L'articolo che segue, tratto dal sito ARTEL GEOPOLITIKA
(http://www.artel.co.yu) e da noi gia' distribuito nell'originale
serbocroato, data ad un periodo precedente l'accordo sulla
ridefinizione dei rapporti tra Serbia e Montenegro, accordo fortemente
voluto dalla UE (mediatore l'ex bombardiere della NATO Xavier Solana)
e gia' ratificato dai parlamenti delle due Repubbliche tra ambiguita'
e crisi politiche interne (spec. in Montenegro).
Tra l'altro, l'accordo, di cui e' ora attesa la traduzione in termini
legislativi, prevede la cancellazione della "Jugoslavia" dalle carte
geografiche, con la creazione di una provvisoria "Unione tra Serbia e
Montenegro", da rimettere in discussione dopo un periodo di tre anni.
Tutto cio' premesso, l'articolo di Markovic, pure denso di
interessanti valutazioni sui pericoli insiti nella separazione tra le
due Repubbliche, risulta ormai sin troppo ottimistico: le leadership
della destra euro-atlantista, in Serbia come in Montenegro, hanno gia'
compiuto gli atti peggiori tra quelli che si potevano paventare,
gettando le basi per ulteriore disgregazione e sfascio. (I. Slavo)

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Acc. Mihajlo Markovic:
"Le relazioni tra la Serbia e il Montenegro"

Intervento alla tavola rotonda del Forum di
Belgrado, il 15.11. 2001 sul tema "Le
relazioni della Serbia e il Montenegro".

Io vorrei dire qualcosa sui nodi strategici
delle relazioni tra la Serbia ed il
Montenegro. Il modo in cui sarà risolta la
questione della loro relazione avrà numerose
conseguenze a lungo termine per tutti i
cittadini che vivono su questi
territori. La secessione del Montenegro
dalla Jugoslavia è volontà di una minoranza
di cittadini del Montenegro,
circa la metà dei 380.000 montenegrini, e
della minoranza albanese. Questa minoranza
ha sottratto il diritto di
decisione ai c.ca 150.000 montenegrini che
vivono in Serbia. Dunque questo
"inalienabile diritto
all'autodeterminazione" non corrisponde a
criteri nazionali ma bensì a criteri
territoriali ed amministrativi. Percio'
alcuni possono ed altri non possono
partecipare al referendum. Ma secondo il
Diritto internazionale le unità
amministrative non hanno il diritto alla
secessione, anche se si chiamano
"repubbliche" [questa norma del diritto
internazionale e' stata clamorosamente
violata con i riconoscimenti di Slovenia,
Croazia, eccetera ; ndT]. Tanto più
che secondo la legge esistente sul
referendum, esso si riterrà valido se alla
votazione parteciperà qualcosa in più
del 50%, e se al quesito del referendum si
esprimerà positivamente di nuovo qualcosa in
più del 50% di quelli che hanno votato.
Sul destino dunque del Montenegro e della
Jugoslavia può decidere appena un quarto del
corpo elettorale. Essendo
la legge referendaria concepita in questa
maniera, la secessione del Montenegro, alla
quale si può giungere in
base alla volontà arbitraria di una parte
minoritaria ed irresponsabile - la quale
infatti tende ad un monopolio
illimitato del proprio potere e ad un
controllo assoluto del territorio, sul quale
governa senza alcuna limitazione -,
può portare alla rottura e alla oppressione,
in primis nello stesso Montenegro. La sua
parte di territorio a
nord-ovest (le montagne) e la parte che una
volta era erzegovese, già ora si sono
organizzate politicamente per
la lotta contro l'odierno governo, perché
esse, come anche le Bocche di Cattaro, non
riconoscono la nazionalità
montenegrina e non hanno appartenuto, come
si suol dire, "da secoli", allo stato
montenegrino. Non c'e' nessun
dubbio che una secessione forzata del
Montenegro e della Serbia potrebbe scatenare
anche la guerra civile in Montenegro.

Questa secessione potrebbe destabilizzare in
altre maniere tutta la regione. Dopo il
Kosovo e Metohija e dopo la
Macedonia sicuramente i nazionalisti e
terroristi albanesi trasferirebbero le loro
operazioni verso la parte orientale
del Montenegro, da Plav, Gusinje, Rozaj fino
ad Ulcinj. Gia' dalla formazione della "Lega
di Prizren" nel 1878 la
parte est del Montenegro figura in tutti i
piani come parte indispensabile della Grande
Albania. La distruzione della
Jugoslavia si rifletterebbe direttamente
sullo status del Kosmet, del promontorio di
Prevlaka e della Repubblica
Serba di Bosnia. La sparizione dello stato
jugoslavo aprirebbe subito la questione
della proclamazione
dell'indipendenza del Kosovo, perché nella
risoluzione 1244 non si menziona la
sovranità della Serbia sul Kosovo e
Metohija. La Croazia si affretterebbe ad
annettere la Prevlaka. La situazione
internazionale della Repubblica Serba
di Bosnia sarebbe sensibilmente scossa,
perché sparirebbe lo Stato garante degli
accordi di Dayton [la RF di
Jugoslavia, ndT]. Infine peggiorerebbe la
posizione strategica della stessa Repubblica
di Serbia perché sarebbe
tagliato il collegamento strategico molto
importante con il Mare Adriatico, e sarebbe
messa in discussione
l'esistenza della sua Marina, nella quale la
maggior parte dei componenti appartiene alla
popolazione serba, e di
cui vorrebbe appropriarsi l'attuale governo
del Montenegro. Bisogna aggiungere che cosi
peggiorerebbe anche la
posizione strategica della Macedonia, che si
troverebbe sulle sue frontiere occidentali,
e su quelle del nord, non
soltanto gli albanesi dell'Albania ma anche
quelli del Montenegro e del Kosovo e
Metohija.

Questa minaccia della destabilizzazione di
tutta la regione est-europea è stata una
delle cause per cui è cambiata
la posizione della comunità internazionale e
particolarmente degli USA verso la
secessione del Montenegro. Questa
secessione è stata sostenuta dai paesi
membri della NATO quando la loro priorità
era di indebolire ed abbattere il
regime di allora (Milosevic). Nel frattempo
questo obiettivo è stato raggiunto. E'
cambiata l'amministrazione USA, e
la crisi balcanica si è allargata sul
territorio della Macedonia. La nuova
amministrazione, nella quale non ci sono
cosi tanti furiosi serbofobi come sono
stati Clinton, la Albright, Holbrook ed
altri, non era motivata ad accanirsi
innanzitutto contro i serbi a causa della
loro disobbedienza e delle proprie perdite
da nascondere, benche' anche
questa leadership abbia continuato con la
politica della globalizzazione e del
controllo sui Balcani. Essa non poteva
non vedere che dalla secessione del
Montenegro possono venire soltanto danni e
non benefici.

Infine, l'aggressione dei terroristi alla
Macedonia ha mostrato che ciò può succedere
anche al Montenegro, non
appena si rendera' indipendente. Di fronte a
tutto il mondo è caduta la maschera del
vittimismo schipetaro, delle
"persecuzioni"... Se nel piano di
globalizzazione dei Balcani è stato
importante impedire la costituzione di
qualsivoglia Stato forte ed autonomo, allora
sarebbe stato controproducente consentire la
formazione di una
Grande Albania euforica, spiccatamente
nazionalista. Per questo si è attenuato il
sostegno alla creazione del
Kosovo indipendente ma anche alla secessione
del Montenegro.
Queste non sono ancora posizioni
consolidate, e dal gioco delle diversi lobby
sono sempre possibili delle brutte
sorprese. Però, anche le stesse attuali voci
dei funzionari americani sulla necessità che
il Montenegro rimanga
nell'ambito dello Stato comune con la Serbia
dovranno avere un determinato effetto sulla
parte pragmatica dei
montenegrini separatisti. Perciò è molto
importante la questione se le forze
separatiste avranno il sostegno anche
di quel 26% del corpo elettorale che, nel
peggiore dei casi, sarebbe sufficiente per
la secessione.

Dall'analisi delle relazioni interne nel
Montenegro e nella Serbia si possono dedurre
quali sono le possibilità
dell'esistenza futura del loro odierno Stato
comune. Due sono i criteri essenziali della
divisione tra le diverse forze
politiche : l'orientamento nazionale e
quello sociale. Nell'orientamento nazionale
bisogna innanzitutto distinguere
3 gruppi di montenegrini. Nel primo gruppo
sono i montenegrini che si ritengono di
stirpe serba, nel secondo quelli
che si ritengono come uno specifico popolo
serbo, dunque i serbi delle montagne
montenegrine, della Erzegovina
orientale e delle Bocche di Cattaro, mentre
il terzo gruppo ritiene di avere una
differente identità nazionale dai
serbi, e perciò di meritare uno Stato
indipendente e sovrano. A differenza di
questi terzi, i primi due gruppi sono
ostili alla separazione. Oltre a questi
380.000 montenegrini nel Montenegro vivono
c.ca 235.000 appartenenti alle
minoranze e schipetara. Gli schipetari sono
alleati della lista per la secessione del
Montenegro, mentre tra i
musulmani (o bosgnacchi come si definiscono)
molti non vogliono la separazione definitiva
del Sangiaccato [la
regione in cui sono stanziati, ndT] in una
parte serba ed una montenegrina, perciò
potrebbero decidere (anche se
temporaneamente) per uno Stato comune, la
Jugoslavia, fintantoché non sara' portata in
primo piano la questione
dello status di tutto il Sangiaccato.

Per quanto riguarda l'orientamento sociale e
le sue implicazioni per la conservazione
dello Stato comune, la
situazione non e' tanto semplice da poter
essere descritta con una polarizzazione
sinistra-destra. I due
raggruppamenti politici principali, DPS ed
SNP [Socijalisticka Narodna Partija, Partito
Socialista Popolare, ndT],
provengono entrambi dal Partito Democratico
dei Socialisti. Ma la leadership del DPS si
e' orientata verso
l'accumulazione della ricchezza e verso il
mantenimento del potere tramite il
rafforzamento degli organismi della
repressione, tanto da diventare un tipico
partito di destra, mentre l'altra forza,
l'SNP, e' rimasta nella classica
cornice di un partito di sinistra. Il primo
e' separatista, mentre il secondo e'
pro-serbo e jugoslavo. Questa
divisione si riflette in una precedente,
profonda separazione fra "usurai" e
"bianchi". I primi erano contrari alla
unione con la Serbia, nel 1918, e piu' tardi
sono entrati in massa nel Partito Comunista
del Montenegro - quando il
Comintern proclamo' la Tesi sulla
frantumazione della Jugoslavia e sui
montenegrini come nazione a se, con un
proprio Stato. Gli altri, i "bianchi", nel
1918 si schierarono a favore della unione
con la Serbia e poi a sostegno di
uno Stato jugoslavo unitario. Da questa
analisi consegue che i montenegrini
orientati a sinistra, quelli di ceppo
serbo o che si sentono tali, con il sostegno
dei musulmani di orientamento jugoslavo
otterrebbero un vantaggio
minimo al referendum, se esso si svolgesse
nella primavera 2002.

In Serbia la situazione e' diversa. La
sinistra, dopo la sconfitta alle elezioni
del 2000, e' molto indebolita. Nel
complesso, essa vuole mantenere uno Stato
comune con il Montenegro, anche se,
paradossalmente, in questo
Stato essa non puo' collaborare con la
sinistra montenegrina dell'SNP che ha scelto
di entrare nel governo
[federale jugoslavo, ndT] di coalizione con
la destra serba del DOS. Nella destra serba,
ed anche nella stessa
coalizione di governo DOS, la situazione e'
complessa. Accanto ad alcuni separatisti,
che desiderano in fondo che il
Montenegro si separi, benche' non ne parlino
apertamente, esistono anche forze fortemente
nazionaliste (DSS,
SRS, SSJ) che ritengono che i montenegrini
siano in fondo "puri serbi" e percio' che si
debba avere uno Stato serbo unificato.
Dall'altra parte ci sono i mondialisti, come
quelli del DOS, gente che potrebbe non
provare alcun sentimento
nazionale e che rispetto al mantenimento
dello Stato nazionale da' la precedenza alla
globalizzazione (e alla
partecipazione dei serbi a tale
globalizzazione). Essi non ritengono
cruciale se la Serbia o il Montenegro saranno
uno o due Stati nazionali, ma bensi' se
essi diventeranno o meno regioni dell'Unione
Europea.

In Serbia si puo' valutare che il referendum
(se si tenesse) darebbe un consistente
sostegno al mantenimento
dello Stato unitario. Si potrebbe anche
arrivare alla disintegrazione della
Jugoslavia, ma alla condizione che siano i
paesi della NATO a deciderla, il che al
momento non e' molto probabile, oppure se la
Jugoslavia arrivasse al crack
economico nel 2002, il che viceversa e'
possibile.


(Traduzione di Ivan per il Coordinamento
Nazionale per la Jugoslavia)