CROAZIA 1941-1944: UNA CATTOLICISSIMA MACELLERIA

Il nazista Pavelic e l'arcivescovo Stepinac, alleati di genocidio

di Karlheinz Deschner


Il testo che segue è la traduzione letterale di quello
presentato da Karlheinz Deschner il 26/12/1993 in occasione
dell'ultima puntata della sua serie televisiva sulla politica
dei Papi nel XX secolo. Questa serie è stata trasmessa
in Germania da Kanal 4, sulle frequenze di RTL. Il testo
e' stato ripreso dalla rivista marxista tedesca "Konkret"
(n.3-1994, pg.47) e tradotto in italiano a cura del Coord.
Romano per la Jugoslavia.

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Il Papato di Roma - divenuto grande attraverso la
guerra e l'inganno, attraverso la guerra e l'inganno
conservatosi tale - ha sostenuto nel XX secolo il
sorgere di tutti gli Stati fascisti con
determinazione, ma più degli altri ha favorito proprio
il peggior regime criminale: quello di Ante Pavelic
in Jugoslavia.
Questo ex-avvocato zagrebino, che negli anni '30
addestrò le sue bande soprattutto in Italia, fece
uccidere nel 1934 a Marsiglia il re Alessandro di
Jugoslavia in un attentato che costò la vita anche al
ministro degli Esteri francese. Due anni più tardi
celebrò con un libello le glorie di Hitler, "il più grande
ed il migliore dei figli della Germania", e ritornò
in Jugoslavia nel 1941, rifornito da Mussolini con armi
e denari, al seguito dell'occupante tedesco. Da despota
assoluto Pavelic si pose nella cosiddetta
Croazia Indipendente a capo di tre milioni di Croati
cattolici, due milioni di Serbi ortodossi, mezzo
milione di Musulmani bosniaci nonchè numerosi
gruppi etnici minori. Nel mese di maggio cedette
quasi la metà del suo paese con annessi e connessi
ai suoi vicini, soprattutto all'Italia, dove con
particolare calore fu accolto e benedetto da Pio XII
in udienza privata (benchè già condannato a
morte in contumacia per il doppio omicidio di
Marsiglia sia dalla Francia che dalla Jugoslavia). Il
grande complice dei fascisti si accommiatò da lui
e dalla sua suite in modo amichevole e con i migliori
auguri, letteralmente, di "buon lavoro".

Così ebbe inizio una crociata cattolica che non ha
nulla da invidiare ai peggiori massacri del
Medioevo, ma piuttosto li supera. Duecentonovantanove
chiese serbo-ortodosse della "Croazia
Indipendente" furono saccheggiate, annientate,
molte trasformate persino in magazzini, gabinetti
pubblici, stalle.
Duecentoquarantamila Serbi ortodossi furono costretti
a convertirsi al cattolicesimo e circa
settecentocinquantamila furono assassinati. Furono
fucilati a mucchi, colpiti con la scure, gettati nei
fiumi, nelle foibe, nel mare. Venivano massacrati
nelle cosiddette "Case del Signore", ad esempio
duemila persone solo nella chiesa di Glina. Da vivi
venivano loro strappati gli occhi, oppure si
tagliavano le orecchie ed il naso, da vivi li si
seppelliva, erano sgozzati, decapitati o crocifissi. Gli
Italiani fotografarono un sicario di Pavelic che
portava al collo due collane fatte con lingue ed occhi di
esseri umani.
Anche cinque vescovi ed almeno 300 preti dei Serbi
furono macellati, taluni in maniera ripugnante,
come il pope Branko Dobrosavljevic, al quale furono
strappati la barba ed i capelli, sollevata la pelle,
estratti gli occhi, mentre il suo figlioletto era
fatto letteralmente a pezzi dinanzi a lui. L'ottantenne
Metropolita di Sarajevo, Petar Simonic, fu sgozzato.
Ciononostante l'arcivescovo cattolico della città
di Oden scrisse parole in lode di Pavelic, "il duce
adorato", e nel suo foglio diocesano inneggiò ai
metodi rivoluzionari, "al servizio della Verità, della
Giustizia e dell'Onore".
Le macellerie cattoliche nella "Grande Croazia" furono
così terribili che scioccarono persino gli stessi
fascisti italiani; anche alti comandi tedeschi
protestarono, diplomatici, generali, persino il servizio di
sicurezza delle SS ed il ministro degli Esteri nazista
Von Ribbentrop. A più riprese, di fronte alle
"macellazioni" di Serbi, truppe tedesche intervennero
contro i loro stessi alleati croati.

E questo regime - che ebbe per simboli e strumenti
di guerra "la Bibbia e la bomba" - fu un regime
assolutamente cattolico, strettamente legato alla
Chiesa Cattolica Romana, dal primo momento e sino
alla fine. Il suo dittatore Ante Pavelic, che era
tanto spesso in viaggio tra il quartier generale del
Führer e la Berghof hitleriana quanto in Vaticano,
fu definito dal primate croato Stepinac "un croato
devoto", e dal papa Pio XII (nel 1943!) "un cattolico
praticante". In centinaia di foto egli appare fra
vescovi, preti, suore, frati. Fu un religioso ad
educare i suoi figli. Aveva un suo confessore e nel suo
palazzo c'era una cappella privata. Tanti religiosi
appartenevano al suo partito, quello degli ustasa,
che usava termini come dio, religione, papa, chiesa,
continuamente. Vescovi e preti sedevano nel
Sabor, il parlamento ustasa. Religiosi fungevano
da ufficiali della guardia del corpo di Pavelic. I
cappellani ustasa giuravano ubbidienza dinanzi a
due candele, un crocifisso, un pugnale ed una
pistola. I Gesuiti, ma più ancora i Francescani,
comandavano bande armate ed organizzavano
massacri: "Abbasso i Serbi!". Essi dichiaravano
giunta "l'ora del revolver e del fucile"; affermavano
"non essere più peccato uccidere un bambino di
sette anni, se questo infrange la legge degli ustasa".
"Ammazzare tutti i Serbi nel tempo più breve
possibile": questo fu indicato più volte come "il nostro
programma" dal francescano Simic, un vicario militare
degli ustasa. Francescani erano anche i boia
dei campi di concentramento. Essi sparavano, nella
"Croazia Indipendente", in quello "Stato cristiano
e cattolico", la "Croazia di Dio e di Maria", "Regno
di Cristo", come vagheggiava la stampa cattolica
del paese, che encomiava anche Adolf Hitler
definendolo "crociato di Dio". Il campo di
concentramento di Jasenovac ebbe per un periodo
il francescano Filipovic-Majstorovic per
comandante, che fece ivi liquidare 40.000 esseri
umani in quattro mesi. Il seminarista francescano
Brzien ha decapitato qui, nella notte del 29 agosto
1942, 1360 persone con una mannaia.
Non per caso il primate del paradiso dei gangsters
cattolici, arcivescovo Stepinac, ringraziò il clero
croato "ed in primo luogo i Francescani" quando
nel maggio 1943, in Vaticano, sottolineò le conquiste
degli ustasa. E naturalmente il primate, entusiasta
degli ustasa, vicario militare degli ustasa, membro
del parlamento degli ustasa, era bene informato di
tutto quanto accadeva in questo criminale eldorado
di preti, come d'altronde Sua Santità lo stesso
Pio XII, che in quel tempo concedeva una udienza dopo
l'altra ai Croati, a ministri ustasa, a diplomatici
ustasa, e che alla fine del 1942 si rivolse alla
Gioventù Ustasa (sulle cui uniformi campeggiava
la grande "U" con la bomba che esplode all'interno)
con un: "Viva i Croati!". I Serbi morirono allora,
circa 750.000, per ripeterlo, spesso in seguito a
torture atroci, in misura del 10-15% della
popolazione della Grande Croazia - tutto ciò
esaurientemente documentato e descritto nel mio
libro La politica dei papi nel XX secolo [Die Politik
der Paepste im XX Jahrhundert, Rohwohl 1993; si veda
pure "L'Arcivescovo del genocidio", di M.A. Rivelli,
ediz. Kaos 1999]. E se non si sa nulla su questo
bagno di sangue da incubo non si può comprendere
ciò che laggiù avviene oggi, avvenimenti
per i quali lo stesso ministro degli Esteri dei nostri
alleati Stati Uniti attribuisce una responsabilità
specifica ai tedeschi, ovvero al governo Kohl-Genscher.

Più coinvolto ancora è solo il Vaticano, che
già a suo tempo attraverso papa Pio XII non solo
c'entrava, ma era così impigliato nel peggiore degli
orrori dell'era fascista che, come già scrissi
trent'anni fa, "non ci sarebbe da stupirsi, conoscendo la
tattica della Chiesa romana, se lo facesse santo".
Comunque sia: il Vaticano ha contribuito in maniera
determinante alla instaurazione di interi regimi
fascisti degli anni venti, trenta e quaranta. Con i
suoi vescovi ha sostenuto tutti gli Stati fascisti
sistematicamente sin dal loro inizio. E' stato il
decisivo sostenitore di Mussolini, Hitler, Franco,
Pavelic; in tal modo la Chiesa romano-cattolica si
è resa anche corresponsabile della morte di circa
sessanta milioni di persone, e nondimeno della morte
di milioni di cattolici. Non è un qualche secolo
del Medioevo, bensì è il ventesimo, per lo meno dal
punto di vista quantitativo, il più efferato nella
storia della chiesa.

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POSTILLA: In occasione del primo viaggio in Croazia di
Giovanni Paolo II, il quotidiano italiano la Repubblica
taceva su tutto quanto sopra raccontato, pero' scriveva:
"...Ma il contatto con la folla fa bene a Giovanni Paolo
II. I fedeli lo applaudono ripetutamente. Specie quando
ricorda il cardinale Stepinac, imprigionato da Tito per
i suoi rapporti con il regime di Ante Pavelic, ma sempre
rimasto nel cuore dei Croati come un'icona del
nazionalismo. Woityla, che sabato sera ha pregato sulla
sua tomba, gli rende omaggio, però pensa soprattutto
al futuro..." (la Repubblica, 12/9/1994). Tre anni dopo,
lo stesso papa proclamava beato il nazista Stepinac, con
una pomposa cerimonia alla quale partecipava pure Franjo
Tudjman, regista della cacciata di tutta la popolazione
serba delle Krajne nella versione di fine secolo della
"Croazia indipendente".