COME TI SPACCO UN PAESE IN OTTO PARTI ADDOSSANDO LA COLPA ALLE VITTIME

A. Martocchia
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia

(Contributo scritto per il seminario "DAL GOLFO ALL'AFGHANISTAN,
PASSANDO PER I BALCANI: LA SFIDA IMPERIALISTICA TRA USA E UE "
organizzato dalla Ass. "Pianeta Futuro" a Pisa il 22/3/2002)


La disgregazione della Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia -
per tutto il secondo dopoguerra Stato-cuscinetto tra i due blocchi, che
godeva di ampia autonomia e prestigio nello scenario mondiale - e' stata
voluta, agevolata e sancita dalle consorterie occidentali, come
conseguenza della loro "vittoria" al termine della Guerra Fredda.
L'interesse strategico dei paesi imperialisti per i Balcani risulta
evidente gia' solo abbozzando una stringata cronologia del loro ruolo
nel processo di disgregazione e soggiogamento, in atto ormai da piu' di
dieci anni; e d'altronde, non per caso questa semplice operazione di
"mettere in fila" gli avvenimenti non viene generalmente compiuta da
nessun commentatore sulla stampa borghese, stampa che ha preferito e
preferisce tuttora sbizarrirsi con interpretazioni irrazionalistiche e
lombrosiane, dal contenuto fortemente disinformativo.

PICCOLA CRONOLOGIA

Il 29/11/1990, mentre si festeggia per l'ultima volta la festa nazionale
in Jugoslavia, tutti i giornali pubblicano le "rivelazioni" della CIA
che giura che il paese si sta per disintegrare. All'inizio dello stesso
mese il Congresso USA aveva approvato la legge 101/513 per l'appoggio a
tutte le leadership liberiste, nazionaliste e secessioniste.

Il 15/1/1992 i paesi della Comunita' Europea, nonostante la situazione
altamente pericolosa ed instabile sul terreno, riconoscono formalmente
le secessioni slovena e croata, sancendo cosi' gli effetti della
"forzatura" di parte tedesca e vaticana. Successivamente, la Bosnia
verra' invitata a seguire l'esempio attraverso l'indizione di un
referendum illegittimo e largamente boicottato dalla popolazione.

La diretta conseguenza del riconoscimento della indipendenza della
Bosnia-Erzegovina saranno tre anni di guerra fratricida. La secessione
della Bosnia, centro simbolico e storico della Lotta Popolare di
Liberazione e della "Unita' e Fratellanza" jugoslave, rappresenta il
piu' grande colpo inferto al cuore della Jugoslavia multinazionale. I
successivi anni di conflitto serviranno ad affogare, possibilmente per
sempre, la idea jugoslavista in un lago di sangue e di menzogne.

Gli Stati Uniti d'America hanno usato prima la Germania e poi l'intera
Comunita' Europea come battistrada, ma il loro appoggio a livello
mediatico, diplomatico, finanziario e militare ai secessionismi, e
specialmente al separatismo bosniaco-musulmano, sara' sempre piu'
sfacciato. Il loro attivismo surclassera' via via di gran lunga quello
degli europei. A livello diplomatico, gli USA si renderanno
responsabili del boicottaggio dei piani di pace, a partire dal piano
Cutileiro
(marzo 1992: l'ex ambasciatore Zimmermann invita musulmani e croati a
ritirare
la loro firma). Via via, gli USA riusciranno a screditare e far fallire
ogni
intervento attuato sotto l'egida delle Nazioni Unite, imponendo la
progressiva
sostituzione delle missioni ONU con missioni piu' direttamente gestite
dall'Alleanza Atlantica. E' il periodo delle grandi "stragi a mezzo
stampa", delle rimozioni
dei vari Morillon, MacKenzie, Akashi, eccetera, e delle prime operazioni
di
guerra della NATO in Europa. Nel settembre 1995, USA ed UE scatenano ai
danni dei serbi della Bosnia il primo massiccio bombardamento sul suolo
europeo dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. I serbi vengono prima
diffamati e poi colpiti perche', tra gli jugoslavi, essendo distribuiti
in quasi tutte le repubbliche ex-federate sono quelli che meno di tutti
hanno interesse alla frantumazione del loro paese.

Nell'autunno 1995, la firma degli accordi di Dayton consente, tra
l'altro, lo stanziamento "sine die" di truppe della NATO sul territorio
ridotto ormai ad un protettorato internazionale.

Nella primavera del 1999, dopo anni di strumentalizzazione del movimento
separatista pan-albanese, USA ed europei bombardano installazioni
militari, strutture produttive, di comunicazione e di trasporto della
federazione serbo-montenegrina, allo scopo di agevolare la secessione
della provincia di Kosovo e Metohija. I bombardamenti sulle industrie
chimiche a pochi chilometri da Belgrado causano una gravissima
contaminazione ambientale, e costringono alla resa il governo jugoslavo.
Nella provincia occupata dalle forze NATO e dalle bande dell'UCK, loro
alleate, viene instaurato un regime di terrore contro le minoranze,
mentre gli USA impiantano enormi basi militari come quella di Camp
Bondsteel presso Urosevac, che e' la piu' grande base USA costruita
all'estero dai tempi del Vietnam.

Nell'ottobre 2000, mentre nella RF di Jugoslavia e' in atto un grande,
eroico sforzo per la ricostruzione (ad esempio alla Zastava di
Kragujevac), in occasione delle elezioni le pressioni occidentali sul
paese raggiungono un nuovo apice: l'apparato mediatico antigovernativo
e' mobilitato in Jugoslavia ed all'estero, le navi da guerra pattugliano
l'Adriatico, le diplomazie minacciano ulteriore isolamento e
l'inasprimento di un embargo che dura ormai da sette anni. Si vuole
impedire ad ogni costo lo svolgimento del secondo turno elettorale:
percio' si plaude all'assalto al Parlamento - dove la coalizione di
governo ha nuovamente conquistato la maggioranza - ed alla devastazione
dell'ufficio elettorale, con relativa distruzione delle schede. Nei
giorni successivi verranno attaccate le sedi dei partiti della sinistra
e dei sindacati, ed esponenti politici e sindacali verranno fatti
oggetto di aggressioni.

UN MOSAICO DI PROTETTORATI

D'altronde, negli anni precedenti si era visto di tutto: dai
rifornimenti massicci di armi attraverso i nostri porti, talvolta usando
persino convogli di organizzazioni religiose o umanitarie (es. Croce
Rossa), alla beatificazione di arcivescovi nazisti (es. Stepinac), allo
stragismo operato da servizi segreti "amici" per portare alle stelle la
tensione (es. stragi di Markale a Sarajevo), ai bombardamenti di
convogli di profughi (es. Kosovo) o di fabbriche presidiate dai
lavoratori (es. Kragujevac). Abbiamo saputo dell'addestramento delle
formazioni separatiste da parte di agenzie di mercenari (come la MPRI,
che ha sede in Virginia, USA), e del coinvolgimento di agenzie
specializzate per il "lobbying" e la disinformazione strategica (come la
Ruder&Finn Public Global Affairs). Sulla scorta di tutto questo, non
credo nemmeno necessario argomentare oltre sul ruolo della cosiddetta
"comunita' internazionale" in Jugoslavia. La ex Repubblica Federativa e
Socialista era gia' stata smembrata, con riconoscimento internazionale,
in cinque parti entro il 1992. Con i bombardamenti del 1999 si ponevano
le basi della secessione della provincia del Kosovo-Metohija. Con la
presa del potere da parte di una classe dirigente vassalla (la
coalizione DOS) si creavano le condizioni per cancellare la "Jugoslavia"
dalle piantine geografiche: e' di pochi giorni fa la notizia di un
accordo, mediato da quello stesso Xavier Solana che guidava la NATO nel
1999, in base al quale sopravvive solamente una Unione formale, e
provvisoria, tra Serbia e Montenegro. Nel frattempo, acquista peso ogni
giorno di piu' il separatismo ungherese in Vojvodina, alleato della DOS.

Ulteriore disgregazione e' in atto in Macedonia. Anche in quest'ultima
repubblica ex-federata il separatismo pan-albanese e' stato fomentato
negli anni passati, ed e' stato fatto esplodere la scorsa primavera
(2001) usando le milizie paramilitari dell'UCK che per le loro azioni si
sono avvalse delle retrovie del Kosovo, controllate dalla NATO. La
conseguente destabilizzazione ha consentito alla stessa NATO di
impiantarsi in Macedonia nel ruolo di "pompiera": seguendo un copione
ormai ben collaudato, a fare da pompieri sono gli stessi incendiari.

Una stabile presenza di truppe occidentali in tutta la regione, ridotta
ad un "patchwork" di protettorati, consente il controllo delle vie di
comunicazione, ed in particolare in Macedonia consente di avviare la
realizzazione del cosiddetto Corridoio numero 8, sulla direttrice tra
Albania e Bulgaria. Si noti d'altronde che anche in Bulgaria, dove pure
gia' vige un regime filo-occidentale come in Macedonia, la presenza di
una minoranza turca costituisce per la NATO un utile strumento per far
saltare gli equilibri del paese non appena cio' sara' ritenuto
necessario.

E' il classico "divide et impera". Gli strumenti per attuarlo possono
essere "innovativi" (disinformazione strategica, penetrazione culturale
o tramite organizzazioni cosiddette non-governative, eccetera) oppure
"tradizionali" (appoggio a settori politici reazionari o direttamente
criminali, bombardamenti, occupazioni militari, ecc.), ma la filosofia
complessiva e' sempre quella dell'"arancia": per meglio mangiarla
bisogna suddividerla spicchio per spicchio. Talvolta qualche spicchio si
rompe e bisogna sporcarsi le mani... di sangue.

INTERESSI CONTRASTANTI ATTORNO AL "CORRIDOIO OTTO": IL MARTIRIO DELLA
MACEDONIA

Tuttavia, all'interno di questo processo, in qualche caso si palesa il
contrasto tra le stesse potenze imperialistiche. Questo vale ad esempio
per gli interessi energetici, alla vigilia della "grande crisi" del
petrolio (cfr. A. Di Fazio su "Contro le nuove guerre", Odradek 2000).
Lo spiegano recenti articoli di Michael Chossudovsky, pubblicati pure
sul "Manifesto". La cordata petrolifera angloamericana (BP-Amoco-ARCO,
Chevron e Texaco) si contrappone decisamente agli europei
Total-Fina-Elf, ai quali l'italiana ENI e' associata. Mentre questi
ultimi sono "arrivati prima" in Asia Centrale (es. Kazakistan) ed i loro
rappresentanti politici
(UE) perseguono una politica di avvicinamento alla Russia, gli
anglo-americani sono in prima linea nell'interventismo militare e di
intelligence nei Balcani, allo scopo di porre sotto il loro controllo le
vie di comunicazione.

Per questo motivo, mentre il Corridoio 10 (Danubio) e' stato reso
inagibile con i bombardamenti del 1999, e viste le incognite armena e
curda sulla direttrice che dovrebbe portare il petrolio direttamente al
Mediterraneo (Baku-Cehyan), il terrorismo legato agli USA ed alla stessa
Turchia tiene in scacco il Caucaso, mettendo la Russia fuori gioco, e
condiziona i giochi nella penisola balcanica.

Il petrolio dovrebbe passare attraverso il Mar Nero, arrivare in
Bulgaria, a Burgas. Qui ha inizio il Corridoio 8, che termina a Valona
in Albania. La Macedonia e' proprio in mezzo.

All'inizio del 2000, la Commissione Europea aveva avviato con la
Bulgaria, la Macedonia e l'Albania le negoziazioni per l'ingresso nella
UE. Nell'aprile del 2001, la Macedonia era diventata il primo paese nei
Balcani a firmare un cosiddetto "accordo di stabilizzazione e
associazione". Ecco perche', proprio negli stessi giorni, il terrorismo
dell'UCK, armato ed addestrato adesso soprattutto dagli
angloamericani, esplodeva in tutta la sua violenza, per portare
viceversa il paese
alla de-stabilizzazione e per allontanarlo dalla UE. Ecco perche' il
capo della missione OSCE in Macedonia Robert Frowick ha voluto
legittimare l'UCK come interlocutore e porre la Macedonia sotto il
ricatto: o cambiate la Costituzione, ponendo le premesse per lo
smembramento del paese, oppure il terrorismo continuera'. Ecco perche',
secondo vari osservatori, tra l'UCK e gli europei (specialmente i
tedeschi) in Macedonia i rapporti non sarebbero idilliaci.

Nel frattempo, il colosso energetico angloamericano ha creato un
consorzio (progetto AMBO) per la realizzazione di un oleodotto ed altre
infrastrutture proprio lungo il Corridoio 8, sottoscrivendo accordi ad
hoc con Bulgaria, Macedonia ed Albania, che escludono in larga misura
gli europei da qualsivoglia iniziativa... Il consorzio AMBO ha sede
legale negli USA ed e' direttamente collegato al potere
politico-militare statunitense. Ad esempio, la Hallibuton Energy
(societa' del vicepresidente Dick Cheney) e' appaltatrice per le
forniture e per la stessa costruzione della base di Camp Bondsteel in
Kosovo. La stessa famiglia Bush e' fortemente legata alla lobby del
petrolio.

Gli interessi in gioco sono dunque enormi, e non dissimili da quelli per
cui e' stata scatenata la operazione denominata "giustizia [tale e' per
loro il nome della guerra] infinita", ai danni delle popolazioni
dell'Asia centrale. E chissa' chi saranno le prossime vittime del loro
sconfinato "desiderio di giustizia"...

IL "TRIBUNALE AD HOC" DELL'AIA

Il caso del "Tribunale ad hoc per i crimini commessi sul territorio
della ex Jugoslavia" (che nel seguito chiamero' per brevita' "Tribunale
ad hoc", da non confondere quindi con la preesistente Corte
Internazionale atta a dirimere le controversie tra gli Stati, che ha
sempre sede all'Aia ma e' organismo ben piu' legittimato), rende palesi
fino all'estremo e fino al paradosso tutte le contraddizioni, tutti i
limiti e tutti gli inganni della retorica "pan-penalistica", cioe' di
questo clima di "giustizialismo internazionale", e chiarisce molto bene
la collateralita' di certe neonate istituzioni penali internazionali ai
progetti egemonici dei paesi imperialisti.

Il Tribunale ad hoc è stato fondato nel 1993 dal Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite (15 membri dominati dai grandi poteri e dal veto
USA), su insistenza del Senatore Albright. Il normale canale per creare
un Tribunale come questo, come a suo tempo ha puntualizzato il
Segretario Generale delle Nazioni Unite, avrebbe dovuto essere
"attraverso un Trattato Internazionale stabilito ed approvato dagli
Stati Membri che avrebbero permesso al Tribunale di esercitare in pieno
nell'ambito della loro sovranità" (Rapporto No X S/25704, sezione 18).
Tuttavia, Washington ha imposto un'interpretazione arbitraria del
Cap.VII della Carta delle Nazioni Unite, che consente al Consiglio di
Sicurezza di prendere "misure speciali" per restaurare la pace in sede
internazionale.

Percio' il "Tribunale ad hoc" e' una struttura di fatto illegittima e
para-legale. Esso e' finanziato dai paesi della NATO, e soprattutto
dagli USA, in maniera diretta oltreche' attraverso l'ONU, ma anche da
paesi non proprio neutrali nella problematica jugoslava, come l'Arabia
Saudita, nonché da enti e personaggi privati, come George Soros, che da
anni lavorano alla destabilizzazione degli Stati che si oppongono
all'imperialismo.

Il sostegno della NATO al Tribunale ad hoc e' particolarmente indicativo
delle vere finalita' di questa struttura para-giudiziaria. In una
conferenza stampa tenuta il 17 maggio 1999, il portavoce della NATO
Jamie Shea diceva testualmente: "Non e' Milosevic che ha concesso al
procuratore Arbour il suo visto per andare in Kosovo, a condurre le sue
indagini. Se alla sua corte si puo' consentire l'accesso, come noi
vogliamo, e' grazie alla NATO, dunque la NATO e' amica del Tribunale, e'
la NATO che detiene per conto del Tribunale i criminali di guerra sotto
accusa... Sono i paesi della NATO che hanno procurato i fondi per
istituire il Tribunale, noi siamo tra i piu' grandi finanziatori."

Si noti che oltre ad attestare il sostegno finanziario e la "amicizia"
della NATO, che proprio in quegli stessi giorni bombardava i convogli di
profughi ed il petrolchimico di Pancevo, Jamie Shea rivendica alla NATO
stessa il ruolo di "polizia giudiziaria". La quale, come s'e' visto in
decine di occasioni, specialmente in Bosnia ma anche nel caso di
Milosevic, opera attraverso colpi di mano e rapimenti, nel corso dei
quali alcuni "sospetti" sono stati persino uccisi - mentre diversi
serbi-bosniaci detenuti all'Aja sono deceduti per presunti infarti e
suicidi.

In un comunicato stampa diramato all'Aia il 19 aprile 1999
(JL/PIU/397-E) si legge ancora piu' esplicitamente: <<Per conto del
Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia il Presidente del
Tribunale, giudice Gabrielle Kirk McDonald, ha espresso il suo grande
apprezzamento al governo degli Stati Uniti per la sua concessione di
500mila dollari USA destinati al Progetto Outreach del Tribunale. Harold
Koh, Vice segretario di Stato USA per la democrazia, i diritti umani ed
il lavoro, ha annunciato la donazione in una conferenza stampa presso il
Tribunale venerdi 16 aprile 1999. Questa generosa contribuzione, che
ammonta a piu' di un terzo del budget complessivo di Outreach,
"consentira' al Tribunale" - come nota lo stesso Vice
Segretario di Stato Harold Koh - "di portare il suo messaggio di
giustizia imparziale non solamente ai governi ed ai rappresentanti
legali dell'ex Jugoslavia, ma, soprattutto, alle famiglie delle
vittime".>>
Una dichiarazione tanto nobile da far venire le lacrime agli occhi,
soprattutto se si pensa che questo signore mentre parlava rappresentava
uno Stato - gli USA - che proprio in quei giorni stava causando dolori
enormi e disgrazie a quelle stesse famiglie tramite i bombardamenti.

Non a caso, il Tribunale dell'Aja ha sistematicamente dichiarato il non
luogo a procedere per le documentate accuse di crimini di guerra mosse
da varie parti alla
NATO, nonché alle bande dell'UCK pan-albanese. La sproporzione tra le
incriminazioni nei confronti di esponenti serbi rispetto a quelle di
croati, albanesi kosovari e bosniaci musulmani, responsabili di vaste
pulizie etniche, è resa evidente dai numeri. La "giustizia" del
Tribunale dell'Aja e' dunque quella di una parte in causa contro
l'altra, il contrario esatto del "super partes". Il "Tribunale ad hoc",
analogamente al nostro famigerato Tribunale Speciale, lavora come uno
strumento politico, totalmente sotto controllo dei vincitori, cioe'
degli aggressori, devastatori e invasori della Jugoslavia.

La presidentessa del Tribunale, Gabrielle Kirk McDonald, il 5 aprile
1999 veniva insignita di una onoreficenza dalla Corte Suprema degli USA.
In quella occasione essa
spiegava senza alcun imbarazzo: <<Abbiamo beneficiato del forte sostegno
dei governi interessati e degli individui che si sono adoperati, come il
Segretario Albright. [Si noti che i bombardamenti sulla Jugoslavia erano
iniziati da pochi giorni] Come rappresentante permanente alle Nazioni
Unite, essa ha lavorato incessantemente per creare il Tribunale. In
effetti, noi spesso ci riferiamo a lei come alla "madre del
Tribunale"...>>
Dunque la "mamma" del Tribunale dell'Aia non e' Emma Bonino!...

(1/2 - continua)