Campagna per il ritiro dei soldati italiani dall'Iraq:
Resoconto riunione a Firenze del 15 maggio '04


Il giorno 15 maggio si è svolto come previsto presso il Cpa di Firenze
l’incontro tra le varie realtà che diedero vita allo spezzone
anticapitalista nella manifestazione del 20 marzo con lo slogan “Fuori
le truppe dall’Iraq senza se e senza Onu” in previsione della visita di
Bush in Italia.

Dalla discussione sono emersi orientamenti largamente condivisi e di
seguito sintetizzati:

 

La venuta di Bush in Italia rappresenta un tentativo di rilanciare
l’immagine degli Usa come potenza liberatrice ora e nel passato,
mascherando dietro l’esportazione della democrazia gli interessi
economici, politici e militari della potenza imperialista statunitense.
Essa inoltre ha lo scopo di rinsaldare i legami con il governo
Berlusconi fedele alleato nella occupazione neocoloniale in Iraq, ma
anche, viste le difficoltà incontrate a “normalizzare” il paese, di
contrattare con le altre potenze europee (Francia e Germania) la
possibilità di proseguire, magari dietro mandato Onu, l’occupazione
dell’Iraq e la spartizione più “equa” del bottino petrolifero e delle
commesse per la ricostruzione.

Il movimento contro la guerra italiano non può restare passivo ed
indifferente di fronte alla presenza di Bush in Italia, ma, dando
continuità alla sua strenua opposizione prima all’aggressione e poi
all’occupazione ancora in atto, ha il dovere di protestare e
manifestare nella maniera più vistosa ed ampia possibile per far
sentire tanto a Bush quanto al proprio governo, la richiesta del ritiro
immediato delle truppe dall’Iraq dietro qualunque bandiere le si voglia
mascherare.

La crescente e sempre più unitaria resistenza popolare in Iraq ha dato
un durissimo colpo all’immagine di “liberatori” degli eserciti
occupanti, smascherando ancora più apertamente le ragioni di rapina e
di sfruttamento che stanno dietro la guerra infinita in generale e
all’aggressione irachena in particolare.

La legittima resistenza del popolo iracheno con la sua stessa presenza
ha dato un impulso notevole allo stesso movimento contro la guerra nei
paesi occidentali, impedendo che l’occupazione cadesse nel
dimenticatoio, come già avvenuto nel caso della ex Jugoslavia o
dell’Afghanistan che pure sono il frutto della stessa strategia di
guerra infinita. Essa ha anche determinato uno stop temporaneo alla
tabella di marcia prevista dalla guerra infinita preventiva, rendendo
impossibile dare vita a nuove aggressioni verso altri paesi candidati
al ruolo di “stati canaglia”.

Contro tale resistenza non si è esitato a ricorrere a tentativi di vero
e proprio genocidio come nel caso di Falluja o al sistematico uso delle
torture nel disperato tentativo di piegare la volontà di un intero
popolo. Non sono stati da meno i media occidentali asserviti agli
interessi delle classi dominanti nel dipingere tale resistenza come
terrorismo per giustificare la permanenza delle truppe occupanti.
Ancora oggi, di fronte all’evidente processo di unità tra le varie
componenti etnico religiose, prodotto dalla stessa ferocia
dell’occupazione, si ha il coraggio di paventare i “pericoli” ed il
“caos” derivabili da un intempestivo ritiro, come se per gli iracheni
potesse esserci qualcosa di peggio dell’inferno portato dalle truppe di
invasione e come se il caos non fosse proprio il risultato
dell’occupazione in atto.

Ma è altrettanto vero che se fino ad oggi le potenze occupanti non
hanno potuto procedere verso una “soluzione finale” nella vicenda
irachena ciò è dipeso, anche dall’esistenza di un forte movimento di
opposizione che si è sviluppato in tutto l’occidente ed in particolare
nei paesi della coalizione che, se non è riuscito con le sue grandiosi
mobilitazioni ad impedire l’aggressione dello scorso anno, ha
sicuramente reso più difficile lo scatenamento di tutto il potenziale
bellico e distruttivo degli eserciti occupanti, fino ad ottenere un
primo visibile risultato con la decisione del nuovo governo spagnolo di
ritirare le proprie truppe.

Contro i tanti denigratori del movimento, della sua presunta inutilità,
contro tutti coloro che cercano di depotenziarne i suoi connotati, per
trasformarlo al massimo un’appendice di apparati istituzionali e di
interessi elettorali, va quindi ribadita la giustezza delle grandiosi
proteste che hanno punteggiato l’aggressione all’Iraq. Queste vanno
casomai rese ancora più efficaci ed incisive dando ad esse maggiore
continuità e saldando le mobilitazioni contro la guerra con i crescenti
fenomeni di opposizione e di resistenza alla politica interna dei
nostri governi. Il militarismo crescente, la blindatura autoritaria
delle istituzioni, il diffuso ricorso alla repressione di ogni dissenso
sociale e politico, così come il generale attacco alle condizioni di
vita e di lavoro, dalle pensioni, alla diffusione della precarietà e
flessibilità, alla scuola, l’odioso regime cui vengono sottoposti i
migranti, non sono “altra cosa” rispetto alla politica estera. Essi
sono solo l’altra faccia dell’unica medaglia che spinge le classi
dominanti a sopperire alle crescenti difficoltà del proprio sistema
economico, con il ricorso a qualsiasi mezzo per difendere i propri
profitti ed i propri privilegi di classe, tanto all’interno che
all’estero.

Oltre alle giuste ragioni di repulsione morale ed etiche contro le
aggressioni in atto, esiste quindi una oggettiva convergenza di
interessi tra la resistenza del popolo iracheno e degli altri popoli
del terzo mondo che si oppongono alle conseguenza della guerra infinita
ed i proletari dei paesi occidentali in lotta contro le conseguenze
sulla propria pelle della globalizzazione capitalistica.

La sconfitta della politica di rapina, sfruttamento, oppressione ed
aggressione verso i popoli del terzo mondo, comporta un indebolimento
delle possibilità delle classi dirigenti occidentali di proseguire
agevolmente nell’offensiva contro i propri proletari, così come il
rafforzamento delle proteste contro la guerra e quelle in difesa delle
proprie condizioni di vita e di lavoro nei paesi occidentali, rendono
più difficile realizzare quella “pace sociale interna”, condizione
essenziale per proseguire impunemente nella strategia di guerra
infinita dichiarata contro i popoli oppressi.

Inoltre la forte mobilitazione nei paesi occidentali contro le
aggressioni neocoloniali è anche la premessa decisiva per procedere
sulla strada di un confronto autorevole con le varie resistenze in
atto, spesso caratterizzate da ideologie religiose e conservatrici e da
una subordinazione agli interessi delle classi dirigenti locali.

La questione delle indiscutibili distanze di valori, di prospettive e
di progettualità esistenti tra movimento no-global, no war e resistenze
nei paesi del terzo mondo, è infatti spesso utilizzata come alibi per
non assumersi le proprie responsabilità di netta opposizione alle
aggressione condotte dai paesi occidentali e dell’incondizionato
riconoscimento del diritto alla resistenza. Se oggi non ci sono le
condizioni per una identificazione tra movimento contro la guerra e
resistenze contro le aggressioni imperialiste, tali differenze non
vanno nascoste, ma consapevolmente assunte per lavorare però nel corso
della comune lotta ad un loro proficuo e reciproco superamento in
direzione di una netta prospettiva anticapitalista.

 

Sulla base di queste comuni convinzioni i presenti alla riunione del 15
hanno deliberato alcuni orientamenti relativamente alle prossime
scadenze del movimento di seguito riportate e che si intendono proporre
unitariamente anche ad altri settori del movimento che in esse
ritengono di potersi riconoscere.

 

·       Il sostegno alle proposte di una manifestazione nazionale per
il pomeriggio del 4 giugno e ad iniziative di denuncia che
caratterizzino tutto il corso della giornata da coordinare
eventualmente con quelle decise da altri settori del movimento contro
la guerra.

·       Legare la manifestazione del 4 a quelle del 5 giugno che si
svolgeranno rispettivamente a Parigi, dove Bush si recherà il giorno
successivo, e negli Usa promosse dal movimento contro la guerra
statunitense. Si cercherà in tal senso di garantire la presenza di una
delegazione della coalizione Answer con cui sono già stati presi
contatti e che ha già dato una disponibilità di massima.

·       La realizzazione anche dentro la manifestazione del 4 giugno di
uno spezzone anticapitalista, che nell’ambito della unitaria
mobilitazione contro la guerra si caratterizzi con le parole d’ordine:
“Ritiro immediato delle truppe senza se e senza Onu” “Iraq Libero” e
“Legittimità della resistenza irachena contro l’occupazione”.

·       Considerando che la data del 4 sarebbe giorno lavorativo, si è
espresso apprezzamento per la scelta dei sindacati di base di
proclamare uno “sciopero tecnico” per favorire la partecipazione
soprattutto a chi vive fuori Roma. Nonostante ciò si è convenuto circa
l’utilità che in tutti i luoghi di lavoro dove sia possibile partano
richieste, appelli, petizioni da parte delle strutture di base del
sindacato e dai lavoratori stessi per esprimere l’opposizione alla
visita di Bush ed al prosieguo dell’occupazione dell’Iraq, con
richieste di partecipazione alla manifestazione nazionale.

·       Assunzione della data del 2 giugno in cui si celebrano le forze
armate, già proposta da altre componenti del movimento quale giorno di
mobilitazione con azioni nelle varie città per contestare dette
celebrazioni e denunciare il ruolo di truppe occupanti svolto dal
nostro esercito.

·       Realizzare azioni di denuncia degli specifici interessi del
capitalismo italiano in Iraq nei giorni precedenti il 4 giugno in ogni
città presso le sedi dei vari istituti coinvolti nella gestione di tali
interessi, come hanno già fatto i compagni di Firenze nei giorni scorsi.

·       Realizzazione di eventi in cui sia possibile esprimere la
solidarietà con gli immigrati in particolare con quelli di origine
araba ed islamica oggetto di una vergognosa campagna di
criminalizzazione e repressione.

·       La partecipazione alle varie mobilitazioni in vista della
venuta di Bush con un volantone comune che esprima i contenuti sopra
esposti.

 

Come già detto sopra tali proposte lungi da qualsiasi logica
autoreferenziale vogliono andare nella direzione di un generale
rafforzamento e radicalizzazione del movimento contro la guerra, e ci
si dichiara sin da ora disponibili a coordinare la propria
partecipazione alle mobilitazioni in vista del 4 giugno con tutte
quelle realtà anticapitalistiche che intendono attivizzarsi in tale
direzione.

 

Per contatti: redlink @ virgilio.it        
oppure            cpiano @ tiscalinet.it