hope that socialists of Serbia will regroup after recent defeat, renew and be a strong political force, lies first of all in a fact that inner erosion in SPS will be stopped. New people will come, avoiding the mistakes done in the past and now. And again by East European model, socialists will come to power once again. Real and true ideas never die.
As for the globalization process, this is not a real and true idea. This is precisely why it won't last forever. The power-and-money hungry American empire will crumble down as a tower of cards, as every empire does in the end, cause its foundations are rotten to the core.
The resistance block is already building up - and dreadful experience with Yugoslav bombing last year contributed to this significantly. American politics, until the aggression on Yugoslavia, seemed to have much success with its "stick and carrot" policy, and to be able to manage fulfilling its goals just fine without wars.
But NATO bombing of Yugoslavia scared the world, showing that NWO in a lot of things has the same characteristics as fascism.
Russia, China, India, South American and African countries - they're all sobered up now, wiser, awakened.

- How much did those countries, and the whole anti-imperialist world lose now, with change of power in Yugoslavia?

They lost a lot, this is true. For U.S. and NATO it was imperative to gain full control over Balkans, so that they would have unhindered territorial approach to Middle Asia, to Caspian basin, to territories rich with oil and other precious natural resources. Yugoslavia and Serbia were undoubtedly a bastion of resistance there, and on their way. NATO lost 10 years with Serbia. Now, Slobodan Milošević is out of their way. Vojislav Kostunica would wish to continue this kind of resistance, but unfortunately will not have the support of his collaborators. This is of course an immense loss, first of all for Russia.
Nevertheless, forces of resistance to globalization are getting stronger in front of our eyes, from minute to minute, and will keep on getting stronger. And maybe Yugoslavia will still have its place among them in the future.
In view of this, the forces of the New World Order have no chance for final success.

Tanja Djurovic is a Junge Welt correspondent from Belgrade.




"Le radici socialiste non saranno estirpate dalla Serbia"

Intervista con il Professor Mihailo Marković
Filosofo e membro dell’ala critica di sinistra dell’SPS

a cura della Corrente Leninista Internazionale
(un grazie e Luca per la traduzione)


(CLI) Quali sono state le ragioni del cinque di ottobre?

(Marković) Per spiegare il 5 ottobre si deve tener conto di fattori
interni ed esterni. Quelli esterni sono la crescente pressione della
NATO e dell’occidente venuta dopo un’intera decade di sanzioni
finanziarie e commerciali, di interventi militari e di un blocco quasi
totale della Jugoslavia. Ma si deve considerare anche della debolezza
interna del partito socialista. Per prima cosa si evidenzia la crescente
corruzione, specie negli ultimi anni, sia dell’SPS sia della JUL. Quindi
la corruzione č molto legata all’embargo esterno perché era necessaria
per comprare merci, materiali ed energia con ogni mezzo e sviluppň un
gruppo d’individui molto ricchi che collaborarono col governo,
corrompendo le autoritŕ e facendo un sacco di soldi. Questi affaristi
ebbero una notevole influenza sui politici al comando e ad un certo
punto essi furono addirittura dei loro familiari, ad esempio figli di
politici. Il secondo fattore č che da quando il partner di coalizione
dell’SPS era lo JUL, il popolo notava una totale discrepanza tra cosa lo
JUL rappresentava con la retorica di sinistra e dall’altro lato un
comportamento autoritario dei suoi leaders e l’enorme corruzione dei
suoi funzionari. Cosě la gente provava sempre piů antipatia per lo JUL
che non godeva piů del supporto delle masse. Per questo lo JUL non č mai
andato alle elezioni da solo ma sempre in coalizione con l’SPS in modo
che non ci si accorgesse quanto debole fosse. D’altro lato legittimando
Milošević hanno fatto la parte del leone nel governo e nelle
istituzioni.
La terza debolezza era il crescente carattere autoritario della
leadership del partito socialista. Gli ultimi due congressi, il terzo ed
il quarto, furono semplici manifestazioni ed elezioni di liste preparate
completamente in precedenza. Ci fu molto meno dibattito. Ci furono
persone che volevano la discussione e che furono rimosse dai loro
incarichi o perfino espulse. E fu sempre peggio.
Il quarto importante fattore fu qualcosa che i nemici dei socialisti
enfatizzarono in ogni momento. Il modo in cui Milošević ha guidato la
difesa del paese, cioč molto risolutamente e coraggiosamente all’inizio
e poi improvvisamente crollando non solo facendo concessioni ma
capitolando completamente. Questo era giŕ successo nel passato per
esempio quando i Croati attaccarono le Kraijne non ci fu alcun tentativo
di difesa. E poi ancora in Bosnia con gli accordi di Dayton: Sarajevo,
Brcko e Goradze furono abbandonate; Ci furono delle improvvise
concessioni che forse non erano necessarie. Dopo un certo periodo di
coraggiosa e risoluta difesa venne improvvisamente il momento in cui
questa difesa collassň. Abbiamo motivato queste scelte del passato con
il fatto che difendendosi troppe persone sarebbero morte o, nel caso di
Dayton che la Republika Srpska era giŕ sfinita e perciň era necessario
salvare il salvabile perché c’era il pericolo che Banja Luka, Priedor ed
altre cittŕ potessero soccombere. L’ultimo caso, il Kosovo, ha sorpreso
un po’ tutti. Abbiamo difeso le nostre posizioni molto strenuamente e
queste riflettevano appieno l’alto morale del popolo in quel periodo.
Durante i bombardamenti il popolo si concentrava nel centro della cittŕ
e cantava canzoni patriottiche. Ciň colpiva molto. Poi vennero Artisari
e Chernomyrdin e minacciarono Milošević che la Serbia sarebbe stata
completamente abbattuta. Sebbene noi sapessimo che all’interno della
NATO c’erano molti problemi, che c’erano disaccordi tra Americani ed
Europei, Milošević capitolň improvvisamente e stipulň un patto con
Artisari e Chernomyrdin e successivamente ci furono gli accordi di
Kumanovo e le nostre forze abbandonarono completamente il Kosovo, il che
significava abbandonare la gente del Kosovo mandandoli incontro a molti
patimenti e privazioni. Giŕ questo la gente non lo accettň. Cominciarono
a pensare che ci fosse qualcosa che non andasse nella personalitŕ di
Milošević a causa dei suoi repentini cambiamenti da un’attitudine
coraggiosa ad una capitolatrice. Forse la NATO avrebbe concluso
l’operazione Kosovo in dieci giorni. Ma, in effetti, in questi dieci
giorni avrebbero potuto uccidere molte persone e distruggere la nostra
economia. Ovviamente adesso molte persone lo hanno capito . Ma al cinque
di Ottobre la maggioranza non capě cosa realmente accadde. Milošević si
era davvero arreso o c’era stato un tradimento dell’esercito e della
polizia? Secondo le nostre informazioni sembra che dopo le elezioni del
25 settembre, quando arrivarono i primi risultati, ci fu una grande
delusione nel vedere che Milošević aveva dieci punti meno di Kostunica e
che noi avessimo perso le elezioni locali ovunque. In quel momento in
molti lo raccomandarono, perfino i suoi piů fedeli seguaci, di
abbandonare le elezioni presidenziali e di riconoscere la vittoria di
Kostunica perché questo avrebbe lasciato l’assemblea e il governo
federale e l’assemblea ed il governo della repubblica in mano ai
Socialisti. Cosě si sarebbe trattato di perdere solo la carica di
presidente che secondo la nostra costituzione non ha molti poteri.
L’idea era di difendere le nostre istituzioni, il governo ed il
parlamento federali e della repubblica. Ma a sorpresa Milošević dichiarň
di voler andare al secondo turno. Aveva ancora dieci punti di distacco e
tutti sarebbero stati contro di lui. L’SPO, i sostenitori di Mihailovic
ed i radicali avrebbero votato contro di lui perché prima delle elezioni
radicali e socialisti andarono incontro ad una rottura. I radicali
andavano raccontando di quanto saggia fosse stata la politica cetnica di
Draza Mihailovic durante il secondo conflitto mondiale. Seselj attaccň
il governo socialista. Ma Milošević insistč nel voler combattere: a quel
punto nemmeno l’esercito e la polizia vollero seguirlo. Si resero conto
che ci sarebbe stato un grande scontro e che per la prima volta
l’opposizione era unita. L’unione č stata imposta dagli Stati Uniti; da
soli non sarebbero mai stati in grado di riunirsi in quel modo. Di
fronte a una grossa ondata di disaffezione che da Belgrado attraversň
tutta la Serbia, esercito e polizia non seguirono piů i suoi ordini. Si
puň vedere quanto sia stato testardo!

(CLI) Cosa ha proposto a Milošević per cambiare la direzione degli
eventi?

(Marković) Non l’ho visto; non ci ho parlato. Ma lui ha proposto un
comitato per la preparazione di un congresso straordinario invitando me
ed un'altra trentina di persone. Io aderii alla commissione ed
immediatamente espressi il mio punto di vista affermando che nei
documenti del congresso ci dovrebbe essere prima di tutto una parte che
analizzi le cause principali del cinque Ottobre; secondariamente ho
proposto l’idea su come riformare il partito e su come partire
nuovamente, in merito al rinnovo dei quadri ed al ritorno ai principi
originari socialisti, un rinnovamento morale semplicemente per dirci
realmente la veritŕ su quello che č realmente successo e basare la
nostra politica su quella veritŕ. E poi c’era un terzo aspetto
riguardante nuove prospettive del partito socialista, dove c’era una
parte in cui si spiegava che il concetto socialista č ancora attraente
in campo internazionale ed un'altra parte nella quale si analizzava la
tradizione serba a cominciare da Svetozar Marković ad oggi ed alla fine
ho detto come fosse inevitabile che il DOS farŕ un numero tale di mosse
che alienerŕ la gente da loro, di come debbano cominciare con una
terapia d’urto che saranno costretti ad applicare. E come giŕ stiamo
vedendo, l’inizio di questa terapia č la cosiddetta liberalizzazione dei
prezzi, che sono immediatamente saliti.
Il livello di vita della gente era notevolmente peggiorato e molti si
sono accorti che ci sono stati dei cambiamenti, ma in peggio e quindi
molte persone hanno votato contro il partito socialista e per il DOS
poiché non potevano piů sopportare i patimenti. Volevano cambiamenti
subito. Questo č il motivo per il quale hanno deciso di votare
l’opposizione sperando che forse ci sarebbero stati cambiamenti. Il
popolo avrebbe tollerato le privazioni se tutti fossero stati nelle
stesse condizioni, ma purtroppo loro dovevano soffrire e morire di fame
mentre vedevano altri vivere nel lusso. A queste condizioni il popolo
non poteva piů tollerare. In quella occasione dissi anche che la frase
“societŕ aperta” significava tra le altre cose una terapia shock e che
gli stranieri possano entrare, che molte imprese autogestite sarebbero
state messe in vendita a poco prezzo e sarebbero state chiuse come
abbiamo visto in molte altre nazioni dell’est europeo. L’interesse del
capitale straniero non č di sviluppare la nostra economia ma
semplicemente di guadagnare mercati per imporre l’importazione delle
loro merci. Offriranno crediti per l’importazione di merci straniere e
noi dovremmo costruire debiti come successe negli altri stati est
europei, compresi quelli che, a quanto si dice, “ce l’hanno fatta”, per
esempio la Polonia, la Repubblica Ceca e l’Ungheria, che in un breve
periodo hanno accumulato piů di cento milioni di dollari di debito,
cosicché giŕ ora sono costretti a pagare un terzo delle loro entrate
solo per coprire gli interessi. Tale somma potrebbe anche aumentare e
cosě quei paesi perderebbero il loro futuro restando in uno status
coloniale. Anche la Serbia potrebbe diventare una colonia. Questa č una
situazione ben accetta nel comitato e la gente dice apertamente di
pensarla come Radko Marković. Il mio testo originale č piů o meno
rimasto invariato sebbene ci sono stati dei tentativi da parte di membri
del comitato esecutivo di ammorbidire ed offuscare alcune parti
critiche. La spiegazione data era che Milošević non vorrebbe essere un
candidato per la presidenza del partito e questo ci aiuterebbe
moltissimo. Ma d’altra parte non dovremmo farlo arrabbiare perché sennň
lui vorrebbe ribaltare questa posizione e se noi criticassimo lui si
arrabbierebbe. Quindi dovemmo stilare un documento senza critica o
perlomeno con meno critiche possibile. Ma il testo iniziale espresse
un’aspra critica anche se era stata ammorbidita. I membri del comitato
esecutivo (Mimic, Milotinovic, e Andjelkovic) portarono il testo a
Milošević per l’approvazione. Ma lui nonostante tutto si arrabbiň
moltissimo. Disse che “č orribile, come se fosse stato redatto da un
quartier generale di riserva del DOS. Non puň essere preso in
considerazione. Vedrň di trovare un testo differente!”. Non abbiamo
ancora saputo chi ha preparato il testo attuale che non contiene
critiche. Io ho aspramente criticato il nuovo testo ed ho immediatamente
chiesto di mettere ai voti le due versioni. Milotinovic, che presiedeva
la seduta, non sentě la mia proposta ed anche quando questa fu ripetuta
da altri membri del comitato lui non rispose perché evidentemente ha
ricevuto ordini di non consentire modifiche al testo. Io me ne andai ed
il testo fu accettato con venti voti a favore e dieci contrari. A me non
fu piů permesso di partecipare al congresso.

(CLI) Come autore del programma dell’SPS, che č ancora valido, lei
sosteneva la causa dell’uguaglianza delle forme di proprietŕ. Cosa
intende con questo e cosa significa per il futuro della Jugoslavia?

(Marković) Inizialmente, prima della riforma del 1988/89, c’erano due
comitati: uno per la riforma del sistema politico e uno del sistema
economico. Nel comitato per le riforme economiche (nel quale erano
presenti numerosi membri dell’accademia delle scienze di Serbia che
inizialmente furono respinti, ma con Milošević le cose cambiarono)
girava l’idea che ogni impresa dovrebbe essere responsabile del proprio
successo economico. Non dovrebbe dipendere dal costante aiuto dello
stato. Dovrebbero essere in grado di provvedere agli operai ed avere
successo sul mercato. Ovviamente ci dovevano essere alcune imprese che
offrono dei servizi di base per il popolo alle quali avremmo dovuto
provvedere noi per coprire le spese.
La riforma del sistema politico contiene il riconoscimento dei diritti
politici della gente ed il pluralismo, che nel 1990 fu posto in essere
come sistema multipartitico.
Avevamo proprietŕ statali e qualcosa di unico che nessun altro paese
socialista aveva: la maggior parte dell’economia era composta di
proprietŕ sociale, il che significa che i lavoratori sarebbero stati
responsabili della proprietŕ che essi stessi hanno creato. Avevano il
diritto di partecipare alla fase decisionale e di dividersi gli utili.
Ci sono poi le cooperative che sono diverse dalla proprietŕ socializzata
ed infine abbiamo la proprietŕ privata. E’ noto che la gente che ha
risparmiato puň non solo spendere i soldi, ma anche investire nella
produzione. Questo avrebbe incrementato l’occupazione. Ai tempi la
proprietŕ privata copriva circa il 15% dell’economia, salendo poi al
30%. L’idea era che tutte queste forme di proprietŕ coesistessero. Nelle
imprese autogestite i lavoratori che possiedono una certa percentuale di
capitale hanno il diritto di partecipare all’amministrazione, secondo la
propria quota. Si pensava in ogni caso che la proprietŕ sociale avrebbe
prevalso. Nel 1995, quando abbandonai il partito socialista, furono
fatti dei passi verso la privatizzazione. In molte imprese i lavoratori
si opposero a questo piano ed il processo non č partito. In quel periodo
non fu privatizzato molto, tanto č vero che ancora oggi la proprietŕ
privata non supera la metŕ del totale.

(CLI) Riguardo all’alleanza con il partito radicale molte critiche sono
state mosse contro l’SPS. Pensa che questa alleanza era necessaria per
conservare l’unitŕ del paese o la considera un errore?

(Marković) I partiti possono essere classificati in conformitŕ a due
principi: uno č quello di destra e sinistra e l’altro č quello di
partiti patriottici e di partiti pronti a collaborare con la NATO e le
cosiddette organizzazioni internazionali. Se si incrociano questi
criteri si ottengono quattro combinazioni: la prima č di una sinistra
patriottica come il partito socialista. Poi ci sono i patrioti di destra
come i radicali ed anche Kostunica. L’SPO non č realmente patriottico
come loro sostengono. Troviamo poi i globalisti non patrioti di sinistra
come lo JUL. In effetti, lo JUL non č di sinistra, anche se loro
sostengono il contrario. E per ultimo c’č il DOS che č un movimento
globalista non patriottico di destra. Perciň i radicali sono chiaramente
di destra ma d’altro canto sono nemici della NATO e delle sanzioni e
bisogna riconoscere loro una certa coerenza. Sono odiati in tutto il
mondo per questo. I socialisti vinsero agevolmente le elezioni del 1990
ma in seguito ebbero appena poco piů del 30%. Bisognava perciň
cominciare a formare coalizioni governative. Prima con Nuova Democrazia,
che č un partito di destra, poi con l’SPO di Draskovic che aderě volta
per volta ed infine nel 1996 con i radicali. Non erano solamente molto
patrioti, ma utilizzavano anche una forte demagogia sociale. Nascosero
le loro intenzioni destrorse per il futuro e parlarono anche a favore
dell’uguaglianza sociale e le misure contro la povertŕ. Cosě poterono
conquistare molti socialisti delusi dal SPS. Ma in altri momenti
espressero le loro reali opinioni per esempio quando dissero che erano a
favore di una privatizzazione obbligatoria persino per i mezzi di
comunicazione. Non vedevano che questo cozzava con il loro patriottismo,
poiché se si vendono i mezzi di comunicazione questi potrebbero essere
acquistati dal capitale straniero e questo non si adegua agli interessi
patriottici. Solo prima delle ultime elezioni i radicali sono divenuti
molto sleali perché dissero che avrebbero potuto vincere le elezioni e
che quel momento sarebbe arrivato. Hanno sperato di raccogliere i voti
dell’SPO e dei cetnici poiché Draskovic sembrava aver perso una grossa
fetta di sostenitori. Questo č il motivo per cui hanno voltato le spalle
all’SPS in maniera spregevole.

(CLI) Lei ha criticato apertamente gli accordi di Dayton. Ora molte
persone paragonano Dayton a Kumanovo. Crede che la difesa nazionale
sarebbe potuta continuare ed evitare, di fatto, la perdita del Kosovo?

(Marković) Quando si paragona Dayton agli accordi di Lisbona del marzo
1992, prima della guerra, che avrebbero potuto evitare il conflitto se i
musulmani non si fossero ritirati, si vede che i secondi erano persino
piů sfavorevoli. Si prevedeva che la Bosnia Erzegovina sarebbe diventata
un paese indipendente al di fuori della Jugoslavia, che i tre popoli
croati, serbi e musulmani dovevano avere uguali diritti, che lo stato
doveva essere organizzato come un associazione di cantoni e che il
popolo che deteneva la maggioranza in un dato cantone poteva prevalere
sugli altri.
Secondo questo trattato i serbi non avrebbero avuto nessun territorio
unificato mentre Dayton concedeva un territorio unificato per i serbi di
Bosnia che avrebbe potuto, in futuro, unirsi alla Serbia.
Benché Dayton significhi tre terribili perdite (Sarajevo, Brcko e
Goradze), č considerato da alcuni leader della repubblica Sprska come
uno dei migliori accordi per i serbi. Perdipiů Dayton arrivň quando la
republika Sprska era esausta e cominciava a perdere la guerra. Tutto ad
ovest di Brcko era in pericolo e poteva essere perduto. Quindi anche se
si č critici su Dayton non puň essere considerato un totale fallimento.
Gli accordi di Kumanovo furono molto sfavorevoli perché significano il
completo ritiro dal Kosovo. Questi accordi si basano sul fatto che il
Kosovo č parte della Jugoslavia ma non della Serbia. E questo de-jure e
non de-facto. Vennero in un momento in cui la NATO non aveva molte
possibilitŕ. Chiaramente in un breve periodo la guerra doveva finire.
Quindi, secondo me sarebbe stato meglio resistere altri dieci giorni che
firmare. Ma non posso esserne sicuro perché ciň dipende se la NATO e gli
USA erano in grado di continuare la distruzione del paese. In dieci
giorni avrebbero distrutto parecchio, come le centrali idroelettriche
che non erano ancora state attaccate. Mi sembra che la maggioranza della
gente che č stata cosě risoluta nella difesa del paese cominciň ad
essere esausta a quei tempi.

(CLI) Come si sono sviluppate le relazioni tra Kostunica e Djindjic
giacché č ovvio che il DOS č riuscito a vincere grazie alla retorica
nazionalista di Kostunica mentre l’uomo forte del DOS č Djindjic che
oltretutto č un agente dell’occidente?

(Marković) In base alle precedenti classificazioni Kostunica e Djindjic
appartengono a due differenti settori politici. E’ vero che Kostunica
era la sola persona in grado di vincere le elezioni. E’ stata una mossa
molto astuta degli Stati Uniti. Lo imposero come leader dell’opposizione
perché gli altri non l’avevano mai accettato. Era conosciuto come un
uomo onesto, considerato un nazionalista serbo, si era fortemente
opposto all’aggressione NATO ed ai bombardamenti ed aveva anche
dichiarato che il tribunale dell’Aja non era un istituzione legale e che
non avrebbe mai fatto estradare Milošević. Tutto ciň č molto diverso dai
discorsi di Djindjic e sin dal principio ci furono dei contrasti tra di
loro che divennero pubblici nei giorni immediatamente successivi al
cinque ottobre, quando Djindjic nominň un suo amico a capo della dogana
e Kostunica si oppose finché l’uomo se ne andň. Ci sono molti altri
episodi simili, come quello sul prossimo primo ministro o sul
governatore della banca della federazione o ancora del ministro degli
esteri. Spesso prevale Kostunica, alcune volte Djindjic. Si pensa che i
contrasti tra i due continueranno. Djindjic č molto ben visto dagli
europei, ma non dagli americani che lo ritengono un uomo della Germania
anche perché li č stato educato.Ma d’altro canto loro hanno in grande
considerazione Kostunica che difficilmente sulla stampa americana č
definito nazionalista, critico verso gli USA e non desideroso di
collaborare con il tribunale dell’Aja (č solito dire che non č una sua
prioritŕ).
Le mie sensazioni subito dopo il cinque ottobre erano che Kostunica non
sarebbe stato tollerato a lungo dagli americani, forse solo un paio di
mesi. Lui stesso dice che non ci metterŕ piů di un anno ad apportare dei
cambiamenti.

(CLI) Mettiamola cosě: non č stata una vera e propria controrivoluzione
come in Russia, ma ci sono ancora degli equilibri. Per fermare Djindjic
Kostunica č obbligato a contare sul supporto parziale dell’SPS. Sta
facendo l’arbitro tra l’SPS da una parte e le forze pro occidente
dall’altra.

(Marković) Beh, non c’č per niente equilibrio. Speravamo che ci fosse
equilibrio perché c’era una coalizione socialista di Serbia e Montenegro
tanto che pensavamo di aver vinto le elezioni federali. Ma poi i
socialisti montenegrini si sono accordati con il DOS. Cosě ci siamo
ritrovati fuori dal governo federale, mentre potevamo avere il controllo
del governo Serbo tramite il parlamento. Poi Milutinovic, il presidente
della repubblica, fece anch’egli un patto con il DOS. Probabilmente
l’hanno ricattato conoscendo qualcosa riguardo le origini delle sue
ricchezze. Gli hanno permesso di restare alla presidenza della
repubblica e lui in cambio ha indetto nuove elezioni per il 23 dicembre
al posto che l’anno prossimo. Benché non siano ancora arrivati molti
aiuti stranieri e la gente comincia a risentire della terapia d’urto,
anche se il DOS perderŕ molti voti, le elezioni verranno troppo presto
per noi.

(CLI) Pensa che l’esercito, che ha una grande reputazione per la sua
eroica difesa della patria, sia passato totalmente nelle mani del nemico
o al suo interno ci sono ancora forze patriottiche e di sinistra?

(Marković) Sicuro! Ci sono ancora molti patrioti educati con spirito
socialista nell’esercito. Quanti ne siano restati č un'altra questione.
Kostunica non ha permesso i cambiamenti che Djindjic voleva apportare
all’esercito, ha insistito che nessun cambiamento riguardasse esercito e
polizia. Il cuore dell’esercito rimane a sinistra ma non si sa cosa č
successo a Pavkovic che era enormemente famoso. Fu promosso da Milošević
ma non ha fatto nulla il cinque ottobre anche se disse di averci
provato.Non sappiamo quanto questo sia vero ma chiaramente ha cercato di
sopravvivere ed ora č un fedelissimo di Kostunica.

(CLI) Pensa che la Jugoslavia e l’SPS sě “evolveranno” in elementi del
nuovo ordine mondiale come negli altri paesi est europei e partiti un
tempo al governo o rimarrŕ un elemento antagonista?

(Marković) Ovviamente rimarrŕ un elemento antagonista. Il popolo non č
pronto a dimenticare cosa ha fatto la NATO ed č avverso all’idea di
nuovo ordine mondiale. Interessante in questo senso č stata la reazione
di Kostunica ai tentativi di normalizzazione portati avanti dagli USA.
Madeleine Albright voleva incontrare ad ogni costo Kostunica, ma lui non
volle e tentň di rimandare piů a lungo possibile. Ora il comportamento
di Kostunica č buono, anche se con qualche eccezione. Ho visto il suo
comizio di ieri a Zabreb: nessun sentimento di vendetta, nessuna parola
contro Milošević. Ha criticato invece l’occidente, sia europeo sia
americano. Se durerŕ si puň supporre che potrebbe evolversi come un
sostenitore dei socialisti. Purtroppo il suo passato č sempre stato di
destra ed č stata proprio questa la sua forza contro le altre
opposizioni: lui č sempre stato lo stesso, un borghese liberale.

(CLI) Qual č il suo parere riguardo le forze di sinistra ed
antimperialiste dopo che si č constatato che l’SPS non potrŕ recuperare
questo spirito?

(Marković) L’SPS lo recupererŕ presto. Non credo che sarŕ permesso a
Milošević di continuare a guidare il partito. Con la sua fuoriuscita le
cose cambieranno. Lui č un leader carismatico. Ieri l’altro metŕ del
congresso era contro di lui ma ieri in qualche modo č riuscito a vincere
di nuovo con un sostegno totale. Un problema č che Milošević puň essere
preso in considerazione solo in coppia con sua moglie che č immensamente
impopolare ed odiata. Perciň avrŕ vita breve. Ma l’idea socialista non
sarŕ abbandonata come č successo in altri paesi. Qui ha radici profonde.
In milioni hanno partecipato alla guerra di liberazione ed anche prima
c’era una grande tradizione.

Belgrado, 26 Ottobre 2000




Acc. Mihajlo Marković:

Le relazioni tra la Serbia e il Montenegro

Intervento alla tavola rotonda del Forum di Belgrado, il 15.11. 2001 sul tema "Le relazioni della Serbia e il Montenegro"

Io vorrei dire qualcosa sui nodi strategici delle relazioni tra la Serbia ed il Montenegro. Il modo in cui sarŕ risolta la questione della loro relazione avrŕ numerose conseguenze a lungo termine per tutti i cittadini che vivono su questi territori. La secessione del Montenegro dalla Jugoslavia č volontŕ di una minoranza di cittadini del Montenegro, circa la metŕ dei 380.000 montenegrini, e della minoranza albanese. Questa minoranza ha sottratto il diritto di decisione ai c.ca 150.000 montenegrini che vivono in Serbia. Dunque questo "inalienabile diritto all'autodeterminazione" non corrisponde a criteri nazionali ma bensě a criteri territoriali ed amministrativi. Percio'
alcuni possono ed altri non possono partecipare al referendum. Ma secondo il Diritto internazionale le unitŕ amministrative non hanno il diritto alla secessione, anche se si chiamano "repubbliche" [questa norma del diritto internazionale e'  stata clamorosamente violata con i riconoscimenti di Slovenia, Croazia, eccetera ; ndT]. Tanto piů che secondo la legge esistente sul referendum, esso si riterrŕ valido se alla votazione parteciperŕ qualcosa in piů del 50%, e se al quesito del referendum si esprimerŕ positivamente di nuovo qualcosa in piů del 50% di quelli che hanno votato.
Sul destino dunque del Montenegro e della Jugoslavia puň decidere appena un quarto del corpo elettorale. Essendo la legge referendaria concepita in questa maniera, la secessione del Montenegro, alla quale si puň giungere in base alla volontŕ arbitraria di una parte minoritaria ed irresponsabile - la quale infatti tende ad un monopolio illimitato del proprio potere e ad un controllo assoluto del territorio, sul quale governa senza alcuna limitazione -, puň portare alla rottura e alla oppressione, in primis nello stesso Montenegro. La sua parte di territorio a nord-ovest  (le montagne) e la parte che una volta era erzegovese, giŕ ora si sono organizzate politicamente per la lotta contro l'odierno governo, perché esse, come anche le Bocche di Cattaro, non riconoscono la nazionalitŕ montenegrina e non hanno appartenuto,  come si suol dire,  "da secoli", allo stato montenegrino. Non c'e' nessun dubbio che una secessione forzata del Montenegro e della Serbia potrebbe scatenare anche la guerra civile in Montenegro.

Questa secessione potrebbe destabilizzare in altre maniere tutta la regione. Dopo il Kosovo e Metohija e dopo la Macedonia sicuramente i nazionalisti e terroristi albanesi trasferirebbero le loro operazioni verso la parte orientale del Montenegro, da Plav, Gusinje, Rozaj fino ad Ulcinj. Gia' dalla formazione della "Lega di Prizren" nel 1878 la parte est del Montenegro figura in tutti i piani come parte indispensabile della Grande Albania. La distruzione della Jugoslavia si rifletterebbe direttamente sullo status del Kosmet, del promontorio di Prevlaka e della Repubblica Serba di Bosnia. La sparizione dello stato jugoslavo aprirebbe subito la questione della proclamazione dell'indipendenza del Kosovo, perché nella risoluzione 1244 non si menziona la sovranitŕ della Serbia sul Kosovo e Metohija. La Croazia si affretterebbe ad annettere la Prevlaka. La situazione internazionale della Repubblica Serba di Bosnia sarebbe sensibilmente scossa, perché sparirebbe lo Stato garante degli accordi di Dayton [la RF di Jugoslavia, ndT]. Infine peggiorerebbe la posizione strategica della stessa Repubblica di Serbia perché sarebbe tagliato il collegamento strategico molto importante con il Mare Adriatico, e sarebbe messa in discussione l'esistenza della sua Marina, nella quale la maggior parte dei componenti appartiene alla popolazione serba, e di cui vorrebbe appropriarsi l'attuale governo del Montenegro. Bisogna aggiungere che cosi peggiorerebbe anche la posizione strategica della Macedonia, che si troverebbe sulle sue frontiere occidentali, e su quelle del nord, non soltanto gli albanesi dell'Albania ma anche quelli del Montenegro e del Kosovo e Metohija.
Questa minaccia della destabilizzazione di tutta la regione est-europea č stata una delle cause per cui č cambiata la posizione della comunitŕ internazionale e particolarmente degli USA verso la secessione del Montenegro. Questa secessione č stata sostenuta dai paesi membri della NATO quando la loro prioritŕ era di  indebolire ed abbattere il regime di allora (Milosevic). Nel frattempo questo obiettivo č stato raggiunto. E' cambiata l'amministrazione USA, e la crisi balcanica si č allargata sul territorio della Macedonia. La nuova amministrazione, nella quale non ci sono cosi tanti furiosi serbofobi  come sono stati  Clinton, la Albright, Holbrooke ed altri, non era motivata ad accanirsi innanzitutto contro i serbi a causa della loro disobbedienza e delle proprie perdite da nascondere, benche' anche questa leadership abbia continuato con la politica della globalizzazione e del controllo sui Balcani. Essa non poteva non vedere che dalla secessione del Montenegro possono venire soltanto danni e non benefici.
Infine, l'aggressione dei terroristi alla Macedonia ha mostrato che ciň puň succedere anche al Montenegro, non appena si rendera' indipendente. Di fronte a tutto il mondo č caduta la maschera del vittimismo schipetaro, delle "persecuzioni"... Se nel piano di globalizzazione dei Balcani č stato importante impedire la costituzione di qualsivoglia Stato forte ed autonomo, allora sarebbe stato controproducente consentire la formazione di  una Grande Albania euforica, spiccatamente nazionalista. Per questo si č attenuato il sostegno alla creazione del Kosovo indipendente ma anche alla secessione del Montenegro.
Queste non sono ancora posizioni consolidate, e dal gioco delle diversi lobby sono sempre possibili delle brutte sorprese. Perň, anche le stesse attuali voci dei funzionari americani sulla necessitŕ che il Montenegro rimanga nell'ambito dello Stato comune con la Serbia dovranno avere un determinato effetto sulla parte pragmatica dei montenegrini separatisti. Perciň č molto importante la questione se le forze separatiste avranno il sostegno anche di quel 26% del corpo elettorale che, nel peggiore dei casi, sarebbe sufficiente per la secessione.

Dall'analisi delle relazioni interne nel Montenegro e nella Serbia si possono dedurre quali sono le possibilitŕ dell'esistenza futura del loro odierno Stato comune. Due sono i criteri essenziali della divisione tra le diverse forze politiche : l'orientamento nazionale e quello sociale. Nell'orientamento  nazionale bisogna innanzitutto distinguere 3 gruppi di montenegrini. Nel primo gruppo sono i montenegrini che si ritengono di stirpe serba, nel secondo quelli che si ritengono come uno specifico popolo serbo, dunque i serbi delle montagne montenegrine, della Erzegovina orientale e delle Bocche di Cattaro, mentre il terzo gruppo ritiene di avere una differente identitŕ nazionale dai serbi, e perciň di meritare uno Stato indipendente e sovrano. A differenza di questi terzi, i primi due gruppi sono ostili alla separazione. Oltre a questi 380.000 montenegrini nel Montenegro vivono c.ca 235.000 appartenenti alle minoranze e schipetara. Gli schipetari sono alleati della lista per la secessione del Montenegro, mentre tra i musulmani (o bosgnacchi come si definiscono) molti non vogliono la separazione definitiva del Sangiaccato [la regione in cui sono stanziati, ndT] in una parte serba ed una montenegrina, perciň potrebbero decidere (anche se temporaneamente) per uno Stato comune, la Jugoslavia, fintantoché non sara' portata in primo piano la questione dello status di tutto il Sangiaccato.
Per quanto riguarda l'orientamento sociale e le sue implicazioni per la conservazione dello Stato comune, la situazione non e' tanto semplice da poter essere descritta con una polarizzazione sinistra-destra. I due raggruppamenti politici principali, DPS ed SNP [Socijalisticka Narodna Partija, Partito Socialista Popolare, ndT], provengono entrambi dal Partito Democratico dei Socialisti. Ma la leadership del DPS si e'  orientata verso l'accumulazione della ricchezza e verso il mantenimento del potere tramite il rafforzamento degli organismi della repressione, tanto da diventare un tipico partito di destra, mentre l'altra forza, l'SNP, e'  rimasta nella classica
cornice di un partito di sinistra. Il primo e'  separatista, mentre il secondo e'  pro-serbo e jugoslavo. Questa divisione si riflette in una precedente, profonda separazione fra "usurai" e "bianchi". I primi erano contrari alla unione con la Serbia, nel 1918, e piu' tardi sono entrati in massa nel Partito Comunista del Montenegro - quando il Comintern proclamo'  la Tesi  sulla frantumazione della Jugoslavia e sui montenegrini come nazione a se, con un proprio Stato. Gli altri, i "bianchi", nel 1918 si schierarono a favore della unione con la Serbia e poi a sostegno di uno Stato jugoslavo unitario. Da questa analisi consegue che i montenegrini orientati a sinistra, quelli di ceppo serbo o che si sentono tali, con il sostegno dei musulmani di orientamento jugoslavo otterrebbero un vantaggio minimo al referendum, se esso si svolgesse nella primavera 2002.

In Serbia la situazione e' diversa. La sinistra, dopo la sconfitta alle elezioni del 2000, e'  molto indebolita. Nel complesso, essa vuole mantenere uno Stato comune con il Montenegro, anche se, paradossalmente, in questo Stato essa non puo'  collaborare con la sinistra montenegrina dell'SNP che ha scelto di entrare nel governo [federale jugoslavo, ndT] di coalizione con la destra serba del DOS. Nella destra serba, ed anche nella stessa coalizione di governo DOS, la situazione e' complessa. Accanto ad alcuni separatisti, che desiderano in fondo che il Montenegro si separi, benche' non ne parlino apertamente, esistono anche forze fortemente nazionaliste (DSS,
SRS, SSJ) che ritengono che i montenegrini siano in fondo "puri serbi" e percio' che si debba avere uno Stato serbo unificato. Dall'altra parte ci sono i mondialisti, come quelli del DOS, gente che potrebbe non provare alcun sentimento nazionale e che rispetto al mantenimento dello Stato nazionale da' la precedenza alla globalizzazione (e alla partecipazione dei serbi a tale globalizzazione). Essi non ritengono cruciale se la Serbia o il Montenegro saranno uno o due Stati nazionali, ma bensi'  se essi diventeranno o meno regioni dell'Unione Europea.
In Serbia si puo' valutare che il referendum (se si tenesse) darebbe un consistente sostegno al mantenimento dello Stato unitario. Si potrebbe anche arrivare alla disintegrazione della Jugoslavia, ma alla condizione che siano i paesi  della NATO a deciderla, il che al momento non e' molto probabile, oppure se la Jugoslavia arrivasse al crack economico nel 2002, il che viceversa e' possibile.

Traduzione di Ivan per il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia
AKADEMIK MIHAILO MARKOVIĆ:

Odnosi Srbije i Crne Gore

Izlaganje na okruglom stolu Beogradskog foruma održanom 15. 11. 2001. god. na temu "Odnosi Srbije i Crne Gore"


Ja bih nešto rekao o strateškim pitanjima odnosa Srbije i Crne Gore. Način na koji će biti rešeno pitanje odnosa izmedju Crne Gore i Srbije imaće brojne i dalekosežne posledice za sve gradjane koji žive na ovim prostorima. Otcepljenje Crne Gore od Jugoslavije želi jedna mawina gra|ana Crne Gore, oko polovina od 380.000 Crnogoraca i albanska manjina. Ta manjina je pravo odlučvanja oduzela Crnogorcima koji žive u Srbiji i kojih ima oko 150.000. Dakle to tzv. "neotudjivo pravo na samoopredeljenje" ne poziva se na nacionalne već na teritorijalne i adminisgtrativne kriterijume. Jedni mogu, a drugi ne mogu da učestvuju na referendumu. Medjutim po medjunarodom pravu administrativne jedinice nemaju pravo na otcepljenje makar se one zvale "Republika". Utoliko pre što po postojećem Zakonu o referendumu on će se smatrati uspelim ako na glasanju učestvuje nešto više od 50% i na referendumsko pitanje pozitivno odgovori opet nešto više od 50%, onih koji su glasali.


O sudbini Crne Gore i Jugoslavije može odlučiti, dakle, jedva nešto više od četvrtine glasačkog tela. Tako koncipirani zakon o referendumu i otcepljenje Crne Gore do koga može doći na osnovu arbitrarne volje jedne neodgovorne manjine, (koja ustvari teži neograničenom monopolu svoje moći i potpunoj kontroli teritorije na kojoj neograničeno vlada) može dovesti do razdora i nasilja, pre svega, u samoj Crnoj Gori. Njen severozapadni deo (brda) i deo koji je nekad bio hercegovački, već se politički organizovao za borbu protiv sadašnje vlasti, jer on kao ni Boka Kotorska ne priznaje crnogorsku nacionalnost i nije, kako se to kaže "vekovno" pripadao crnogorskoj državi. Nema nikakve sumnje da nasilni pokušaj razdvajanja Crne Gore i Srbije može izazvati gradjanski rat u Crnoj Gori.


Medjutim to razdvajanje i na druge načine može destabilizovati ceo region. Posle Kosova i Metohije i Makedonije skoro je izvesno da bi albanski nacionalisti i teroristi preneli svoje operacije i na istočni deo Crne Gore od Plava, Gusinja, Rožaja do Ulcinja. Još od formiranja "Prizrenske lige" 1878. godine istočna Crna Gora figurira u svim njenim planovima kao neophodni deo Velike Albanije. Razbijanje Jugoslavije bi neposredno uticalo na status Kosmeta, Prevlake i Republike Srpske. Nestanak jugosovenske države bi odmah otvorio pitanje proglašenja nezavisnosti Kosova, jer se u Rezoluciji 1244 ne spominje suverenost Srbije nad Kosovom i Metohijom. Hrvatska bi požurila da anekstira Prevlaku. Medjunarodni položaj Republike Srpske bi bio osetno uzdrman, jer bi isčezla država koja je jedan od garanata Dejtonskog sporazuma. Najzad bio bi pogoršan i strateški položaj same Republike Srbije jer bi bila presečena njena, strateški vrlo bitna veza, sa Jadranskim morem, i dovedena u pitanje njena mornarica u kojoj je pored ostalog i daleko najveći deo sredstava ulagalo stanovništvo Srbije, a koje bi želelo da prigrabi sadašnje rukovodstvo Crne Gore. Treba dodati da bi se pogoršao i strateški položaj Makedonije, kojoj bi se na njenim zapadnim i severnim granicama, našli ne samo Albanci iz albanije nego i oni iz Crne gore, Kosova i Metohije.


Ovakva pretnja destabilizovanja celog regiona Jugoistočne Evrope bila je jedan od razloga što je očigledno došlo do izvesne promene stava medjunarodne zajednice i posebno SAD prema otcepljenju Crne Gore. To otcepljenje je od strane zemalja NATO pakta bilo podržavano kada je njihov prioritet bilo slabljenje i rušenje tadašnjeg vladajućeg režima u Srbiji. U medjuvremenu je taj cilj ostvaren. U SAD se promenila administracija, a balkanska kriza se proširila i na područje Makedonije. Nova administracija u kojoj nije bilo strasnih mrzitelja Srba, kao što su bili Klinton, gospodja Olbrajt, Holbruk i drugi, nije bila motivisana da se iznad svega sveti Srbima zbog neposlušnosti i prikrivanja gutitaka, iako je i ona nastavila politiku globalizacije i kontrole nad Balkanom. Ona nije mogla ne uvideti da će od secesije Crne Gore imati samo problema a nikakve koristi. Najzad, agresija albanskih terorista na Makedoniju je upozorila da se to isto može očekivati i u Crnoj Gori čim se osamostali. Pred celim svetom je pala maska Šiptara kao progonjenih žrtava. Ako je kao deo programa globalizacije bilo bitno da na Balkanu ne postoji ni jedna jaka, potencijalno neposlušna država, onda očigledno protiv-produktivno bi bilo dalje podržavanje bilo čega što je moglo voditi formiranju jedne euforične, izrazito nacionalističke Velike Albanije. Tako je oslabila podrška za stvaranje nezavisnog Kosova ali i za otcepljenje Crne Gore. To još nisu definitivno zauzeti stavovi, pa su u igri različitih lobija još uvek moguća neprijatna iznenadjenja. Ipak, već i sami povremeni glasovi američkih funkcionera o potrebi ostajanja Crne Gore u okvirima zajedničke države sa Srbijom moraće imati odredjeno dejstvo, odnosno već sami ti glasovi morali su imati odredjeno dejstvo na pragmatični deo crnogorskih separatista. Prema tome veliko je pitanje da li će secesionističke snage dobiti podršku čak i onih svega 26% biračkog tela što bi, u najgorem slučaju, bilo dovoljno za otcepljenje.

Iz analize odnosa unutrašnjih snaga u Crnoj Gori i Srbiji može se zaključiti kakve su mogućnosti budućeg opstanka njihove sadašnje zajedničke države. Dva bitna kriterijuma podele tih različitih političkih snaga su nacionalno opredeljenje i socijalna orijentacija. Po nacionalnom opredeljenju treba, pre svega, razlikovati tri grupe Crnogoraca. U prvoj su oni koji sebe smatraju Crnogorcima srpskog roda, u drugoj su oni koji o sebi misle kao o jednom specifičnom delu srpskog naroda, dakle Srbima crnogorskih brda, Istočne Hercegovine i Boke Kotorske, dok treći misle da su oni Crnogorci po nacionalnosti, koji imaju različiti nacionalni identitet od Srba i po tome zaslužuju da imaju nezavisnu suverenu državu. Za razliku od ovih trećih, prve dve grupe se u većini protive otcepljenju. Pored ovih 380.00 Crnogoraca, u Crnoj Gori živi oko 235.000 pripadnika muslimanske i šiptarske manjine. Šiptari su listom za otcepljenje Crne Gore, dok je medju Muslimanima (ili Bošnjacima kako oni sebe zovu) znatan broj onih koji ne žele definitivnu deobu srpskog i crnogorskog dela Sandžaka, pa bi se zbog toga mogli odlučiti za (makar privremeno) održanje zajedničke države Jugoslavije sve dok se ne iznese na dnevni red pitanje statusa celog Sandžaka.

Što se tiče socijalnih opredeljenja i njihovih implikacija za opstanak zajedničke države situacija nije tako jednostavna da bi se mogla opisati jednostranom polarizacijom "levo-desno". Obe vodeće političke grupacije DPS i SNP potiču iz Demokratske partije Socijalista. Medjutim, vladajuća DPS se orijentisala ka sticanju bogatstva i učvršćenju vlasti putem jačawa organa nasilja, tako da je postala tipična partija desnice, dok je druga SNP ostala u okvirima klasične partije levice. Prva je separatistička, druga prosrpska i jugoslovenska. Ova podela reflektuje jednu raniju duboku podelu izmedju "zelenaša" i "bjelaša". Prvi su se protivili ujedinjenju sa Srbijom 1918. i kasnije masovno ulazili u Komunističku partiju Crne Gore-kad je Kominterna proklamovala tezu o razbijanju Jugoslavije, i o Crnogorcima kao posebnoj naciji sa svojom posebnom državom. Drugi "bjelaši", su se 1918. opredelili za ujedinjenje sa Srbijom, a kasnije za održanje celovite jugoslovenske države.
Iz ove analize sledi da bi trebalo da levo orijentisani Crnogorci srpskog roda kao i oni koji se osećaju Srbima, uz izvesnu podršku jugoslovenski orijentisanih Muslimana, dobiju minimalnu prevagu na referendumu ako se on održi u proleće 2002. godine.

U Srbiji je situacija drukčija. Levica je posle poraza na izborima 2000. godine znatno oslabljena. Ona u celini želi održanje zajedničke države sa Crnom Gorom, iako u toj državi, paradoksalno, ona ne saradjuje sa crnogorskom levicom Socijalističkom narodnom partijom, koja je izabrala da udje u koalicionu vladu sa srpskom desnicom iz DOS. Na srpskoj desnici pa čak i u samoj vladajućoj koaliciji DOS situacija je složena. Pored nešto separatista, koji priželjkuju, (mada o tome otvoreno ne govore) da se Crna Gora najzad jednom otcepi, postoje jake nacionalističke snage (DSS, SRS, SSJ) koje smatraju da su Crnogorci ustvari čisti Srbi i da se prema tome mora očuvati jedinstvena srpska država.
Na drugoj strani su mondijalisti, recimo oni iz DOS, ljudi koji ne moraju biti bez ikakvih nacionalnih osećanja ali koji daju prednost globalizaciji (i učešću Srba u toj globalizaciji) pred održanjem nacionalne države. Oni ne smatraju bitnim da li }e Srbija i Crna Gora biti jedna ili dve nacionalne države, već da li će obe postati regioni Evropske zajednice.
U Srbiji se može proceniti da bi referendum (ukoliko bi ga bilo) dao znatnu prednost održanju zajedničke države. Do dezintegracije Jugoslavije bi, ipak, moglo doći pod uslovom da se za nju odluče NATO zemlje, što u ovom času nije najverovatnije, ili ukoliko Jugoslavija doživi potpuni privredni slom u 2002. godini što je sasvim moguće.





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Forum Belgrado per un Mondo di Eguali
 
7 Febbraio 2010: E' morto a Belgrado l'accademico serbo Mihajlo Marković
 
Il 7 febbraio 2010, a Belgrado, all'etŕ di 87 anni, č morto l'accademico Mihajlo Marković, professore presso l'Universitŕ di Belgrado, scienziato e filosofo serbo di grande fama internazionale.
 
Nato a Belgrado il 24 febbraio 1923, nel 1940 entra nell’organizzazione giovanile del Partito Comunista Jugoslavo, e nel 1944 diventa membro del Partito stesso,partigiano nella guerra di liberazione nazionale antifascista nel 1941-1945 e insignito di molte medaglie di guerra e di pace. Lavorando a stretto contatto con altri filosofi indipendenti di orientamento marxista, sia serbi che delle ex repubbliche jugoslave, fu uno dei fondatori della rivista "Praxis" nel 1964, e della cosiddetta scuola di Korcula (seminari estivi annuali di filosofia politica che si svolgevano sulla isola di Korcula, con studiosi internazionali).
Autore di numerosi libri di filosofia, politica e opere di memoria storica
 
Ha pubblicato centinaia di articoli e analisi su riviste nazionali e internazionali.
Oltre all'Universitŕ di Belgrado, dove č stato professore, ha anche insegnato presso universitŕ negli Stati Uniti, Germania, Belgio, Russia e altri paesi.
Ha collaborato con molti filosofi e scienziati di fama mondiale, tra cui Jean-Paul Sartre, Bertrand Russell, Noam Chomsky, Michel Chossudovski e altri.
Mihajlo Marković č stato un coerente sostenitore del pensiero e delle idee socialiste. Fu tra i fondatori e primo Vice-Presidente del Partito Socialista di Serbia, oltrechč estensore del suo programma politico.
 
Con coerenza e coraggio fu tra i piů fermi difensori del Presidente Slobodan Milosevic.
E' stato uno dei fondatori dell'Associazione di intellettuali e personalitŕ "Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali", nel 2000, di cui era membro del Consiglio di amministrazione e Presidente del Consiglio di programmazione dell'Associazione stessa.
Autore di articoli, ha pubblicato oltre 30 libri per il Forum Belgrado (sulle questioni nazionali e le prioritŕ dello Stato, sul ruolo degli intellettuali nella realtŕ sociale, sulla sinistra in Serbia e nel mondo, sulla Costituzione della Serbia, sul Kosovo e Metohija ed il suo futuro, ecc.).
Mihajlo Marković, fautore della necessitŕ di un concetto piů ampio dei diritti umani: che devono comprendere i campi sociali, economici, politici, civili, del diritto all'istruzione e dell'assistenza sanitaria gratuiti.
Fu primo firmatario di un'iniziativa di 200 intellettuali serbi per un referendum sulla questione dell'adesione della Serbia nella NATO.
 
Fino all’ultimo giorno della sua esistenza ha continuato la battaglia di veritŕ e giustizia, per il popolo serbo e in difesa del Kosovo Metohija.
 
A cura del Forum Belgrado Italia
Febbraio 2010



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