SEGNALAZIONE

E' uscito in questi giorni il numero di Febbraio 2000 de "l'Ernesto",
contenente un importante speciale sull'imperialismo. La rivista si
occupa di fornire materiali per un rilancio dell'analisi teorica
nell'ambiente comunista, con particolare attenzione al contesto
internazionale. Nei numeri passati sono stati pubblicati ad esempio
importanti articoli sulle vicende dell'Europa Orientale, dell'Asia
centrale e della Cina, con analisi rigorose - e coraggiose, assai
controcorrente rispetto al "pensiero unico" che paralizza la sinistra
sulle questioni internazionali.

L'ERNESTO - mensile comunista
direttore: Fosco Giannini
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Dall'ultimo numero riceviamo, e volentieri diffondiamo, il seguente
contributo dedicato alle conseguenze ambientali della aggressione della
NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia.

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C'est trop facile quand les guerres sont finies
d'aller gueuler que c'etait la derniere.
Amis bourgeois vous me faites envie,
vous ne voyez donc point vos cimetieres.
(Jacques Brel, 1955)

Durante la guerra aggressiva condotta dal mondo occidentale e ricco
nei confronti della Jugoslavia, i colpi sono stati diretti soprattutto
verso le risorse economiche, gli stabilimenti produttivi, e le fonti
di energia. Evidentemente, gli obiettivi del bombardamento andavano
ben oltre quello dichiarato della difesa dei diritti umani: i nostri
governanti intendevano piegare un paese moderno e sviluppato, e farlo
regredire ad un livello da Terzo Mondo.

I terribili veleni che sono stati liberati nell'ambiente fanno
prefigurare una lenta agonia delle popolazioni balcaniche e del
territorio, ben oltre la durata dell'azione militare propriamente
detta. Con il bombardamento di impianti chimici e raffinerie sono
state immesse nell'aria e nei fiumi grandi concentrazioni di
pericolosi cancerogeni quali cloruro di vinile monomero, benzopirene e
diossine, e di sostanze pericolose per il sistema respiratorio quali
ammoniaca e anidride solforosa. Quest'ultima e' anche la principale
responsabile del fenomeno delle piogge acide, che degradano le
foreste di tutta l'Europa Centrale. Bisogna anche considerare che
tutti questi composti procurano danni enormi alla produzione agricola,
e si inseriscono nella catena alimentare. Ma l'assoluto spregio per le
popolazioni da parte dei paesi della NATO e' simboleggiato dall'uso di
armi contenenti uranio impoverito, metallo debolmente radioattivo che
diventa cancerogeno quando viene inalato, in quanto si fissa per
sempre nei polmoni e nelle ossa, agendo lentamente ma inesorabilmente.
Il primo conflitto dell'era NATO si prefigura quindi come GUERRA
ECOLOGICA.

Inoltre, i bombardamenti incessanti da parte degli Stati Uniti e
dell'Europa, che per tre mesi dello scorso anno hanno martoriato il
territorio balcanico, hanno messo in evidenza la necessita' di
interpretare gli avvenimenti internazionali oltre la scala locale.
Possiamo affermare che gran parte del pubblico non ha gli strumenti
conoscitivi ed ideologici adatti a vedere oltre la sfera piu' interna
degli avvenimenti. Questa visione miope si limita alla questione dei
nazionalismi ("etnie diverse impregnate di odi atavici non possono
convivere"), delle vere o presunte violazioni dei diritti umani
("quanto e' cattivo Milosevic"), degli interessi affaristico-elettorali
dei leader dei paesi coinvolti nelle guerre ("la Russia bombarda la
Cecenia in vista delle prossime elezioni presidenziali") e ad
interpretazioni psicologiche ("gli USA bombardano Bagdad ogni
qualvolta torna alla ribalta il sexygate"). Tutte interpretazioni
estremamente elementari e semplificate, al punto che ci arrivano anche
i giornalisti ed i politicanti. Per chi decide la guerra e la pace,
questi aspetti sono del tutto marginali: essi hanno importanza solo
per la loro funzione psicologica nei confronti dell'opinione pubblica.

Chi e' piu' attento, tuttavia, non ha potuto non estendere la propria
visione per lo meno alla scala regionale. Non lo hanno fatto soltanto
le "frange estremiste" ed i "pacifisti politicizzati": questo passo,
anzi, e' stato compiuto soprattutto dagli strateghi militari, nonche'
dai settori piu' attenti del mondo imprenditoriale e della Farnesina
(insomma, quelli che amano definirsi "i geopolitici"). Con lo sguardo
concentrato sulla scala regionale, la visione cambia radicalmente. I
dati di fatto sono l'affermarsi della Turchia come potenza regionale,
la retrocessione di una Russia umiliata e costretta a cedere uno dopo
l'altro i territori dell'ex-URSS, e l'aggressivita' economica della
Germania riunificata. Emerge cosi' l'importanza fondamentale dei
Balcani come luogo di passaggio per le merci, fra la Mitteleuropa e la
Turchia cosi' come fra il Caucaso ed il Mediterraneo, e diventa
indispensabile prendere in considerazione i vicini pozzi di petrolio
del Mar Caspio, per il controllo dei quali e' in atto una competizione
formidabile che coinvolge stati e grosse imprese petrolifere (si veda,
per esempio, Michel Collon, POKER MENTEUR, Editions EPO, Bruxelles
1998, libro di cui e' in corso di preparazione la traduzione italiana).

Proprio quest'ultima considerazione sul petrolio dovrebbe portare ad
estendere ulteriormente l'orizzonte, dalla sfera regionale a quella
mondiale e globale. Purtroppo questo ulteriore passo viene compiuto di
rado, ed i fenomeni su questa scala vengono sottovalutati o presentati
in forma edulcorata. Eppure essi riguardano argomenti della massima
importanza: il commercio mondiale, il debito estero, i flussi
migratori, le risorse del Pianeta e le materie prime. All'era del
bipolarismo e della guerra fredda e' succeduta non una fase monopolare,
come talvolta fa comodo pensare, bensi' un'epoca multipolare, che vede
affrontarsi (anche se non ancora sul piano militare, e spesso lontano
dai riflettori) colossi come la Cina, l'India, la Russia, l'Europa, e
la superpotenza leader degli Stati Uniti. A questi cinque giganti
(tutti localizzati nell'emisfero Nord) bisogna poi aggiungere le
multinazionali, nonche' tutto il Terzo Mondo, che malgrado sia
estremamente diviso sta prendendo coscienza della propria forza.

Desidero affrontare in particolare la questione delle risorse, e piu'
precisamente dell'energia, traendo spunto dallo studio pubblicato da
Alberto Di Fazio e che raccomando a tutti di leggere (A. Di Fazio, "Le
connessioni fra la guerra dei Balcani e la crisi energetica prossima
ventura", in IMBROGLI DI GUERRA, il libro di "Scienziate e scienziati
contro la guerra", Odradek 1999). Anche limitandoci a questa sola
questione, la situazione appare gia' terrificante. Da una parte, il
dato di fatto e' che non vengono quasi piu' scoperti nuovi giacimenti di
greggio; e che poiche' quelli noti fino ad oggi sono limitati, si
prevede che tra dieci anni circa comincera' il lento ed inesorabile
declino della produzione di petrolio che ci lascera' "a secco" fra
quaranta o cinquanta anni (con conseguente ritorno al carbone).
D'altra parte, bisogna cominciare a considerare anche l'aria come una
risorsa limitata: non tanto l'aria da respirare quanto quella da
inquinare. Il riscaldamento della Terra e la modifica del clima
avanzano sotto l'azione dell'effetto serra, ed aprono la strada a
disastri spaventosi quali l'innalzamento del livello del mare,
l'aumento della frequenza degli uragani, il propagarsi di pericolose
epidemie, la desertificazione, lo squilibrio nella produzione
agricola, eccetera. Il problema, anche se ignorato dal grande
pubblico, e' all'ordine del giorno nelle sedi dell'ONU, dove si
svolgono aspre negoziazioni sulla necessita' di limitare la
combustione, responsabile della maggior parte delle emissioni di
anidride carbonica. Il processo sotto accusa e' proprio quello della
produzione di energia.

Sia la fine delle risorse petrolifere sia le limitazioni alle
emissioni di anidride carbonica colpiscono al cuore il modello di
sviluppo vigente e universalmente celebrato: meno energia, infatti,
significa meno PIL, una conseguenza inaccettabile per un sistema
basato sull'aumento dei consumi e sulla CRESCITA perenne. Se da un
lato la soluzione apparentemente ovvia consiste nella drastica
riduzione del tenore di vita e del sistema di mercato in tutti i paesi
del mondo (in particolar modo in quelli piu' ricchi ed avanzati),
d'altra parte alcuni potrebbero ingenuamente pensare di potersi
"salvare" puntando sulle disuguaglianze e l'esclusione, costringendo
altri alla miseria. Questa sembra in effetti essere la politica
perseguita dagli Stati Uniti d'America, il che ne spiega la
propensione al dominio economico, politico e militare.

Le circostanze che favoriscono lo svilupparsi delle guerre sono
molteplici: e' troppo facile trincerarsi dietro a visioni parziali e
slogan semplicistici, quali quello della "guerra etnica" e della
"guerra per il petrolio". Quest'ultimo, in particolare, non ha
importanza solo per il suo valore economico, bensi' soprattutto per il
suo interesse strategico. Le guerre sono fenomeni complessi e sono
determinate da una serie di cause che agiscono a diversi livelli, come
in un sistema di sfere concentriche: sono le sfere piu' esterne a
determinare il comportamento ai livelli piu' interni (e raramente il
viceversa). La gravita' della situazione a livello di fattori globali
mette in evidenza la posta in gioco nello scontro fra le potenze. Di
fronte ad essa non vi sono diritti umani che tengano, e per i piu'
forti non possono esserci interventi che meritino di essere presi in
considerazione, se non vanno nella direzione della costruzione di una
gerarchia totalitaria di nazioni.

Concludendo, le guerre moderne sono allo stesso tempo la causa e
l'effetto della degradazione dell'ambiente sulla Terra, con la quale
sono avvolte in una pericolosa spirale che potrebbe portare la nave ad
affondare. In un goffo tentativo di salvaguardarsi dalle crisi
ambientali, alcuni stati percepiscono la guerra e l'oppressione come
gli unici strumenti utili per la propria sopravvivenza. E'
indispensabile, oltreche' urgente, sensibilizzare il pubblico sulla
tematica dei problemi globali, da cui viene accuratamente tenuto
all'oscuro. In particolare, bisogna puntare il dito sulla
responsabilita' del mondo scientifico, che invece di dedicarsi ad un
uso piu' razionale delle risorse e ad una piu' giusta distribuzione dei
frutti del lavoro dell'uomo, fornisce all'Impero le armi e le
innovazioni tecnologiche, nonche' l'impostazione di pensiero atta a
giustificarlo in tutte le sue azioni e malefatte (guerre "necessarie",
"chirurgiche" e "supertecnologiche"). La minaccia per l'Umanita' puo'
essere scongiurata soltanto se si prende coscienza del fatto che i
problemi vanno affrontati complessivamente e nell'interesse collettivo
di tutti gli abitanti del Pianeta.

Franco Marenco


--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
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