Il seguente articolo di Costanzo Preve e' stato da noi gia' fatto
circolare circa un anno fa
( http://www.marx2001.org/nuovaunita/jugo/crj/m_l/230799d.htm ), ma ci
sembra meritevole di essere riproposto in questa serie sulla
responsabilita' degli intellettuali.
A seguire riportiamo anche parte dell'articolo di Marino Badiale,
apparso sulla stessa rivista KOINE', che tratta degli aspetti etici del
conflitto.
La stessa casa editrice di KOINE' ha annunciato l'uscita a breve di un
altro testo di Preve, in cui dovrebbero essere riprese e approfondite le
considerazioni qui esposte.
---
Prove generali di nazismo umanitario
di Costanzo Preve
1. L'aggressione assassina della NATO alla Jugoslavia, iniziata il 24
marzo
1999, è uno degli eventi fondamentali del Novecento europeo, anche se
per
ora di questo non c'è ancora sufficiente consapevolezza, data
l'asfissiante
manipolazione e saturazione mediatica sull'operazione di polizia
internazionale "umanitaria" resa purtroppo necessaria dai presunti
crimini
continuati del dittatore genocida Milosevic.
Per essere più esatti, si tratta di un evento ancora formalmente
"novecentesco", che si situa però ormai al di fuori dei quadri
geopolitici,
culturali ed economici del cosiddetto "secolo breve". Si tratta infatti
della seconda guerra imperiale americana, intendendo la "prima" come la
Guerra del Golfo contro l'Irak del 1991. E' dunque necessario
comprendere
bene la nozione di guerra imperiale americana, e conseguentemente di
"impero americano".
2. Gli USA vengono definiti dai loro capi, cioè dalla élite che li
governa
(su cui ha scritto parole terribili e profetiche l'americano Christopher
Lasch e su cui scrive parole terribili l'americano Noam Chomsky), come
l'unica nazione indispensabile del mondo. Questa espressione demenziale
connota bene l'autoreferenzialità assoluta di tutte le culture di tipo
"imperiale". Le culture imperiali si definiscono in modo
autoreferenziale
come portatrici di una moralità superiore, ricavata da una specifica
secolarizzazione economico-politica di teorie originariamente teologiche
(in questo caso giudaico-cristiane, più esattamente
giudaico-protestanti).
In quanto culture autoreferenziali, considerano "immorale" ogni
riferimento
di tipo variamente contrattualistico ad un Altro. L'Altro è sempre e
soltanto il portatore potenziale del Male e della minaccia relativistica
alla propria assolutezza paranoicamente introiettata. In questo modo
l'Altro è sempre e soltanto il terminale di una "inclusione" subalterna
nella propria logica sociale riproduttiva e nel proprio sistema di
valori e
di comportamenti.
Una cultura imperiale di questo tipo è pericolosissima perché è incapace
di
relazionarsi realmente con l'Altro, negandogli a priori ogni
legittimità.
Il pericolo aumenta quando il supporto materiale di questa assolutezza
autoreferenziale è basato su di un dominio soverchiante di tipo
economico,
finanziario, tecnologico, militare e culturale.
3. La prima guerra imperiale americana fu pianificata e scatenata nel
1991
contro l'Irak di Saddam Hussein (già allora demonizzato come "nuovo
Hitler"), e fu giustificata da alcuni come "guerra giusta" in quanto
guerra
di ristabilimento della legalità internazionale originariamente violata
dall'Irak, che aveva conquistato ed annesso il Kuweit in una breve
guerra-lampo svoltasi nell'estate del 1990. Questa guerra fu dunque
presentata come una guerra dell'ONU, e come un'affermazione del diritto
internazionale contro l'arbitrio nazionalistico.
Trascurando qui ogni riflessione geopolitica sul Vicino Oriente, sul
nazionalismo arabo, sul sionismo, sul controllo dei pozzi di petrolio e
delle fonti energetiche (e trascurando anche la guerra precedentemente
condotta dall'Irak contro l'Iran con l'assenso, l'armamento e l'appoggio
delle grandi potenze occidentali), bisogna invece riconfermare, alla
luce
soprattutto degli eventi successivi del periodo 1991-1999, che si trattò
invece proprio della prima guerra imperiale americana del nuovo periodo
storico apertosi con la tragica implosione del comunismo storico
novecentesco. Oggi abbiamo informazioni dettagliate di come la guerra fu
voluta dagli USA, e di come sono state via via svuotate tutte le
iniziative
diplomatiche tese ad ottenere un ritiro integrale dell'Irak dal Kuweit.
Oggi abbiamo informazioni dettagliate sull'uso di armi criminali, come
le
armi ad uranio impoverito, come l'isotopo 238, responsabili di danni
biologici irreversibili non solo nei corpi degli sconfitti, ma nei corpi
degli stessi aggressori. Ma sopra ogni altra cosa siamo dettagliatamente
informati sulle vittime innumerevoli, censite e documentate dagli stessi
organismi internazionali, causate dall'embargo assassino contro l'intero
popolo irakeno. Questo embargo verrà probabilmente ricordato come il più
grande crimine "umanitario" dell'intero decennio degli anni Novanta del
Novecento. Si tratta di un crimine noto, voluto, protratto,
sistematicamente pianificato ed eseguito. Esso è stato ed è un crimine
"imperiale", ben noto agli studiosi di storia, che ha come finalità
"razionale" la messa in guardia da possibili future ribellioni e
disobbedienze verso l'Impero stesso. Questa prima guerra imperiale
americana era già stata di fatto uno svuotamento ed una messa ai margini
dell'ONU, ma aveva ancora potuto ammantarsi di motivazioni di diritto
internazionale violato. Tutto questo viene meno con l'attuale seconda
guerra imperiale americana contro l'eroica Jugoslavia e contro
l'ammirevole
popolo serbo.
4. Questa seconda guerra imperiale americana presenta tuttavia un
interessante aspetto comune con la prima. La prima guerra imperiale
americana del 1991 fu una guerra geopolitica di controllo contro il
mondo
arabo e musulmano, e proprio per questa ragione la potenza imperiale
impose
la partecipazione subalterna a molti importanti paesi arabi e musulmani
(dall'Egitto all'Arabia Saudita). Questa seconda guerra imperiale
americana
del 1999 è una guerra geopolitica di controllo contro l'Europa, e
proprio
per questa ragione la potenza imperiale impone la partecipazione
subalterna
ai più importanti paesi europei (dalla Francia alla Germania alla povera
subalterna Italia). Le motivazioni "umanitarie" non riescono ovviamente
a
nascondere questo aspetto cruciale, su cui si soffermano analiticamente
i
commentatori più intelligenti. Questa guerra contro l'Europa è anche un
vero e proprio suicidio dell'Europa, ed in particolare della Germania e
della Francia (dell'Inghilterra di Blair è inutile parlare qui, perché
ha
riconfermato una scelta strategica fatta a partire dal 1945, quella di
operare come il cinquantunesimo stato americano in Europa). L'Europa
sarebbe stata perfettamente in grado di contribuire a garantire la
convivenza multietnica nei Balcani e nel Kossovo in particolare, anche
con
un serio monitoraggio internazionale. Certo, questo monitoraggio era
incompatibile con l'umiliazione del popolo serbo, con l'avallo
all'espulsione delle minoranze serbe in Croazia e nella stessa Bosnia,
con
l'appoggio militare agli indipendentisti razzisti dell'U.C.K. nel
Kossovo,
eccetera. Questo monitoraggio era ovviamente anche incompatibile con
l'incredibile coltivazione, protrattasi dal 1991 al 1999, dell'odio e
della
demonizzazione verso il popolo serbo, delegata ed appaltata a
piccolissimi
gruppi intellettuali isterici provenienti dalla vecchia "estrema
sinistra"
sessantottina (nouveaux philosophes in Francia, ex di Lotta Continua in
Italia, eccetera). Questi piccolissimi gruppi intellettuali erano
caratterizzati sopra ogni altra cosa dall'ignoranza più assoluta sulla
complessità storica, linguistica, religiosa e culturale delle etnie
balcaniche reali, un'ignoranza maldestrante coperta da una retorica
falsa e
strumentale sui diritti umani, diritti umani sempre a corrente alternata
ed
a geometria variabile, diritti umani sempre e solo garantiti ai propri
amici e sempre negati invece ai propri "nemici". Ed è appunto sulla
costruzione intellettuale del "nemico serbo" che occorre fare una
riflessione particolare.
5. La potenza imperiale americana utilizza ovviamente la retorica
umanitaria e la demonizzazione personalizzata dell'avversario (Milosevic
è
lo Hitler dei Balcani così come Saddam era lo Hitler del Medio Oriente),
ma
non fonda certo la propria legittimità sull'illusione retorica. In modo
molto chiaro Henry Kissinger ha ripetuto che forse la guerra non avrebbe
dovuto essere cominciata, ma una volta cominciata non può essere
condotta a
termine che con la sconfitta dell'avversario, pena la "perdita di
credibilità" della NATO e soprattutto della superpotenza americana.
Questo
è un parlare chiaro ed un mettere le carte in tavola. Il discorso è
diverso
per gli intellettuali di servizio alla Barbara Spinelli ed alla Adriano
Sofri, alla Enrico Deaglio ed alla Gad Lerner. Essi devono fornire un
"supplemento d'anima" alla strategia militare nazista dei bombardamenti
che
devono "spianare" un paese praticamente senza vittime fra le forze
imperiali, in attesa di una invasione terrestre fatta utilizzando la
carne
da cannone a buon prezzo delle bande dell'U.C.K. (che non mi sogno per
nulla di identificare con il popolo albanese in quanto tale).
Questo supplemento d'anima è fornito con una strategia intellettuale che
assomiglia in modo impressionante ai meccanismi proiettivi di
demonizzazione dell'antisemitismo nazista. L'antisemitismo nazista si
basava su di una identificazione esemplare, nel popolo ebraico, di un
popolo esemplarmente caratterizzato da due caratteristiche
intercambiabili
entrambe negative, il cosmopolitismo finanziario e lo sradicamento
rivoluzionario. Insomma, gli ebrei sono cattivi collettivamente ed in
toto
perché in essi si esemplifica e si incarna in modo tristemente esemplare
la
fusione perversa di cosmopolitismo finanziario e di sradicamento
rivoluzionario. Nello stesso modo questi nuovi intellettuali che
definirò
"nazisti umanitari" identificano l'intero popolo serbo con lo stereotipo
diabolico del nazionalismo etnico. I serbi sono oggi i portatori infetti
e
virulenti del nazionalismo etnico, così come mezzo secolo fa gli ebrei
erano i portatori infetti e virulenti del cosmopolitismo finanziario e/o
dello sradicamento rivoluzionario.
Abbiamo suggerito una chiave di lettura apparentemente assurda e
scandalosa. Ma preghiamo il lettore di non impazientirsi, e di prestare
attenzione alle riflessioni che seguiranno.
6. E' infatti purtroppo necessario che l'analogia fra il vecchio nazismo
antisemita ed il nuovo nazismo umanitario venga presa sul serio.
Ripetiamo
che l'identificazione simbolica a priori del popolo ebraico maledetto
con
gli stereotipi demonizzanti del cosmopolitismo finanziario e/o dello
sradicamento rivoluzionario esimeva dal prendere in considerazione gli
ebrei reali e la loro collocazione nelle società europee. La
semplificazione paranoica e l'identificazione diretta con il Male
Assoluto
permettevano di "saltare" la faticosa presa in considerazione delle
oggettività storiche. In questo modo il diritto al Pregiudizio ed
all'Ignoranza era garantito e legittimato. In questo modo, ed
esattamente
in questo modo funziona la nuova identificazione simbolica demonizzante
del
popolo serbo con il nuovo Male Assoluto del tempo dell'americanizzazione
globalizzata del pianeta, il nazionalismo etnico (vero o presunto).
E' così possibile non sapere che il "dittatore" Milosevic (che il
filosofo
"pacifista" Norberto Bobbio vorrebbe "spazzato via dalla faccia della
terra"), è in realtà stato eletto tre volte in regolari elezioni
pluralistiche, che l'opposizione politica in Jugoslavia esiste ed è
legalmente garantita, che Milosevic non può essere accusato di volere
estendere la Grande Serbia al Kossovo per il semplice fatto che il
Kossovo
è serbo dal tempo delle guerre balcaniche (1912-1913), che persino con
le
funeste limitazioni dei loro diritti rispetto ai benemeriti tempi di
Tito i
kossovari albanesi hanno sempre disposto di diritti che i curdi in
Turchia
e gli arabi in Palestina si sognano di possedere, che Belgrado è una
città
con circa duecentomila musulmani, che la Voivodina jugoslava e serba è
sempre storicamente stata un modello di convivenza etnica, linguistica e
religiosa, che i serbi sono stati cacciati dalla Croazia e non viceversa
con la connivenza dell'intera Europa, eccetera, eccetera, eccetera.
E' così possibile non sapere che i cosiddetti accordi di Rambouillet non
sono mai stati rivolti a ristabilire le condizioni della convivenza
pacifica fra serbi ed albanesi nel Kossovo, ma sono stati concepiti
dagli
americani per organizzare militarmente una secessione del Kossovo
nell'arco
di tre anni con un referendum farsa, e prevedevano un'occupazione
militare
incontrollata dell'intero territorio jugoslavo, e quindi anche una
prevedibile secessione pilotata del Montenegro e forse della stessa
Voivodina. Del resto, decine di diplomatici hanno chiarito
analiticamente
questo punto.
E' così possibile non sapere che prima del 24 marzo 1999 in Kossovo non
solo
non c'era un "genocidio" o un olocausto, ma non c'era neppure una
"pulizia
etnica", cioè una "espulsione etnica" generalizzata. C'era una guerra
civile a bassa intensità, o meglio una serie di operazioni
antiguerriglia
con tutto ciò che questo purtroppo comporta. E' noto che se la
"espulsione
etnica" fosse classificata come un genocidio popoli considerati civili e
"buoni" come i cecoslovacchi ed i polacchi sarebbero popoli "genocidi",
avendo espulso milioni di tedeschi dai Sudeti e dalla Slesia nel 1946.
Ma
in Kossovo non c'era neppure questa espulsione etnica generalizzata.
Questa
espulsione etnica è iniziata dopo i bombardamenti NATO, ed è
strettamente
collegata con il timore di una insurrezione etnica albanese in
concomitanza
con una devastante invasione terrestre della NATO e delle bande
dell'U.C.K., il cui programma è la secessione e l'espulsione dei serbi
dal
Kossovo. Il popolo kossovaro fugge perché sa perfettamente che si
combatterà casa per casa sul suo territorio, e non vuole essere preso in
mezzo. Del resto, qualunque cosa facciano i serbi essi saranno comunque
demonizzati. Se espellono gli albanesi fanno "pulizia etnica". Se li
tengono nel territorio useranno gli albanesi come "scudi umani" e come
"banche del sangue". I serbi sono dunque non solo dei nazionalisti
etnici,
ma anche dei vampiri.
7. Il problema non è dunque, non è mai stato e non sarà mai schierarsi
per
gli albanesi o per i serbi nel Kossovo. In proposito la sola posizione
umana e corretta sta nel lavorare quotidianamente per una armoniosa
convivenza multietnica, multilinguistica e multireligiosa. Ma
l'aggressione
NATO e la seconda guerra imperiale americana sono rivolte contro questa
prospettiva, in favore di una ulteriore "balcanizzazione" dell'Europa
Orientale, funzionale ad un controllo geopolitico preventivo sulla
Russia,
sull'Europa e sul Medio Oriente. Le motivazioni "umanitarie" sono una
menzogna manifesta e scandalosa. A suo tempo Guernica di Picasso, una
delle
più famose opere artistiche del Novecento, fu dipinta come una protesta
contro i bombardamenti nazisti in Spagna. Oggi Guernica non è più nei
paesi
baschi, ma è in Serbia e nel Kossovo. I nuovi nazisti sono però ancora
più
ipocriti dei precedenti, perché vogliono abbellire il loro soverchiante
dominio tecnologico con le motivazioni umanitarie e con i cascami della
"cultura di sinistra" europea del dopo Sessantotto. Questi cascami sono
oggi l'equivalente "buonista" di Goebbels e della sua propaganda.
8. Ancora una volta, l'Italia e lo stato italiano sono fra gli
aggressori,
anche se coprono questa loro aggressione con un'asfissiante retorica
"umanitaria". E' dal tempo del Risorgimento che il popolo italiano non
fa
più una guerra "giusta", nel senso giusnaturalistico del termine, una
guerra intesa come guerra di liberazione nazionale o come guerra di
difesa
contro un'aggressione manifesta. Guerre di aggressione furono le sue
oscene
guerre coloniali (Etiopia 1896 e 1935, Libia 1911). Guerra di
aggressione
fu la sua entrata nella prima guerra mondiale del 1915. Guerra di
aggressione fu la sua entrata nella seconda guerra mondiale del 1940. In
tutti questi casi la motivazione, ufficiale ed ufficiosa, fu quella di
essere un paese "importante" (perché di prima categoria, e dunque degno
di
partecipare ai grandi eventi internazionali risolutivi) ed un paese
"serio"
(perché fedele alle alleanze stipulate ed agli alleati principali).
La motivazione dell'importanza e della serietà è stata ripetuta dal
cinico
baffetto D'Alema, l'aborto terminale del togliattismo e del comunismo
storico novecentesco italiano, l'uomo il cui nevrotico sorriso di
sufficienza nasconde male l'insicurezza del parvenu ed il nichilismo
dell'ultimo uomo, che sa bene che Dio è morto ed appunto per questo
tutto è
permesso e non vi sono più limiti. Nei primi giorni di bombardamenti, a
chi
gli faceva osservare che la Grecia, membro della NATO, non partecipava
però
ai bombardamenti, D'Alema rispose che la Grecia era un paese di seconda
categoria e poteva permettersi cose che un paese di prima categoria come
l'Italia non poteva permettersi. Continuati i bombardamenti, D'Alema
insisté molto sul fatto che l'Italia era un paese "serio", cioè
affidabile
per la NATO, e che questa serietà doveva essere mostrata anche sul
campo,
cioè sull'uso delle basi di Aviano per il martirio della Jugoslavia.
D'Alema, come i tutti i parvenus ex-comunisti, è un provinciale
ignorante,
esperto solo in intrighi di partito ed in tranelli tesi ai capicordata
rivali, ma non è possibile che non sappia che i patti di Rambouillet
erano
un diktat rivolto a provocare il rifiuto non di Milosevic ma di
qualunque
governo sovrano jugoslavo, che la catastrofe umanitaria dei kossovari è
posteriore ai bombardamenti assassini NATO e che infine si tratta
nell'essenziale di una guerra imperiale americana di controllo
geopolitico
regionale del pianeta, e non di un "interventismo" rivolto a prevenire
un
genocidio ed un olocausto.
9. Questa vergognosa aggressione nazista, che è in corso mentre scrivo
queste note e di cui non è ancora prevedibile l'esito finale, è un
evento
epocale che avrà conseguenze terribili a breve e soprattutto a medio ed
a
lungo termine. Si tratta di una bancarotta del sistema informativo
globale
e dei media, che si sono rivelati uno strumento coordinato della
propaganda
di guerra, per cui si può tranquillamente dire che a volte i giornalisti
più coraggiosi dicono la verità (esemplare la magnifica Lietta
Tornabuoni
ed il coraggioso Michele Santoro), ma i giornali in quanto tali mentono
sempre. Si tratta di una bancarotta delle socialdemocrazie europee,
rivelatesi nel loro insieme grotteschi fantocci dell'impero americano.
Si
tratta di una bancarotta della "sinistra" nel suo complesso, avanguardia
vociante (ma si ricordino gli "interventisti" del 1914 e 1915!) del
massacro amministrativo coperto oscenamente dai "diritti umani". Si
tratta
infine di un divorzio, a mio avviso ormai irreversibile, fra
intellettuali
e popolo, in cui il settore maggioritario degli intellettuali e degli
opinion makers si è rivelato essere composto da una canea di belve
rabbiose
e con la bocca sporca di sangue, il sangue sia dei serbi (che essi
odiano
in quanto incarnazione maledetta del Nazionalismo Etnico) sia dei
kossovari
(che essi fingono di amare in quanto vittime impotenti della cattiveria
umana).
10. Per la prima volta nella mia vita, essendo nato nel 1943, ho
finalmente
capito che cosa volesse dire essere antifascisti negli anni Trenta.
Immagino che significasse sperare nella vittoria militare del Negus di
Etiopia e dei repubblicani spagnoli contro i propri stessi degenerati
connazionali. Immagino che significasse provare un sentimento di
radicale
estraneità per la propria stessa formale cittadinanza. Io oggi mi sento
serbo, come Peter Handke, in quanto cittadino di una nazione martire
aggredita ingiustamente, per di più con "motivazioni umanitarie". Io
oggi
mi sento a tutti gli effetti un cristiano greco-ortodosso, perché solo
in
questo modo posso esser vicino alle vittime dell'aggressione (nello
stesso
modo in cui Bergson decise di rimanere ebreo nel tempo in cui gli ebrei
erano perseguitati e sterminati). Ma mi sento soprattutto
internazionalista, perché ho capito ormai bene che il cosmopolitismo
imperiale, con il pretesto di colpire le nazioni, i popoli e le etnie
ribelli, colpisce in realtà i fondamenti di una loro possibile
convivenza
futura pacifica e solidale.
Torino, 21 aprile 1999
Nota aggiuntiva
In una lunga intervista pubblicata da L'Unità (25/4/1998), Norberto
Bobbio
ha fatto dichiarazioni non solo sconcertanti, ed indegne del suo passato
intellettuale, ma anche a tutti gli effetti infami. "Infame" è purtroppo
l'unico termine utilizzabile nel contesto di argomentazioni indegne:
«Non
possiamo non dirci filoamericani ... Non ha più senso chiedersi se una
guerra sia giusta o ingiusta ... Questa guerra ricorda le guerre sante
contro gli infedeli», eccetera, eccetera. Queste infamie hanno passato
la
misura. Ho finalmente capito che cosa significhi, ed abbia significato,
trahison des clercs, tradimento degli intellettuali. E' possibile che
l'intervistatore abbia subornato con l'astuzia un vecchio, sfruttando la
sua ignoranza del contesto storico e politico. In ogni caso, se Norberto
Bobbio è un intellettuale, sono fiero e contento di non appartenere a
questa indegna categoria (Torino, 25 aprile 1999).
***
Una tragedia dell'Occidente.
di Marino Badiale
"Parlino gli altri delle loro vergogne, io parlo della mia" (B.Brecht)
(...) Il principio invocato dai governi
occidentali è quello del rispetto dei diritti umani. L'Occidente afferma
di
essere la parte che fa rispettare i fondamentali diritti degli individui
e
dei popoli. Ora, questa affermazione è banalmente falsa. "Far rispettare
un
diritto, una legge, un principio" significa farlo rispettare sempre e
dovunque (nei limiti delle possibilità). Come una legge naturale è vera
quando è sempre vera, (per cui se la legge di gravità valesse un giorno
si
e uno no allora a rigore dovremmo dire che essa non vale, e che la vera
legge è un'altra, da determinare), così può affermare di far rispettare
la
legge chi si sforza di farla rispettare sempre e dovunque. Questo
principio
dell'universalità della legge è il punto principale che separa
democrazia e
tirannide, crimine e diritto, Totò Riina e Giovanni Falcone. E' infatti
del
tutto ovvio che anche la mafia, in certi casi, reprime il crimine, e lo
fa
anzi con molto maggior rigore della polizia: se per caso io andassi a
spacciare eroina a Palermo, finirei dissolto nell'acido molto prima di
essere arrestato dalla polizia. Anche la mafia si oppone a certi
crimini:
quelli compiuti al di fuori del suo controllo e delle sue regole. Qual è
allora la differenza fra mafia e polizia, se non il fatto che la polizia
reprime tutti i crimini, mentre la mafia reprime i crimini degli altri
ma
non i propri e quelli dei propri alleati? Allo stesso modo, i regimi
totalitari del 900 non avevano certo abrogato del tutto l'osservanza del
diritto, e neppure avevano eliminato del tutto i "diritti umani":
semplicemente avevano reso questi diritti non universali, passibili di
"momentanea sospensione" secondo gli interessi del potere politico. Ma
sospendere "ogni tanto e in certi casi" i diritti umani significa
sospenderli del tutto. L'universalità del diritto non è aggiunta
estrinseca, è la sostanza stessa del diritto.
Se esaminiamo la condotta dell'Occidente armati di questi principi, il
giudizio da dare è chiarissimo: non solo l'Occidente è ben lungi dallo
sforzarsi di far rispettare "sempre e dovunque" i diritti umani invocati
per bombardare la Jugoslavia, ma è spesso attivo complice della
repressione
dei diritti umani stessi; per fare solo i primi due esempi che ci
vengono
in mente, paesi alleati dell'Occidente come Turchia e Israele compiono
da
anni chiarissime violazioni dei diritti degli individui e dei popoli.
Con il sostegno e l'appoggio dell'Occidente stesso. Se abbiamo chiaro
tutto
questo, è evidente la falsità della tesi citata all'inizio, secondo la
quale l'Occidente fa rispettare i diritti degli individui e dei popoli.
Questa tesi è in contraddizione con la realtà. Ma qual è allora il
principio che regola le azioni dell'Occidente? Esso è chiarissimo: noi
paesi dell'Occidente, con i nostri alleati e amici, possiamo fare quello
che vogliamo. I nostri avversari no. Ma allora, per tornare alle
opposizione esposte sopra, in questo modo, nella sua azione
internazionale,
l'Occidente assomiglia a una democrazia o a una dittatura? Ci ricorda
Giovanni Falcone o Totò Riina?
E' chiara la risposta. Anche dal punto di vista dei principi sui quali
si
basa, l'azione della NATO contro la Jugoslavia appare dunque un'infamia.
Una tragedia dell'Occidente.
Questa tragedia non si traduce soltanto in sofferenza, morte,
imbarbarimento per popolazioni a noi così vicine, che ne sono,
naturalmente, le principali vittime. Questa vicenda è una tragedia anche
per l'Occidente. Pagheremo tutto questo. Forse non noi, forse i nostri
figli o nipoti, ma pagheremo. In due modi diversi. Innanzitutto, non si
può
continuare a rovesciare sul resto del mondo violenza, arroganza, cinico
disprezzo di ogni principio, senza subirne prima o poi le conseguenze.
Non
si può mostrare ripetutamente a tutto il mondo che la forza è l'unico
diritto e sperare che, appena la nostra forza sarà minore, qualcuno si
astenga dall'usare con noi le stesse massime da noi applicate agli
altri.
Non si può continuare a mandare al mondo il messaggio "io faccio quello
che
voglio perché c'ho le legioni, o i panzer, o gli stealth", e poi sperare
che qualcuno non te la faccia pagare, la volta che ti ritrovi senza
legioni
o panzer o stealth. Nessun impero è eterno, nessuna supremazia militare
dura per sempre.
Ma c'è un altro motivo di angoscia, ancora più serio. Perché la barbarie
dell'Occidente non agisce solo sulle sue vittime, agisce su di noi.
Rendendoci tutti un poco più barbari. Ciascuno di noi è oggi diverso da
ciò
che era ieri. Oggi siamo cittadini di un paese che si è reso complice di
un'infamia, e questo solo fatto, il fatto che questo è avvenuto e le
nostre
vite continuano come ieri, questo solo fatto rende ciascuno di noi un
po'
complice, un po' infame. Per evitare questa coscienza dovremo tutti
raccontarci qualche tipo di menzogna, anche solo distogliendo lo sguardo
dalle notizie che arrivano dalla Jugoslavia. E questa è la profonda
tragedia che tali vicende portano con sé. La catastrofe della coscienza,
l'oscuramento del pensiero. Effetto e simbolo di questa catastrofe è la
notizia, che mi agghiaccia quasi quanto i bombardamenti, delle masse di
curiosi che dai campi attorno ad Aviano assistono allo "spettacolo"
della
partenza degli aerei. Il solo fatto che una cosa del genere possa essere
vissuta come uno spettacolo, il fatto che uomini e donne "normali" non
riescano a vedere in quegli "oggetti volanti" la morte che recano con
sé, e
non se ne ritraggano con pietoso orrore (atteggiamento che, nella mia
ingenuità, mi aspetterei anche e soprattutto da chi fosse d'accordo con
l'azione NATO): questi fatti indicano una catastrofe delle coscienze
che
sicuramente ha origini lontane ma ha trovato in questa occasione la sua
espressione più agghiacciante. (...)
Marino Badiale
***
Questi saggi (insieme a molti altri dedicati alla guerra)
sono stati pubblicati sulla rivista
Koiné
Gennaio/Settembre199
Periodico culturale - Anno VII - Nuova serie
Reg. Tribunale di Pistoia n° 2/93 del 16/2/93
Direttore responsabile: Carmine Fiorillo
Per maggiori informazioni scrivere a
Editrice C.R.T.
Via S. Pietro, 36 - 51100 Pistoia
Tel.: 0573/976124 - Fax: 0573/366725
E-mail: crt.pt@...
--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
e-mail: crj@... - URL: http://marx2001.org/crj
http://www.egroups.com/group/crj-mailinglist/
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circolare circa un anno fa
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sembra meritevole di essere riproposto in questa serie sulla
responsabilita' degli intellettuali.
A seguire riportiamo anche parte dell'articolo di Marino Badiale,
apparso sulla stessa rivista KOINE', che tratta degli aspetti etici del
conflitto.
La stessa casa editrice di KOINE' ha annunciato l'uscita a breve di un
altro testo di Preve, in cui dovrebbero essere riprese e approfondite le
considerazioni qui esposte.
---
Prove generali di nazismo umanitario
di Costanzo Preve
1. L'aggressione assassina della NATO alla Jugoslavia, iniziata il 24
marzo
1999, è uno degli eventi fondamentali del Novecento europeo, anche se
per
ora di questo non c'è ancora sufficiente consapevolezza, data
l'asfissiante
manipolazione e saturazione mediatica sull'operazione di polizia
internazionale "umanitaria" resa purtroppo necessaria dai presunti
crimini
continuati del dittatore genocida Milosevic.
Per essere più esatti, si tratta di un evento ancora formalmente
"novecentesco", che si situa però ormai al di fuori dei quadri
geopolitici,
culturali ed economici del cosiddetto "secolo breve". Si tratta infatti
della seconda guerra imperiale americana, intendendo la "prima" come la
Guerra del Golfo contro l'Irak del 1991. E' dunque necessario
comprendere
bene la nozione di guerra imperiale americana, e conseguentemente di
"impero americano".
2. Gli USA vengono definiti dai loro capi, cioè dalla élite che li
governa
(su cui ha scritto parole terribili e profetiche l'americano Christopher
Lasch e su cui scrive parole terribili l'americano Noam Chomsky), come
l'unica nazione indispensabile del mondo. Questa espressione demenziale
connota bene l'autoreferenzialità assoluta di tutte le culture di tipo
"imperiale". Le culture imperiali si definiscono in modo
autoreferenziale
come portatrici di una moralità superiore, ricavata da una specifica
secolarizzazione economico-politica di teorie originariamente teologiche
(in questo caso giudaico-cristiane, più esattamente
giudaico-protestanti).
In quanto culture autoreferenziali, considerano "immorale" ogni
riferimento
di tipo variamente contrattualistico ad un Altro. L'Altro è sempre e
soltanto il portatore potenziale del Male e della minaccia relativistica
alla propria assolutezza paranoicamente introiettata. In questo modo
l'Altro è sempre e soltanto il terminale di una "inclusione" subalterna
nella propria logica sociale riproduttiva e nel proprio sistema di
valori e
di comportamenti.
Una cultura imperiale di questo tipo è pericolosissima perché è incapace
di
relazionarsi realmente con l'Altro, negandogli a priori ogni
legittimità.
Il pericolo aumenta quando il supporto materiale di questa assolutezza
autoreferenziale è basato su di un dominio soverchiante di tipo
economico,
finanziario, tecnologico, militare e culturale.
3. La prima guerra imperiale americana fu pianificata e scatenata nel
1991
contro l'Irak di Saddam Hussein (già allora demonizzato come "nuovo
Hitler"), e fu giustificata da alcuni come "guerra giusta" in quanto
guerra
di ristabilimento della legalità internazionale originariamente violata
dall'Irak, che aveva conquistato ed annesso il Kuweit in una breve
guerra-lampo svoltasi nell'estate del 1990. Questa guerra fu dunque
presentata come una guerra dell'ONU, e come un'affermazione del diritto
internazionale contro l'arbitrio nazionalistico.
Trascurando qui ogni riflessione geopolitica sul Vicino Oriente, sul
nazionalismo arabo, sul sionismo, sul controllo dei pozzi di petrolio e
delle fonti energetiche (e trascurando anche la guerra precedentemente
condotta dall'Irak contro l'Iran con l'assenso, l'armamento e l'appoggio
delle grandi potenze occidentali), bisogna invece riconfermare, alla
luce
soprattutto degli eventi successivi del periodo 1991-1999, che si trattò
invece proprio della prima guerra imperiale americana del nuovo periodo
storico apertosi con la tragica implosione del comunismo storico
novecentesco. Oggi abbiamo informazioni dettagliate di come la guerra fu
voluta dagli USA, e di come sono state via via svuotate tutte le
iniziative
diplomatiche tese ad ottenere un ritiro integrale dell'Irak dal Kuweit.
Oggi abbiamo informazioni dettagliate sull'uso di armi criminali, come
le
armi ad uranio impoverito, come l'isotopo 238, responsabili di danni
biologici irreversibili non solo nei corpi degli sconfitti, ma nei corpi
degli stessi aggressori. Ma sopra ogni altra cosa siamo dettagliatamente
informati sulle vittime innumerevoli, censite e documentate dagli stessi
organismi internazionali, causate dall'embargo assassino contro l'intero
popolo irakeno. Questo embargo verrà probabilmente ricordato come il più
grande crimine "umanitario" dell'intero decennio degli anni Novanta del
Novecento. Si tratta di un crimine noto, voluto, protratto,
sistematicamente pianificato ed eseguito. Esso è stato ed è un crimine
"imperiale", ben noto agli studiosi di storia, che ha come finalità
"razionale" la messa in guardia da possibili future ribellioni e
disobbedienze verso l'Impero stesso. Questa prima guerra imperiale
americana era già stata di fatto uno svuotamento ed una messa ai margini
dell'ONU, ma aveva ancora potuto ammantarsi di motivazioni di diritto
internazionale violato. Tutto questo viene meno con l'attuale seconda
guerra imperiale americana contro l'eroica Jugoslavia e contro
l'ammirevole
popolo serbo.
4. Questa seconda guerra imperiale americana presenta tuttavia un
interessante aspetto comune con la prima. La prima guerra imperiale
americana del 1991 fu una guerra geopolitica di controllo contro il
mondo
arabo e musulmano, e proprio per questa ragione la potenza imperiale
impose
la partecipazione subalterna a molti importanti paesi arabi e musulmani
(dall'Egitto all'Arabia Saudita). Questa seconda guerra imperiale
americana
del 1999 è una guerra geopolitica di controllo contro l'Europa, e
proprio
per questa ragione la potenza imperiale impone la partecipazione
subalterna
ai più importanti paesi europei (dalla Francia alla Germania alla povera
subalterna Italia). Le motivazioni "umanitarie" non riescono ovviamente
a
nascondere questo aspetto cruciale, su cui si soffermano analiticamente
i
commentatori più intelligenti. Questa guerra contro l'Europa è anche un
vero e proprio suicidio dell'Europa, ed in particolare della Germania e
della Francia (dell'Inghilterra di Blair è inutile parlare qui, perché
ha
riconfermato una scelta strategica fatta a partire dal 1945, quella di
operare come il cinquantunesimo stato americano in Europa). L'Europa
sarebbe stata perfettamente in grado di contribuire a garantire la
convivenza multietnica nei Balcani e nel Kossovo in particolare, anche
con
un serio monitoraggio internazionale. Certo, questo monitoraggio era
incompatibile con l'umiliazione del popolo serbo, con l'avallo
all'espulsione delle minoranze serbe in Croazia e nella stessa Bosnia,
con
l'appoggio militare agli indipendentisti razzisti dell'U.C.K. nel
Kossovo,
eccetera. Questo monitoraggio era ovviamente anche incompatibile con
l'incredibile coltivazione, protrattasi dal 1991 al 1999, dell'odio e
della
demonizzazione verso il popolo serbo, delegata ed appaltata a
piccolissimi
gruppi intellettuali isterici provenienti dalla vecchia "estrema
sinistra"
sessantottina (nouveaux philosophes in Francia, ex di Lotta Continua in
Italia, eccetera). Questi piccolissimi gruppi intellettuali erano
caratterizzati sopra ogni altra cosa dall'ignoranza più assoluta sulla
complessità storica, linguistica, religiosa e culturale delle etnie
balcaniche reali, un'ignoranza maldestrante coperta da una retorica
falsa e
strumentale sui diritti umani, diritti umani sempre a corrente alternata
ed
a geometria variabile, diritti umani sempre e solo garantiti ai propri
amici e sempre negati invece ai propri "nemici". Ed è appunto sulla
costruzione intellettuale del "nemico serbo" che occorre fare una
riflessione particolare.
5. La potenza imperiale americana utilizza ovviamente la retorica
umanitaria e la demonizzazione personalizzata dell'avversario (Milosevic
è
lo Hitler dei Balcani così come Saddam era lo Hitler del Medio Oriente),
ma
non fonda certo la propria legittimità sull'illusione retorica. In modo
molto chiaro Henry Kissinger ha ripetuto che forse la guerra non avrebbe
dovuto essere cominciata, ma una volta cominciata non può essere
condotta a
termine che con la sconfitta dell'avversario, pena la "perdita di
credibilità" della NATO e soprattutto della superpotenza americana.
Questo
è un parlare chiaro ed un mettere le carte in tavola. Il discorso è
diverso
per gli intellettuali di servizio alla Barbara Spinelli ed alla Adriano
Sofri, alla Enrico Deaglio ed alla Gad Lerner. Essi devono fornire un
"supplemento d'anima" alla strategia militare nazista dei bombardamenti
che
devono "spianare" un paese praticamente senza vittime fra le forze
imperiali, in attesa di una invasione terrestre fatta utilizzando la
carne
da cannone a buon prezzo delle bande dell'U.C.K. (che non mi sogno per
nulla di identificare con il popolo albanese in quanto tale).
Questo supplemento d'anima è fornito con una strategia intellettuale che
assomiglia in modo impressionante ai meccanismi proiettivi di
demonizzazione dell'antisemitismo nazista. L'antisemitismo nazista si
basava su di una identificazione esemplare, nel popolo ebraico, di un
popolo esemplarmente caratterizzato da due caratteristiche
intercambiabili
entrambe negative, il cosmopolitismo finanziario e lo sradicamento
rivoluzionario. Insomma, gli ebrei sono cattivi collettivamente ed in
toto
perché in essi si esemplifica e si incarna in modo tristemente esemplare
la
fusione perversa di cosmopolitismo finanziario e di sradicamento
rivoluzionario. Nello stesso modo questi nuovi intellettuali che
definirò
"nazisti umanitari" identificano l'intero popolo serbo con lo stereotipo
diabolico del nazionalismo etnico. I serbi sono oggi i portatori infetti
e
virulenti del nazionalismo etnico, così come mezzo secolo fa gli ebrei
erano i portatori infetti e virulenti del cosmopolitismo finanziario e/o
dello sradicamento rivoluzionario.
Abbiamo suggerito una chiave di lettura apparentemente assurda e
scandalosa. Ma preghiamo il lettore di non impazientirsi, e di prestare
attenzione alle riflessioni che seguiranno.
6. E' infatti purtroppo necessario che l'analogia fra il vecchio nazismo
antisemita ed il nuovo nazismo umanitario venga presa sul serio.
Ripetiamo
che l'identificazione simbolica a priori del popolo ebraico maledetto
con
gli stereotipi demonizzanti del cosmopolitismo finanziario e/o dello
sradicamento rivoluzionario esimeva dal prendere in considerazione gli
ebrei reali e la loro collocazione nelle società europee. La
semplificazione paranoica e l'identificazione diretta con il Male
Assoluto
permettevano di "saltare" la faticosa presa in considerazione delle
oggettività storiche. In questo modo il diritto al Pregiudizio ed
all'Ignoranza era garantito e legittimato. In questo modo, ed
esattamente
in questo modo funziona la nuova identificazione simbolica demonizzante
del
popolo serbo con il nuovo Male Assoluto del tempo dell'americanizzazione
globalizzata del pianeta, il nazionalismo etnico (vero o presunto).
E' così possibile non sapere che il "dittatore" Milosevic (che il
filosofo
"pacifista" Norberto Bobbio vorrebbe "spazzato via dalla faccia della
terra"), è in realtà stato eletto tre volte in regolari elezioni
pluralistiche, che l'opposizione politica in Jugoslavia esiste ed è
legalmente garantita, che Milosevic non può essere accusato di volere
estendere la Grande Serbia al Kossovo per il semplice fatto che il
Kossovo
è serbo dal tempo delle guerre balcaniche (1912-1913), che persino con
le
funeste limitazioni dei loro diritti rispetto ai benemeriti tempi di
Tito i
kossovari albanesi hanno sempre disposto di diritti che i curdi in
Turchia
e gli arabi in Palestina si sognano di possedere, che Belgrado è una
città
con circa duecentomila musulmani, che la Voivodina jugoslava e serba è
sempre storicamente stata un modello di convivenza etnica, linguistica e
religiosa, che i serbi sono stati cacciati dalla Croazia e non viceversa
con la connivenza dell'intera Europa, eccetera, eccetera, eccetera.
E' così possibile non sapere che i cosiddetti accordi di Rambouillet non
sono mai stati rivolti a ristabilire le condizioni della convivenza
pacifica fra serbi ed albanesi nel Kossovo, ma sono stati concepiti
dagli
americani per organizzare militarmente una secessione del Kossovo
nell'arco
di tre anni con un referendum farsa, e prevedevano un'occupazione
militare
incontrollata dell'intero territorio jugoslavo, e quindi anche una
prevedibile secessione pilotata del Montenegro e forse della stessa
Voivodina. Del resto, decine di diplomatici hanno chiarito
analiticamente
questo punto.
E' così possibile non sapere che prima del 24 marzo 1999 in Kossovo non
solo
non c'era un "genocidio" o un olocausto, ma non c'era neppure una
"pulizia
etnica", cioè una "espulsione etnica" generalizzata. C'era una guerra
civile a bassa intensità, o meglio una serie di operazioni
antiguerriglia
con tutto ciò che questo purtroppo comporta. E' noto che se la
"espulsione
etnica" fosse classificata come un genocidio popoli considerati civili e
"buoni" come i cecoslovacchi ed i polacchi sarebbero popoli "genocidi",
avendo espulso milioni di tedeschi dai Sudeti e dalla Slesia nel 1946.
Ma
in Kossovo non c'era neppure questa espulsione etnica generalizzata.
Questa
espulsione etnica è iniziata dopo i bombardamenti NATO, ed è
strettamente
collegata con il timore di una insurrezione etnica albanese in
concomitanza
con una devastante invasione terrestre della NATO e delle bande
dell'U.C.K., il cui programma è la secessione e l'espulsione dei serbi
dal
Kossovo. Il popolo kossovaro fugge perché sa perfettamente che si
combatterà casa per casa sul suo territorio, e non vuole essere preso in
mezzo. Del resto, qualunque cosa facciano i serbi essi saranno comunque
demonizzati. Se espellono gli albanesi fanno "pulizia etnica". Se li
tengono nel territorio useranno gli albanesi come "scudi umani" e come
"banche del sangue". I serbi sono dunque non solo dei nazionalisti
etnici,
ma anche dei vampiri.
7. Il problema non è dunque, non è mai stato e non sarà mai schierarsi
per
gli albanesi o per i serbi nel Kossovo. In proposito la sola posizione
umana e corretta sta nel lavorare quotidianamente per una armoniosa
convivenza multietnica, multilinguistica e multireligiosa. Ma
l'aggressione
NATO e la seconda guerra imperiale americana sono rivolte contro questa
prospettiva, in favore di una ulteriore "balcanizzazione" dell'Europa
Orientale, funzionale ad un controllo geopolitico preventivo sulla
Russia,
sull'Europa e sul Medio Oriente. Le motivazioni "umanitarie" sono una
menzogna manifesta e scandalosa. A suo tempo Guernica di Picasso, una
delle
più famose opere artistiche del Novecento, fu dipinta come una protesta
contro i bombardamenti nazisti in Spagna. Oggi Guernica non è più nei
paesi
baschi, ma è in Serbia e nel Kossovo. I nuovi nazisti sono però ancora
più
ipocriti dei precedenti, perché vogliono abbellire il loro soverchiante
dominio tecnologico con le motivazioni umanitarie e con i cascami della
"cultura di sinistra" europea del dopo Sessantotto. Questi cascami sono
oggi l'equivalente "buonista" di Goebbels e della sua propaganda.
8. Ancora una volta, l'Italia e lo stato italiano sono fra gli
aggressori,
anche se coprono questa loro aggressione con un'asfissiante retorica
"umanitaria". E' dal tempo del Risorgimento che il popolo italiano non
fa
più una guerra "giusta", nel senso giusnaturalistico del termine, una
guerra intesa come guerra di liberazione nazionale o come guerra di
difesa
contro un'aggressione manifesta. Guerre di aggressione furono le sue
oscene
guerre coloniali (Etiopia 1896 e 1935, Libia 1911). Guerra di
aggressione
fu la sua entrata nella prima guerra mondiale del 1915. Guerra di
aggressione fu la sua entrata nella seconda guerra mondiale del 1940. In
tutti questi casi la motivazione, ufficiale ed ufficiosa, fu quella di
essere un paese "importante" (perché di prima categoria, e dunque degno
di
partecipare ai grandi eventi internazionali risolutivi) ed un paese
"serio"
(perché fedele alle alleanze stipulate ed agli alleati principali).
La motivazione dell'importanza e della serietà è stata ripetuta dal
cinico
baffetto D'Alema, l'aborto terminale del togliattismo e del comunismo
storico novecentesco italiano, l'uomo il cui nevrotico sorriso di
sufficienza nasconde male l'insicurezza del parvenu ed il nichilismo
dell'ultimo uomo, che sa bene che Dio è morto ed appunto per questo
tutto è
permesso e non vi sono più limiti. Nei primi giorni di bombardamenti, a
chi
gli faceva osservare che la Grecia, membro della NATO, non partecipava
però
ai bombardamenti, D'Alema rispose che la Grecia era un paese di seconda
categoria e poteva permettersi cose che un paese di prima categoria come
l'Italia non poteva permettersi. Continuati i bombardamenti, D'Alema
insisté molto sul fatto che l'Italia era un paese "serio", cioè
affidabile
per la NATO, e che questa serietà doveva essere mostrata anche sul
campo,
cioè sull'uso delle basi di Aviano per il martirio della Jugoslavia.
D'Alema, come i tutti i parvenus ex-comunisti, è un provinciale
ignorante,
esperto solo in intrighi di partito ed in tranelli tesi ai capicordata
rivali, ma non è possibile che non sappia che i patti di Rambouillet
erano
un diktat rivolto a provocare il rifiuto non di Milosevic ma di
qualunque
governo sovrano jugoslavo, che la catastrofe umanitaria dei kossovari è
posteriore ai bombardamenti assassini NATO e che infine si tratta
nell'essenziale di una guerra imperiale americana di controllo
geopolitico
regionale del pianeta, e non di un "interventismo" rivolto a prevenire
un
genocidio ed un olocausto.
9. Questa vergognosa aggressione nazista, che è in corso mentre scrivo
queste note e di cui non è ancora prevedibile l'esito finale, è un
evento
epocale che avrà conseguenze terribili a breve e soprattutto a medio ed
a
lungo termine. Si tratta di una bancarotta del sistema informativo
globale
e dei media, che si sono rivelati uno strumento coordinato della
propaganda
di guerra, per cui si può tranquillamente dire che a volte i giornalisti
più coraggiosi dicono la verità (esemplare la magnifica Lietta
Tornabuoni
ed il coraggioso Michele Santoro), ma i giornali in quanto tali mentono
sempre. Si tratta di una bancarotta delle socialdemocrazie europee,
rivelatesi nel loro insieme grotteschi fantocci dell'impero americano.
Si
tratta di una bancarotta della "sinistra" nel suo complesso, avanguardia
vociante (ma si ricordino gli "interventisti" del 1914 e 1915!) del
massacro amministrativo coperto oscenamente dai "diritti umani". Si
tratta
infine di un divorzio, a mio avviso ormai irreversibile, fra
intellettuali
e popolo, in cui il settore maggioritario degli intellettuali e degli
opinion makers si è rivelato essere composto da una canea di belve
rabbiose
e con la bocca sporca di sangue, il sangue sia dei serbi (che essi
odiano
in quanto incarnazione maledetta del Nazionalismo Etnico) sia dei
kossovari
(che essi fingono di amare in quanto vittime impotenti della cattiveria
umana).
10. Per la prima volta nella mia vita, essendo nato nel 1943, ho
finalmente
capito che cosa volesse dire essere antifascisti negli anni Trenta.
Immagino che significasse sperare nella vittoria militare del Negus di
Etiopia e dei repubblicani spagnoli contro i propri stessi degenerati
connazionali. Immagino che significasse provare un sentimento di
radicale
estraneità per la propria stessa formale cittadinanza. Io oggi mi sento
serbo, come Peter Handke, in quanto cittadino di una nazione martire
aggredita ingiustamente, per di più con "motivazioni umanitarie". Io
oggi
mi sento a tutti gli effetti un cristiano greco-ortodosso, perché solo
in
questo modo posso esser vicino alle vittime dell'aggressione (nello
stesso
modo in cui Bergson decise di rimanere ebreo nel tempo in cui gli ebrei
erano perseguitati e sterminati). Ma mi sento soprattutto
internazionalista, perché ho capito ormai bene che il cosmopolitismo
imperiale, con il pretesto di colpire le nazioni, i popoli e le etnie
ribelli, colpisce in realtà i fondamenti di una loro possibile
convivenza
futura pacifica e solidale.
Torino, 21 aprile 1999
Nota aggiuntiva
In una lunga intervista pubblicata da L'Unità (25/4/1998), Norberto
Bobbio
ha fatto dichiarazioni non solo sconcertanti, ed indegne del suo passato
intellettuale, ma anche a tutti gli effetti infami. "Infame" è purtroppo
l'unico termine utilizzabile nel contesto di argomentazioni indegne:
«Non
possiamo non dirci filoamericani ... Non ha più senso chiedersi se una
guerra sia giusta o ingiusta ... Questa guerra ricorda le guerre sante
contro gli infedeli», eccetera, eccetera. Queste infamie hanno passato
la
misura. Ho finalmente capito che cosa significhi, ed abbia significato,
trahison des clercs, tradimento degli intellettuali. E' possibile che
l'intervistatore abbia subornato con l'astuzia un vecchio, sfruttando la
sua ignoranza del contesto storico e politico. In ogni caso, se Norberto
Bobbio è un intellettuale, sono fiero e contento di non appartenere a
questa indegna categoria (Torino, 25 aprile 1999).
***
Una tragedia dell'Occidente.
di Marino Badiale
"Parlino gli altri delle loro vergogne, io parlo della mia" (B.Brecht)
(...) Il principio invocato dai governi
occidentali è quello del rispetto dei diritti umani. L'Occidente afferma
di
essere la parte che fa rispettare i fondamentali diritti degli individui
e
dei popoli. Ora, questa affermazione è banalmente falsa. "Far rispettare
un
diritto, una legge, un principio" significa farlo rispettare sempre e
dovunque (nei limiti delle possibilità). Come una legge naturale è vera
quando è sempre vera, (per cui se la legge di gravità valesse un giorno
si
e uno no allora a rigore dovremmo dire che essa non vale, e che la vera
legge è un'altra, da determinare), così può affermare di far rispettare
la
legge chi si sforza di farla rispettare sempre e dovunque. Questo
principio
dell'universalità della legge è il punto principale che separa
democrazia e
tirannide, crimine e diritto, Totò Riina e Giovanni Falcone. E' infatti
del
tutto ovvio che anche la mafia, in certi casi, reprime il crimine, e lo
fa
anzi con molto maggior rigore della polizia: se per caso io andassi a
spacciare eroina a Palermo, finirei dissolto nell'acido molto prima di
essere arrestato dalla polizia. Anche la mafia si oppone a certi
crimini:
quelli compiuti al di fuori del suo controllo e delle sue regole. Qual è
allora la differenza fra mafia e polizia, se non il fatto che la polizia
reprime tutti i crimini, mentre la mafia reprime i crimini degli altri
ma
non i propri e quelli dei propri alleati? Allo stesso modo, i regimi
totalitari del 900 non avevano certo abrogato del tutto l'osservanza del
diritto, e neppure avevano eliminato del tutto i "diritti umani":
semplicemente avevano reso questi diritti non universali, passibili di
"momentanea sospensione" secondo gli interessi del potere politico. Ma
sospendere "ogni tanto e in certi casi" i diritti umani significa
sospenderli del tutto. L'universalità del diritto non è aggiunta
estrinseca, è la sostanza stessa del diritto.
Se esaminiamo la condotta dell'Occidente armati di questi principi, il
giudizio da dare è chiarissimo: non solo l'Occidente è ben lungi dallo
sforzarsi di far rispettare "sempre e dovunque" i diritti umani invocati
per bombardare la Jugoslavia, ma è spesso attivo complice della
repressione
dei diritti umani stessi; per fare solo i primi due esempi che ci
vengono
in mente, paesi alleati dell'Occidente come Turchia e Israele compiono
da
anni chiarissime violazioni dei diritti degli individui e dei popoli.
Con il sostegno e l'appoggio dell'Occidente stesso. Se abbiamo chiaro
tutto
questo, è evidente la falsità della tesi citata all'inizio, secondo la
quale l'Occidente fa rispettare i diritti degli individui e dei popoli.
Questa tesi è in contraddizione con la realtà. Ma qual è allora il
principio che regola le azioni dell'Occidente? Esso è chiarissimo: noi
paesi dell'Occidente, con i nostri alleati e amici, possiamo fare quello
che vogliamo. I nostri avversari no. Ma allora, per tornare alle
opposizione esposte sopra, in questo modo, nella sua azione
internazionale,
l'Occidente assomiglia a una democrazia o a una dittatura? Ci ricorda
Giovanni Falcone o Totò Riina?
E' chiara la risposta. Anche dal punto di vista dei principi sui quali
si
basa, l'azione della NATO contro la Jugoslavia appare dunque un'infamia.
Una tragedia dell'Occidente.
Questa tragedia non si traduce soltanto in sofferenza, morte,
imbarbarimento per popolazioni a noi così vicine, che ne sono,
naturalmente, le principali vittime. Questa vicenda è una tragedia anche
per l'Occidente. Pagheremo tutto questo. Forse non noi, forse i nostri
figli o nipoti, ma pagheremo. In due modi diversi. Innanzitutto, non si
può
continuare a rovesciare sul resto del mondo violenza, arroganza, cinico
disprezzo di ogni principio, senza subirne prima o poi le conseguenze.
Non
si può mostrare ripetutamente a tutto il mondo che la forza è l'unico
diritto e sperare che, appena la nostra forza sarà minore, qualcuno si
astenga dall'usare con noi le stesse massime da noi applicate agli
altri.
Non si può continuare a mandare al mondo il messaggio "io faccio quello
che
voglio perché c'ho le legioni, o i panzer, o gli stealth", e poi sperare
che qualcuno non te la faccia pagare, la volta che ti ritrovi senza
legioni
o panzer o stealth. Nessun impero è eterno, nessuna supremazia militare
dura per sempre.
Ma c'è un altro motivo di angoscia, ancora più serio. Perché la barbarie
dell'Occidente non agisce solo sulle sue vittime, agisce su di noi.
Rendendoci tutti un poco più barbari. Ciascuno di noi è oggi diverso da
ciò
che era ieri. Oggi siamo cittadini di un paese che si è reso complice di
un'infamia, e questo solo fatto, il fatto che questo è avvenuto e le
nostre
vite continuano come ieri, questo solo fatto rende ciascuno di noi un
po'
complice, un po' infame. Per evitare questa coscienza dovremo tutti
raccontarci qualche tipo di menzogna, anche solo distogliendo lo sguardo
dalle notizie che arrivano dalla Jugoslavia. E questa è la profonda
tragedia che tali vicende portano con sé. La catastrofe della coscienza,
l'oscuramento del pensiero. Effetto e simbolo di questa catastrofe è la
notizia, che mi agghiaccia quasi quanto i bombardamenti, delle masse di
curiosi che dai campi attorno ad Aviano assistono allo "spettacolo"
della
partenza degli aerei. Il solo fatto che una cosa del genere possa essere
vissuta come uno spettacolo, il fatto che uomini e donne "normali" non
riescano a vedere in quegli "oggetti volanti" la morte che recano con
sé, e
non se ne ritraggano con pietoso orrore (atteggiamento che, nella mia
ingenuità, mi aspetterei anche e soprattutto da chi fosse d'accordo con
l'azione NATO): questi fatti indicano una catastrofe delle coscienze
che
sicuramente ha origini lontane ma ha trovato in questa occasione la sua
espressione più agghiacciante. (...)
Marino Badiale
***
Questi saggi (insieme a molti altri dedicati alla guerra)
sono stati pubblicati sulla rivista
Koiné
Gennaio/Settembre199
Periodico culturale - Anno VII - Nuova serie
Reg. Tribunale di Pistoia n° 2/93 del 16/2/93
Direttore responsabile: Carmine Fiorillo
Per maggiori informazioni scrivere a
Editrice C.R.T.
Via S. Pietro, 36 - 51100 Pistoia
Tel.: 0573/976124 - Fax: 0573/366725
E-mail: crt.pt@...
--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
e-mail: crj@... - URL: http://marx2001.org/crj
http://www.egroups.com/group/crj-mailinglist/
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