LIBERAZIONE ? (Secondo)
MONDOCANE FUORILINEA
3/3/4
Fulvio Grimaldi
In Rai non misi più piede, dopo 16 anni, a partire dal 24 marzo 1999,
inizio dei bombardamenti sulla Jugoslavia e dello sfascio imperialista
di quel paese. Diversamente dai vari trombettieri al TG3 dell'infame
menzogna dell'"Intervento umanitario", Botteri, Della Volpe, Fichera,
Bonavolontà, Scardova, con annessi conduttori del tg, mi ero
documentato e avevo potuto constatare che la RAI e il TG3, già
immeritatamente definito Telekabul, avevano assunto in pieno il ruolo
di disinformatori e intossicatori, proprio di tutti gli altri media al
servizio della guerra Nato. Constatazione che poi ho potuto ampiamente
confermare e rafforzare recandomi subito in Jugoslavia e diventando
testimone oculare dell'immane architettura di inganni (dittatura,
pulizia etnica, fosse comuni, lager, massacri, nazionalismo serbo,
Sebrenica, Racak, Sarajevo) costruita da chi non aveva altri obiettivi
che quello di frantumare una nazione di popoli e confessioni convissuti
in pace per 70 anni e che avevano anche costruito un buon segmento di
socialismo, e di aprirsi la strada verso le regioni petrolifere e
oppiacee dell'Asia centrale. Qualche indicazione di questo tradimento
dell'etica giornalistica l'avevo già avuto, fin da quando il direttore
Alessandro Curzi si sperticò in elogi per tale Filippo Landi (oggi
appropriatamente corrispondente da Gerusalemme) che aveva raccontato
sul TG3 la "gloriosa guerra di liberazione della Croazia cattolica e
woytiliana contro i comunisti mangiabambini jugoslavi e serbi. Ma
sapete com'è, uno si illude, pazienta, spera finchè può, anche perché
tutte le alternative erano chiaramente peggiori.
Da "Liberazione", organo del PRC, fui cacciato nel maggio del 2003 per
aver scritto che i processati e condannati a Cuba non erano per niente
"intellettuali dissidenti" e "minoranze represse", bensì, come fu poi
ampiamente provato, terroristi mercenari al soldo degli USA, attori di
un'ampia e sanguinosa campagna di attentati terroristici che avrebbe
dovuto provocare l'aggressione statunitense all'isola. In effetti, mi
avevano già messo a pochi centimetri dalla porta per non aver cantato
la canzone del padrone a proposito del "criminale nazionalista"
Milosevic, del "terrorismo" palestinese, di molte faccende irachene e,
tutto sommato, della lotta di liberazione che spetta di diritto a
classi e popoli oppressi e sfruttati. Già incombevano le trombe del
giudizio universale di comunisti e rivoluzionari: la non violenza.
Ma se non mi avessero cacciato come neanche la McDonald's nei confronti
di uno schiavetto che ha fatto cadere un hamburger, ebbene oggi me ne
sarei andato io. La misura risulta colma, pur essendo stata già di
dimensioni iperboliche per le cateratte "nuoviste" che vi si erano
precipitate a partire dall'ultimo congresso del PCR. Molti hanno
parlato di una mutazione a dir poco genetica del partito, che avrebbe
dovuto rifondare il comunismo, in direzione di una formazione dal
profilo indistinto, vagamente buonista e migliorista, al meglio
saragattianamente socialdemocratica, rigorosamente disarmata, senza
neanche un ciotoletto in mano, figurarsi un pugno chiuso, anzi a mani
giunte, UEista e sicuramente compatibile con lo stato di cose
esistente, tanto da ambire al governo dell'esistente. Un esistente
notoriamente guerresco, violento assai - quello sì! - e
confindustriale, con incarnazioni come D'Alema, Amato, Rutelli,
Mastella, Fassino e con sue espressioni intellettuali quali Revelli,
Bobbio, Negri, o Imma Barbarossa (chi era costei?)
La goccia estrema del traboccamento di un vaso dal vino rosso andato in
aceto è stato il trattamento riservato dal "giornale comunista"
all'apocalisse imperialista eurostatunitense (sì anche di quell'Europa
alle cui regole il nuovo Partito della Sinistra Europea di Bertinotti e
altri panda deve e vuole conformarsi) inflitta al disgraziato popolo di
Haiti. Popolo di schiavi neri della prima rivoluzione latinoamericana,
popolo mille volte invaso dai barbari del Nord, affidato a sgherri del
Nord altro che Saddam, liberatosi ancora una volta e "democraticamente"
con un presidente dei poveri (ma i nazisti non dimenticano). D'accordo,
s'erano già superati tutti i limiti del veritiero e del giusto in tante
occasioni contingenti e su tante questioni di principio, dimostrando
una subalternità da carta carbone al sistema di disinformazione,
mistificazione e menzogna sistemica del dominio più reazionario e
feroce dai tempi della Controriforma. Dell'offensiva imperialista.
"Liberazione" ha via via accettato passivamente tutti i paradigmi
fondamentali. Basta pensare alla demonizzazione dei nemici da
abbattere, da Milosevic a Castro, dai russi in Cecenia a Saddam, in
ciò agevolando oggettivamente, nonostante pigolii di critica sul
metodo, tutte le aggressioni, le stragi, le distruzioni, le
devastazioni, gli squartamenti. Oppure, peggio ancora, si pensi alla
dicotomia, definita "spirale", di guerra e terrorismo, intrinsecamente
in linea con la furbata israelo-anglo-italo-statunitense della "guerra
necessitata dall'esistenza del terrorismo" (ovviamente islamico: è dove
stanno i musulmani che stanno gli idrocarburi e la massima parte degli
stupefacenti), che ha poi imposto lo scandaloso silenzio sulle scoperte
di investigatori imparziali di mezzo mondo e soprattutto negli USA
circa le vere responsabilità dell'11 settembre, alibi sine qua non
della guerra preventiva e permanente, molto preventivamente programmata.
Aver chiuso con ogni forza gli occhi (come ad altissimo livello di
partito si è fatto in un Seminario su terrorismo e guerra quando ho
citato le incongruenze e falsità delle versioni ufficiali, documentate
da fonti assolutamente attendibili, le mille prove di un terrore
programmato nel ventre del mostro imperialista) davanti alle spaventose
verità che vanno emergendo sulle Torri Gemelle: è questo il fatto più
grave e imperdonabile. Accettando che la guerra si fa contro terroristi
che buttano giù grattacieli, colpiscono il cuore militare della
nazione e ammazzano migliaia di innocenti, e che il terrorismo è a sua
volta una risposta alla guerra imperialista, non si fa che lubrificare
gli ingranaggi dello sterminio, della riconquista coloniale, degli
sterminii in massa, dell'assoggettamento dei popoli del mondo a un
groviglio in neonazisti, integralisti cristiani, multinazionalisti
antinazionalisti (nel caso degli altri) ed espansionisti, vessilliferi
del complesso militar-industriale. Ne consegue l'incapacità - o
rifiuto - di analizzare i meccanismi del dominio e di opporvisi. La
buona fede in questa oggettiva amicizia per il giaguaro è messa poi in
discussione dall'assalto alla biologia, alla storia, alla decenza, al
buonsenso e al futuro degli oppressi attraverso un violentissimo
bombardamento di non violenze estese ad assunto universale e assoluto.
Ne consegue anche una coltellata alla schiena a interi popoli che
resistono con la forza, come giustizia, diritto ed etica comandano,
alla barbarie genocide dell'aggressore, in Iraq, Palestina, Cuba,
domani Venezuela, Brasile, e chissà quali altri popoli che, già solo
per dignità, si sollevano in armi contro i cavalieri dell'apocalisse (e
loro palafrenieri "non violenti"). Tutti terroristi, per "Liberazione"
e guai se si azzarda un'"Intifada fino alla vittoria". Oltre a tutto
striderebbe con l'acquiescienza del giornale al ricatto sionista e
della comunità ebraica in Italia dell'anatema di "antisemitismo" con
cui si impiccano i critici del sionismo razzista e colonialista e chi
guarda con maggiore preoccupazione ai ben più credibili rigurgiti
razzisti e antisemiti nei confronti di arabi e immigrati vari in Europa.
L'epitome di tutto questo sta nella gestione dell'affaire Haiti da
parte di "Liberazione" e nel confronto con quella di un giornale,
peraltro spesso non impeccabile, come "Il Manifesto". Oggi, 3 marzo,
ancora in pagina molto interna, da roba secondaria, il "giornale
comunista" balbetta finalmente qualcosa su un "colpetto di stato" di
Washington e rettifica leggermente, per merito di Daniele Zaccaria, una
linea di vergognosa subalternità all'informazione golpista. Forse
perché non si poteva più far finta di niente dopo che "Il Manifesto"
aveva dedicato la prima e poi un'intera pagina interna alla feroce
aggressione statunitense, con tanto di biografie di quelli che
"Liberazione" chiama i capi degli "insorti", o dei "ribelli" e che
invece risultano ergastolani, massacratori al servizio prima dei
dittatori Duvalier, e poi della controrivoluzione pagata e istruita
dalla Cia (gangster usciti da scuole militari USA come lo stragista
narcotrafficante Guy Philippe, i serial killer tonton macoute
Jean-Pierre Baptiste, Louis-Jodel Chamblain, Emmanuel Constant). Ma per
tutto il tempo in cui si è dipanata l'infiltrazione degli sgherri USA
da Santo Domingo e che si è messo a ferro e fuoco un paese che non si
poteva più tollerare governato da chi provava a sollevare la sorte del
90% di miserabili schiacciati sotto il tallone dei latifondisti
filo-USA e a disobbedire, per quanto possibile nei morsi della fame, ai
diktat degli amerikani FMI e BM, per tutti quei giorni quel tabloid ha
dedicato all'ennesimo crimine latinoamericano USA - del tutto
paragonabile all'uccisione dell'Iraq o della Palestina - un quarto di
una sua paginetta, in fondo al giornale politico, mantenendo
un'equidistanza degna dell'ANSA tra la versione che sparlava di un
Aristide (unico presidente democraticamente eletto) "corrotto e
repressivo", anche un po' matto, e quella che attribuiva a Washington
un qualche ruolo nel "colpetto" di Stato. Lo stupro di Haiti è del
tutto assimilabile a quello che gli USA stanno da tempo programmando
per Cuba. Anche allora si vorrà riservare uno spazio marginale
all'evento, magari deplorando la resistenza armata del popolo?
Aristide aveva sciolto l'esercito. A Cuba c'è invece l'esercito
rivoluzionario e il generale Francisco Gonzales, detto "Pancho", un
veterano della rivoluzione, compagno del Che, vicecomandante nel
Secondo Frente di Raul Castro, che oggi cura coltivazione biologiche e
energie rinnovabili nella Sierra Maestra (e quindi, non essendo
diventato un brutale detentore del potere, smentisce l'insensato
assunto del fine che viene corrotto dai mezzi), mi disse una volta:
"Siamo vivi perché siamo armati". E il cielo sa quanto ha ragione, alla
faccia del disarmatore unilaterale Marco Revelli.
Tutto questo è indegno e insopportabile per chi compra quel tabloid
credendo di trovarvi un'informazione alternativa, non subalterna e
quindi veritiera. Dovrebbe esserlo ancora di più per chi ci lavora. Un
qualche Comitato di Redazione ha forse sollevato un'obiezione, magari
solo un sopracciglio, per come è stato minimizzata e praticamente
nascosta la zampata imperialista nel "cortile di casa"? Si è forse
trattato, da parte dell'esperta condirettrice Gagliardi, dell'ennesima
captatio benevolentiae del partner D'Alema, - avete visto il cinguettio
tra Bertinotti e il compagno opusdeista e inciucista al Costanzo sciò?
- uno dei più validi demolitori delle istanze di liberazione
latinoamericane, a partire da quella venezuelana, dove l'ex-premier si
è schierato in toto accanto all'oligarchia fascista e contro la
rivoluzione bolivariana? Vedi il giornale dei golpisti italiani di
Caracas "La Voce d'Italia")? Avete visto come ieri, ennesimo giorno
della brigantesca invasione di Haiti da parte di terroristi mercenari
in mimetica da ribelle e in divisa da marine o parà francese, il veleno
delle sbagliate corrispondenze sul colpo di Stato USA abbia potuto
infettare perfino un disegnatore astuto e acuto come Apicella (che,
pure, da anglofobo l'avrebbe potuta sapere più lunga). La sua vignetta
raffigura una mamma palestinese con figlio, nella casa a Jenin
distrutta dagli israeliani, angosciati e ansiosi davanti a uno schermo
tv che racconta come a Haiti si sia verificato un "pronto intervento di
truppe francesi e americane". Il titolo in alto dice nientemeno:
"Sognando Haiti"! Avete capito? I palestinesi, a cui è negato
l'intervento di truppe "di pace" che li salvino dal caos, devono
"sognare" una Haiti dove quell'intervento invece c'è stato!
Si misurino, alla luce di questa indifendibile caduta politica e,
addirittura, professionale, le posizione del giornale (certamente non
farina esclusiva del sacco di Curzi, Gagliardi e subalterni) su
violenza e non violenza (esce un libro definito "dibattito" in cui su
50 interventi 40 sono di parte non violenta), sull'11/9, sulla bontà
degli interventi ONU (ONU reduce dall'avallo di Haiti, Somalia,
Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, embargo e mille altre mostruosità
imperialiste), sulla falsa contrapposizione tra "conservatori" iraniani
e "progressisti" borghesi con la bandiera a stelle e striscie, sui
"ribelli" ceceni di Al Qaida (cioè Cia), amici di Panella e di Sofri, e
"massacratori" russi, sul "terrorismo" palestinese o iracheno. Mai un
dubbio - diffusissimo nella sinistra mondiale - che certe stragi di
sciti o certi scambi di bombe tra moschee sunnite e scite possano
essere riferiti alla palese strategia israelo-statunitense di provocare
una guerra civile che disintegri il grande paese disobbediente, o che
certe bombe a Istanbul possano voler punire una Turchia altamente
offensiva per aver proibito l'uso delle basi, il passaggio delle truppe
USA e l'invio delle proprie in Iraq, eccetera, eccetera, eccetera:
dopotutto la storia insegna - a noi, non a "Liberazione" - che
Washington ha praticato il terrorismo come pretesto per tutte le sue
guerre. Infine, è mai possibile accreditare un'autonomia
antimperialista a quell'Al Qaida che dalla Cia è stata creata e la Cia
ha servito in Bosnia, in Kosovo, ancora oggi in Macedonia, Algeria,
Filippine, ovunque agli ordini e negli interessi dei guerrafondai di
Washington?
Chiediamoci: "Liberazione" c'è o ci fa? Se c'è, va chiusa. Se ci fa,
merita una delle infinite "trasformazioni", "innovazioni",
"cambiamenti" di cui "l'altro mondo possibile" tracima quotidianamente.
Parafrasando un'orrenda sgrammaticatura del segretario del PRC (un
verbo intransitivo stuprato in transitivo), subito ripetuta ad libitum,
come consuetudine, da mille pennaioli e oratori del seguito, lanciamo
un appello: nei confronti del giornale è ora di agire la critica
rivoluzionaria.
MONDOCANE FUORILINEA
3/3/4
Fulvio Grimaldi
In Rai non misi più piede, dopo 16 anni, a partire dal 24 marzo 1999,
inizio dei bombardamenti sulla Jugoslavia e dello sfascio imperialista
di quel paese. Diversamente dai vari trombettieri al TG3 dell'infame
menzogna dell'"Intervento umanitario", Botteri, Della Volpe, Fichera,
Bonavolontà, Scardova, con annessi conduttori del tg, mi ero
documentato e avevo potuto constatare che la RAI e il TG3, già
immeritatamente definito Telekabul, avevano assunto in pieno il ruolo
di disinformatori e intossicatori, proprio di tutti gli altri media al
servizio della guerra Nato. Constatazione che poi ho potuto ampiamente
confermare e rafforzare recandomi subito in Jugoslavia e diventando
testimone oculare dell'immane architettura di inganni (dittatura,
pulizia etnica, fosse comuni, lager, massacri, nazionalismo serbo,
Sebrenica, Racak, Sarajevo) costruita da chi non aveva altri obiettivi
che quello di frantumare una nazione di popoli e confessioni convissuti
in pace per 70 anni e che avevano anche costruito un buon segmento di
socialismo, e di aprirsi la strada verso le regioni petrolifere e
oppiacee dell'Asia centrale. Qualche indicazione di questo tradimento
dell'etica giornalistica l'avevo già avuto, fin da quando il direttore
Alessandro Curzi si sperticò in elogi per tale Filippo Landi (oggi
appropriatamente corrispondente da Gerusalemme) che aveva raccontato
sul TG3 la "gloriosa guerra di liberazione della Croazia cattolica e
woytiliana contro i comunisti mangiabambini jugoslavi e serbi. Ma
sapete com'è, uno si illude, pazienta, spera finchè può, anche perché
tutte le alternative erano chiaramente peggiori.
Da "Liberazione", organo del PRC, fui cacciato nel maggio del 2003 per
aver scritto che i processati e condannati a Cuba non erano per niente
"intellettuali dissidenti" e "minoranze represse", bensì, come fu poi
ampiamente provato, terroristi mercenari al soldo degli USA, attori di
un'ampia e sanguinosa campagna di attentati terroristici che avrebbe
dovuto provocare l'aggressione statunitense all'isola. In effetti, mi
avevano già messo a pochi centimetri dalla porta per non aver cantato
la canzone del padrone a proposito del "criminale nazionalista"
Milosevic, del "terrorismo" palestinese, di molte faccende irachene e,
tutto sommato, della lotta di liberazione che spetta di diritto a
classi e popoli oppressi e sfruttati. Già incombevano le trombe del
giudizio universale di comunisti e rivoluzionari: la non violenza.
Ma se non mi avessero cacciato come neanche la McDonald's nei confronti
di uno schiavetto che ha fatto cadere un hamburger, ebbene oggi me ne
sarei andato io. La misura risulta colma, pur essendo stata già di
dimensioni iperboliche per le cateratte "nuoviste" che vi si erano
precipitate a partire dall'ultimo congresso del PCR. Molti hanno
parlato di una mutazione a dir poco genetica del partito, che avrebbe
dovuto rifondare il comunismo, in direzione di una formazione dal
profilo indistinto, vagamente buonista e migliorista, al meglio
saragattianamente socialdemocratica, rigorosamente disarmata, senza
neanche un ciotoletto in mano, figurarsi un pugno chiuso, anzi a mani
giunte, UEista e sicuramente compatibile con lo stato di cose
esistente, tanto da ambire al governo dell'esistente. Un esistente
notoriamente guerresco, violento assai - quello sì! - e
confindustriale, con incarnazioni come D'Alema, Amato, Rutelli,
Mastella, Fassino e con sue espressioni intellettuali quali Revelli,
Bobbio, Negri, o Imma Barbarossa (chi era costei?)
La goccia estrema del traboccamento di un vaso dal vino rosso andato in
aceto è stato il trattamento riservato dal "giornale comunista"
all'apocalisse imperialista eurostatunitense (sì anche di quell'Europa
alle cui regole il nuovo Partito della Sinistra Europea di Bertinotti e
altri panda deve e vuole conformarsi) inflitta al disgraziato popolo di
Haiti. Popolo di schiavi neri della prima rivoluzione latinoamericana,
popolo mille volte invaso dai barbari del Nord, affidato a sgherri del
Nord altro che Saddam, liberatosi ancora una volta e "democraticamente"
con un presidente dei poveri (ma i nazisti non dimenticano). D'accordo,
s'erano già superati tutti i limiti del veritiero e del giusto in tante
occasioni contingenti e su tante questioni di principio, dimostrando
una subalternità da carta carbone al sistema di disinformazione,
mistificazione e menzogna sistemica del dominio più reazionario e
feroce dai tempi della Controriforma. Dell'offensiva imperialista.
"Liberazione" ha via via accettato passivamente tutti i paradigmi
fondamentali. Basta pensare alla demonizzazione dei nemici da
abbattere, da Milosevic a Castro, dai russi in Cecenia a Saddam, in
ciò agevolando oggettivamente, nonostante pigolii di critica sul
metodo, tutte le aggressioni, le stragi, le distruzioni, le
devastazioni, gli squartamenti. Oppure, peggio ancora, si pensi alla
dicotomia, definita "spirale", di guerra e terrorismo, intrinsecamente
in linea con la furbata israelo-anglo-italo-statunitense della "guerra
necessitata dall'esistenza del terrorismo" (ovviamente islamico: è dove
stanno i musulmani che stanno gli idrocarburi e la massima parte degli
stupefacenti), che ha poi imposto lo scandaloso silenzio sulle scoperte
di investigatori imparziali di mezzo mondo e soprattutto negli USA
circa le vere responsabilità dell'11 settembre, alibi sine qua non
della guerra preventiva e permanente, molto preventivamente programmata.
Aver chiuso con ogni forza gli occhi (come ad altissimo livello di
partito si è fatto in un Seminario su terrorismo e guerra quando ho
citato le incongruenze e falsità delle versioni ufficiali, documentate
da fonti assolutamente attendibili, le mille prove di un terrore
programmato nel ventre del mostro imperialista) davanti alle spaventose
verità che vanno emergendo sulle Torri Gemelle: è questo il fatto più
grave e imperdonabile. Accettando che la guerra si fa contro terroristi
che buttano giù grattacieli, colpiscono il cuore militare della
nazione e ammazzano migliaia di innocenti, e che il terrorismo è a sua
volta una risposta alla guerra imperialista, non si fa che lubrificare
gli ingranaggi dello sterminio, della riconquista coloniale, degli
sterminii in massa, dell'assoggettamento dei popoli del mondo a un
groviglio in neonazisti, integralisti cristiani, multinazionalisti
antinazionalisti (nel caso degli altri) ed espansionisti, vessilliferi
del complesso militar-industriale. Ne consegue l'incapacità - o
rifiuto - di analizzare i meccanismi del dominio e di opporvisi. La
buona fede in questa oggettiva amicizia per il giaguaro è messa poi in
discussione dall'assalto alla biologia, alla storia, alla decenza, al
buonsenso e al futuro degli oppressi attraverso un violentissimo
bombardamento di non violenze estese ad assunto universale e assoluto.
Ne consegue anche una coltellata alla schiena a interi popoli che
resistono con la forza, come giustizia, diritto ed etica comandano,
alla barbarie genocide dell'aggressore, in Iraq, Palestina, Cuba,
domani Venezuela, Brasile, e chissà quali altri popoli che, già solo
per dignità, si sollevano in armi contro i cavalieri dell'apocalisse (e
loro palafrenieri "non violenti"). Tutti terroristi, per "Liberazione"
e guai se si azzarda un'"Intifada fino alla vittoria". Oltre a tutto
striderebbe con l'acquiescienza del giornale al ricatto sionista e
della comunità ebraica in Italia dell'anatema di "antisemitismo" con
cui si impiccano i critici del sionismo razzista e colonialista e chi
guarda con maggiore preoccupazione ai ben più credibili rigurgiti
razzisti e antisemiti nei confronti di arabi e immigrati vari in Europa.
L'epitome di tutto questo sta nella gestione dell'affaire Haiti da
parte di "Liberazione" e nel confronto con quella di un giornale,
peraltro spesso non impeccabile, come "Il Manifesto". Oggi, 3 marzo,
ancora in pagina molto interna, da roba secondaria, il "giornale
comunista" balbetta finalmente qualcosa su un "colpetto di stato" di
Washington e rettifica leggermente, per merito di Daniele Zaccaria, una
linea di vergognosa subalternità all'informazione golpista. Forse
perché non si poteva più far finta di niente dopo che "Il Manifesto"
aveva dedicato la prima e poi un'intera pagina interna alla feroce
aggressione statunitense, con tanto di biografie di quelli che
"Liberazione" chiama i capi degli "insorti", o dei "ribelli" e che
invece risultano ergastolani, massacratori al servizio prima dei
dittatori Duvalier, e poi della controrivoluzione pagata e istruita
dalla Cia (gangster usciti da scuole militari USA come lo stragista
narcotrafficante Guy Philippe, i serial killer tonton macoute
Jean-Pierre Baptiste, Louis-Jodel Chamblain, Emmanuel Constant). Ma per
tutto il tempo in cui si è dipanata l'infiltrazione degli sgherri USA
da Santo Domingo e che si è messo a ferro e fuoco un paese che non si
poteva più tollerare governato da chi provava a sollevare la sorte del
90% di miserabili schiacciati sotto il tallone dei latifondisti
filo-USA e a disobbedire, per quanto possibile nei morsi della fame, ai
diktat degli amerikani FMI e BM, per tutti quei giorni quel tabloid ha
dedicato all'ennesimo crimine latinoamericano USA - del tutto
paragonabile all'uccisione dell'Iraq o della Palestina - un quarto di
una sua paginetta, in fondo al giornale politico, mantenendo
un'equidistanza degna dell'ANSA tra la versione che sparlava di un
Aristide (unico presidente democraticamente eletto) "corrotto e
repressivo", anche un po' matto, e quella che attribuiva a Washington
un qualche ruolo nel "colpetto" di Stato. Lo stupro di Haiti è del
tutto assimilabile a quello che gli USA stanno da tempo programmando
per Cuba. Anche allora si vorrà riservare uno spazio marginale
all'evento, magari deplorando la resistenza armata del popolo?
Aristide aveva sciolto l'esercito. A Cuba c'è invece l'esercito
rivoluzionario e il generale Francisco Gonzales, detto "Pancho", un
veterano della rivoluzione, compagno del Che, vicecomandante nel
Secondo Frente di Raul Castro, che oggi cura coltivazione biologiche e
energie rinnovabili nella Sierra Maestra (e quindi, non essendo
diventato un brutale detentore del potere, smentisce l'insensato
assunto del fine che viene corrotto dai mezzi), mi disse una volta:
"Siamo vivi perché siamo armati". E il cielo sa quanto ha ragione, alla
faccia del disarmatore unilaterale Marco Revelli.
Tutto questo è indegno e insopportabile per chi compra quel tabloid
credendo di trovarvi un'informazione alternativa, non subalterna e
quindi veritiera. Dovrebbe esserlo ancora di più per chi ci lavora. Un
qualche Comitato di Redazione ha forse sollevato un'obiezione, magari
solo un sopracciglio, per come è stato minimizzata e praticamente
nascosta la zampata imperialista nel "cortile di casa"? Si è forse
trattato, da parte dell'esperta condirettrice Gagliardi, dell'ennesima
captatio benevolentiae del partner D'Alema, - avete visto il cinguettio
tra Bertinotti e il compagno opusdeista e inciucista al Costanzo sciò?
- uno dei più validi demolitori delle istanze di liberazione
latinoamericane, a partire da quella venezuelana, dove l'ex-premier si
è schierato in toto accanto all'oligarchia fascista e contro la
rivoluzione bolivariana? Vedi il giornale dei golpisti italiani di
Caracas "La Voce d'Italia")? Avete visto come ieri, ennesimo giorno
della brigantesca invasione di Haiti da parte di terroristi mercenari
in mimetica da ribelle e in divisa da marine o parà francese, il veleno
delle sbagliate corrispondenze sul colpo di Stato USA abbia potuto
infettare perfino un disegnatore astuto e acuto come Apicella (che,
pure, da anglofobo l'avrebbe potuta sapere più lunga). La sua vignetta
raffigura una mamma palestinese con figlio, nella casa a Jenin
distrutta dagli israeliani, angosciati e ansiosi davanti a uno schermo
tv che racconta come a Haiti si sia verificato un "pronto intervento di
truppe francesi e americane". Il titolo in alto dice nientemeno:
"Sognando Haiti"! Avete capito? I palestinesi, a cui è negato
l'intervento di truppe "di pace" che li salvino dal caos, devono
"sognare" una Haiti dove quell'intervento invece c'è stato!
Si misurino, alla luce di questa indifendibile caduta politica e,
addirittura, professionale, le posizione del giornale (certamente non
farina esclusiva del sacco di Curzi, Gagliardi e subalterni) su
violenza e non violenza (esce un libro definito "dibattito" in cui su
50 interventi 40 sono di parte non violenta), sull'11/9, sulla bontà
degli interventi ONU (ONU reduce dall'avallo di Haiti, Somalia,
Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, embargo e mille altre mostruosità
imperialiste), sulla falsa contrapposizione tra "conservatori" iraniani
e "progressisti" borghesi con la bandiera a stelle e striscie, sui
"ribelli" ceceni di Al Qaida (cioè Cia), amici di Panella e di Sofri, e
"massacratori" russi, sul "terrorismo" palestinese o iracheno. Mai un
dubbio - diffusissimo nella sinistra mondiale - che certe stragi di
sciti o certi scambi di bombe tra moschee sunnite e scite possano
essere riferiti alla palese strategia israelo-statunitense di provocare
una guerra civile che disintegri il grande paese disobbediente, o che
certe bombe a Istanbul possano voler punire una Turchia altamente
offensiva per aver proibito l'uso delle basi, il passaggio delle truppe
USA e l'invio delle proprie in Iraq, eccetera, eccetera, eccetera:
dopotutto la storia insegna - a noi, non a "Liberazione" - che
Washington ha praticato il terrorismo come pretesto per tutte le sue
guerre. Infine, è mai possibile accreditare un'autonomia
antimperialista a quell'Al Qaida che dalla Cia è stata creata e la Cia
ha servito in Bosnia, in Kosovo, ancora oggi in Macedonia, Algeria,
Filippine, ovunque agli ordini e negli interessi dei guerrafondai di
Washington?
Chiediamoci: "Liberazione" c'è o ci fa? Se c'è, va chiusa. Se ci fa,
merita una delle infinite "trasformazioni", "innovazioni",
"cambiamenti" di cui "l'altro mondo possibile" tracima quotidianamente.
Parafrasando un'orrenda sgrammaticatura del segretario del PRC (un
verbo intransitivo stuprato in transitivo), subito ripetuta ad libitum,
come consuetudine, da mille pennaioli e oratori del seguito, lanciamo
un appello: nei confronti del giornale è ora di agire la critica
rivoluzionaria.