Informazione


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Fidel. Auguri, e grazie anche per la Pace

13 agosto 2013 

Buon compleanno a Fidel Castro! Fra i tanti aspetti del suo agire politico, ricordiamo il suo ruolo di attore internazionale contro le guerre infinite; anzitutto per prevenirle. Come è stato per  Hugo Chavez.
Non c’è dubbio che Fidel abbia sempre ispirato il fermo impegno di Cuba in tutte le sedi (a cominciare dall’Onu) contro l’incubo della guerra nucleare. ma anche direttamente contro le guerre imperialiste che ci hanno fatto ingollare con la “dittatura mediatica”, per citare una sua espressione.
Un breve riepilogo sul ruolo di Cuba di fronte alle cinque guerre di bombardamenti portate avanti dall’Occidente e dai loro alleati.
Novembre 1990, Iraq. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu approva una risoluzione che autorizza il ricorso alla forza contro l’Iraq e un ultimatum per il 15 gennaio. E’ in pratica l’avallo alla terribile guerra che seguirà. Cuba, membro non permanente del Consiglio quell’anno, è l’unica a votare risolutamente contro – insieme allo Yemen. La Cina si astiene.
Baghdad, 1991. Un medico cubano di origine palestinese, Anuar, aiutava i colleghi iracheni nell’emergenza del dopoguerra e dell’embargo. In seguito, le brigate mediche internazionali di Cuba mandate negli epicentri del bisogno sono diventate un grande esercito pacifico.
Jugoslavia 1999. Sul quotidiano Granma il 25 marzo Cuba immediatamente esprime la propria posizione contro la “ingiustificata aggressione Nato contro la Jugoslavia, capeggiata dagli Stati uniti”, senza autorizzazione Onu. Pochi giorni dopo Fidel invita gli jugoslavi a “resistere, resistere e resistere”: lo ricorda anni dopo nel suo articolo Le guerre illegali dell’impero [*] parlando di un “unipolarismo oltraggioso, sostenuto da un impero guerrafondaio, che si erge a polizia mondiale. [**]
2001, Afghanistan. Il 23 settembre Fidel Castro avverte che attacchi militari Usa sull’Afghanistan potrebbero avere conseguenze catastrofiche e dichiara l’opposizione di Cuba sia alla guerra che al terrorismo. Anni dopo, nel 2009, Fidel spiega che il ritiro del Nobel per la pace da parte di Barack Obama è stato un “atto cinico” visto il continuo impegno di guerra in Afghanistan “incurante delle vittime”, e visto che gli Usa sono una super potenza imperiale con centinaia di basi militari dispiegate in tutto il mondo e duecento anni di interventi militari".
2003, Iraq. Alla vigilia della nuova guerra annunciata, quasi tutti gli ambasciatori e relativi staff partirono in fretta. Non Cuba. L’ambasciatore e parte dello staff rimasero là, sotto le bombe, e per noi pacifisti dell’Iraq Peace Team, quell’ambasciata era un’isola di pace. L’ambasciatore partì solo all’arrivo dei marines: “non riconosciamo gli occupanti” ci disse salutandoci.
Marzo 2011. Fidel Castro, in un suo articolo del 3 marzo, chiede al mondo di sostenere la proposta negoziale per la Libia avanzata da Hugo Chavez, appoggiata ufficialmente dai paesi dell’Alba: “Il presidente bolivariano sta portando avanti un encomiabile sforzo per trovare una soluzione senza l’intervento della Nato in Libia. Le sue possibilità di successo saranno maggiori se egli otterrà l’appoggio di un ampio movimento di opinione a favore dell’idea, prima che si verifichi l’intervento armato e non dopo, per evitare che i popoli debbano veder ripetere altrove l’atroce esperienza dell’Iraq”. Se i movimenti e i popoli avessero dato seguito a questo appello, i paesi dell’Alba sarebbero diventati mondialmente un “pool di pronto intervento per la pace”. Chi, negli ultimi due anni – diciamo dall’inizio della guerra Nato alla Libia – ha sperimentato la difficoltà dell’impegno per la pace, nell’assordante silenzio della sinistra occidentale e del fu movimento pacifista, è a Cuba, al Venezuela e a pochi altri che ha fatto riferimento. Non a caso, nel  corso dei bombardamenti, è un cubano (Rolando Segura di Telesur) il giornalista che a Tripoli si discosta dall’esaltazione mediatica della guerra e della “rivoluzione”. Nel frattempo, da Cuba, Fidel definisce le operazioni Nato "un crimine mostruoso" e "genocidio".
2012 e 2013, Siria. Cuba si oppone ai tentativi di spacciare per umanitaria l’ingerenza Nato e petromonarchica in Siria. A questa ingerenza anche armata che ha fomentato una guerra devastante, Cuba e pochi altri – fra questi Venezuela, Bolivia, Nicaragua – hanno detto no in molte circostanze, quasi in solitudine, sia a Ginevra (Consiglio dei diritti umani dell’Onu) che a New York (Assemblea generale dell’Onu, l’ultima volta in maggio, i soliti 12 no e 57 astenuti). All’apice della propaganda internazionale, l’ambasciatore cubano a Ginevra dopo il massacro di Houla dichiarava: “(...) Il più elementare senso di giustizia deve impedire che si attribuiscano responsabilità a partire da semplici insinuazioni di parti interessate a promuovere la destabilizzazione e l’intervento militare straniero in Siria, per i quali i paesi della Nato dedicano notevoli risorse, finanziando e armando un’opposizione che soddisfi le loro ansie di cambio di regime in questo paese (...). La condotta di alcuni membri della Nato nella regione dell’Africa del nord e del Medio Oriente, i loro ingiustificabili bombardamenti, i crimini contro i civili indifesi e il silenzio complice di fronte alle azioni d’Israele contro il popolo palestinese, sostengono le tesi che non è precisamente la promozione e la protezione dei diritti umani la legittima motivazione del dibattito che oggi ci occupa“. (...)
Marinella Correggia


--- NOTE  a cura di CNJ-onlus:


[*] http://www.cubadebate.cu/reflexiones-fidel/2007/10/01/las-guerras-ilegales-imperio/

Las guerras ilegales del imperio

Cuando se inicia la guerra de Estados Unidos y sus aliados de la OTAN en Kosovo, Cuba definió de inmediato su posición en la primera página del periódico Granma, el 26 de marzo de 1999. Lo hizo a través de una Declaración de su Ministerio de Relaciones Exteriores con el título de “Cuba convoca a poner fin a la injustificada agresión de la OTAN contra Yugoslavia.”

Tomo párrafos esenciales de aquella Declaración:

“Después de un conjunto de dolorosos y muy manipulados sucesos políticos, prolongados enfrentamientos armados y complejas y poco transparentes negociaciones en torno a la cuestión de Kosovo, la Organización del Tratado del Atlántico Norte lanzó al fin su anunciado y brutal ataque aéreo contra la República Federativa de Yugoslavia, cuyos pueblos fueron los que más heroicamente lucharon en Europa contra las hordas nazis en la Segunda Guerra Mundial. “Esta acción, concebida como ‘castigo al gobierno yugoslavo’, se realiza al margen del Consejo de Seguridad de la ONU.

[...]

“La guerra lanzada por la OTAN reaviva los justos temores de la humanidad por la conformación de un unipolarismo insultante, regido por un imperio guerrerista, erigido a sí mismo en policía mundial y capaz de arrastrar a las acciones más descabelladas a sus aliados políticos y militares, de manera similar a como ocurriera a principios y en la primera mitad de este siglo con la creación de bloques belicistas que cubrieron de destrucción, muerte y miseria a Europa, dividiéndola y debilitándola, en tanto los Estados Unidos fortalecían su poderío económico, político y militar. “Cabe preguntarse si el uso y el abuso de la fuerza solucionarán los problemas del mundo y defenderán los derechos humanos de las personas inocentes que hoy mueren bajo los misiles y las bombas que están cayendo sobre un pequeño país de esa culta y civilizada Europa. “El Ministerio de Relaciones Exteriores de la República de Cuba condena enérgicamente esta agresión de la OTAN contra Yugoslavia, liderada por los Estados Unidos

[...]

“En estos momentos de sufrimiento y dolor para los pueblos de Yugoslavia, Cuba convoca a la comunidad internacional a movilizar sus esfuerzos para poner inmediato fin a esta injustificada agresión, evitar nuevas y aún más lamentables pérdidas de vidas inocentes y permitirle a esta nación retomar la vía pacífica de las negociaciones para la solución de sus problemas internos, asunto que depende única y exclusivamente de la voluntad soberana y la libre determinación de los pueblos yugoslavos.

[...]

“La ridícula pretensión de imponer soluciones por la fuerza es incompatible con todo razonamiento civilizado y los principios esenciales del derecho internacional.

[...]

De continuarse por este camino, las consecuencias podrían ser impredecibles para Europa y para toda la humanidad.”

Con motivo de estos hechos, había enviado el día anterior un mensaje al presidente Milosevic, a través del embajador yugoslavo en La Habana y de nuestro embajador en Belgrado. “Le ruego comunique al presidente Milosevic lo siguiente:

"Después de analizar cuidadosamente todo lo que está sucediendo y los orígenes del actual y peligroso conflicto, nuestro punto de vista es que se está cometiendo un gran crimen contra el pueblo serbio y, a la vez, un enorme error de los agresores, que no podrán sostener, si el pueblo serbio, como en su heroica lucha contra las hordas nazis, es capaz de resistir.

“De no cesar tan brutales e injustificables ataques en pleno corazón de Europa, la reacción mundial será aún mayor y mucho más rápida que la que desató la guerra en Vietnam. “Como en ninguna otra ocasión en los últimos tiempos, poderosas fuerzas e intereses mundiales están conscientes de que tal conducta en las relaciones internacionales no puede continuar.

“Aunque no tengo relación personal con él, he meditado mucho sobre los problemas del mundo actual, creo tener un sentido de la historia, un concepto de la táctica y la estrategia en la lucha de un pequeño país contra una gran superpotencia y siento un odio profundo hacia la injusticia, por lo que me atrevo a transmitirle una idea en tres palabras:

“Resistir, resistir y resistir".

“25 de marzo de 1999.”

Fidel Castro Ruz.

 1º de octubre de 2007

 6:14 p.m.


[**] Si veda anche la nostra pagina sul CARTEGGIO CASTRO-MILOŠEVIĆ:

https://www.cnj.it/documentazione/fidelcastro.htm

Contiene:

Lettera di Milosevic a Castro del 30 marzo 1999
I messaggi di Castro a Milosevic del 2 e 5 aprile 1999 e la risposta

ed i link:

Reflexiones del Comandante en Jefe
Prensa Latina

Fidel Castro: Il ruolo genocida della NATO (ottobre 2011 - estratto)

Fidel Castro: A Silent Complicity (October 2007)

Castro says Spain's Aznar sought to bomb Serb media (Reuters - Sep 30, 2007)
http://groups.yahoo.com/group/Yugoland/message/31885
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5679

Fidel Castro on Kosovo and US tyranny (June 2007)
Castro on  'tyrant' Bush / Needing affection - Der Tyrann besucht Tirana / Bedürftig nach Zuneigung

Fidel Castro sul Kosovo (giugno 2007)

https://www.cnj.it/documentazione/fidelcastro.htm



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Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
http://www.facebook.com/cnj.onlus/

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(Contro la ventilata privatizzazione della JAT, la compagnia aerea jugoslava oggi afferente alla Repubblica di Serbia)


JAT PRIPADA NARODU A NE ETIHADU

Nova komunistička partija Jugoslavije (NKPJ) najoštrije protestuje protiv privatizacije Jugoslovenskog aerotransporta, ponosa socijalističke privrede i saobraćaja Jugoslavije, koji je buržoaska pro-imperijalistička Vlada Srbije za budzašto predala u ruke kompaniji Etihad iz Ujedinjenih Arapskih Emirata.


Prodaja JAT-a predstavlja novu pljačku imovine koju je decenijama stvarao radni narod Jugoslavije i još jedan pokazatelj da buržoaska Vlada nije u stanju da vodi ekonomiju zemlje već da joj je jedini cilj da rasprodaje vredna državna preduzeća stranim i domaćim kapitalistima. Zaista je smešno hvalisanje prvog potpredsednika buržaoske vlade, Aleksandra Vućića o prijateljstvu sa vladarskom kućom Ujedinjenih Arapskih Emirata, ako se zna da je reč o jednoj od najrepresivnijih istočnjačkih despotija, čije su oružane snage zajedno sa vojskom Saudijske Arabije gušile narodni ustanak u Bahreinu. Reč je o zemlji u kojoj se na najbrutalniji način eksploatišu radnici, koja vodi anti-narodnu politiku i potpuno je odan saveznik zapadnog imperijalizma na čelu sa Sjedinjenim Američkim Državama. Eto ko su “prijatelji” kojima se Vučić diči, a ono što ih očito spaja je pro-imperijalistička i buržoaska politika. O kakvoj je pljački državne imovine reč, dovoljno je reći da je Etihad potpisivanjem ugovora postao vlasnik manjinskog dela akcija JAT-a ali je dobio i upravljačka prava što faktički znači da je postao njen glavni vlasnik i to za svega 40 miliona evra. Pri tome, država Srbija je na sebe preuzela dugovanja JAT-a u iznosu od 200 miliona evra i socijalni program za “višak” radnika. Prvi potez novog rukovodstva kompanije koja se sada zove Er Srbija će biti otpuštanje 500 zaposlenih u JAT-u čije otpremnine neće finansirati novi kapitalistički vlasnik već će sredstva za to biti obezbeđena iz budžeta Srbije. Razlog za otpuštanje 500 zaposlenih nije “višak” radnih mesta kako bestidno lažu predstavnici buržoaske države i novog kapitalističkog vlasnika iz azijske despotije već potreba da Etihad ostvari za što kraće vreme što veći profit a najbolji i najjednostavniji način za to je otpuštanje radnika. Jedno od opravdanja buržoaskih vlasti za sramnu prodaju JAT-a je da je ta kompanija u dugovima. To je tačno, ali te dugove je napravio menadžment koji su postavljale buržoaske stranke na vlasti. Na isti način je postavljeno i dosadašnje rukovodstvo JAT-a što nedvosmisleno ukazuje da je i aktuelna buržoaska Vlada, isto kao i njen vodeći deo Srpska napredna stranka na čelu sa Aleksandrom Vučićem, kriva za propadanje kompanije. Državna imovina je sistematski uništavana u Srbiji u poslednjih 13 godina, njom su rukovodili kadrovi buržoaskih stranka koje nisu imale nameru da tu imovinu i njen kapital unapređuju, već samo da “ispumpavaju” novac za partijske potrebe. Dakle, JAT nije upao u dugove jer je bio državno preduzeće, već zato što je njime u poslednjih 13 godina rukovodila buržaoazija koja niti je htela niti je znala sa njim da upravlja na adekvatan način. Zbog toga je JAT kao i druga privatizovana preduzeća bio sistematski uništavan kako bi njegovo ekonomsko loše stanje bio “argument” za privatizaciju.

A da država, kojom upravlja radnička klasa, jeste dobar vlasnik avio i svakog drugog preduzeća pokazuje primer da je JAT, osnovan davne 1947. godine, u socijalističkom periodu izgradnje bio 10 aviokompanija u Evropi po broju prevezenih putnika i da je sam prevezao više putnika nego sve kompanije nastale iz njega na prostoru bivše Jugoslavije. Zbog toga NKPJ kategorički zahteva da se antinarodna odluka o privatizaciji nacionalnog prevoznika JAT-a poništi, da se ukine odluka o otpuštanju 500 njegovih radnika, da vlasnik kompanije ostane država a da na njenom čelu budu stručni a ne kadrovi buržoaskih partija, koji će znati da uspešno rukovode i unaprede njen rad.

Sekretarijat Nove komunističke partije Jugoslavije

Beograd,

05.avgust 2013. godine





Dall'Oglio. Applauditemi ora


9 agosto 2013

Stampatevi questo articolo e conservatelo con cura. Perchè un giorno potrete mostrare ai vostri figli il primo articolo che descrive dettagliatamente quello che si è verificato dopo un po’ di giorni: il trionfale ritorno in Italia del gesuita Paolo dall’Oglio, accompagnato da Yohanna Ibrahim e Bulos Yazigi – i due vescovi cristiano-ortodossi rapiti ad Aleppo il 21 aprile 2013 – e, forse, pure dal giornalista Domenico Quirico, rapito in Siria il 9 aprile.
Per sapere chi sia Paolo Dall’Oglio, che molti si ostinano a definire un “pacifista”, vi consiglio di leggere quanto da egli pubblicato, il 28 luglio, sul giornale di Lucia Annunziata “Huffington Post Italia” dove il “religioso”, tra l’altro, inneggia all’uso delle armi chimiche per costringere l’Occidente ad un ruolo più risoluto nell’aggressione alla Siria. C’è di più e di peggio. Ad esempio il suo appoggio adAl Qaeda, rappresentata in Siria da Abu Bakr al Baghdhadi sulla cui testa (almeno, secondo i media Mainstream) penderebbe una taglia americana da dieci milioni di dollari.
Basta leggere, a tal proposito, le sue sconcertanti ammissioni riportate da Famiglia Cristiana «Sono arrivato oggi (il 27 luglio, ndr) a Raqqa (città sotto il controllo di Al Baghdhadi, ndr) e sono contento per due ragioni: sono sul territorio siriano in una città liberata e sono stato bene accolto. La gente nelle strade si sente libera e questa è l’immagine della madre patria che auspichiamo per tutti i siriani. Ovviamente nulla è ancora completato, ma l’inizio è buono».
Tra l’altro, non è la sua prima apertura di credito ad Al Qaeda. Basta leggere quiqui o quest’altra sua dichiarazione: ” (…) Il jihadismo è il fatto di prendere le armi per ristabilire la giustizia. È la guerra santa islamista. Ci sono islamisti democratici e jihadisti democratici, così come ci sono jihadisti estremisti, radicali, clandestini, criminali, in rapporto con i servizi segreti siriani e con le mafie dei narcotrafficanti”. Dei combattenti di Al Qaeda dice: “Sottolineo che sono fratelli e sorelle in umanità. Nei miei dialoghi con loro, ho riconosciuto degli uomini e delle donne che hanno una passione religiosa, un sentimento religioso che condivido. Sono persone impegnate ma innamorate di giustizia“.
Del resto, come egli ribadisce: “Per noi siriani della rivoluzione, la riconciliazione tra forze islamiste radicali e forze democratiche è una necessità strategica. Le scaramucce dolorose e i crimini insopportabili avvenuti tra noi devono trovare soluzione, essere riassorbiti, per presentarci uniti di fronte al pericolo totale rappresentato dal regime, appoggiato direttamente o indirettamente da troppi. Il tentativo di seminare guerra intestina tra le forze anti-Assad (a prescindere dal necessario intercettamento e disinnesco delle derive criminali) deve fallire. Questo gli agenti e i consiglieri militari americani (sottolineature nostre) farebbero bene a capirlo subito. Favorire i partner più affidabili, incoraggiare le evoluzioni più auspicabili è buono. Spingerci ad ammazzarci tra di noi non può esserlo.”
Rivalutare Al Qaeda. Sopratutto dopo lo sdegno (che cominciava ad avere anche nei media Mainstream) per gli efferati criminiche questa organizzazione andava compiendo nei territori da essa “liberati” in Siria e che aveva, tra l’altro, portato alla frantumazione del “fronte anti Assad”.
Rivalutare Al Qaeda. E cosa c’è di meglio di un’ operazione di marketing editoriale meticolosamente preparata? Dapprima una misteriosa “missione umanitaria” (tenuta segreta anche alla Farnesina, al Vaticano e alla Nunziatura apostolica a Damasco) in un’area infestata dalle milizie di Al Qaeda (annunciata da Dall’Oglio sulla sua pagina Facebook); poi un “rapimento” che si conquista i titoli di testa di TV e giornali, (messo in dubbio solo da pochi attenti giornalisti); poi lo stillicidio di comunicati di non meglio precisati “attivisti siriani” e le evidenti “bufale” (come il messaggio SMS inviato dal “rapito”) strombazzati dai media…. Tutto sembra concorrere ad una clamorosa operazione, da rappresentarsi in piena estate, con i mass media a corto di “notizie”.
Per sdoganare Al Qaeda: il “Lupo di Gubbio” di Padre dall’Oglio. E, al soldo – dichiarato – dell’Occidente, impegnarla, a pieno titolo, nella guerra alla Siria.
 La stessa operazione mediatica della – falsa – esecuzione di Bin Laden che, il 2 maggio 2011, servì a “ripulire” Al Qaeda del suo impresentabile leader e impegnarla, a pieno titolo, nella guerra alla Libia.
Fantapolitica? Vedremo nei prossimi giorni. Intanto, un consiglio: applauditemi oggi, eviterete la fila.

Napoli, 9 agosto 2013

Francesco Santoianni




2 AGOSTO 2013 / 2. AVGUST 2013

80 anni fa la proibizione
Ob 80-letnici prepovedi


Ottant’anni fa, nei giorni precedenti la solennità dell’Assunta (Rožinca), ai sacerdoti della forania di San Pietro al Natisone fu notificato il decreto governativo che proibiva l’uso della lingua slovena nelle celebrazioni liturgiche e nell’insegnamento del catechismo, mettendo fine a una prassi millenaria della Chiesa locale. L’ordinanza, voluta e firmata dallo stesso duce Benito Mussolini, fu l’apice della politica snazionalizzatrice ed etnocida intrapresa dall’Italia fin dall’annessione della Slavia al regno sabaudo e spinta al massimo dal regime fascista. «Un popolo mettetegli la catena, spogliatelo, tappategli la bocca: è ancora libero. Toglietegli il lavoro, il passaporto, la tavola dove mangia, il letto dove dorme: è ancora ricco. Un popolo diventa povero e servo quando gli rubano la lingua adottata dai padri. È perso per sempre, diventa povero e servo!», ha efficacemente scritto il poeta sciliano Ignazio Buttitta. Era il 15 agosto del 1933 quando il parroco don Giuseppe Gorenszach diede l’annuncio ai fedeli di San Leonardo: «Oggi il parroco alla prima messa lesse in italiano quanto segue. Ieri sera sono stato chiamato nella caserma dei RR.CC. (Reali Carabinieri, ndr) di S. Leonardo dal sig. Tenente di detta arma e da esso ebbi ordine – a nome di S. E. il prefetto di Udine di parlarvi da oggi in poi in lingua italiana. In italiano le prediche, i catechismi e la Dottrina Cristiana ai fanciulli. È data facoltà, fino a nuovo ordine, di riassumere in lingua vernacola, quanto prima si dice in lingua italiana. Devo dirvi, infine, che tutti i Catechismi Sloveni sono stati sequestrati…».

Numerose sono le testimonianze tramandate dai sacerdoti dell’epoca. Nel libro storico parrocchiale, il cappellano di Lasiz, Antonio Cuffolo, afferma che prima di arrivare alla proibizione della lingua slovena, ci fu una campagna di calunnie nei confronti dei sacerdoti locali. Scrive così Cuffolo nella Cronaca della cappellania di Lasiz: «Cominciarono le calunnie ora a carico di uno, ora a carico dell’altro sacerdote. […] Quando ai nemici sembrò che l’ambiente fosse già impressionato il tenente dei RR. CC. invitò i più terribili sacerdoti della zona e cioè i cappellani di Lasiz, Antro, Mersino e Vernasso (rispettivamente don Cuffolo, don Cramaro, don Simiz e don Qualizza, ndr) per il giorno 16 agosto nella caserma dei Carabinieri di S. Pietro. Il tenente presentò ai quattro sacerdoti per la firma una imposizione per la quale da quel giorno non avrebbero più usato la lingua locale nelle preghiere, nella predicazione e nella dottrina cristiana. I sacerdoti protestarono contro l’arbitraria imposizione contraria alle leggi naturali, ecclesiastiche ecc. Ne nacque una violenta discussione che minacciava serie conseguenze. In conclusione i quattro sacerdoti alla dichiarazione preparata dal tenente aggiunsero di proprio pugno: “I sottoscritti accetteranno soltanto se l’ordine verrà dato dall’Autorità Ecclesiastica od almeno attraverso la stessa”. Detta dichiarazione fece andare su tutte le furie il tenente, ma i sacerdoti non si fecero impressionare». I sacerdoti si rivolsero allora all’arcivescovo di Udine mons. Giuseppe Nogara per chiedere quale fosse l’atteggiamento da tenere in questa situazione. L’arcivescovo raccomandò di accettare tutte le disposizioni per evitare sanzioni ancora più severe, o addirittura il confino. L’ultimo discorso ufficiale in sloveno fu quello del cappellano di Tercimonte in occasione della festa dell’Assunzione nella Chiesa di Vernasso. Le ripercussioni della proibizione furono immediate e tragiche. Oltre alla perdita delle tradizioni locali, del ricchissimo repertorio dei canti popolari, furono profondamente danneggiati anche l’associazionismo e la vita religiosa. «Dopo oltre mille anni – scrive Cuffolo – contro tutte le tradizioni, contro tutte le leggi della Chiesa, con danno evidentissimo per le anime solo perché il detto “il duce lo vuole” aveva impedito all’autorità ecclesiastica di prendere francamente una posizione, è avvenuto un cambiamento nella cura d’anime. Per le strade, osterie, municipi, botteghe, esattorie si parlerà, si farà i propri interessi adoperando la lingua materna, solo in chiesa sarà proibita. Proibiti i canti tradizionali e preghiere che non saranno più sostituiti. Il nemico della Chiesa ha raggiunto lo scopo, “il duce lo vuole”»! Del resto Mussolini e i suoi seguaci avevano ben compreso che solo sradicandola dalla religione, avrebbero potuto infliggere un colpo mortale alla lingua slovena. In ottant’anni tante cose sono cambiate e gli sloveni della provincia di Udine si sono visti riconosciuti dall’Italia i propri diritti linguistici, ma dalla violenza perpetrata dal regime fascista nel 1933 le valli del Natisone e del Torre, Resia e Valcanale non si sono mai completamente riprese. Lo testimonia l’attuale drammatica condizione, non solo linguistica.

 

Avgusta 1933 je fašistični režim prepovedal uporabo slovenskega jezika v farah videnske nadškofije. To je imelo hude posledice, ki se še danes vidijo.