http://www.clorofilla.it/articolo.asp?articolo=3452
Migliaia di vittime e di desaparecidos per lo più civili e di etnia
serba. Trecentomila cittadini non albanesi espulsi. I nomi degli
appartenenti alle bande terroristiche che operano nell’area. A piede
libero e sotto il vessillo delle Nazioni Unite. Duecento pagine
ripercorrono, con l'ausilio di mappe, testimonianze fotografiche e dati
statistici, la tragica storia delle regioni serbe del Kosovo e della
Metohija degli ultimi quattro anni. E' un libro bianco presentato dal
premier serbo Zoran Zivkovic che raccoglie le testimonianze della
popolazione che, dal 6 giugno 1999 al 23 agosto 2003, ha subito circa
seimila attacchi
Quattro anni di crimini ignorati
Di Babsi Jones. [http://www.exju.org/%5d
Milano - E’ il premier serbo Zoran Zivkovic a presentarlo al pubblico
lo scorso 4 di novembre:
il libro bianco
[http://www.serbia.sr.gov.yu/news/2003-11/05/331768.html%5d è un dossier
di duecento pagine che ripercorrono, con l'ausilio di mappe,
testimonianze fotografiche e dati statistici, la tragica storia delle
regioni serbe del Kosovo e della Metohija degli ultimi quattro anni.
Il sottotitolo chiosa: “Terrorismo albanese e crimine organizzato nel
Kosmet”, laddove Kosmet non è che l’acronimo di Kosovo e Metohija, nome
istituzionale della regione che il pressappochismo occidentale ha
ribattezzato “Kossovo”.
Nella conferenza stampa di presentazione, Zivkovic ha specificato che
si tratta di un dossier ufficiale, distribuito per informare l'opinione
pubblica in merito alle azioni criminali del nazionalismo secessionista
albanese, che sta logorando da tempo la fragile stabilità dei Balcani
meridionali.
Già dagli anni ’80 [http://www.balkanpeace.org/beginner/index.shtml%5d
l’accanimento separatista albanese ha fatto della regione una
polveriera; la situazione è poi precipitata con la furiosa campagna
bellica anti-Milosevic condotta dall’Alleanza Atlantica nel ’99 e la
susseguente conversione coatta del Kosmet in protettorato.
Nel giugno 1999, al termine dei bombardamenti occidentali a danno
della Repubblica Federale Jugoslava, in Kosovo si insediano gli uomini
della Kfor [http://www.nato.int/kfor/welcome.html%5d e dell’Unmik
[http://www.unmikonline.org/%5d, con il preciso intento di (far)
applicare la risoluzione 1244
[http://www.nato.int/kosovo/docu/u990610a.htm%5d: ed è proprio da quel
momento, paradossalmente, che le minoranze della regione cominciano a
subire un puntuale e sistematico trattamento di pulizia etnica, per lo
più ignorata dai nostri mass media: questi ultimi quattro anni di
terrore sono documentati dal libro bianco presentato a Belgrado.
La risoluzione 1244, che è stata la base d’intesa per gli accordi di
Kumanovo [http://www.nato.int/kosovo/docu/a990609a.htm%5d, e che
definisce Kosovo e Metohija come parte della Federazione Jugoslava (ora
Federazione Serbia e Montenegro) in qualità di regione autonoma, e
garantisce il disarmo incondizionato di tutte le parti in causa, ha un
valore tristemente nominale: nella "fittizia pace" imposta con le
bombe, e gestita maldestramente dall’Occidente, la maggioranza albanese
del Kosovo - forte delle sue istituzioni parallele pseudolegali - ha
ridotto la minoranza serbo-ortodossa (ma anche i cittadini turchi,
bosniaci e rom) alla ghettizzazione nelle enclaves, in un clima di
terrore e di incessanti attacchi che hanno lasciato sul campo tanti
morti quanti ne lascerebbe una comune guerra civile. I molteplici
delitti –omicidi ad personam o efferate stragi- sono caduti via via nel
dimenticatoio della storia recente, privi d’un colpevole certo; nulla
si è fatto per interrompere la spirale di odio e di violenza antiserba,
e il Tribunale dell’Aja si direbbe sordo ad ogni appello.
La ‘regione autonoma’, in cui la maggioranza albanese detiene il
controllo del potere con la forza della sopraffazione, è condannata ad
un futuro di ‘narcostato monoetnico’, e il recente tentativo di
negoziati a Vienna [http://www.exju.org/comments.php?id=P465_0_1_0_C]
ha evidenziato l’assenza di una soluzione diplomatica adeguata. Gli
albanesi del Kosmet non concepiscono che l’ipotesi secessionista, da
realizzarsi in tempi brevi e con abbondanti spargimenti di sangue.
"Lo scopo del libro bianco", ha dichiarato Zivkovic, "è di invogliare i
responsabili ad individuare e perseguire il crimine organizzato nella
regione, e a fornire sufficienti prove al Tribunale Internazionale per
i crimini di guerra nella ex-Jugoslavia [http://www.un.org/icty/%5d
affinché i giudici si occupino anche dei colpevoli albanesi". Il libro,
che è frutto del lavoro congiunto del ministero degli Interni della
Repubblica di Serbia [http://www.serbia.sr.gov.yu/government/%5d, delle
Forze di Polizia e dell'Esercito, contiene i nomi degli appartenenti
alle bande terroristiche che operano nell’aerea, molti dei quali
letteralmente a piede libero e sotto il vessillo delle Nazioni Unite.
Nel dossier è spiegato come l'Uck (il propagandato ‘esercito di
liberazione’, calorosamente spalleggiato nel ‘99 dalla Nato, che fino a
pochi anni prima lo annoverava nelle ‘formazioni terroristiche da
debellare’) sia stato quasi totalmente assimilato dalle nuove forze di
"vigilanza" postbelliche: il popolare Kosovo Protection Force, che
avrebbe dovuto essere il simbolo di una smilitarizzazione della regione
e di un ipotetico ritorno ai più basilari principi di democrazia e si è
rivelato, in realtà, uno strumento banditesco patrocinato (o forse solo
tollerato?) dalle forze internazionali.
Nei dettagli, il libro bianco raccoglie le testimonianze in merito agli
attentati nel Kosmet e nel sud della Serbia che, dal 6 giugno 1999 al
23 agosto 2003, hanno raggiunto la spaventosa cifra di seimila
attacchi, causando un migliaio di vittime, per lo più di etnia serba, e
per lo più civili.
In aggiunta, sono quasi trecentomila i cittadini non albanesi espulsi
dalla regione, relegati al ruolo di profughi senza chance di ritorno
alle proprie abitazioni, e si contano anche un migliaio di
desaparecidos [http://www.kosovo.com/erpkim22aug03.html%5d: ma il numero
delle persone rapite ed uccise potrebbe essere verosimilmente
raddoppiato, perché in assenza di strutture democratiche e di
condizioni minime di sicurezza, a prevalere nel Kosmet è la dialettica
del Far West.
Particolare attenzione è rivolta all’Esercito Nazionale Albanese
(Ana/Aksh [http://www.balkanpeace.org/hed/archive/feb03/hed5499.shtml%5d
in sigla), un'organizzazione militare terroristica, ampiamente
finanziata dalla diaspora albanese nel mondo e compresa nell’ombrello
del terrorismo panislamico, della cui esistenza l'Onu non ha mai fatto
mistero
[http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=2037], e che trova ampio
sostegno ideologico (e materiale) nella regione.
L'Ana, che ha già dalla sua un vasto assortimento di omicidi e di atti
terroristici, è agente destabilizzante non solo nelle regioni del
Kosovo e Metohija, ma anche nella Serbia meridionale ed in Macedonia.
Si tratta di un esercito di guerriglia organizzato in veri e propri
reparti militari, opportunamente dislocati nel sud dei Balcani: dalla
divisione Jashari con base a Gnjilane alla divisione Skandenberg con
base nella Macedonia occidentale, dalla divisione Malesia con base a
Ulcinj (Montenegro) alla divisione Chameria di stanza nel nord della
Grecia.
Obiettivo dell'Esercito Albanese (che aveva anche un fantomatico sito
internet, www.aksh.org [http://www.aksh.org/%5d, ora rimosso) sarebbe la
"liberazione" di tutte le terre abitate da cittadini albanesi (Serbia
del sud e Kosmet, Macedonia, parte del Montenegro e della Grecia) e la
formazione di una Grande Albania Unita. Un altro dei troppi deliri di
grandezza balcanica che l’Occidente sfrutta e cavalca con grande
disinvoltura, pronto a spargere lacrime insincere sul latte versato
quando i cadaveri –anziché in centinaia- si conteranno in migliaia.
Il libro bianco fornisce risposte ed informazioni -forse non richieste
dalle cancellerie di mezzo mondo, per le quali il Kosmet resta una
dolorosa spina nel fianco-, a cominciare dall'elenco di 156 ex-leaders
dell’UCK che – con l’alibi del patriottismo e non di rado indossando la
divisa cucita ad hoc dalla Kfor - si spartiscono la ricca torta del
narcotraffico.
Il libro bianco, che include anche le dichiarazioni di organizzazioni e
autorità unanimemente considerate come super partes - dall'ultimo
allarmante comunicato delle Nazioni Unite
[http://www.balkanpeace.org/hed/archive/oct03/hed6040.shtml%5d ai
reportages di Amnesty International
[http://web.amnesty.org/library/Index/ENGEUR700102003%5d, dai numerosi
appelli del patriarca Pavle
[http://www.exju.org/comments.php?id=P242_0_1_0_C] della Chiesa
Ortodossa Serba alle richieste di patrocinio dell’Unesco per i numerosi
monasteri minacciati dalla furia della guerriglia - è il primo
documento del genere ad essere pubblicato.
Più che di una petizione ‘morale’, infatti, si tratta di un monito
istituzionale: non a caso viene presentato nella stessa settimana che
ha visto il ministro della Giustizia Vladan Batic presentare le sue
rimostranze [http://www.kosovo.com/erpkim07nov03.html#2%5d in via
ufficiale per il mancato arresto di Agim Ceku, noto ai più con il
soprannome di “macellaio dei Balcani”: un delinquente impunito per
Belgrado che ne richiede l’estradizione, ma un leale alleato per la
Kfor che, dando un colpo al cerchio ed uno alla botte, gli assicura
libertà di azione ed immunità.
(lunedì 10 novembre 2003)
Migliaia di vittime e di desaparecidos per lo più civili e di etnia
serba. Trecentomila cittadini non albanesi espulsi. I nomi degli
appartenenti alle bande terroristiche che operano nell’area. A piede
libero e sotto il vessillo delle Nazioni Unite. Duecento pagine
ripercorrono, con l'ausilio di mappe, testimonianze fotografiche e dati
statistici, la tragica storia delle regioni serbe del Kosovo e della
Metohija degli ultimi quattro anni. E' un libro bianco presentato dal
premier serbo Zoran Zivkovic che raccoglie le testimonianze della
popolazione che, dal 6 giugno 1999 al 23 agosto 2003, ha subito circa
seimila attacchi
Quattro anni di crimini ignorati
Di Babsi Jones. [http://www.exju.org/%5d
Milano - E’ il premier serbo Zoran Zivkovic a presentarlo al pubblico
lo scorso 4 di novembre:
il libro bianco
[http://www.serbia.sr.gov.yu/news/2003-11/05/331768.html%5d è un dossier
di duecento pagine che ripercorrono, con l'ausilio di mappe,
testimonianze fotografiche e dati statistici, la tragica storia delle
regioni serbe del Kosovo e della Metohija degli ultimi quattro anni.
Il sottotitolo chiosa: “Terrorismo albanese e crimine organizzato nel
Kosmet”, laddove Kosmet non è che l’acronimo di Kosovo e Metohija, nome
istituzionale della regione che il pressappochismo occidentale ha
ribattezzato “Kossovo”.
Nella conferenza stampa di presentazione, Zivkovic ha specificato che
si tratta di un dossier ufficiale, distribuito per informare l'opinione
pubblica in merito alle azioni criminali del nazionalismo secessionista
albanese, che sta logorando da tempo la fragile stabilità dei Balcani
meridionali.
Già dagli anni ’80 [http://www.balkanpeace.org/beginner/index.shtml%5d
l’accanimento separatista albanese ha fatto della regione una
polveriera; la situazione è poi precipitata con la furiosa campagna
bellica anti-Milosevic condotta dall’Alleanza Atlantica nel ’99 e la
susseguente conversione coatta del Kosmet in protettorato.
Nel giugno 1999, al termine dei bombardamenti occidentali a danno
della Repubblica Federale Jugoslava, in Kosovo si insediano gli uomini
della Kfor [http://www.nato.int/kfor/welcome.html%5d e dell’Unmik
[http://www.unmikonline.org/%5d, con il preciso intento di (far)
applicare la risoluzione 1244
[http://www.nato.int/kosovo/docu/u990610a.htm%5d: ed è proprio da quel
momento, paradossalmente, che le minoranze della regione cominciano a
subire un puntuale e sistematico trattamento di pulizia etnica, per lo
più ignorata dai nostri mass media: questi ultimi quattro anni di
terrore sono documentati dal libro bianco presentato a Belgrado.
La risoluzione 1244, che è stata la base d’intesa per gli accordi di
Kumanovo [http://www.nato.int/kosovo/docu/a990609a.htm%5d, e che
definisce Kosovo e Metohija come parte della Federazione Jugoslava (ora
Federazione Serbia e Montenegro) in qualità di regione autonoma, e
garantisce il disarmo incondizionato di tutte le parti in causa, ha un
valore tristemente nominale: nella "fittizia pace" imposta con le
bombe, e gestita maldestramente dall’Occidente, la maggioranza albanese
del Kosovo - forte delle sue istituzioni parallele pseudolegali - ha
ridotto la minoranza serbo-ortodossa (ma anche i cittadini turchi,
bosniaci e rom) alla ghettizzazione nelle enclaves, in un clima di
terrore e di incessanti attacchi che hanno lasciato sul campo tanti
morti quanti ne lascerebbe una comune guerra civile. I molteplici
delitti –omicidi ad personam o efferate stragi- sono caduti via via nel
dimenticatoio della storia recente, privi d’un colpevole certo; nulla
si è fatto per interrompere la spirale di odio e di violenza antiserba,
e il Tribunale dell’Aja si direbbe sordo ad ogni appello.
La ‘regione autonoma’, in cui la maggioranza albanese detiene il
controllo del potere con la forza della sopraffazione, è condannata ad
un futuro di ‘narcostato monoetnico’, e il recente tentativo di
negoziati a Vienna [http://www.exju.org/comments.php?id=P465_0_1_0_C]
ha evidenziato l’assenza di una soluzione diplomatica adeguata. Gli
albanesi del Kosmet non concepiscono che l’ipotesi secessionista, da
realizzarsi in tempi brevi e con abbondanti spargimenti di sangue.
"Lo scopo del libro bianco", ha dichiarato Zivkovic, "è di invogliare i
responsabili ad individuare e perseguire il crimine organizzato nella
regione, e a fornire sufficienti prove al Tribunale Internazionale per
i crimini di guerra nella ex-Jugoslavia [http://www.un.org/icty/%5d
affinché i giudici si occupino anche dei colpevoli albanesi". Il libro,
che è frutto del lavoro congiunto del ministero degli Interni della
Repubblica di Serbia [http://www.serbia.sr.gov.yu/government/%5d, delle
Forze di Polizia e dell'Esercito, contiene i nomi degli appartenenti
alle bande terroristiche che operano nell’aerea, molti dei quali
letteralmente a piede libero e sotto il vessillo delle Nazioni Unite.
Nel dossier è spiegato come l'Uck (il propagandato ‘esercito di
liberazione’, calorosamente spalleggiato nel ‘99 dalla Nato, che fino a
pochi anni prima lo annoverava nelle ‘formazioni terroristiche da
debellare’) sia stato quasi totalmente assimilato dalle nuove forze di
"vigilanza" postbelliche: il popolare Kosovo Protection Force, che
avrebbe dovuto essere il simbolo di una smilitarizzazione della regione
e di un ipotetico ritorno ai più basilari principi di democrazia e si è
rivelato, in realtà, uno strumento banditesco patrocinato (o forse solo
tollerato?) dalle forze internazionali.
Nei dettagli, il libro bianco raccoglie le testimonianze in merito agli
attentati nel Kosmet e nel sud della Serbia che, dal 6 giugno 1999 al
23 agosto 2003, hanno raggiunto la spaventosa cifra di seimila
attacchi, causando un migliaio di vittime, per lo più di etnia serba, e
per lo più civili.
In aggiunta, sono quasi trecentomila i cittadini non albanesi espulsi
dalla regione, relegati al ruolo di profughi senza chance di ritorno
alle proprie abitazioni, e si contano anche un migliaio di
desaparecidos [http://www.kosovo.com/erpkim22aug03.html%5d: ma il numero
delle persone rapite ed uccise potrebbe essere verosimilmente
raddoppiato, perché in assenza di strutture democratiche e di
condizioni minime di sicurezza, a prevalere nel Kosmet è la dialettica
del Far West.
Particolare attenzione è rivolta all’Esercito Nazionale Albanese
(Ana/Aksh [http://www.balkanpeace.org/hed/archive/feb03/hed5499.shtml%5d
in sigla), un'organizzazione militare terroristica, ampiamente
finanziata dalla diaspora albanese nel mondo e compresa nell’ombrello
del terrorismo panislamico, della cui esistenza l'Onu non ha mai fatto
mistero
[http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=2037], e che trova ampio
sostegno ideologico (e materiale) nella regione.
L'Ana, che ha già dalla sua un vasto assortimento di omicidi e di atti
terroristici, è agente destabilizzante non solo nelle regioni del
Kosovo e Metohija, ma anche nella Serbia meridionale ed in Macedonia.
Si tratta di un esercito di guerriglia organizzato in veri e propri
reparti militari, opportunamente dislocati nel sud dei Balcani: dalla
divisione Jashari con base a Gnjilane alla divisione Skandenberg con
base nella Macedonia occidentale, dalla divisione Malesia con base a
Ulcinj (Montenegro) alla divisione Chameria di stanza nel nord della
Grecia.
Obiettivo dell'Esercito Albanese (che aveva anche un fantomatico sito
internet, www.aksh.org [http://www.aksh.org/%5d, ora rimosso) sarebbe la
"liberazione" di tutte le terre abitate da cittadini albanesi (Serbia
del sud e Kosmet, Macedonia, parte del Montenegro e della Grecia) e la
formazione di una Grande Albania Unita. Un altro dei troppi deliri di
grandezza balcanica che l’Occidente sfrutta e cavalca con grande
disinvoltura, pronto a spargere lacrime insincere sul latte versato
quando i cadaveri –anziché in centinaia- si conteranno in migliaia.
Il libro bianco fornisce risposte ed informazioni -forse non richieste
dalle cancellerie di mezzo mondo, per le quali il Kosmet resta una
dolorosa spina nel fianco-, a cominciare dall'elenco di 156 ex-leaders
dell’UCK che – con l’alibi del patriottismo e non di rado indossando la
divisa cucita ad hoc dalla Kfor - si spartiscono la ricca torta del
narcotraffico.
Il libro bianco, che include anche le dichiarazioni di organizzazioni e
autorità unanimemente considerate come super partes - dall'ultimo
allarmante comunicato delle Nazioni Unite
[http://www.balkanpeace.org/hed/archive/oct03/hed6040.shtml%5d ai
reportages di Amnesty International
[http://web.amnesty.org/library/Index/ENGEUR700102003%5d, dai numerosi
appelli del patriarca Pavle
[http://www.exju.org/comments.php?id=P242_0_1_0_C] della Chiesa
Ortodossa Serba alle richieste di patrocinio dell’Unesco per i numerosi
monasteri minacciati dalla furia della guerriglia - è il primo
documento del genere ad essere pubblicato.
Più che di una petizione ‘morale’, infatti, si tratta di un monito
istituzionale: non a caso viene presentato nella stessa settimana che
ha visto il ministro della Giustizia Vladan Batic presentare le sue
rimostranze [http://www.kosovo.com/erpkim07nov03.html#2%5d in via
ufficiale per il mancato arresto di Agim Ceku, noto ai più con il
soprannome di “macellaio dei Balcani”: un delinquente impunito per
Belgrado che ne richiede l’estradizione, ma un leale alleato per la
Kfor che, dando un colpo al cerchio ed uno alla botte, gli assicura
libertà di azione ed immunità.
(lunedì 10 novembre 2003)