L'articolo che segue appare sul numero appena uscito della rivista
L'ERNESTO (n. 6/2004 - vedi in fondo per il sommario)


Andrea Catone

La NATO non è un fiore...

(ritornello di un canto di lotta degli anni ’60)

 
1. La NATO nella guerra fredda

NATO è l'acronimo di NorthAtlantic Treaty Organisation, ovvero
Organizzazione del Trattato Nord Atlantico. Indica un'organizzazione
internazionale per la collaborazione nella difesa, creata nel 1949 in
supporto al Patto Atlantico che venne firmato a Washington il 4 aprile
1949. Il suo altro nome ufficiale è l'equivalente francese,
l'Organisation du Traité de l'Atlantique Nord, o OTAN.

La NATOnasce sulla base della dottrina Truman, che afferma il più
deciso impegno antisovietico attraverso il rafforzamento militare
dell’Occidente. È bene ricordare che il Patto di Varsavia stipulato tra
i paesi socialisti è posteriore di ben 6 anni (1955). Il trattato del
1949 è, nel suo statuto, strettamente difensivo, si rifà all'ONU, di
cui richiama espressamente l'art. 51 come diritto alla legittima difesa
(articolo 5 del trattato, che sarà poi sostanzialmente modificato 50
anni dopo). I paesi aderenti al trattato del nord atlantico nel 1949
sono USA, Canada, Regno Unito, Danimarca, Norvegia, Islanda, Francia,
Italia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Portogallo. Grecia e Turchia si
aggiungono nel 1952, la Germania nel 1955, la Spagna nel 1982.

Il ruolo che la NATO svolge durante la “guerra fredda” (1945-1989) non
è solo quello di deterrente militare nei confronti dell'URSS.
Attraverso la NATO gli USA si assicurano il controllo militare,
politico ed economico dei paesi membri. Impongono l'uniformazione dei
sistemi di difesa e delle strutture militari, degli armamenti, dei
sistemi di comunicazione. Le basi NATO sono anche un sistema di
controllo e spionaggio nelle strutture sociali dei paesi membri. La
NATO svolge anche un forte ruolo di repressione interna, di gendarme
contro i popoli, in funzione anticomunista. La NATO è inoltre uno
strumento ideologico e di propaganda politica dei “valori
dell’Occidente” [Teobaldelli].

Alla NATOnell’Europa occidentale e nel “fianco sud-est” (Grecia,
Turchia) è affidato dunque un compito molteplice, che non è solo
militare (contro l’URSS e il Patto di Varsavia), ma volto a realizzare
la coesione politico-culturale dei partner subalterni europei e
affermare l’egemonia degli USA. Anzi, il suo ruolo propriamente
militare deve limitarsi alla sola deterrenza, dato che l’Unione
sovietica è riuscita, nonostante tutti i tentativi degli USA di
fermarla, a dotarsi di un arsenale militare nucleare in grado di
contrapporsi alla strapotenza nordamericana [Gaja]. Nel mezzo secolo
della “guerra fredda” la NATO non interviene militarmente in nessuna
area, anche lì dove vi sono situazioni di crisi nel Mediterraneo.

Non bisognerebbe dimenticare questa doppia funzione della NATO,
esterna/interna. Dietro la facciata dei comuni interessi
dell’”Occidente” contro il comunismo, vi è la realtà degli interessi
degli USA a controllare e condizionare politica ed economia degli
alleati europei che sono al contempo anche dei concorrenti economici e
potenziali concorrenti politici. Non è un caso che la coesione interna
al campo “occidentale” cominci ad essere incrinata con l’emergere di
contraddizioni tra politiche europee (CEE, poi Comunità europea) e USA:
la politica del generale De Gaulle, che punta a far svolgere all’Europa
un ruolo autonomo dalla tutela USA, porterà, nel 1966, la Francia ad
uscire dal comando militare per sviluppare un proprio programma
nucleare. Il quartier generale si sposta da Parigi a Bruxelles.

Nella strategia USA degli anni 70/80 si fa strada un rilevante
interesse per il controllo del Mediterraneo e del Medio Oriente, non
solo in funzione antisovietica. Il fianco sud della NATO diviene
estremamente rilevante. Nel 1978. Z. Brzezinski, nationalsecurity
adviser di Carter, elabora il concetto di "arco di crisi" per il fianco
sud della NATO. Nel 1983 viene costituito il CENTCOM (Central Command)
che ha competenza su circa 40 paesi tra Mediterraneo e Golfo (nel 1991
avrebbe gestito la guerra del Golfo) e la RapidDeployment Force. È già
negli anni '80 che si passa dalla deterrenza alla compellenza. La NATO
si attrezza per una strategia più aggressiva [Minolfi].

 
2. La NATO degli anni ‘90: espansione a Est Sud-Est

Tra il 1989 e il 1991 intervengono gli eventi che pongono fine al
blocco socialista europeo e sovietico. Il Patto di Varsavia viene
disciolto ufficialmente il 1° luglio 1991. Nell'agosto il PCUS viene
rovesciato da Eltsin e qualche mese dopo Gorbaciov sottoscrive la
dissoluzione dell'URSS. Qualche ingenuo poteva sperare nello
scioglimento del blocco atlantico. Ma non era certo così. Pentagono e
Casa bianca stavano elaborando già la strategia del nuovo secolo
americano, che proponeva gli USA quali dominatori assoluti, pronti ad
intervenire per prevenire, anche militarmente, qualsiasi ambizione
dialtre potenze regionali [Hoebel]. In questa nuova strategia anche la
NATO avrebbe assunto un nuovo ruolo.

Mentrel’URSS sta vivendo gli ultimi giorni della sua agonia, al
consiglio atlantico di Roma del 7-8 novembre 1991 si elabora il "Nuovo
concetto strategico dell'Alleanza atlantica". Viene istituito il
Consiglio di cooperazione del nord atlantico (Nacc) che inizia le sue
attività il 20 dicembre 1991. Vi partecipano anche sei paesi
dell'Europa centro-orientale e i paesi baltici. Nel 1992 vi aderiscono
anche 11 stati della nuova CSI', la Georgia e l’Albania. Attraverso
formule variabili di cooperazione e informazione militare, la NATO
svolge il ruolo eminentemente politico volto a prevenire qualsiasi
ritorno dei comunisti al potere e a integrare nelle sue strutture i
paesi ex socialisti. Ad essi, invece che un ruolo neutrale autonomo e
“non allineato” nello scacchiere internazionale – cui pure alcuni di
essi potrebbero aspirare -, viene prospettata un’unica strada: essere
fagocitati nella NATO per poter essere ammessi nel “club
dell’Occidente”.

La vera svolta nella politica della NATO si ha nel 1993, quando Antony
Lake, nationalsecurity adviser dell'amministrazione Clinton lancia con
chiarezza la strategia del DemocraticEnlargement . è la sanzione
ufficiale del definitivo tramonto del discorso del “nuovo ordine
mondiale” (alla prova dei fatti, effimero strumento retorico), che
suggeriva la tutela dello status quo. Si vara una politica aggressiva.
Lake richiede un improcrastinabile aggiornamento della NATO. A
settembre dello stesso anno il Foreignaffairs pubblica Building a new
Nato, la prima organica trattazione dell'allargamento della Nato. Vi si
drammatizza lo scenario della sicurezza lungo i due “archi di crisi”
(non a caso si riprende la formula di Brzezinski del 1978) a sud e a
est. LaUE è considerata incapace di affrontare il compito della
sicurezza a est, come dimostra la guerra in Bosnia, usata (e ampiamente
costruita dall’esterno) per affermare la nuova strategia di intervento
militare diretto e di espansione ad Est. Alla NATO si richiede di
intervenire fuori della sua area, essa deve trasformarsi in uno
strumento nuovo post guerra fredda, in grado di accompagnare la nuova
espansione imperialistica negli enormi spazi geopolitici lasciati
liberi dal ritiro sovietico: NATO must go out of area or it will go out
of business. Qualche mese dopo, nel gennaio 1994, al vertice di
Bruxelles, viene elaborata la nuova NATO: si stabiliscono le modalità
d'azione delle forze NATO e si decide la costituzione di unaforza
flessibile di primo intervento. Si lancia il programma Partnership for
peace per allargare la NATO. Clinton e i suoi vanno subito a Praga,
Varsavia, Budapest. La strategia americana diespansione ad Est della
NATO trova sostenitori convinti tra i democristiani tedeschi: a
settembre 1994 viene pubblicato il documento Schauble del gruppo
parlamentare CDU-CSU sulla Kerneuropa, in cui si chiede di integrare al
più presto i paesi dell'Est nel sistema europeo occidentale
postbellico, cercando di mantenere al contempo un'ampia intesa con la
Russia [Minolfi].

 
3. La nuova NATO. Battesimo del fuoco in Jugoslavia.

Negli anni 1990 la Jugoslavia è il terreno insanguinato in cui si
sperimenta in corpore vilie si organizza ideologicamente, politicamente
e militarmente la nuova funzione della NATO. Come oramai diversi studi
e ricostruzioni dei conflitti jugoslavi hanno mostrato [cfr. IAC], USA
e Germania boicottano in Bosnia qualsiasi soluzione pacifica del
conflitto per affermare come ineludibile necessità l’intervento
militare della NATO contro i serbo bosniaci prima e, ripetendo e
ampliando un copione già consolidato, contro la Federazione jugoslava
poi, per il Kosovo. Sulla pelle delle popolazioni jugoslave si svolge
la collaborazione/competizione tra Germania e USA per la spartizione
dei Balcani. Il primo intervento militare della NATO outof areacomincia
nel 1995, il 25 e 26 maggio contro le postazioni serbe nelle aree di
Sarajevo e Pale; il 4 agosto, in modo più massiccio a sostegno
dell’operazione Storm lanciata dalla Croazia, sostenuta dagli USA,
contro le posizioni serbe, con il bombardamento dei radar di Knin; e,
dal 30 Agosto al 14 Settembre 1995, nell’operazione “Deliberate Force”
gli aerei della NATO bombardano le postazioni serbe intorno a Sarajevo.
In poco tempo le incursioni della NATO si allargano a tutta la
Republika Srpska, con 3515 voli e lo sganciamento di oltre mille bombe.

Gli anni ‘90 sono caratterizzati dall'espansione della NATO ad Est.
Nella Jugoslavia si gioca una partita feroce per l'allargamento. È una
strategia multiforme che ha alcune direttrici evidenti - espansione
occidentale ad est, in una collaborazione/competizione tra Germania e
USA - e controllo USA sui partner europei. Insomma, un duplice scopo
per affermare il ruolo della potenza USA: dimostrare che solo la NATO -
e cioè gli USA - è in grado di gestire il nuovo ordine dopo la fine del
blocco sovietico. I paesi dell'Est ex sovietico sono avvertiti: o con
la NATO/USA o i bombardamenti. La Federazione Jugoslava (Serbia e
Montenegro), che non accetta il diktat dell’adesione, viene ferocemente
punita nella primavera del 1999 con quasi 80 giorni di bombardamenti ad
intensità crescente, che la riportano indietro di 50 anni, come il
generale Wesley Clark aveva minacciato di fare. È la vera prova del
fuoco dell’Alleanza. Con singolare coincidenza, proprio alla vigilia
dei bombardamenti antijugoslavi, tre paesi della “nuova Europa” fedeli
a Washington, Polonia, Ungheria, Repubblica ceca, ufficializzano, dopo
un breve periodo di “rodaggio”, il loro ingresso nella NATO (che così
si porta a 19 membri).

L’allargamento della NATO ad Est procede a ritmi accelerati. Il 29-30
maggio 1997 il consiglio atlantico sostituisce il Nacc con una nuova
struttura istituzionale: l'Euro Atlantic Partnership Council (EACP) che
diventa il quadro generale di consultazione sulle questioni politiche e
di sicurezza relative alla Partnership for Peace. Anche il consiglio
del partenariato risulta strettamente regolamentato, su 2 princìpi:
Open Door (un’espressione che è tutto un programma, con non
inconsapevoli reminiscenze coloniali) a tutti gli stati che ne facciano
richiesta e self differentiation, in virtù della quale ogni stato
sceglie il livello e l'ambito di cooperazione con la NATO. “L'EACP è
antisala del consiglio atlantico dove i vertici dell'alleanza accolgono
i rappresentanti dei nuovi paesi ospiti e che tali rimangono. La sua
struttura e il suo modo di funzionamento sono disciplinati in modo da
cancellare qualsiasi traccia del carattere e delle pratiche
multilaterali proprie dell'OSCE ma anche dello stesso NACC. Questa
integrazione asimmetrica tra NATO e partner consente alla NATO in forma
assolutamente unidirezionale di entrare nel vivo delle strutture
politico militari dei paesi europei dall'Atlantico all'Asia centrale,
di aprirle alle informazioni sensibili, di condizionarle nella
pianificazione nella struttura negli assetti e nell'attività di
budgeting. La partnership condivide gli oneri della membership in
termini di desovranizzazione e di connessione subalterna alle strutture
atlantiche, ma non i benefici” [Minolfi]

La Natosi rivela quindi il più efficace sistema di integrazione
subalterna dei paesi dell'Est. L'adesione alla NATO precede quella alla
UE e pone i nuovi arrivati sotto tutela USA, che si assicurano anche
dei cavalli di Troia nella UE. Attraverso la NATO si regola un duplice
rapporto: con il vicino esterno, con l'est da conquistare, e con il
riottoso interno, con la vecchia Europa da mettere a freno. Lungi
dall'esaurire il proprio ruolo la NATO ne ha acquisito uno ancora
maggiore nella nuova strategia imperialistica USA. L'adesione di nuovi
paesi implica anche affari per le imprese (prevalentemente USA) del
complesso militar-industriale. Dovranno riadeguare ai codici NATO tutti
i loro sistemi di difesa, acquistando dagli USA.

Il 24 aprile del 99, in pieno bombardamento ed escalation contro la
Jugoslavia, la NATO festeggia a Washington i suoi 50 anni e modifica
radicalmente il suo statuto, ampliando aree e motivazioni di
intervento. Da trattato difensivo si trasforma ufficialmente in
trattato diintervento a tutto campo in tutto il mondo. Con il “nuovo
concetto strategico” (The Alliance Strategic Concept), e la
DefenseCapabilities Intiative, la NATO trasforma le sue forze militari
in strumento di gestione delle crisi, di intervento e di proiezione
della forza. Estende l'area d'azione alla periferia dei paesi membri
(Parte II, 20), nonché a tutte le aree in cui vi sia il pericolo di
interruzione del flusso di risorse vitali cioè energetiche. Si
ribadisce l'intenzione di collaborare con la Russia, ma anche di
allargare l'alleanza a Est, compresa l'Ucraina, la cui indipendenza è
esplicitamente protetta (Parte III, 37). Nel Mediterraneo, si rafforza
la cooperazione militare con Israele e alcuni paesi arabi (Egitto,
Giordania, Mauritania, Marocco e Tunisia). La rivalutazione strategica
del Mediterraneo avviene in considerazione dei percorsi strategici. La
strategia NATO parte dalla premessa di impedire ai paesi produttori di
usare l'arma del petrolio a fini politici. Il segretario generale della
NATO, lo spagnolo Javier Solana propone di estendere la NATO fino al
Caucaso [Strika].

 
4. Dalla Jugoslavia all’Iraq, passando per l’Afghanistan. A tappe
forzate procede la marcia verso Est

La guerra contro la Jugoslavia apre tuttavia alcune contraddizioni nel
fronte occidentale, nonostante la tenuta - con alcune crepe – della
coalizione nella fase bellica. Sotto il profilo militare, la NATO si
dimostra una creatura essenzialmente americana. Sono gli USA a fornire
l'apporto fondamentale alle operazioni belliche. Sono essi a decidere
99 casi su cento quali sono gli obiettivi da colpire. Gli europei
forniscono basi e manovalanza, ma sono subalterni. Si rivela in pieno
il gap militare tra europei e americani.

La Russia avverte profondamente la ferita inferta dalla guerra alla
Jugoslavia e si delinea un cambio di strategia. La sostituzione
diEltsin con Putin si spiega anche con una nuova visione strategica
russa che teme - con gli attacchi terroristici ceceni sostenuti dagli
USA - la disgregazione del paese. Nell’agosto 1999, a qualche mese
dalla fine della “guerra del Kosovo”, Russia e Cina firmano un accordo
militare.

All'interno dell'Alleanza atlantica e, soprattutto, degli USA, si
delineano posizioni diverse. I “multilateralisti” propongono che la
NATO diventi uno strumento per agire in ogni luogo del mondo dove gli
“interessi collettivi” dell’Occidente siano minacciati (Madeleine
Albright dichiara che la NATO dovrebbe diventare una forza di pace “dal
Medio Oriente all’Africa centrale”); gli “unilateralisti” ritengono
invece un errore considerare la NATO un’alleanza per tutte le stagioni
e che sia “l’unico congegno efficace per promuovere gli interessi
politici ed economici degli Stati Uniti in Europa” [Carpenter].

Tra l'estate del '99 e quella del 2001 la NATO tende a consolidare i
risultati della guerra jugoslava. È presente massicciamente in Kosovo,
Bosnia, Macedonia, e attraverso la Partnership for peace preme sui
governi dei paesi ex socialisti per accelerare la loro adesione,
nonostante l’opposizione di Mosca. Le repubbliche ex sovietiche che
vorrebbero mantenere una posizione vicina a Mosca o equidistante, come
Bielorussia, Ucraina e Moldavia, sono sottoposte a pressioni continue e
alle denigrazioni dei mass media occidentali (si veda il recentissimo
caso delle elezioni ucraine, con l’attacco concentrico al neoletto
presidente Janukovic). La Nato è il principale strumento di
penetrazione politica – e non solo militare – nell’area ex sovietica.

L'attentato alle “torri gemelle” e l'intervento anglo-americano in
Afghanistan sembrano modificare la situazione. Gli USA enunciano la
dottrina delle alleanze variabili e flessibili. Il 13 settembre 2001,
con un gesto clamoroso quanto intempestivo, la NATO, per la prima
volta, invoca l'art. 5 per intervenire a favore del paese "aggredito",
gli USA. Ma alla Casa Bianca prevale ora la dottrina degli
“unilateralisti”. Bisognerà attendere qualche anno perché la NATO si
occupi ufficialmente dell’Afghanistan. E lo farà questa volta
all’unanimità, in coincidenza, significativamente, con la caduta di
Baghdad e su richiesta di un alleato, la Germania, che si era
dichiarato indisponibile all’avventura irachena. Il 16 aprile 2003 la
NATO accetta di prendere il comando, in agosto, dell'ISAF
(InternationalSecurity Assistance Force) in Afghanistan. La decisione
viene presa su richiesta della Germania e dei Paesi Bassi, le due
nazioni che guidavano l'ISAF al momento dell'accordo. È la prima volta
nella storia della NATO in cui essa si fa carico di una missione al di
fuori dell'area Nord Atlantica. L’Italia vi partecipa direttamente.

Nella nuova fase della guerra preventiva e di lunga durata, disegnata
nella dottrina della sicurezza strategica statunitense del settembre
2002, il ruolo della NATO sembra relegato ad un arnese del passato. Ma
non è così. La NATO continua ad essere uno strumento importante della
strategia USA di dominio mondiale, anche se, certamente, non l’unico.
Essa svolge un ruolo fondamentale per la penetrazione ad est e, al
contempo, per il controllo americano sull’Europa, in cui ad alcuni
paesi, tra i quali l’Italia, è affidato il ruolo diavamposto degli
interessi nordamericani in Europa. Non è un caso che la presenza delle
basi NATO ed USA in Italia si accresca qualitativamente, col
trasferimento a Napoli del comando della Nato Response Force - una
"forza ad alta prontezza e tecnologicamente avanzata", composta ora di
17mila uomini, che potrà essere "dispiegata in qualsiasi parte del
mondo entro 5 giorni" ed essere "autosufficiente per un mese in una
vasta gamma di missioni" [Dinucci] - e con la creazione a Taranto di
una nuova base navale con sommergibili a testata nucleare, avamposto
per l’espansione nel Sud Est.

La presenza della NATO ostacola i tentativi europei di costruire una
propria forza di intervento rapido, ed è lo strumento migliore per
assediare la Russia e il Medio Oriente. Si ventila l'ingresso imminente
diIsraele nella NATO. Bielorussia Moldavia e Ucraina sono i paesi
soggetti all'assedio USA/NATO. Il vertice di Praga del 2002 consacra
l'ingresso (che diviene operativo nel 2004) di ben 7 nuovi paesi ex
socialisti: le tre repubbliche baltiche, Slovacchia, Slovenia, Romania
Bulgaria Lo sfondamento ad est ha segnato nuovi punti. Per i paesi che
vorrebbero mantenere la neutralità si usa il bastone e qualche carota.

           
La lotta contro la NATO è stata negli anni delle maggiori mobilitazioni
antimperialiste uno dei punti fermi della politica dei comunisti. Deve
tornare ad esserlo, e con forza ancora maggiore, visto il carattere
aggressivo ed espansionistico che l’alleanza ha assunto – registrato
persino nelle modifiche al suo statuto -, insieme con la funzione di
controllo e subordinazione del nostro paese a “sovranità limitata”.

 
Riferimenti bibliografici

TedGalen Carpenter, Agli Stati Uniti quest’alleanza non serve più, in
liMes. A che ci serve la NATO, n. 4, 1999.

Manlio Dinucci, La Grande Nato americana, Il manifesto, 15/10/2004

Filippo Gaja, Il secolo corto – la filosofia del bombardamento. La
storia da riscrivere, Maquis editore, Milano, 1994

Alessandro Hoebel, premessa al dossier curato dal centro di
documentazione “Patrizia Gatto” di Napoli pubblicato col titolo Da Bush
a Bush. La nuova dottrina strategica Usa attraverso i documenti
ufficiali(1991-2003), La città del sole, Napoli, 2004

IAC (International Action Center), La NATOnei Balcani (a cura di
Tommaso di Francesco, prefazione di Luciana Castellina), Editori
Riuniti, Roma, 1999

Salvatore Minolfi, Dopo la “guerra fredda”. Geopolitica e strategia
della NATO, in Giano, nn. 34 e 35, Odradek, Roma, 2000

Vincenzo Strika, Di guerra in guerra. L’alleanza atlantica nel contesto
globale, in Giano, n. 34, Odradek, Roma, 2000

Paolo Teobaldelli, CASE STUDY: La Propaganda Atlantica Contemporanea,
in www.resistenze.org


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l'ernesto 6/2004

SOMMARIO

Essere Comunisti
    Verso il  VI Congresso del PRC
C. Grassi

Il ramoscello d’ulivo
    e il mio fucile rivoluzionario
      Y. Arafat

Guerra e  sviluppo capitalistico
B. Steri   
   
Il punto di vista della Resistenza irachena
S. Toma       

     La NATO non è un fiore...   
A. Catone

Servizi italiani, Cia, NATO
F. Accame   

Bush alla guerra: è la volta dell’Iran?
G. Chiesa   

Lettera al Movimento   
N. Ginatempo   

Sul “patto di destabilizzazione”
B. Amoroso   
 
Costituzione europea e attacco al lavoro
V. Giacchè

Il nodo del lavoro
B. Casati

Fiat: una  vertenza nazionale
C. Stacchini

Unificare il mondo del lavoro
L. Vasapollo   

La Palestina orfana di Arafat
G. Lannutti

La rivoluzione neo-conservatrice
    e l’ “anima nera” dei dominatori
Intervista ad A. Gambino, a cura di G.M. Pisa

La prima volta dell’Uruguay
Intervista a  O. Orcajo, a cura di M. Santopadre

Cuba, la stella solitaria
A. Riccio

La Russia nell’ “asse del male”?
M. Gemma

Ucraina: ai piedi della Nato?
M. Graziosi

Partito comunista e movimenti
A. Burgio

La nostra storia non è
    un cumulo di macerie   
G. Chiarante

L’Ottobre, Gramsci e noi
G. Liguori

Achtung! Banditi!
G. Livio, A. Petrini, M. Pierini

Teatro e Resistenza
Colloquio con Luigi Squarzina, a cura di G.L.

“La società globale” di Luigi Cavallaro
Recensione di Giovanni Mazzetti