ECOCIDIO (italiano / english)

1. Due importanti articoli da "Osservatorio Balcani":

*** Intervista a Borislava Kruska, Sindaca di Pančevo:
IL TUMORE DI PANCEVO

*** MORIRE DI ZASTAVA, servizio di B92

2. Dall'intervento di Gilberto Vlaic durante l’assemblea del 15 marzo
2004 alla Zastava di Kragujevac

3. Prevalent mental health problems three years after
NATO bombing (Innovation Report, Germany)

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Altri nuovi link:

Environmental protection agreement signed with UN

http://www.serbia.sr.gov.yu/cgi-bin/printpage.cgi?filename=/news/2004-
05/07/334375.html

UNEP: Kosovo conflict hot spots cleaned up

http://www.reliefweb.int/w/rwb.nsf/6686f45896f15dbc852567ae00530132/
1a9b16087813420ac1256e8d0040bd15?OpenDocument


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Dalla Newsletter dell'Osservatorio Balcani -
www.osservatoriobalcani.org - n.   18/2004

Altro che primavera...

La questione ambientale nei Balcani (ma potremmo dire ovunque) non è
solo un tema da appassionati naturalisti. Si intreccia con il tema dei
diritti sociali, delle regole economiche e sociali di un paese, della
partecipazione civica. Ed ha a che fare anche con le guerre passate.

Ad esempio in Serbia, l’ambiente ha subito e continua a subire enormi
danni, in parte dovuti ai pesanti bombardamenti del 1999, in parte per
ragioni preesistenti: complessi industriali fatiscenti, mancanza di
attenzione per la tutela dell’ambiente e altro ancora. Di certo i
bombardamenti hanno lasciato eredità orribili e a farne spesa, lontano
dagli occhi dei media, sono i cittadini di quei luoghi. Se il tempo
passa e le guerre, come i film, si susseguono, ciò che invece resta
come segno indelebile, fuori di metafora fino alla morte, sono le
conseguenze delle guerre. Conseguenze che gravano soprattutto
sull’ambiente e sulla salute dei cittadini.

Per non dimenticare tutto questo abbiamo deciso di dedicare la
newsletter di questa settimana al delicato tema dell’ambiente, cercando
di far parlare soprattutto i cittadini che lì abitano. Come la Sindaca
di Pancevo, che racconta dell'inquinamento spaventoso di una città dove
un petrolchimico più inquinante di Porto Marghera è stato
deliberatamente bombardato da aerei della Nato. O come gli operai della
Zastava che denunciano strane malattie tra chi nel 1999 fu addetto allo
sgombero delle macerie. (...)

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http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=3063

Il tumore di Pančevo

Ci sono città che vengono ricordate e nominate per i prodotti tipici,
per l’interessante architettura urbanistica, per le bellezze naturali.
Pančevo, invece, è nota come la città dei tumori. Intervista con
Borislava Kruška, sindaca di Pančevo

(10/05/2004) Borislava Kruška, sindaca di Pančevo, due weekend fa è
stata invitata dalla Provincia di Ravenna alla Fiera di Civitas, per
partecipare ad un seminario sull’ambiente dal titolo “Danubio: la via
d’acqua di un’Europa fragile. Voci ed esperienze per un’integrazione
possibile”. Borislava Kruška è una donna intraprendente, non parla il
politichese e preferisce in modo molto pratico affrontare problematiche
concrete. Il suo discorso semplice e diretto snocciola una quantità di
orrori ambientali, di ricorrenze altissime di malattie causate
dall’inquinamento, che al solo nominarle viene la pelle d’oca. Tuttavia
Borka, come si fa chiamare, non si perde d’animo, ricorda a tutti la
gravità dei bombardamenti della NATO del ’99 e le loro conseguenze
tremendamente ingombranti, ma ricorda anche la particolarità del
complesso industriale di Pančevo, causa di notevole inquinamento anche
prima che venisse ripetutamente bombardato. Di fronte a chi proviene da
una città che è ricordata per i tumori, dove gli annunci funebri
riportano di continuo persone di soli 30 anni, il senso di disagio e di
impotenza è notevole. Quella che segue è l’intervista che ci ha
rilasciato prima dell’inizio della conferenza. Il disegno della foto è
di Aleksandar Zograf, anche lui presente alla conferenza.

di Luka Zanoni

Osservatorio sui Balcani: Parliamo un po’ di Pančevo. Una città che dal
punto di vista ambientale, e in modo particolare dopo i bombardamenti
della NATO nel ’99, è considerata il buco nero della Serbia.

Borislava Kruška: Dunque, dovete sapere che Pančevo è una città che si
trova nelle immediate vicinanze di Belgrado, circa una quindicina di
km, e che siede in pratica nell’incontro del Tamiš col Danubio. La
caratteristica fondamentale di Pančevo è che in una parte della città,
in quella a sud, si trova la zona industriale. Io dico che è in città,
perché in realtà sorge vicino agli edifici. È una zona industriale
composta da tre fabbriche chimiche: una raffineria petrolifera, una
industria di concimi chimici azotati e un complesso petrolchimico.
Tutte e tre sono dei grandi inquinatori di per sé. E tutte e tre nel
’99 sono state bombardate ripetutamente. Per la precisione in 28 punti
durante i 77 giorni di bombardamenti. E noi consideriamo che, per
quanto riguarda il petrolchimico, per esempio, o la fabbrica di
concimi, non si è trattato di obiettivi militari e quindi si potevano
evitare. Qui è stata violata la convenzione di Ginevra, che proibisce
l’attacco contro questo tipo di obiettivi, i quali hanno prodotto un
un’enorme inquinamento. Così che Pančevo, a causa dell’enorme
inquinamento, sia dell’aria che della terra o dell’acqua, non solo
quella del Danubio ma anche delle falde acquifere utilizzate per
l’acqua potabile, è considerata come un buco nero in Europa.

Ecco questa è la situazione in cui viviamo. Buona parte
dell’inquinamento non possiamo più identificarla bene, perché è finita
nell’aria e nella terra. Cosa è stato fatto non lo sappiamo… Cerchiamo
almeno di salvare la nostra acqua da un possibile ulteriore
inquinamento.

Dopo i bombardamenti a Pančevo sono giunti esperti da tutto il mondo
per portare avanti alcuni progetti. Per la precisione si tratta di 14
progetti che riguardano il risanamento delle aree bombardate. Le
Nazioni Unite, mediante la sezione dedicata all’ambiente denominata
UNEP, si sono fatte carico dell’obbligo di condurre a termine quei
progetti. Tuttavia l’UNEP non è un’organizzazione che dispone di propri
mezzi finanziari, ma si basa sulle donazioni. L’UNEP chiede donazioni a
tutto il mondo e riesce a raccogliere solo una piccola parte di denaro.
Consideriamo che Pančevo ha 14 progetti, ma su tutta la Serbia ce ne
sono 27 che riguardano l’enorme inquinamento causato dai bombardamenti
di Novi Sad per esempio, e anche il bombardamento della raffineria di
Bor e a Kragujevac dove c’è la fabbrica di automobili, dove è stata
dispersa una grande quantità di Piralen.

OB: Proprio di recente anche i media serbi hanno riportato l’attenzione
sulla pericolosità del Piralen…

BK: Il Piralen è particolarmente pericoloso, si tratta di un materiale
plastico confluito in grandi quantità nell’acqua. Anche a Pančevo hanno
svolto delle ricerche, e dopo la conclusione delle ricerche, sono stati
fatti dei progetti della durata di sei mesi e un anno riguardanti il
Piralen. Ma, dei 20 milioni di dollari attesi per portare a termine i
27 progetti, l’UNEP è riuscito a raccoglierne in quattro anni circa
11.5 milioni, il che è ovviamente del tutto insufficiente. Così un mese
fa ha terminato la sua missione e ha chiuso quel programma, ma in
pratica la parte più grossa dell’inquinamento non è stata sanata.

Il luogo più inquinato di Pančevo, e probabilmente di tutta la Serbia,
è il canale delle acque di scarico, dove confluiscono gli scarichi di
tutte le fabbriche. Il canale si trova nel territorio della fabbrica di
azotati, per confluire poi nel Danubio. Le vasche per la pulizia sono
state distrutte durante i bombardamenti e vi dico che il Danubio si
trova in serio pericolo. In questo canale sappiamo che confluiscono
attualmente 40.000 tonnellate di rifiuti pericolosi che sono rimasti
dopo la missione dell’ONU e che rimangono là dove sono.

L’Agenzia europea per la ricostruzione ci offre 4.5 milioni di euro
solo per spostare quei rifiuti di mezzo chilometro più in là così da
difendere il Danubio. Ma per risolvere veramente il problema sarebbero
necessari almeno 9 milioni di euro. Una somma che noi non abbiamo,
sicché questo problema resta irrisolto, e la nostra preoccupazione
principale è come risolverlo. Ci confrontiamo con un problema
gigantesco, conseguenza dei bombardamenti, e a distanza di 5 anni da
quei tristi avvenimenti ancora non è stato risolto.

E proprio perché ci troviamo in questa drammatica situazione,
l’amministrazione locale, a capo della quale mi trovo già da tre anni e
mezzo, sulle questioni ambientali lavora molto di più di quanto non sia
prescritto nei suoi compiti.

Ma l’amministrazione locale ha una scarsa influenza per quanto riguarda
la difesa dell’ambiente. Perlopiù si occupa delle licenze che si devono
rilasciare, di controllare che tutto sia in regola, di verificare un
inquinamento di piccola entità dovuto a piccole aziende o negozi. Tutto
il resto è di competenza del ministero della repubblica della Serbia,
anche della regione della Vojvodina, ma della Serbia in particolare
quando parliamo dei nostri complessi industriali che sono altamente
inquinanti, a prescindere dai bombardamenti.

OB: Quindi se capisco bene, non avete questo grande potere di
intervento…

BK: No, non abbiamo alcun tipo di potere e non abbiamo nemmeno compiti
ben precisi. Ma ci diamo da soli, almeno io mi sono data da sola, dei
compiti precisi su questa questione, tale da farla diventare la nostra
priorità, così che si possa difendere la salute dei cittadini.
Lavoriamo parecchio anche per fare in modo di riuscire dove non è stato
fatto nulla. Adesso, con l’aiuto della Provincia di Ravenna, cerchiamo
di portare avanti un progetto molto serio di monitoraggio
dell’inquinamento atmosferico, perché in pratica non abbiamo dati dalle
industrie. Le industrie inquinano e noi non abbiamo una
rappresentazione dell’entità dell’inquinamento, di come e quando
inquinano, di cosa ci succede. Grazie alla Provincia di Ravenna, ora è
lo stesso Comune di Pančevo che può effettuare autonomamente i
controlli di inquinamento atmosferico

OB: Vale a dire che in questo momento non avete ancora dati precisi
sull’inquinamento?

BK: Non abbiamo dati sulla quantità dell’inquinamento in città, ma non
abbiamo dati nemmeno per quanto riguarda le industrie. Benché le
industrie siano obbligate a fare i controlli, a noi non danno mai i
dati. E quando si arriva alla situazione in cui noi stessi percepiamo
l’inquinamento in modo, diciamo, organolettico, ossia quando non
riusciamo a respirare, tossiamo, ecc., allora chiamiamo la raffineria e
chiediamo cosa sta succedendo e ci rispondono: “mah da noi niente,
dovete chiamare l’altra fabbrica”. Chiamiamo gli altri e ci dicono,
“no, è di sicuro la raffineria”…

OB: Insomma giocano a scaricabarile…

BK: Esattamente, e così ormai da anni. Esiste un Istituto per la difesa
della salute che in realtà misura questi parametri, ma vengono presi in
due posti definiti e vengono calcolati sulla media delle 24 ore. Ciò
significa che in pratica non abbiamo mai un alto tasso di inquinamento,
e secondo il loro metro di misura la parte più pulita è quella esatta…
Mentre i dati che, da adesso, riusciamo noi stessi a raccogliere si
basano su una frequenza di un minuto. L’apparecchio controlla minuto
per minuto e ci dà immediatamente i dati sullo status dell’ambiente. In
questo modo possiamo vedere noi stessi cosa succede, e queste
conoscenze possono essere utilizzate anche per procedure legali contro
gli inquinatori.

OB: È veramente incredibile, insomma sono passati cinque anni dai
bombardamenti e nessuno parla più di queste cose. Eppure ci sono state
proteste, eravamo tutti contro i bombardamenti… Non dico solo da voi,
ma anche qui… e dopo? La gente ha continuato a morire lo stesso…

BK: Certo, la gente muore ma noi non abbiano nemmeno degli elenchi che
ci dicano qual è la situazione. Sappiamo che c’è stato un aumento del
20% di funerali, perché questi sono dati comunali, ma dall’ospedale non
riceviamo i dati sulle cause di mortalità. Non ci sono buoni archivi
protocollari dove possiamo trovare riportati tutti i dati sulla
mortalità, per vedere cosa succedeva prima, per vedere se prima e dopo
ci sono stati aumenti della mortalità a causa delle industrie chimiche.
Si tratta di malattie veramente devastanti, è un cancro che colpisce
gli organi vitali e gli organi interni: fegato, polmoni, ecc.

OB: …cioè, è la malattia più diffusa?…

BK: Ti dico di più, c’è persino un tipo di tumore che si chiama il
tumore di Pančevo. È decisamente molto noto, molto. In pratica si
tratta di un tumore che colpisce i polmoni e il fegato, il segnale è
quando ti aprono per vedere cosa hai e vedono che non c’è più niente da
fare. Ma questo c’era anche prima dei bombardamenti, non è una
conseguenza diretta dei bombardamenti. Si tratta della costruzione
delle industrie in città, e la non curanza di controllare l’industrie
che ci avvelenano più che possono. E quando chiedete agli uffici di
medicina competenti, cosa sta succedendo… loro dicono niente. Perché,
succede qualcosa?...

Per questo dico che questo progetto di monitoraggio è per noi una cosa
veramente importante, un passo avanti per essere informati sulla
situazione, per vedere cosa c’è e come possiamo comportarci. Il nostro
obiettivo non è tanto quello di chiedere una condanna, quanto quello di
impedire che ciò accada. Se ci dovrà essere una condanna lo vedremo in
seguito, ma non è la nostra priorità. Si tratta di sapere innanzitutto
cosa c’è, di discutere con gli organi statali, con gli organi delle
fabbriche, per vedere se si può ridurre l’inquinamento. Vedere se
esiste il cosiddetto fattore umano, un lavoratore che non bada a come
lavora e che molto spesso è la causa di incidenti, se c’è del denaro da
investire e mettersi d’accordo insieme, passo per passo, per trovare la
soluzione desiderata.

OB: Da quando esiste questo complesso?

BK: L’ultimo è degli ultimi cinquanta anni, mentre la fabbrica di
concime mi sembra all’inizio degli anni ’40. All’inizio è stata
costruita la fabbrica di concimi e poi le altre due, e il loro
inquinamento col vento arriva sino nel centro della città. È un grosso
problema, qualcuno ci aveva pensato quando hanno costruito la fabbrica,
ma non sono stati sufficientemente ascoltati. Così che oggi abbiamo
questa situazione. E poi ci sono degli interessi statali, le fabbriche
non possono essere chiuse.

OB: All’incirca quante gente vi lavora?

BK: 10.000 lavoratori

OB: E qual è la popolazione complessiva di Pančevo?

BK: Pančevo come città ha 80.000 abitanti, ma in totale il comune, che
è composto da alcuni grandi villaggi, di dimensioni di 5-10.000
abitanti ciascuno, raggiunge circa i 130-140 mila abitanti.

Voglio dirti un’ultima cosa: quando si parla di questi progetti che
riguardano la città di Pančevo, posso dire che molti vengono qua,
preparano vari studi di fattibilità (feasibility study), servizi di
documenti, diverse tavole rotonde, dove vengono spesi un sacco di
soldi… sicché noi siamo ancora in questa situazione. E per quanto a
livello comunale io possa lottare concretamente contro tutto ciò e
cercare di chiedere che l’aiuto si basi su qualcosa di concreto, per
poter disporre di un aiuto che sia tale, è difficile che le cose
cambino. Ecco perché l’aiuto che ci offre Ravenna ci è molto caro.
Perché abbiamo un aiuto veramente concreto, qualcosa che si può vedere,
che è scritto, sappiamo qual è la cifra e alla fine abbiamo anche un
risultato concreto.

Su Pancevo vedi anche:

Pancevo: il dramma di un’altra Marghera
http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.view1&NewsID=1496

Pancevo: nuovi strumenti per misurare la qualità dell'aria
http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.view2&NewsID=1359

La situazione ambientale a Pancevo
http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.view2&NewsID=429

Sull'ambiente in Serbia vedi anche:

Bomba ecologica a Kragujevac?
http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.view1&NewsID=2897

Serbia: Bomba ecologica al Piralen
http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.view1&NewsID=1342

Obrenovac: uno scenario da catastrofe
http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.view1&NewsID=1595

» Fonte: © Osservatorio sui Balcani

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http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=3068

Morire di Zastava

A seguito dei bombardamenti della NATO nel 1999 numerosi lavoratori
della Zastava furono impiegati nel risanamento della fabbrica di
Kragujevac. A distanza di cinque anni, quei lavoratori stanno morendo
silenziosamente. Da Kaziprst, B92

(11/05/2004)

Durante la campagna di bombardamenti condotta dalla NATO nel 1999
sull'allora Federazione di Jugoslavia la Zastava, fabbrica di
Kragujevac, fu colpita due volte in modo devastante. Il primo attacco
missilistico fu lanciato il 9 aprile 1999 e distrusse buona parte della
fabbrica, mentre il secondo, 14 missili che diedero il colpo di grazia
al complesso industriale provocando 36 feriti, avvenne nella notte tra
l'11 ed il 12 aprile.

Fondata nel 1853, già simbolo dell'industria jugoslava per aver
prodotto nella sua storia diversi milioni di veicoli, la Zastava esce
distrutta dai bombardamenti del '99 che provocarono oltre agli enormi
danni una riduzione del 70% dei 36.000 lavoratori impiegati un tempo
nella fabbrica. Tuttavia la tenacia, il senso di unione o più
semplicemente la mancanza di alternativa e le pressioni
dell'amministrazione hanno spinto molti operai ad impegnarsi nel
risanamento della fabbrica di Kragujevac. Qualche mese dopo la fine dei
bombardamenti, il governo serbo stilò un piano per il suo risanamento.
Se da un lato lo sforzo e il senso del dovere che ha impegnato i
lavoratori di Kragujevac ha fatto in modo che la produzione ripartisse,
dall'altro li ha esposti a gravissimi problemi di salute.
Rappresentanti dei lavoratori della Zastava affermano infatti che
durante i lavori di ristrutturazione della fabbrica molti si sarebbero
ammalati di carcinoma o di leucemia. Molti di loro sono in seguito
morti. L'esatto numero di ammalati e deceduti non è confermato, ma non
sono nemmeno state organizzate delle visite mediche sistematiche dei
lavoratori che hanno partecipato alla pulizia delle strutture
danneggiate dai bombardamenti.

Quella che segue è la trascrizione della trasmissione Kaziprst andata
in onda sull'emittente B92 il 15 aprile scorso, durante la quale sono
stati intervistati alcuni degli operai che hanno partecipato al
risanamento della Zastava.

A cura di Tamara Sretenovic

Traduzione di Nicole Corritore

B92: Sono passati cinque anni da quando le prime bombe della NATO sono
cadute sugli impianti della Zastava di Kragujevac. Gli operai che hanno
partecipato alla pulizia delle strutture della fabbrica danneggiate si
sono ammalati gravemente e collegano la loro condizione di salute al
lavoro di risanamento di tali strutture. Reputano che questi lavori
siano stati fatti senza alcuna misura precauzionale e che non erano
stati informati dagli uffici competenti delle possibili gravi
conseguenze. La partecipazione alla ricostruzione di quella che una
volta era un gigante dell'industria dell'automobile, oggi, dicono i
lavoratori, sta costando un tributo in vite. Le foto di malati di
carcinoma e gli annunci funerari nella bacheca posta all'ingresso
dell'azienda sono divenuti cosa di tutti i giorni. Dragan Stojanovic,
responsabile di una delle equipe che hanno partecipato al risanamento
strutturale dell'azienda, racconta di come il lavoro di rimozione delle
macerie sia stato fatto senza alcuna precauzione e pensa che questo
potrebbe rappresentare un pericolo per la salute.

Stojanovic: "Il risanamento è stato fatto senza guanti, senza alcun
tipo di precauzione. Pensavamo che non ci fosse alcun pericolo. Solo
alla fine si è constatato che il lavoro di risanamento era molto
pericoloso, non sapevamo a che cosa eravamo esposti e sapevamo che i
colleghi morivano a causa di varie malattie cancerogene, senza sapere
di quali. Sappiamo solo che oggi non ci sono più. Scompaiono nel giro
di sette giorni, o di leucemia galoppante…o prendono un raffreddore, si
ammalano, e scompaiono. Ho visto gli annunci affissi in bacheca.

B92: Mi avete detto che un mese fa si sono tenuti sei funerali, e tutti
colleghi della sua sezione.

Stojanovic: Sì. Sono colleghi che hanno partecipato al lavoro di
pulizia dalla macerie. Alcuni lavoravano con noi, alcuni alla OUR di
Kovacnica come elettricisti nella ristrutturazione dell'impianto
elettrico. Uno è morto molto velocemente - in due mesi, di leucemia
galoppante. Il secondo è morto dopo tre giorni, lavorava con noi. E'
morto di leucemia galoppante alla Clinica dell'Accademia
medico-militare (VMA) di Belgrado. Sono poi morti altri due colleghi,
ma non si sa di che cosa, ma molto in fretta. Non sono più tra noi.

B92: A causa di un tumore gli è stato asportato un polmone; Dragan
Paunovic, che ha partecipato per sei mesi alla ricostruzione della
Zastava. Oggi con 4.500 dinari (1 euro circa 65 dinari) tenta di
procurarsi medicine costose e di dare da mangiare alla famiglia di
cinque persone.

Paunovic: Sono stato operato di cancro ai polmoni. Presso la VMA il 6
dicembre 2002. Ora sto un po' meglio. Non sono più sotto terapia e
continuo con una cura farmacologica. I farmaci me li procura
praticamente il sindacato. E' grazie a loro se sono sopravvissuto. Mi
hanno anche pagato l'operazione presso la VMA. Tutto grazie a loro, il
Sindacato indipendente. Gli amministratori della Zastava probabilmente
non sanno nemmeno che sono vivo. Non me l'hanno mai nemmeno chiesto.
Salvo solo una persona della gestione dell'azienda, Vladan Kostic, il
mio direttore di impianto, che è l'unico con cui ancora parlo.

B92: Paunovic sottolinea che nessuno della gestione aziendale lo aveva
informato che lavorare in tali condizioni poteva essere pericoloso e
portare a conseguenze sulla salute.

Paunovic: Noi siamo stati allo stesso tempo spinti e vittime, almeno un
certo numero di operai. Si doveva risollevare la fabbrica. Va bene. E
poi che noi si muoia. Ma qual è la cosa più terribile di tutto ciò? Il
fatto che gli amministratori dell'azienda non ci abbiano concesso un
solo dinaro per le cure. Io so che dovevamo fare questo lavoro,
ristrutturare la fabbrica. Ma almeno dateci la possibilità affinché i
nostri figli non debbano penare o che noi non si debba soffrire per la
mancanza di medicinali. Per un certo periodo non potevo permettermi di
comprare le pillole per la pressione e mi curavo con l'aglio. Non ho i
soldi per acquistarle. Non so come procurarmele.

B92: Un lungo periodo di lavoro in condizioni disumane, caratteristica
dell'impianto di Lakirnica, ha indebolito le difese del nostro sistema
immunitario. Infatti proprio questi sono gli operai che più spesso si
ammalano di cancro, dice Paunovic.

Paunovic: La velocità con cui muoiono i colleghi di Lakirnica e quello
che succede a noi sono convinto che dipendano dalle pesanti condizioni
di lavoro protratte negli anni, più che le condizioni di lavoro
specifiche di Lakirnica. Il nostro organismo era già debole,
soprattutto organi come polmoni, fegato, cuore, a causa delle
condizioni in cui abbiamo lavorato. Le radiazioni ci hanno solo dato il
colpo di grazia. Ma si devono trovare i fondi per queste persone che si
ammalano così in fretta… i responsabili d'azienda devono un giorno
arrivare a occuparsi di questi lavoratori e permettergli almeno la
possibilità di curarsi. Perché queste persone non muoiano come bestie.
Non è possibile - un giorno uno era un uomo, poi è morto e nessuno fa
nulla.

B92: E' vero che presso i diversi impianti della Zastava ogni giorno
appaiono nuovi annunci mortuari?

Paunovic: io vado raramente alla Zastava. Solo quando devo presentare
dei certificati, e allora vedo gli annunci sulle porte. E' lì che di
solito si appendono. E triste solo a guardare. Non sono persone
anziane, hanno tra i 30 e i 50 anni.

B92: Pensate di essere stati sacrificati?

Paunovic: Sì lo penso. Penso che ci abbiamo sacrificato coscienti di
questo ed ora ci evitano. Ci guardano come fossimo dei lebbrosi.

B92: Sicuro di essere stato esposto a radiazioni sul posto di lavoro,
alla Zastava, Paunovic ha chiesto ad alcuni degli amministratori della
fabbrica un sostegno economico per le cure mediche, ma gli è stato
risposto che le sue asserzioni non sono esatte.

Paunovic: Che si chiariscano sia il Governo che l'amministrazione della
Zastava: se siamo stati colpiti da petardi - che siano petardi. Io mi
scuserò. Se l'uranio si può bere come fosse limonata, mi scuserò di
nuovo. Dirò che sono sano e che mi sono ammalato alle terme. Devono
chiarirsi, sia gli uni che gli altri. Di modo che non sia sempre che
quando serve allo Stato, si prende, quando invece è il lavoratore a
dover prendere dallo Stato, niente. Noi non cerchiamo nulla. Non
vogliamo un'auto nuova, un appartamento. Vogliamo i soldi per curarci
come delle persone, e per non morire come bestie. Solo questo.

B92: Milovan Matic, anch'egli impiegato nel risanamento dell'azienda, a
causa di un tumore gli è stata asportata la tiroide. Le sue condizioni
di salute, anche dopo l'intervento chirurgico, peggiorano
costantemente. Per questo motivo è obbligato ad andare dal medico tutti
i giorni, dove ha l'occasione di incontrare altri colleghi malati.

Matic: Sì, colleghi, colleghi. Ci incontriamo solo in ospedale. Due
donne, una ha un carcinoma polmonare, l'altra un carcinoma alla
mandibola, con la tiroide già asportata in parte. Tutti dello stesso
posto di lavoro.

B92: Eravate tutti nello stesso reparto?

Matic: Sì, sì. Nello stesso luogo di lavoro, nell'impianto.

B92: Con la paga che riceve mentre è in malattia, Matic non è in grado
di assicurare il mantenimento della famiglia, e non riesce a comprarsi
le medicine.

Matic: Tieni duro. Per metà tieni duro, per metà mi hanno aiutato i
miei genitori. In questo momento nessuno. Un medicinale che devo
prendere ora, "novotirol" è di produzione tedesca… si può comprare in
Svizzera, in Italia o in Germania. Costa 25-30 Euro, dipende dove si
acquista.

B92: E la vostra paga qual è, oggi che siete in malattia?

Matic: La mia paga è di 5.600 dinari.

B92: Matic e Paunovic ci hanno elencato i nomi di una ventina di
colleghi dei quali sanno per certo essere malati di carcinoma. Ma
dicono che senza il loro permesso non possono rendere pubblici i nomi.
Dai rappresentanti della Zastava non si riesce ad ottenere alcun
commento, e quando lo si ottiene dichiarano che la situazione non è
allarmante. All'inizio del risanamento della Zastava, ai dipendenti era
stato assicurato che ogni sei mesi sarebbero stati sottoposti a
sistematici controlli sanitari, per seguire un eventuale peggioramento
del loro stato di salute. Ma invece negli ultimi cinque anni questi
operai non sono stati sottoposti ad alcun controllo. Siamo venuti a
sapere che la Zastava non ha fondi per finanziare controlli sistematici
degli oltre 600 operai che hanno tirato fuori la fabbrica dalla cenere.

» Fonte: © Osservatorio sui Balcani


=== 2 ===


Circolano voci secondo le quali Kragujevac sarebbe stata scelta come
sede di un impianto per smaltimento di scorie nucleari.

Pur senza precisi elementi di conoscenza e mantenendomi molto sulle
generali, durante l’assemblea del 15 marzo 2004 durante la
distribuzione delle quote di adozione ho fatto un intervento
sull’argomento, di cui vi invio il testo.

Gilberto Vlaic


Sappiamo che purtoppo le guerre portano, quando sono finite, a
gravissimi problemi di disoccupazione e di incertezza per il futuro. Si
sarebbe tentati di fare qualsiasi cosa, di accettare qualsiasi lavoro.
Bisogna pero’ stare attenti.
Ho letto recentemente in internet che la vostra citta’ potrebbe
diventare la sede per un impianto per il trattamento dei rifiuti
nucleari.
Sono una delle cose piu’ pericolose che si possano avere!
Se bruciasse del petrolio vi accorgereste subito del pericolo: le
fiamme, il fumo tossico e tutti saprebbero che bisogna proteggersi e
che si corrono gravi rischi per la salute.
Le radiazioni invece non le vedete, non le sentite, ma sono
pericolosissime per la salute nostra e soprattutto per le generazioni
future: inducono malattie mortali in periodi lunghi e portano a
gravissime malformazioni su chi deve ancora nascere.
Se una notizia del genere fosse vera, voi diventereste la pattumiera
delle scorie radioattive dei Balcani. Se fossi in voi, starie molto
attento a questa possibilita’ e, malgrado le gravi difficolta’ in cui
vivete, mi opporrei con tutte le mie forze.


=== 3 ===


http://www.innovations-report.com/html/reports/medicine_health/report-
29709.html

Innovations Report (Germany)
June 1, 2004

Prevalent mental health problems three years after
NATO bombing

Depression and post-traumatic stress disorder "remain
a significant public health concern" three years after
the 1999 NATO campaign in Serbia, according to an
article published this week in BMC Medicine. Refugees
and people living in remote areas are particularly
vulnerable to suffering from mental health problems.

Almost half the people questioned had symptoms of
depression and more than one in eight had symptoms of
post-traumatic stress disorder (PTSD).

American researchers teamed up with doctors from a
university hospital in Belgrade and a district
hospital in a Serbian enclave in Laplje Selo, Kosovo
to assess the mental state of patients visiting their
accident and emergency departments. 562 patients, none
of whom were suffering from acute conditions,
completed a questionnaire about their exposure to
traumatic events and their experience of a variety of
symptoms of depression or PTSD.

Older patients, those with lower levels of social
support, and those that were unemployed were more
likely to have symptoms of depression. People who had
been a refugee longer than 30 days and those living in
remote Laplje Selo were more likely to be suffering
from symptoms of PTSD. A large proportion of
participants in this study had features of both mental
health disorders.

It is perhaps not surprising that Serbian residents of
Laplje Selo are at high risk of suffering from a
mental health disorder. The researchers write,
"despite the general improvement of conditions in the
region, the Serb minority continues to lack freedom of
movement and access to basic services including access
to health care."

The prevalence of mental health disorders may be
overestimated in this study, as the sample is made up
of patients in emergency departments who are more
likely to be suffering from a mental health disorder
than the general population. However, the study does
show that physicians in emergency departments are
frequently missing opportunities to diagnose mental
health conditions.

"What this project tries to highlight is the burden
that mental health dysfunction may have on patients
that present for care in the aftermath of war," said
William Fernandez, one of the authors of the study. He
says that the main aim of his project was to raise
physicians’ awareness that patients in the acute care
setting may also be suffering from mental health
problems.

"We, as providers, should optimize our screening of
persons at-risk for the mental health conditions
arising as a consequence of war, such as PTSD and/or
depression, and refer them to outpatient treatment,"
said Fernandez. "Public health officials, clinicians,
and others with an interest in humanitarian work
should bear in mind that a considerable number of
patients who visit emergency departments may still
harbour the mental health consequences of war, even
three years following the end of armed conflict."

This release is based on the following article:

War-related psychological sequelae among emergency
department patients in the former Republic of
Yugoslavia
Brett D Nelson, William G Fernandez, Sandro Galea,
Sarah Sisco, Kerry Dierberg, Gordana Subaric Gorgieva,
Arijit K Nandi, Jennifer Ahern, Mihajlo Mitrovic,
Michael VanRooyen, David Vlahov
BMC Medicine 2004, 2:23
To be published 1 June 2004