LETTERA APERTA AI COMPAGNI IN ITALIA

(inviata a "Liberazione" ed "Il Manifesto")

Con il dolore nell'anima ho visto ieri quello che ha trasmesso Rai Uno
a proposito della "Giornata della memoria delle foibe". Dunque una
giornata della memoria dei massacri commessi dai partigiani titini e
dell'esodo degli italiani dall'Istria e dalla Dalmazia... Mi hanno
colpito termini come "violenza cieca", che si sarebbe abbattuta sui
cittadini innocenti.
Prima di proseguire, per sgombrare ogni equivoco, ci tengo a
sottolineare che tutta la mia vita l'ho passata ad occuparmi della
cultura italiana e che l'unico figlio che ho avuto ora vive a Roma ed
ha finito gli studi in Italia. Quindi per libera scelta l'Italia era ed
è tuttora il paese di tutte le mie anzi nostre aspirazioni. Per questo
è ancor più insopportabile sentire che si è presa la giornata della
firma del trattato di Pace (10 febbraio) nella Conferenza di Parigi del
1947, come giornata della memoria di un ingiustizia e di un lutto
subiti, invece di onorarla come la giornata della sepoltura definitiva
del fascismo.

I fatti storici però restano quelli che sono anche se gli uomini li
interpretano come vogliono. Sarebbe assurdo contestare che l'esodo
massiccio degli italiani dall'Istria e da Zara non fu una tragedia; ma
tragedia immane fu senz'altro il fascismo ed il nazismo ed i popoli
dell'Europa intera hanno per questo errore storico pagato un altissimo
prezzo.

Ora, dinanzi ad una Europa unita che nasce nei dolori e nelle
difficoltà, ma nasce come ogni vita nuova, ogni vita giovane, con le
migliori aspettative e con i migliori auspici di una futura esistenza
felice, invece di ricordare gli errori e gli orrori del passato
ribaltando i fatti storici, non sarebbe forse più intelligente e più
onesto pensare che nella futura Europa non dovrebbero esistere tali
differenze e tali trattamenti disumani, responsabili della fuga di
popolazioni intere - centinaia e migliaia di uomini, donne, bambini,
vecchi, colpevoli di nulla, da un luogo ad un altro, da un paese ad
altro, facendoli in definitiva profughi ed esuli anche di se stessi?

Ora per conseguire un tale scopo non credo che la miglior via sia
quella di onorare errori storici quali il fascismo ed il nazismo,
infangando la lotta per la liberazione e la nozione stessa di
antifascismo. Quanto riguarda le politiche titine e titoiste niente le
riscatta e niente le umilia di più dello spettacolo orripilante del
sanguinoso squartamento del paese a cui si e' assistito lo scorso
decennio. E non è certo senza importanza che si trattò dell'unico paese
in Europa in cui la guerra partigiana contro il nazifascismo aveva
assunto, in tempi debiti, dimensioni colossali, avendo visto vincitori
coloro che da sempre furono umiliati ed oppressi. Questo fatto storico
nulla lo potrà mai cambiare.

La terra è degli uomini, di tutti gli uomini senza eccezione, e non di
una o dell'altra nazione o etnia o appartenenza politica, o religiosa,
o di questa o quella altra scuola del pensiero. Speriamo dunque che
cosi sarà per l'Europa che si sta creando e nella quale vivranno i
nostri figli e i nostri nipoti. E se non sarà cosi le colpe saranno
nostre e qualcuno le pagherà. Visto che le colpe storiche si pagano
sempre e non di rado le pagano coloro che colpe non ne hanno... E nel
desiderio che il triste esodo degli italiani da Istria e Dalmazia non
si ripeta più in nessun altro modo si dovrebbe dire "tutta la verità e
niente altro che la verità" a quel proposito.

Durante la guerra partigiana un giovane scrisse: "Chi sa se la libertà
sarà capace di cantare come gli incatenati l'avevano cantata?"
Ora, l'esodo di trecentocinquantamila italiani dall'Istria e dalla
Dalmazia non fu certo un momento di libertà. Però, non è certo più
rispettoso della libertà omettere che un numero pari - e documentabile
dagli archivi della guerra partigiana jugoslava - di italiani era stato
aiutato e salvato dai partigiani titini dopo il disastro dell' 8
settembre. Costoro furono aiutati ed ebbero salva la vita grazie ai
selvaggi, e malvagi, partigiani titini, dopo che il comando delle forze
armate italiane aveva lasciato i suoi ragazzi esposti alla mercè e –
questa volta si – spesso anche alla cieca violenza delle truppe naziste.

I massacri nelle isole greche, e dappertutto ove i partigiani locali
non erano riusciti ad aiutare i soldati italiani, sono fatti noti e non
ha senso ripeterli.

Oggi ben pochi sono ancora in vita tra coloro che furono aiutati e
salvati dai partigiani jugoslavi o che hanno combattuto accanto a loro.
Pretendere da questi che alzino la voce nel baccano scatenato intorno
alle "foibe" e ai "delitti dei titini" forse sarebbe pretendere troppo.
Non ne avrebbero la forza. Sono ormai troppo anziani e troppo
amareggiati, e i loro figli e nipoti hanno ben altre preoccupazioni.
Però, parlando di chi fu salvato si dovrebbero menzionare anche i
condannati – poche decine di gerarchi fascisti - che furono trascinati
dinanzi ai tribunali e per i quali si considerò che erano stati trovati
con le mani sporche di sangue. Questi ultimi furono condannati dai
tribunali regolari nel territorio liberato e furono giustiziati alla
luce del sole, non buttati nelle foibe con crudeltà immane e vendetta
cieca, senza ragione, senza causa e senza colpa! Le foibe sono il
frutto della violenza della gente del luogo, slava e non, che si era
scatenata contro gli oppressori locali, che in quei posti per venti
anni ne avevano fatte passare di tutti i colori alle genti che vivevano
li. Con storie come queste sulle "foibe" i comandi partigiani e la
giustizia dei vincitori hanno poco o nulla a che spartire.

E' tragico che in guerra e dopo la guerra capitino vendette trasversali
e del tutto illegittime ed ingiustificabili, ma purtroppo accade. Era
accaduto anche in Italia ed a tempo debito tutti abbiamo letto e visto
film come "La ragazza di Bube" e simili. Questo non ha però niente a
che vedere e a che spartire con la legalità e le leggi. Servirebbe
ricordare piuttosto che fu in base alle leggi marziali che fu istruito
il famoso processo agli antifascisti, a Zara nel 1942: processo in cui
furono giustiziati decine di compagni ed anche il segretario del
Partito comunista croato, Rade Koncar. Condannati alla pena capitale
furono diverse decine di antifascisti, fra cui anche una ragazzina di
quattordici anni (poi graziata, vive ancora a Spalato). Ma furono
uccisi in venti, tutti ragazzi giovani. In quel processo furono
coinvolti anche molti minorenni, i quali furono graziati e si videro
commutata la pena all'ergastolo, poiche' avevano buttato una bomba
contro la banda militare italiana, che marciava a suon di musica...
Furono fatti atroci, eccidi dall'una e dall'altra parte.

Ma le guerre per fortuna passano. Quel che rimane è la storia e non
serve farle violenza. Non ci sono fasi giuste e fasi sbagliate della
storia. Ci sono atti e fatti sbagliati, brutti ed indecenti, commessi
dagli uomini. I misfatti sono frutto delle azioni umane, mica cadono
dal cielo. Ora, rappresentare i combattenti per la giustizia e per la
libertà come malfattori e assassini vili mi sembra un fatto di per se
indecente e scabroso, un fatto che non promette bene per il futuro. La
posizione dei diessini in questi revisionismi fuori tempo massimo, che
riguardano l'eredità della storia dei titini, ritengo sia altrettanto
sbagliata, come fu sbagliata la posizione del PCI nel 1948 e anche
dopo, quando successero i fatti d'Ungheria. Ma nel 1948 furono dei
compagni in Italia ad alzare la voce in difesa dei titini: e la
pagarono cara.

Oggi pare che neanche la corrente girotondista di DS osi replicare e
difendere i partigiani slavi. E ai vecchi titini, ormai imbiancati
dagli anni e dai colpi subiti, non resta che dire: "Et tu mi fili,
Brute!" come esclamò Cesare quando fu pugnalato dal nipote Bruto. Dopo
tante ingiustizie e violenze che sono state fatte e dette contro un
paese, che non esiste più, forse sarebbe opportuno ricordare che gli
italiani dall'Istria se ne sono andati di propria spontanea volontà.
Hanno "optato" per l'Italia, cioè hanno preferito andarsene in Italia,
visto che non avevano la minima intenzione di rimanere a vivere in un
paese balcanico e comunista - e non perche' li avrebbero buttati nelle
foibe, torturati o squartati.

Essere nati nei primi decenni del secolo scorso in Istria e Dalmazia ed
essere italiani non fu certo una fortuna, certe volte fu una tragedia,
ma è altrettanto tragico oggi essere nati in Jugoslavia e non aver un
paese dove morire.

Per chiudere voglio citare Giorgio Bocca che scrive:
"Cadute le coperture ideologiche è venuto fuori in alcuni giovani
tribuni del popolo... un carrierismo pronto a calpestare i rapporti
civili, a colpire con ogni mezzo i compagni di ieri, con il rancore dei
preti spretati. Nei peggiori è tornato elogio alla ribalderia, intrisa
di disperazione, la voglia di infierire per mettere a tacere il
rimorso."

Ora, credo che in questa campagna si sia andato oltre, che si sia
giunti allo scontro all'arma bianca. Le vittime sono state trasformate
in carnefici e i veri carnefici in vittime ed eroi, il cui eroismo
dimenticato bisognerebbe riscattare... Non capita per la prima volta
nella storia. Gorki scrisse a proposito del movimento dei "populisti"
russi dell'ottocento: "E gli eroi furono trasformati in colpevoli,
visto che dopo aver suscitato enormi speranze non furono in grado di
esaudirle."

Però, che i carnefici diventino eroi mi pare davvero esagerato ed
oltraggioso. A questa bufala, tanto grossa quanto vergognosa, rispondo
di nuovo con le parole di Bocca:

"La storiografia moderna si è cosi riempita di pidocchi revisionisti
che pretendono di cambiare gli accaduti, le memoria, la toponomastica,
i libri di testo... Un momento... stiamo ai fatti... Quella non fu una
divisione da poco... Quelli... che combattevano [dopo l'8 settembre] al
fianco dei nazisti, volevano che i nazisti vincessero la guerra...
Volevano la fine delle libertà. Furono invece i partiti della
Resistenza a recuperare le libertà, anche i comunisti che le sancirono
con la Costituzione.
"I morti" diceva Pavese "sono tutti eguali, partigiani e
repubblichini"... tutti travolti dal fatto. Ma non erano uguali le loro
storie, le loro idee. La pietà è una cosa che fa parte del sentimento
umano solidale, ma la pietà per le idee non ha senso, non si può avere
pietà per le idee barbare, assassine, non si può revisionare l'orrore,
si può al massimo dimenticarlo."

E visto che non si vuole dimenticarlo, ma se ne vuole tener alta la
memoria, sarebbe doveroso ricordare che a scatenare l'orrore e la
guerra non furono antifascisti, comunisti, partigiani titini ne' slavi
(gente indecente e notoriamente assetata di sangue per la loro indole
selvaggia e balcanica), ma piuttosto coloro che si misero al fianco dei
nazisti in un progetto demenziale che fu sconfitto a prezzo di immani
sacrifici ed anche di vite umane. E questa sconfitta fu sigillata con
il Trattato di pace firmato a Parigi.
Da non dimenticare.

Jasna Tkalec, 10 febbraio 2004, Zagabria