L'Argentina apre gli archivi sulla fuga dei nazisti
La decisione di Kirchner su richiesta del Centro Wiesenthal. Trovate la scheda di Mengele e carte sui criminali ustascia
http://www.thule-italia.com/SecoloXIX/NazistiGenova.html
Introduzione
ANDREA
CASAZZA
L'inchiesta del “Secolo XIX” ha preso avvio nel giugno scorso sull’onda
della notizia dell'apertura degli archivi segreti del Centro di
Immigrazione di
Buenos Aires. Una desecretazione legata a filo doppio alla
pubblicazione del
saggio “La autentica Odessa” dello storico e giornalista Uki Goni. Le
lunghe
indagini di Goni, volte a dimostrare che l'immigrazione in Argentina di
criminali della Seconda Guerra Mondiale non fu subita passivamente
bensì
pianificata e organizzata dal governo di Juan Domingo Peron con la
collaborazione di ex ufficiale delle SS e con la complicità della
Chiesa,
accendevano di riflesso i riflettori su Genova. La città veniva
indicata quale
luogo di passaggio, soggiorno e imbarco di alcuni fra i più noti e
sanguinari
ufficiali delle SS e di collaborazionisti francesi e ustascia. La rete
di
protezione e aiuto dei gerarchi in fuga aveva visto la luce a Genova
nel 1947
con l'apertura in via Albaro 38 degli uffici della Daie - Delegaciòn
Argentina
de Inmigraciòn en Europa - ad opera di Carlos Fuldner, ex ufficiale
delle SS di
nazionalità tedesco-argentina, inviato speciale del presidente Peron.
Ad
occuparsi dell'accoglienza e delle formalità di imbarco verso il
Sudamerica
erano dei sacerdoti: in particolare il francescano ungherese della
parrocchia di
Sant'Antonio di Pegli, Edoardo Dömoter, e l'ex ustascia padre Carlo
Petranovic
e, in almeno un'occasione, del segretario della Confraternita di San
Girolamo, a
Roma, padre Krunuslav Draganovic. Sulla scorta di questi elementi,
l'inchiesta
del Secolo XIX è andata ricostruendo le tappe della presenza in città e
dell'imbarco verso il Sudamerica di criminali nazisti come Adolf
Eichmann, Klaus
Barbie, Eric Preibke, Joseph Mengele, Gerhard Bohne, del capo ustascia
Ante
Pavelic e dei suoi streti collaboratori. Il tutto attraverso l'esame e
la
pubblicazione di documenti - i passaporti della Croce Rossa rilasciati
ai
fuggitivi, i cartellini di sbarco in Argentina ritrovati negli archivi
desecretati del Centro di Immigrazione di Buenos Aires, i rapporti del
Foreign
Office e dell'intellingence americana, l'esame della corrispondenza di
alti
prelati vaticani quali monsignor Alois Hudal e il cardinal Eugene
Tisserant... -
interviste a personaggi coinvolti nella vicenda, interventi di storici
e
reportage da Buenos Aires, Washington e dal Canada. La pubblicazione
dell'inchiesta del “Secolo XIX” ha dato il via alla richiesta di
apertura di
una commissione parlamentare di inchiesta e ha spinto il cardinal
Tarcisio
Bertone ad affidare a un pool di storici un'indagine parallela volta a
dimostrare la totale estranità della curia genovese, e in particolare
del
cardinal Giuseppe Siri, al piano di protezione e fuga dall'Europa dei
criminali
di guerra.
Partirono da Genova, con coperture anche del clero, Mengele,
Eichmann,
Priebke: "Il Secolo XIX - scrive Le Monde - fornisce date, indirizzi
dei
nascondigli, nomi e stabilisce connessioni fra tutto ciò, ricordando il
ruolo
dell'organizzazione Odessa, e pubblicando documenti
compromettenti".
Di seguito
trovate
l'archivio delle pagine che Il Secolo XIX ha dedicato in questi mesi
all'inchiesta sui nazisti in fuga da Genova:
DICEMBRE
4
Dicembre 2003
Nazisti a Genova
45 parlamentari chiedono l'inchiesta
OTTOBRE
30
ottobre 2003
«Diedi io i passaporti ai nazisti»
La Spezia aspetta giustizia
«Commissione in Regione»
29
ottobre 2003
Nazisti, Genova non dimentica
Cercansi familiari delle vittime civili
Fabbricò il gas per sterminare gli ebrei azienda esclusa dal memoriale
dell’Olocausto
24
ottobre 2003
Tra i fantasmi di don Petranovic
Goñi a Genova col Secolo XIX e Casa America
Le tappe dell'inchiesta del Secolo XIX
SETTEMBRE
25
settembre 2003
Priebke: «Sapevano chi ero mi aiutò la Croce Rossa»
Fosse Ardeatine dalla strage ai tribunali
22
settembre 2003
«Ho salvato solo fascisti in pericolo»
I sei “saggi” di Bertone alla ricerca della verità
21
settembre 2003
Priebke: «Petranovic era l’uomo giusto per fuggire dall’Italia»
20
settembre 2003
I servizi Usa: «Così il Vaticano fa fuggire fascisti e ustascia»
Le carte censurate nell’82 e il giallo della copia sparita
I nomi citati
Le date dell'inchiesta
16
settembre 2003
«Patto Usa-Draganovic»
Gli 007: «I superiori ecclesiastici fermino quel fanatico»
14
settembre 2003
Il patto segreto tra ustascia e americani
La rotta dei topi
A Trieste il vescovo amico dei nazisti
9
settembre 2003
La carità della Chiesa aiutò ebrei, rossi e neri
8
settembre 2003
«Indagheremo fino in fondo sulla fuga dei nazisti da Genova»
Via dei topi, la Chiesa non poteva non sapere
Non toccava ai preti consegnare Mengele
5
settembre 2003
«Nazisti a Genova, indaghi il Parlamento»
Ronzitti: «Per tutti un obbligo morale»
«Lo stesso silenzio avvolse i nostri criminali»
AGOSTO
28
agosto 2003
Bertone: «Non esistono rapporti tra la Chiesa genovese e quei fatti»
Il Foreign Office scoprì Draganovic «È la mente delle fughe ustascia»
Così gli inglesi spiarono i due sacerdoti
Il centro Wiesenthal a Kirchner «Fuori gli altri fascicoli sui nazisti»
Sarà estradato in Italia il “boia di Bolzano”
27
agosto 2003
Così padre Draganovic firmò l’espatrio di Barbie
Quella tentazione dello scoop su Siri
Criminali in fuga presi per martiri
Montini, l’asso in Vaticano dei servizi segreti Usa
26
agosto 2003
«La Chiesa di Genova non teme la storia»
L’editoriale del vescovo «Questa è inquisizione»
Dodici pagine di testimonianze lettere e articoli dell’epoca
Il silenzio su tre espatri “eccellenti”
25 Agosto 2003
Pagina
1
La verità di Bertone
Il valore delle carte
Pagina
2
«La Chiesa di Genova non aiutò i nazisti»
Il sacerdote amico degli ustascia
Le tappe dell'inchiesta del "Secolo XIX"
17
agosto 2003
«Troppi criminali nazisti liberi»
15
agosto 2003
«Un visto per i collaborazionisti»
Chiamato da papa Pio XII a custodire tutti i segreti
14
agosto 2003
Un frate francescano “firmò” la fuga da Genova di Eichmann
Padre Remigio: «A nessuno chiedevamo i documenti»
13
agosto 2003
La grande fuga in Argentina dagli archivi un elenco segreto
Ignacio Klich: «La nostra indagine da sola non basta per le
estradizioni»
12
agosto 2003
L’Ellis Island dell’Argentina ospitò anche i gerarchi nazisti
11
agosto 2003
«Sui favori della Curia ai nazisti temo teoremi preconfezionati »
Burlando: «Scopriremo chi ha offerto coperture »
10 Agosto 2003
Pagina
1
La Curia apre gli archivi
Le domande di oggi
Pagina
2
Nazisti, la Curia cerca negli archivi
Le tappe dell’inchiesta sulla “rotta dei topi”
Tra i segreti dei gerarchi in fuga
9
agosto 2003
E’ morto Caneva, sino all’ultimo ha avuto l’incubo dell ’estradizione
L’addio a Rosetta la “Schindler” di Genova
8
agosto 2003
«Dai dossier i nomi di criminali e complici»
La fuga dei torturatori nazisti entra in un disegno di legge
7 Agosto 2003
Pagina
1
Sulla rotta dei nazisti
Pagina
2
«A Genova il boia degli handicappati»
«Priebke protetto anche a Roma e Vipiteno, non solo in Liguria»
Fosse Ardeatine la storia dei processi
La “dolce morte” al tempo del Führer
Uno scenario nuovo e inquietante è doveroso chiarire ogni dubbio
6
agosto 2003
«Quanta Auschwitz c’è fra noi?»
5
agosto 2003
«Che disgusto quei nazisti in fuga si è riaperta una ferita dolorosa»
Aperti altri 56 fascicoli d’inchiesta «Italia riluttante con i
collaborazionisti»
4
agosto 2003
«Ora bisogna fare chiarezza»
Genova crocevia delle SS in fuga
Il magistrato “cacciatore” di gerarchi
3 Agosto 2003
Pagina
1
Nazisti a Genova un’interrogazione per sapere la verità
Pagina
2
Interrogazione parlamentare sui criminali fuggiti da Genova
Ricci (Istituto per la Resistenza): «Rivelazioni inedite, fatti molto
gravi»
2 Agosto 2003
Pagina
1
Gerarchi nazisti in fuga ecco la mappa dei rifugi a Genova
Pagina
2
Una stanza d’albergo per i boia del Reich
Don Carlo, speranza dei nazisti
«A Rapallo qualcuno aiutò Priebke tre anni dopo la fine della guerra»
1 Agosto 2003
Pagina
1
Il prete salva-nazisti
German connection
Pagina
2
Un prete croato all'ombra di Siri
Il capo degli ustascia “macellaio dei Balcani”
Auxilium, da opera di carità a salvacondotto per i “profughi”
In Kaputt di Curzio Malaparte un’agghiacciante descrizione
«Il passaporto a Priebke a nome Pape fu fornito a Roma dalla Croce
Rossa»
LUGLIO
31 Luglio 2003
Pagina1
Nazisti protetti a Genova i documenti dall’Argentina
I veleni della Guerra Fredda
Pagina
2
Quei documenti scomparsi nel nulla
Il medico torturatore
Il boia di Lione
È l’unico in vita
Processato in Israele
Regime hitleriano e chiese cristiane
Pagina
3
Le SS della porta accanto
Dai reportage di Pàgina/12 una spinta alla trasparenza.
http://www.vaticanfiles.net/odessafiles.htm
The Odessa Files
Ignacio Klich, Argentina de cara a la historia ©2003 The Vatican Files.net
Matteo
Sanfilippo, Ratlines
and Unholy Trinities: A Review-essay on (Recent) Literature Concerning
Nazi and
Collaborators Smuggling Operations out of Italy
LA
STRADA PER
ODESSA
La
strada per Odessa è lunga, ma non parliamo della nota città ucraina,
e
neanche dell'omonimo centro texano, ma di un'organizzazione che
protegge
i
criminali di guerra delle SS; che vive ed opera tuttora
di Franco Maria Puddu
Nelle
guerre dell'antichità, come è noto, il vincitore passava per le armi
gli
sconfitti o li riduceva in schiavitù e, in genere, la questione si
esauriva così.
Era la legge di Brenno: "Guai ai vinti", brutale ma chiara. Con
l'evoluzione di un moderno concetto di "giustizia" (da prendere
tuttavia con le molle per molti versi) le cose sono cambiate, e al
termine dei
grandi conflitti spesso sono nate strutture
clandestine per salvare i perdenti dalla vendetta dei vincitori.
Alla
fine della Seconda Guerra Mondiale, però, si è verificato un fenomeno
unico,
di dimensioni incredibili sia come potenzialità che come capacità di
perdurare
nel tempo, tale da lasciare stupiti, specialmente se consideriamo che
della sua
esistenza non si sa tuttora molto.
Le
informazioni ufficialmente note sono spesso imprecise al punto che
molti
ritengono si tratti di una diceria, come quella che accusò i cristiani
di aver
incendiato Roma o quella che fece attribuire i crismi di autenticità al
libello
noto come i "Protocolli dei Sette Savi Anziani di Sion", in
realtà un falso costruito appositamente dall'Ochrana, la polizia
segreta
zarista.
Stiamo
parlando dell'esistenza di Odessa, l'organizzazione clandestina nazista
nata
attorno alla fine del conflitto che ha operato per decenni. Sembra
addirittura,
come vedremo, che le sue ultime ramificazioni siano tuttora attive
anche se con
altri fini rispetto ai suoi primi
"compiti istituzionali". Ma facciamo un passo indietro nel tempo.
Sin
dalla sua nascita l'organizzazione delle SS non era stata solo una
milizia di
partito ma ramificandosi aveva metastatizzato come un male incurabile
dapprima
all'interno del NSDAP (National Sotialistisces Deuthscher Arbeiter
Partei),
poi del tessuto del Terzo Reich, divenendo una struttura
autosufficiente,
autonoma e autogestita.
Secondo
un rapporto del suo capo ufficio Economia e Amministrazione Oswald Pohl
dell'aprile del 1943, poteva contare su circa quaranta proprie grandi
aziende
nei più svariati settori in tutto il Reich, territori conquistati
compresi:
edile, alimentare, di lavorazione del legno, agricolo, forestale,
ittico,
tessile, dei pellami, editoriale, fotografico, chimico, di
realizzazione
e manutenzione di monumenti, storico, nonché case di riposo e negozi di
abbigliamento nelle maggiori città.
Oltre
a questo le SS gestivano l'universo concentrazionario che faceva capo
ai campi
di transito, di concentramento e di sterminio, nel quale vennero
spremuti come
limoni, prima della loro eliminazione, circa undici milioni di vittime,
sei dei
quali di israeliti, oltre a prigionieri politici, "asociali",
omosessuali, mormoni, zingari e dissidenti di ogni provenienza.
Lo
sfruttamento del deportato, in particolare quello ebreo, era totale:
dall'appropriazione di indumenti, valori, gioielli, strumenti musicali,
medicine, corredi medici, protesi dentarie in oro, occhiali sino ai
capelli che,
rasati, venivano utilizzati nell'industria bellica. Di conseguenza è
facile
arguire quale fosse la macabra ma redditizia resa di questo "giro di
affari".
Salvare
la pelle
Con
l'avvicinarsi della sconfitta, però, questo "Stato nello Stato"
comprendendo che avrebbe dovuto affrontare la resa dei conti, si era
organizzato
mirando ad un fine unico: salvare la pelle dei propri appartenenti, a
partire
dal Reichsfürehr delle SS Heinrich Himmler sino all'ultima delle
reclute.
Così
quando gli Alleati chiesero al popolo tedesco chi aveva commesso le
atrocità
dei campi di sterminio, si sentirono rispondere "Sono state le SS".
Ma le SS erano scomparse.
Questi
strani patrioti (a titolo di onestà bisogna dire che le Waffen SS, pur
avendo
commesso innumerevoli crimini di guerra, niente ebbero a che fare con i
lager)
che non erano mai stati al fronte ma che avevano impiccato i soldati
della
Wehrmacht per ogni minimo sospetto di cedimento, che avevano grassato,
ucciso,
stuprato, massacrato a man salva in Germania e nei Paesi conquistati
senza mai
combattere ma scagliandosi contro civili inermi, donne vecchi, bambini,
vivevano
clandestini in Germania o in Austria quando non erano emigrati
all'estero.
Ma
come avevano fatto ad abbandonare il Reich, a trovare rifugio in Paesi
stranieri, dove avevano trovato i soldi per sostentarsi, come avevano
avuto
appoggi validi?
A
partire dal gennaio del 1945 la struttura delle SS si era andata, senza
dare
nell'occhio, liquefacendo e tutti indistintamente avevano fatto in modo
di
aprirsi una via di uscita che consentisse loro, nel marasma della
sconfitta, di
scomparire, gettando alle ortiche le un tempo temute ma ora assai
scomode
mostrine nere con i simboli runici per indossare le divise molto più
anonime
delle tanto disprezzate Wehrmacht e Luftwaffe o abiti civili ma con in
tasca
eccellenti documenti falsi, e avevano abbandonato gli incarichi che
avevano
giurato di assolvere "bis zum tod" (fino alla morte)
abbandonando alla sua sorte il tanto amato popolo tedesco.
Che
la compattezza dei servizi del Reich non fosse granitica è cosa nota:
quelli
militari non si fidavano di quelli del partito e viceversa, e spesso Abwehr,
Sicherheitsdienst, Gestapo e altro ancora si facevano la
guerra
senza esclusione di colpi.
Operando
indipendentemente, così, gli elementi delle SS distaccati presso le
ambasciate
di Argentina, Brasile, Turchia, Egitto e Italia avevano stretto accordi
con
Governi, partiti, industrie e ambienti religiosi predisponendo
contemporaneamente vastissimi fondi segreti nelle banche svizzere e
mediorientali dei quali ancora oggi non si conosce l'esatta
consistenza, frutto
delle ruberie naziste in tutta Europa e della resa dei campi di
sterminio.
Fondi
che dovevano costituire le risorse economiche del movimento, ma che
provenivano
anche dall'industria, considerando che gli stessi industriali tedeschi
che
avevano aiutato Hitler ad andare al potere, quando avevano compreso che
il Reich
del Millennio era sull'orlo della fossa si erano accordati fra loro per
impedire
che parte dell'economia nazionale finisse in mano agli alleati.
Per
questo avevano iniziato a trasferirli gradatamente all'estero,
favorendo la
nascita di nuove attività in Paesi
neutrali sotto la copertura di persone giuridiche fittizie; in breve
era nata
una impressionante rete di aziende
e industrie.
Secondo
un rapporto del 1946 pubblicato dal Dipartimento del Tesoro USA, questa
sorta di
anomalo impero comprendeva 98 imprese in Argentina, 58 in Portogallo,
112 in
Spagna, 214 in Svizzera e 35 in Turchia nonché altre 233 in vari Paesi
per un
totale di 750 attività.
Dal
Ragno a Odessa
Questa
struttura, grazie all'azione di ex nazisti, di cittadini compiacenti o
costretti
ad esserlo, era in grado di offrire protezione a chi era in pericolo
fornendogli
un'identità falsa, denaro e, all'occorrenza, l'espatrio grazie
all'esistenza di
un certo numero di reti clandestine predisposte prima della fine del
conflitto
per una eventuale resistenza ad oltranza (una delle allucinazioni delle
quali si
nutrivano i nazisti nel 1945), ma poi più intelligentemente usate da
questi per
sopravvivere.
La
più nota di queste reti era detta Spinne (ragno), ma alla fine
queste
organizzazioni clandestine, operando di concerto per scopi
indubbiamente vitali
e comuni, diedero origine ad una fusione che in breve si trasformò
appunto in
Odessa, che niente aveva a che fare con la nota città ucraina dato che
il suo
nome altro era che l'acronimo delle parole Organisation Der
Ehemaligen SS
Anghehörigen, ossia Organizzazione Degli Ex Membri delle SS.
L'Argentina
di Perón che nel dopoguerra rilascerà all'organizzazione ben 7.000
passaporti
in bianco e il Brasile che aveva bisogno di tecnici per le proprie
industrie, la
Siria e altri Paesi arabi memori dell'accoglienza fatta a Berlino al
Gran Muftì,
che avevano bisogno di istruttori militari per dare una parvenza di
efficienza
alle proprie Forze Armate, in seguito l'Egitto di Nasser che avrà
bisogno di
esperti di armamenti per la propria industria della Difesa aprirono
volentieri
le porte ai fuggiaschi, chiudendo tutti e due gli occhi sul loro
passato quando
addirittura questo non venne considerato un vanto dalla paranoia
antisemita
araba.
Non
a tutti, certo. Odessa era estremamente selettiva: prima di tutto
doveva
esistere uno stato di pericolo, poi si andava per livelli gerarchici.
Prima gli
alti gradi, poi quelli inferiori. E, qui riemergeva in tutta la sua
spregevolezza il disprezzo che le SS avevano sempre nutrito per
chiunque non
appartenesse alla loro casta, era indispensabile l'appartenere al Corpo
Nero.
Era impossibile che un caporale della Wehrmacht o un capitano della
Luftwaffe,
per quanto nazisti, ricevessero aiuto.
Così
migliaia di criminali presero ad abbandonare la Germania seguendo tre
direttrici
principali: la prima portava dall'Austria all'Italia e infine alla
Spagna. La
altre due, sempre tramite l'Italia, erano indirizzate
verso i Paesi Arabi e verso il Sudamerica retto da dittature, giunte di
destra o
dai militari.
Perché
sempre attraverso l'Italia? Prima di tutto perché l'Italia disponeva di
grandi
porti mercantili; poi perché non era sottoposta al controllo militare,
a volte
veramente vessatorio, delle Potenze vincitrici; quindi perché vi si
trovava il
Vaticano, fonte di grandi e consistentissimi appoggi; infine per la
scarsa
efficienza dei suoi apparati di Polizia.
Carabinieri
e Pubblica Sicurezza, come allora si chiamava la Polizia di Stato, pur
essendo
validi per il mantenimento dell'ordine pubblico, la repressione della
criminalità,
la tutela delle leggi, avevano valore pressoché nullo per i criminali
di
guerra: i contatti con le Polizie Militari degli Alleati erano
inesistente,
mentre quello che rimaneva dei servizi segreti era impegnato più a
controllare
il fronte dei partiti di sinistra che a fare il suo lavoro
istituzionale di
Intelligence.
Le
vie di fuga, che potevano aver inizio da una qualsiasi città tedesca,
convergevano sempre verso Memmingen, una antica cittadina tra la
Baviera e il Württemberg,
per poi dirigere su Innsbruck ed entrare in Italia attraverso il valico
del
Brennero. Gli spostamenti nel tratto Germania meridionale, Austria,
Tirolo e
Italia settentrionale si svolgevano in grande sicurezza a tappe di 50
km circa,
ad ognuna delle quali corrispondeva una "stazione" gestita da 3-5
persone che conoscevano solamente la stazione precedente e quella
successiva, ma
non altro.
Spesso
i fuggiaschi venivano trasferiti con i sistemi più impensati e, in un
certo
senso, geniali, come a bordo dei furgoni che, condotti da infiltrati di
Odessa,
curavano la distribuzione locale di Stars and Stripes,
il giornale
dell'Esercito americano.
La
via dei conventi
Spesso
e volentieri veniva fatto riferimento a istituti religiosi compiacenti
(per
questo il percorso era detto a volte "la via dei conventi"), mentre le
fughe erano agevolate anche da un buon numero di organizzazioni di
beneficenza
ma anche dalla Caritas internazionale che, per motivi non ben chiari,
avevano
stabilito che le SS in fuga erano profughi ingiustamente perseguitati
dagli
Alleati.
Ancora
meno chiaro, e questa è una macchia che permane sul Vaticano, fu il
notevole
aiuto che venne offerto da un buon numero di religiosi come il
sacerdote
pallottino Antonio Weber, uno dei capi della Lega di San Raffaele, che
agevolò
la fuga di Adolf Eichmann, o il frate minore cappuccino Benedetto da
Bourg d'Iré,
o ancora da prelati come il vescovo austriaco Alois Hudal, fervente
filonazista
e rettore dal 1923 del seminario di lingua tedesca della chiesa di
Santa Maria
dell'Anima a Roma che, utilizzando come centro di raccolta un convento
francescano della capitale, consentì l'espatrio di alcune migliaia di
ex SS.
Del
resto anche padre Krunoslav Draganovic, croato e segretario
dell'Istituto Croato
di San Girolamo fece altrettanto con centinaia di assassini provenienti
dalle
file degli Ustascia di Ante Pavelic in fuga dalla vendetta titina. Si
dirà: un
malinteso senso della carità cristiana; può essere, ma nessuno lo ebbe
nei
confronti degli ebrei che cercavano di sfuggire al massacro nazista.
Comunque
per le SS una volta giunte in luoghi sicuri la fuga era abbastanza
semplice. Un
ufficio ecclesiastico confermava l'identità della persona e la Croce
Rossa
Internazionale, sulla base della conferma, forniva il passaporto ma ad
una
condizione: che il fuggiasco fosse battezzato e anticomunista. Se erano
necessari altri spostamenti, la Caritas si accollava le spese di
viaggio.
In
questa maniera fuggirono senza troppe difficoltà criminali come Walter
Rauff,
ex capitano di corvetta cacciato dalla Marina ed entrato nelle SS,
inventore dei
furgoni-camera a gas che raggiunse il Cile nel 1954 con l'aiuto di
monsignor
Hudal; Adolf Eichmann del quale è inutile parlare, che da Genova
raggiunse
l'Argentina nel luglio del 1950; o Franz Stangl, il boia di Treblinka
che,
sempre grazie a monsignor Hudal raggiunse Damasco nel 1950 e l'anno
successivo
il Brasile dove venne arrestato, operaio della Volkswagen di San Paolo,
21 anni
dopo; o Herman von Alvensleben, responsabile in Polonia della morte di
almeno
80.000 persone che, grazie ai gesuiti austriaci e ai francescani
italiani
raggiunse l'Argentina imbarcandosi a Genova nel 1949; o, e qui ci
fermiamo ma la
lista sarebbe lunghissima, il dottor Josef Mengele, l'"angelo della
morte" di Auschwitz che dopo aver vissuto impunemente in Germania per
sei
anni, tramite l'Italia e la Spagna arrivò in Argentina nel 1951 e anni
dopo in
Paraguay dove ottenne la naturalizzazione.
Ma
il compito di Odessa non si esauriva con la fuga, l'appoggio economico
ed una
relativa protezione nel tempo, al contrario. Per quanto se ne sa nei
primi anni
50, quando il primo compito istituzionale dell'organizzazione si stava
esaurendo
perché migliaia e migliaia di criminali avevano oramai lasciato
Germania e
Austria e si trovavano relativamente al sicuro, una riunione fra i suoi
capi
principali portava alla formulazione di cinque nuove direttrici rese
possibile
dalla nascita, nel 1949, della Repubblica Federale Tedesca.
Odessa
si rigenera
Le
idee di restaurare il Reich, come abbiamo detto, erano state da tempo
accantonate in quanto ritenute irrealizzabili anche da queste mentalità
esaltate, ma adesso era stato reso disponibile un potenziale terreno di
coltura.
Venne perciò decisa: 1) la reinfiltrazione in Germania degli ex nazisti
che
venne effettuata durante gli anni 50; 2) la successiva infiltrazione
della
struttura politica tedesca in maniera di condizionarla occultamente per
bloccare
processi e riprese di ricerche dei kameraden; 3) l'inserimento
nel
tessuto economico del Paese al fine di favorirne un "miracolo
economico" e trarne il massimo vantaggio, cosa che avvenne puntualmente
fra
gli anni 50 e 60; 4) favorire e agevolare in tutti i modi e con tutti i
mezzi
quanti cadono nelle mani della giustizia, attività in corso a
tutt'oggi; 5)
dare vita ad una massiccia ed oculata campagna di disinformazione e
propaganda a
lunghissimo termine.
Per
quanto riguarda i punti 1, 2 e 3 non esistono dubbi che siano stati
portati a
termine con teutonico scrupolo e precisione. Molti ex criminali sono
rientrati
in Germania sotto mentite spoglie, un buon numero di essi è andato ad
occupare
i livelli medio bassi (per non dare nell'occhio inutilmente) della CDU,
la
Democrazia Cristiana tedesca e della CSA, l'Unione Sociale Cristiana.
Come pure
si sono inseriti nell'industria e nel commercio, devolvendo parte degli
introiti
alla nascita di alcuni movimenti di estrema destra come in National
Partei
Democratische (NPD) di Von Thielen e Von Tadden degli anni 60 e al
sostegno
di una stampa estremista ma ufficiale, come ad esempio il giornale National
und Soldaten Zeitung.
Il
punto 4, l'appoggio giuridico legale e non solo è tuttora in vigore e
ha dato
alle volte origine ad episodi che sarebbero inspiegabili se non fossero
giustificati dall'azione di Odessa,
È
il caso, ad esempio, di Walter Rauff; dopo cinque anni di permanenza in
Cile,
nel 1955 fa domanda, da quel Paese, alla Direzione Finanziaria per la
liquidazione delle Indennità di Guerra tedesca per avere la sua
pensione di
capitano di corvetta. La cosa desta però sospetti e si innesca un lungo
processo che porta alla sua identificazione e, più di dieci anni dopo
ad una
incriminazione e ad un processo che si dovrebbe tenere presso la corte
di
competenza di Hannover.
Rauff
si deve presentare davanti ai giudici di Santiago che devono decidere
della sua
estradizione ma questi, il clima politico cileno è quello che è e nel
dicembre
1962 la Corte decide per il non luogo a procedere verso questo valoroso
e
sfortunato soldato d'onore.
Otto
anni dopo, nel 1970, viene eletto Presidente Salvador Allende, uomo
politico di
sinistra e di indubbia reputazione democratica. Simon Wiesenthal, il
famoso
cacciatore di criminali nazisti che aveva seguito in prima persona la
vicenda,
pensa che i tempi siano finalmente cambiati e il 21 agosto del 1972
scrive ad
Allende perorando la causa dell'estradizione di Rauff, fornendo
informazioni,
testimonianze e prove sul caso.
Condizionare
Allende
Il
Presidente risponde pochi giorni dopo con grandi parole di stima e di
approvazione per Wiesenthal e per la causa alla quale dedica la vita,
aspre
condanne del nazismo, dei suoi esecutori e dello sterminio del popolo
ebreo, poi
conclude dicendo che non può fare niente perché il processo è stato
chiuso e
non lo può riaprire, e poi in virtù della legge cilena lui non può
esercitare
funzioni giudiziarie. Capitolo chiuso.
In
realtà la situazione politica cilena dopo i primi momenti trionfali
dell'elezione di Allende era andata sempre peggiorando assieme a quella
economica, e il Presidente, al quale rimaneva meno di un anno di vita
prima del
golpe della giunta militare, sapeva che non si poteva inimicare il
membro di una
comunità importante e rispettata ed economicamente molto ben inserita
nel
Paese. Così qualcuno che proteggeva Rauff ebbe modo di fargli pervenire
un
"consiglio" che venne ascoltato.
Siamo
così giunti al punto 5. Propaganda e disinformazione, nascita delle
correnti
prima di revisione poi negazioniste nei confronti dell'Olocausto sono
tutte
attività nelle quali traspare la presenza di Odessa, ma che tutto
sommato si
possono definire allineate con la sua fisionomia, con una sorta di
continuità
storica.
Ma
dalla fine degli anni 80, con la caduta del Muro, ne sono iniziate
altre,
inizialmente in Germania, che poi si sono andate diffondendo anche in
altri
Paesi europei.
La
destabilizzazione a livello sociale nella ex Repubblica Democratica
Tedesca, la
nascita e la successiva diffusione dei movimenti naziskin, elementi
destabilizzanti che niente hanno a che fare con il nazismo e si
potrebbe dire
anche la "militarizzazione" delle loro frange nei cosiddetti black
block non sono fenomeni verificatisi per caso, e
hanno avuto per lo più origine in Germania.
D'altra
parte bisogna tenere conto del fatto che Odessa ha una forte
limitazione. Come
abbiamo visto non è affatto una organizzazione patriottica anche se i
suoi
componenti sono tutti profondamente tedeschi che ragionano secondo
parametri
tedeschi i cui risultati sono destinati ad essere validi solo sopra un
terreno
di coltura tedesco e non altrove.
Per
questo infatti, dopo la sconfitta e la fuga, tutte le operazioni di
ritorno si
sono svolte in funzione della nascita della RFT prima e della
riunificazione
della Germania poi. Per questo è possibile che Odessa sia
entrata in una terza fase ancora non ben definibile.
I
tempi sono cambiati, le generazioni si stanno avvicendando, gli antichi
obiettivi sono stati ormai abbandonati ma la struttura di base è
rimasta. Per
come era stata organizzata, Odessa da un punto di vista economico non
può aver
avuto altra sorte che quella di prosperare e siccome, lo ha dimostrato,
ha un
forte potere di conservazione, ma anche di autorigenerazione (più della
Mafia o
di Cosa Nostra in quanto ideologicamente omogenea e guidata con
gestionalità
militare), siamo certi che ha già stabilito quali saranno i prossimi
movimenti.
Dei
quali possiamo prevedere solo che saranno, come sempre da mezzo secolo
a questa
parte, legati al mantenimento e alla continuità della casta che si sta
rinnovando entro di essa che, sulla base dei precedenti storici noti,
non potrà
mai portare a risultati positivi per chiunque altro se non per lei.
Nazisti, l'elenco della vergogna
RIVELAZIONI
Quanti furono i criminali di guerra compromessi con il regime hitleriano finiti in Argentina?
Ecco il rapporto finale della commissione che ha indagato quei fatti
di GIOVANNI MARIA PACE
Buenos Aires. Nel 1945 furono processati e condannati a Norimberga i più alti gerarchi del nazismo, da Goering a Hess, da Keitel a von Ribbentrop. Dopo la punizione esemplare dei protagonisti il mondo dimenticò però i comprimari, che pure erano stati gli ingranaggi senza i quali la macchina dello sterminio non avrebbe potuto funzionare. Quanti erano questi gregari? Certamente molti, se solo nelle zone di occupazione occidentali vengono arrestate, all'indomani della resa tedesca, 182.000 persone sospettate di partecipazione a crimini nazisti (e 5000 condannate). Ma ciò che più conta è che, confusi nella massa degli assolti dopo sommario esame e degli sbandati che vagavano per l'Europa, ci sono personaggi 'minori', per modo di dire. Parliamo dei Mengele, degli Eichman, dei Priebke, dei Klaus Barbie nonché di Walter Rauff, l'inventore dei camion-camera a gas; Eduard Roschmann, l'ex comandante del ghetto di Riga giunto nel '48 a Buenos Aires da Genova con un passaporto della Croce Rossa intestato a Federico Wegener; Fridolin Guth, implicato nel colpo di stato del '34 a Vienna che costò la vita al cancelliere Dolfuss e torturatore in Francia. Queste figure intermedie possono contare sulla tolleranza delle autorità alleate che nel clima di incipiente Guerra Fredda consentono di fatto agli ex nazisti di occultarsi in patria o di emigrare in paesi lontani. Nessuno meglio degli hitleriani può infatti difendere l'Occidente dal bolscevismo. Tra il '45 e il '48 sono centinaia di migliaia le persone di lingua tedesca che si muovono lungo la rat-line, la 'via dei topi' che dall'Europa continentale conduce a Genova e agli altri imbarchi per il Sud America, soprattutto per l'Argentina, dove molti 'ex' trovano una seconda patria. Dei criminali di guerra approdati nel paese, l'Argentina ne estrada ben pochi: Juan Bohne, il terminatore di handicappati, dementi e altri 'inquinatori' della razza; Eduard Roschmann, comandante del ghetto di Riga; Bilanovic Sakic, responsabile del campo di concentramento di Jasenovac, nella Croazia ustascia; Josef Schwammberger, comandante altoatesino del ghetto di Przemsy e da ultimo Erich Priebke (Adolf Eichmann, l'ideologo della 'soluzione finale', non viene estradato ma rapito dai Servizi israeliani). Si tratta di un piccolo gruppo, a fronte del quale c'è il gran numero di coloro che rimangono impuniti, dei manovali dell'Olocausto che in Argentina riprendono una vita tranquilla col beneplacito dell'esordiente regime peronista e il viatico di Washington. La presenza nazista in Argentina è stata per lunghi anni accantonata dagli uni ed esagerata dagli altri a seconda delle circostanze e dello schieramento politico. Ora uno studio pluridisciplinare e approfondito fornisce di questo inquietante capitolo della storia nazionale un quadro molto più obiettivo. E' il rapporto finale della Comisiòn para el Esclarecimiento de las Actividades del Nazismo en la Argentina (Ceana) a suo tempo istituita presso il ministero degli Affari Esteri dal presidente Menem e di cui è coordinatore scientifico lo storico Ignacio Klich dell'università di Westminster in Gran Bretagna.
Professor Klich, si stenta a capire perchè dei criminali di guerra siano riusciti a vivere indisturbati in Argentina.
Produrre prove di colpevolezza utilizzabili in giudizio non è facile, guardi il caso recentissimo di Konrad Kalejs, il nazista lettone ritenuto corresponsabile della morte di trentamila ebrei ma che l'Inghilterra ha dovuto rilasciare. I dati necessari a inchiodare i colpevoli vanno cercati con perizia, ciò; che non sempre è stato fatto dalle stesse organizzazioni ebraiche.
C'è confusione sulla dimensione del fenomeno, nel senso che sulla diaspora dei nazisti circolano le cifre più stravaganti, vedi i sessantamila criminali di guerra che secondo l'ex funzionario del dipartimento americano della Giustizia John Loftus sarebbero stati nascosti dagli Alleati in Argentina. Dal canto suo il Centro Wiesenthal ha segnalato alla nostra Commissione, nel 1998, ventidue nomi di criminali residenti nel paese, ma a tutt'oggi l'elenco rimane privo di conferma. La Ceana si è invece basata solo su documenti o testimonianze attendibili.
Quale conclusione avete raggiunto?
Abbiamo ricavato una lista di 180 individui - criminali di guerra condannati o sospettati, o collaborazionisti - approdati in vario modo in Argentina. Di questi, una trentina sono tedeschi, più di cinquanta di origine croata, e circa cento tra francesi e belgi. Da notare che i criminali gerarchicamente più importanti (e meno noti) non sono arrivati dalla Germania ma da altri paesi, mi riferisco a Pavelic e Ostrowski.
Perón cercava tecnici tedeschi, operai specializzati e, con minore interesse, laboriosi contadini italiani. Come mai accettò due feroci capi di stati filonazisti come il croato Ante Pavelic e il bielorusso Radislaw Ostrowski?
L'Argentina non era mai stata favorevole all'immissione di gente proveniente dall'Europa orientale e dai Balcani. Se Perón accolse quei due lo fece per intercessione o pressione di qualcuno, cioè per via di condizionamenti venuti da fuori.
Da parte di chi? Degli americani, del Vaticano? Intende dire che la Chiesa cattolica fu connivente?
Sì, e qualcosa in più. Lo storico italiano Matteo Sanfilippo ha potuto provare l'intercessione del cardinal Tisserant a favore di cinque fuorusciti del regime di Vichy che si trovavano a Roma e che, tornando in Francia, avrebbero subito le conseguenze dell'aver collaborato coi tedeschi. E' noto anche l'aiuto fornito a ex nazisti dal vescovo austriaco Alois Hudal, rettore del Collegio germanico di Roma e da padre Draganovic, l'ex colonnello ustascia divenuto capo di San Girolamo degli Illirici, sempre a Roma: troppi dati per ignorare che da parte di alcune personalità ecclesiastiche ci fosse l'intento di agevolare l'ingresso in Argentina di certi personaggi.
Emerge un ruolo di papa Pacelli nella vicenda?
Difficile dirlo perché il papa non firmava, come non firma, le lettere della Segreteria di Stato. Quando si potrà finalmente accedere alla documentazione vaticana e dell'episcopato argentino la domanda troverà risposta. Per il momento si può; solo ipotizzare che i Tisserant, gli Hudal, i Draganovic non agirono autonomamente ma come parte di una struttura, di un piano generale della Santa Sede.
L'aiuto più importante venne però dal regime peronista. E' così?
Lo schema che vede il Vaticano e la Croce Rossa come promotori e Perón come esecutore di una politica immigratoria filonazista va rivisto. La responsabilità della venuta, per esempio, degli ustascia non si può attribuire esclusivamente all'Argentina, che li ha ricevuti, o al Vaticano. Nella partita ci sono altri giocatori. Padre Draganovic era stato un agente del controspionaggio dell'esercito degli Stati Uniti in Austria prima e in Italia poi. Quindi per chiarire le complicità che permisero a Pavelic e compagni di approdare sulle rive del Rio de la Plata occorre guardare non solo all'Italia e all'Argentina ma al contesto dell'epoca: con la Guerra Fredda, i nemici di ieri diventano gli alleati di oggi. L'ambasciatore degli Stati Uniti in Yugoslavia, che era stato incaricato d'affari in Argentina fino all'elezione di Perón, nel '47 va a Washington e tutto fa credere che ci sia un piano degli Usa e del Vaticano, d'accordo con l'Argentina, per favorire l'emigrazione degli ustascia e di altri ricercati.
Il quadro delineato dalla Ceana è dunque più complesso.
La
stessa definizione di 'criminale di guerra' si dimostra elastica, e non
solo
nella logica peronista. Prendiamo il caso di Walter Schreiber,
l'infettivologo
che dirigeva la sperimentazione 'scientifica' sui prigionieri dei campi
di
concentramento. Per posizione gerarchica è difficile non considerarlo
responsabile di lesa umanità, ma non è mai stato formalmente
incriminato. La
ragione è che nessuno aveva interesse a farlo. Al processo di
Norimberga,
Schreiber è infatti testimone dell'accusa a favore dell'Unione
Sovietica e più
tardi viene utilizzato dall'Air Force americana come spia. Ora, questo
medico
può non avere compiuto personalmente esperimenti su cavie umane, ma
indubbiamente è stato più importante di Joseph Mengele, l''angelo della
morte'
di Auschwitz e suo probabile sottoposto. Eppure Mengele, il pesce
piccolo,
diventa agli occhi dell'opinione pubblica il simbolo stesso della
degenerazione
della medicina nazista, tanto che i giudici della Repubblica federale
ne
sollecitano l'estradizione prima dall'Argentina e poi dal Paraguay;
mentre
Schreiber, il pesce grosso, viene lasciato tranquillo per il resto dei
suoi
giorni.
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