[Riportiamo per conoscenza questo articolo - scritto per il notiziario
di Soros / NED (CIA) / Ford "Transitions on Line" e riprodotto in
italiano da Osservatorio Balcani - limitandoci ad osservare che esso
non menziona mai il criminale regime di embargo economico al quale la
Serbia è stata sottoposta per una decina di anni. Embargo che in
qualche misura ed in altra forma prosegue tuttoggi e che è alla radice
della crisi della Zastava - insieme alla disgregazione della
Jugoslavia (e dunque del mercato di riferimento) ed ai bombardamenti
della NATO (con la distruzione dei macchinari e la tragedia per
migliaia di famiglie)...]
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/4505/1/51/
Zastava, Punto e a capo
13.07.2005 - Voci sempre più concrete su di un accordo tra la Fiat e
la leggendaria casa automobilistica di Kragujevac, collassata con la
fine della Jugoslavia e colpita dai bombardamenti Nato nel `99. La
storia della Zastava e le possibili conseguenze di un suo rilancio
sull'economia serba
Di Milovan Mracevich*, per Transitions Online
[http://www.tol.cz/look/TOL/home%5d, 29 giugno 2005 (titolo originale:
"Rising from the ashes?")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Belgrado, Serbia e Montenegro -
Proprio quando sembrava che l'industria automobilistica serba sarebbe
definitivamente collassata, una delle marche automobilistiche più in
crisi al mondo potrebbe essere sul punto di fare un plateale ritorno.
Entro fine luglio la Zastava e la Fiat di Torino dovrebbero firmare un
accordo che porterà all'assemblaggio di un numero di vetture Fiat
Punto compreso tra 5.000 e 12.000 nella fabbrica della Zastava di
Kragujevac, secondo quanto riferisce la stampa.
La città industriale di 200.000 abitanti è stata devastata dal crollo
della ditta automobilistica e delle sue altre manifatture quando la
Repubblica Federale Socialista Jugoslava si dissolse nel 1991.
Il governo serbo, la Fiat e la Zastava hanno lavorato all'accordo in
relativa segretezza fin da febbraio, in contrasto con un decennio di
annunci roboanti di imminenti e importanti joint ventures per la
Zastava, che poi non si verificavano mai.
L'accordo per l'assemblaggio delle Punto impallidisce se paragonato
alle 200.000 automobili all'anno che la Zastava fabbricava alla fine
degli anni '80, ma rappresenta un importante passo che l'allontana
dall'orlo del precipizio. La Zastava ha passato gli ultimi 14 anni nel
limbo, una azienda impoverita, isolata, non richiesta, che produceva
in media solo 10.000 automobili all'anno.
Il primo gruppo di lavoratori della Zastava è partito per Torino il 13
giugno per l'addestramento. Le prime automobili dell'accordo saranno
prodotte dai lavoratori della Zastava nella città italiana, mentre si
prevede che l'assemblaggio delle Punto a Kragujevac prenderà il via in
settembre.
La Punto serba avrà un nome diverso e costerà tra i 7.000 e gli 8.000
euro. Dato che la Zastava offrirà ai potenziali acquirenti
l'opportunità di scambiare le loro Zastava con una nuova Punto e
offrirà anche opzioni di leasing e di finanziamento, l'azienda
dovrebbe avere pochi problemi a promuovere il suo nuovo modello.
All'origine della decisione della Fiat di entrare in affari con la
Zastava sembra esservi un'insieme di fattori, generali e specifici,
che vanno dal miglioramento della situazione economica e politica in
Serbia al semplice fatto che l'attuale modello della Punto si avvicina
alla conclusione del suo ciclo produttivo.
La decisione presa dalla Fiat l'anno scorso, di cancellare
definitivamente più di 30 milioni di euro che la Zastava gli doveva,
fu un primo passo. Secondo le condizioni dell'accordo anticipato, la
Zastava dovrà pagare il suo restante debito verso la Fiat, 11,5
milioni di euro, entro la fine del 2005. Il governo serbo spera di
raccogliere questa somma in parte attraverso la prossima
privatizzazione della fonderia, dei laminatoi e della centrale
elettrica dell'ex complesso della Zastava e del centro di vendita e
assistenza automobilistica di Belgrado, tutte divenute entità separate
nella ristrutturazione dell'ottobre 2001.
L'altra grande obbligazione contrattuale per la Zastava è quella di
automatizzare completamente le operazioni di verniciatura delle
carrozzerie, una spesa di 15 milioni di euro che il governo serbo
dovrà coprire. La Zastava aveva una linea di verniciatura
automatizzata di questo tipo, ma fu distrutta dai bombardamenti della
NATO sulla Serbia del 1999.
Anche la linea di saldatura della scocca dovrà probabilmente essere
automatizzata in un futuro più o meno prossimo, ma non c'è bisogno per
ora di altri costosi robot, quando gli addetti alla produzione
guadagnano meno di 200 euro al mese.
Un ritorno alle passate glorie?
L'accordo Punto rappresenterà una specie di ritorno alle origini per
la Zastava, che iniziò la produzione di autovetture ad uso civile
assemblando modelli Fiat, a metà degli anni `50.
La Zastava ha un disperato bisogno di una automobile moderna e
appetibile da fabbricare (piuttosto che da assemblare solamente) e un
legame con un fabbricante con una estesa rete di distribuzione sui
mercati esteri. È proprio questa la prospettiva futura, ottenere da
Torino i macchinari per la fabbricazione della Punto quando l'attuale
modello uscirà di produzione l'anno prossimo.
La Zastava riprenderebbe allora la produzione dell'attuale modello per
i mercati a basso reddito e fabbricherebbe i pezzi di ricambio per i
15 milioni di Punto già vendute.
La Fiat a sua volta ne trarrebbe dei benefici, non dovendo impegnare
capacità produttive per ottemperare all'impegno di fornire pezzi di
ricambio per le Punto esistenti, e ricaverebbe una percentuale dalle
automobili prodotte su licenza dalla Zastava.
Dato che questa è una situazione in cui tutti hanno da guadagnare, ha
una buona possibilità di avverarsi, a patto che la Zastava lavori bene
per adeguarsi agli standard di qualità della Fiat, secondo l'accordo
di assemblaggio. Gli ingegneri della Zastava sono già stati a Torino
per esaminare le linee di produzione della Punto.
Il successo dell'accordo con la Fiat sarebbe anche un duro colpo al
modo di pensare qui predominante, che le grandi industrie statali sono
dei pozzi senza fondo e senza futuro. La Zastava ha 220 fornitori in
tutto il Paese, e quelli che saranno interessati dal progetto Punto
vedranno un massiccio incremento delle ordinazioni.
L'impatto di questo scenario sull'economia serba sarebbe enorme, non
da ultimo perché la Serbia avrebbe nuovamente un prodotto di consumo
di sicuro valore da offrire al mondo. Ciò porterebbe anche a un
importante cambiamento nella considerazione di sé, da parte di una
nazione che ha in massima parte smesso di credere di essere in grado
di competere in nient'altro che sui mercati agricoli.
E questo aiuterebbe a ridurre l'enorme disavanzo della bilancia
commerciale della Serbia, visto che crollerebbe l'importazione di
automobili.
Per rendere ancora più interessanti le prospettive della Zastava, la
compagnia sta, secondo la stampa, negoziando con la Opel per
l'assemblaggio dei più costosi modelli di questo marchio.
Secondo Zoran Radovanovic, un giornalista di Kragujevac che segue la
Zastava dal 1981, l'azienda vuole passare tre o quattro anni
fabbricando le automobili degli altri, in modo da ricavarne i soldi
per sviluppare un proprio modello, sia utilizzando la piattaforma
(chassis e trasmissione) di un altro fabbricante che sviluppando un
nuovo modello congiuntamente a un'altra compagnia.
Negli ultimi anni la Zastava è sempre più arrivata a sembrare un
dinosauro, in un Paese in cui fondare piccole e medie imprese private
è il nuovo mantra per la ristrutturazione dell'economia. Ma la vecchia
idea che lo stato dell'industria automobilistica di un Paese sia un
pilastro della potenza economica nazionale potrebbe ora riaffermarsi
in Serbia.
Fu Prvoslav Rakovic, il leggendario e inflessibile direttore generale
della Zastava dal 1955 al 1974, ad essere il principale responsabile
della trasformazione della fabbrica di armamenti di Kragujevac,
vecchia di cent'anni, in una importante fabbrica automobilistica. La
Zastava stava già assemblando mille automobili Fiat quando arrivò
Rakovic, ma fu la sua abilità affaristica che convinse la Fiat a
prestare alla compagnia 30 milioni di dollari per impiantare una
fabbrica dove costruire le sue automobili.
La fabbrica automobilistica, inaugurata nel 1962, era la più grande
fabbrica jugoslava. Il suo sterminato libro paga raggiunse quota
35.000 dipendenti alla fine degli anni `80, a fronte dei soli 6.500
attuali.
La Zastava ha prodotto in totale quattro milioni di veicoli, 700.000
dei quali furono esportati. Col crescere di anno in anno delle cifre
della produzione e dell'esportazione della Zastava, cresceva anche il
suo prestigio nazionale ed internazionale.
Ad iniziare dal leader jugoslavo Josip Broz Tito, che nel 1962 mostrò
la nuova fabbrica a Leonid Brezhnev (che si dice avesse borbottato che
l'Unione Sovietica aveva fabbriche molto più grandi), una lunga fila
di uomini di stato e di delegazioni straniere furono portate a
Kragujevac perché si meravigliassero di fronte all'unica fabbrica di
automobili al mondo gestita sul principio dell'autogestione dei
lavoratori.
Mentre la Polonia e la Russia copiarono la Jugoslavia nel costruire
automobili su progetto Fiat (questi Paesi usarono come modello
l'accordo negoziato da Rakovic), la Zastava aveva una posizione
privilegiata nelle relazioni con la Fiat, che si ritiene avesse
qualcosa a che fare con l'amicizia di Rakovic col leggendario capo
designer della Fiat, Dante Giacosa.
Nel 1972, la Zastava iniziò a costruire una versione della Fiat 128
con un portellone posteriore mentre la Fiat stessa ancora costruiva
del nuovo modello la normale versione a quattro porte. Gli ingegneri
della Fiat disegnarono la migliorìa per la Zastava, forse l'unico caso
nell'industria automobilistica in cui una produzione sotto licenza
proponeva un modello più avanzato dell'automobile del fabbricante
originale. Il triste fatto che la Zastava produce tuttora questo pezzo
da museo, comunque, mostra quanto essa sia drammaticamente rimasta
indietro.
Il Declino
Non fu solo la produzione di automobili della Zastava a precipitare
quasi a zero dopo la dissoluzione dell'ex Jugoslavia, ma anche la sua
immagine. Si potrebbe dire che essa era diventata la marca
automobilistica del mondo maggiormente messa in ridicolo sul proprio
mercato nazionale.
Molto di ciò aveva a che fare con le sue automobili che, ad eccezione
della Florida, piena di problemi e abbastanza costosa, erano obsolete
già all'inizio degli anni `90. La qualità crollò a livelli esecrabili
durante gli anni della guerra, con molti acquirenti costretti a rifare
il motore dopo appena 20.000 chilometri.
La Zastava perse il favore del pubblico anche a causa della manìa per
i valori tradizionali serbi, che esaltavano l'agricoltura dei villaggi
contro l'industria. Nota come Crvena Zastava (Bandiera Rossa) durante
l'era comunista, la Zastava era identificata così strettamente con
l'industrializzazione dell'era titoista e con una economia jugoslava
integrata (aveva fornitori in tutta l'ex Federazione) che molti
cominciarono a vedere la sua creazione e la sua espansione più come un
pernicioso complotto comunista che come una impresa economica.
Molti, al di fuori di Kragujevac, si risentivano per i vasti sussidi
che la Zastava riceveva per mantenere attiva un minimo di produzione
durante gli anni `90, mentre i lavoratori della Zastava, ridotti alla
fame, erano criticati come compiacenti burattini del regime di
Slobodan Milosevic, non disposti ad appoggiare l'opposizione
fintantoché ricevevano la loro elemosina mensile e una fettina di
carne ogni tanto.
Ma mentre sembrava che alla maggior parte dei Serbi non potesse
importare di meno se la Zastava avesse chiuso, e mentre "esperti" da
salotto, che non avevano mai messo piede all'interno di una fabbrica
di automobili, proclamavano che gli impianti produttivi della Zastava
erano obsoleti senza speranza, altri Paesi ex comunisti stavano
espandendo largamente la loro produzione di automobili o stavano per
scendere in pista.
La Skoda, della Repubblica Ceca, era rinata sotto la nuova proprietà
Volkswagen, mentre una rinvigorita Dacia, rumena, introduceva nuovi
modelli per il mercato interno ed estero in collaborazione con la
Renault. L'assemblaggio in Slovenia delle Renault salì da 47.000 nel
1995 a quasi 120.000 alla fine del decennio. Perfino l'Ungheria, che
non aveva mai prodotto automobili in precedenza, costruì impianti di
assemblaggio e di produzione per Opel, Audi, Subaru e Suzuki durante
gli anni `90.
Questo tipo di competizione e consolidamento nell'industria
automobilistica fece sembrare che la Zastava avesse perso per sempre
la possibilità di trovare un partner che gli desse un nuovo modello da
fare. Quando una dolorosa ristrutturazione della Zastava nell'ottobre
2001 non riuscì a suscitare alcun interesse da parte delle maggiori
case automobilistiche, l'azienda perse ogni speranza.
Ciò spiega perché nel 2002 la Zastava considerò seriamente di
rinnovare il suo rapporto con Malcolm Bricklin, che era il socio
americano nel tentativo di importare il modello Yugo negli Stati Uniti
negli anni '80 e che, a seconda di chi ne parla, fu la più brillante
operazione della Zastava, oppure la sua più grande follìa.
Bricklin voleva vendere Yugo e Florida ridisegnate e migliorate nei
paesi in via di sviluppo, prima di portarle sui mercati UE e
americani. L'idea finì nel nulla perché Bricklin non riuscì ad
ottenere i finanziamenti necessari.
I negoziati con Bricklin sono perlomeno qualcosa che i funzionari
della Zastava possono ricordare senza imbarazzo, data la sua passata
posizione di grande importatore di automobili e il fatto che arrivò
con un team di ingegneri automobilistici americani e giapponesi. Il
successivo "salvatore" che apparve, comunque, mostrò quanto la Zastava
era caduta in basso.
Si trattava di un Serbo di mezza età immigrato in Canada, di nome
Stevan Pokrajac, che diceva di essere un investitore.
Le intenzioni dichiarate da Pokrajac, di superare l'offerta di
Bricklin di 150 milioni di dollari per la Zastava e di pagare i suoi
debiti ammontanti a 80 milioni di dollari, furono prese seriamente in
considerazione dai funzionari della Zastava, dal sindacato e dal
governo serbo per diversi mesi, nonostante il fatto che egli non
avesse mai presentato un briciolo di prove concrete sul fatto di avere
una tale quantità di denaro o i mezzi per ottenerla.
Pokrajac almeno aggiunse un po' di intrattenimento alle sue largamente
pubblicizzate visite a Kragujevac. In una conferenza stampa, alzò un
piede nel campo di ripresa della telecamera per mostrare le scarpe
nuove che indossava, spiegando che in Canada gli uomini d'affari per
tradizione compravano simili calzature prima di firmare i grandi accordi.
Si spera che simili amenità siano ora alle spalle della Zastava. Il
suo tornare "a casa", dalla Fiat, restituirà anche qualcosa di cui
c'è un gran bisogno nella cultura dell'azienda: una certa misura di
dignità professionale. Dopo avere passato gli ultimi quindici anni
come oggetto di prese in giro e di recriminazioni, la Zastava ora ha
una opportunità di provare il contrario ai suoi detrattori.
*Milovan Mracevich è una giornalista di Belgrado
di Soros / NED (CIA) / Ford "Transitions on Line" e riprodotto in
italiano da Osservatorio Balcani - limitandoci ad osservare che esso
non menziona mai il criminale regime di embargo economico al quale la
Serbia è stata sottoposta per una decina di anni. Embargo che in
qualche misura ed in altra forma prosegue tuttoggi e che è alla radice
della crisi della Zastava - insieme alla disgregazione della
Jugoslavia (e dunque del mercato di riferimento) ed ai bombardamenti
della NATO (con la distruzione dei macchinari e la tragedia per
migliaia di famiglie)...]
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/4505/1/51/
Zastava, Punto e a capo
13.07.2005 - Voci sempre più concrete su di un accordo tra la Fiat e
la leggendaria casa automobilistica di Kragujevac, collassata con la
fine della Jugoslavia e colpita dai bombardamenti Nato nel `99. La
storia della Zastava e le possibili conseguenze di un suo rilancio
sull'economia serba
Di Milovan Mracevich*, per Transitions Online
[http://www.tol.cz/look/TOL/home%5d, 29 giugno 2005 (titolo originale:
"Rising from the ashes?")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Belgrado, Serbia e Montenegro -
Proprio quando sembrava che l'industria automobilistica serba sarebbe
definitivamente collassata, una delle marche automobilistiche più in
crisi al mondo potrebbe essere sul punto di fare un plateale ritorno.
Entro fine luglio la Zastava e la Fiat di Torino dovrebbero firmare un
accordo che porterà all'assemblaggio di un numero di vetture Fiat
Punto compreso tra 5.000 e 12.000 nella fabbrica della Zastava di
Kragujevac, secondo quanto riferisce la stampa.
La città industriale di 200.000 abitanti è stata devastata dal crollo
della ditta automobilistica e delle sue altre manifatture quando la
Repubblica Federale Socialista Jugoslava si dissolse nel 1991.
Il governo serbo, la Fiat e la Zastava hanno lavorato all'accordo in
relativa segretezza fin da febbraio, in contrasto con un decennio di
annunci roboanti di imminenti e importanti joint ventures per la
Zastava, che poi non si verificavano mai.
L'accordo per l'assemblaggio delle Punto impallidisce se paragonato
alle 200.000 automobili all'anno che la Zastava fabbricava alla fine
degli anni '80, ma rappresenta un importante passo che l'allontana
dall'orlo del precipizio. La Zastava ha passato gli ultimi 14 anni nel
limbo, una azienda impoverita, isolata, non richiesta, che produceva
in media solo 10.000 automobili all'anno.
Il primo gruppo di lavoratori della Zastava è partito per Torino il 13
giugno per l'addestramento. Le prime automobili dell'accordo saranno
prodotte dai lavoratori della Zastava nella città italiana, mentre si
prevede che l'assemblaggio delle Punto a Kragujevac prenderà il via in
settembre.
La Punto serba avrà un nome diverso e costerà tra i 7.000 e gli 8.000
euro. Dato che la Zastava offrirà ai potenziali acquirenti
l'opportunità di scambiare le loro Zastava con una nuova Punto e
offrirà anche opzioni di leasing e di finanziamento, l'azienda
dovrebbe avere pochi problemi a promuovere il suo nuovo modello.
All'origine della decisione della Fiat di entrare in affari con la
Zastava sembra esservi un'insieme di fattori, generali e specifici,
che vanno dal miglioramento della situazione economica e politica in
Serbia al semplice fatto che l'attuale modello della Punto si avvicina
alla conclusione del suo ciclo produttivo.
La decisione presa dalla Fiat l'anno scorso, di cancellare
definitivamente più di 30 milioni di euro che la Zastava gli doveva,
fu un primo passo. Secondo le condizioni dell'accordo anticipato, la
Zastava dovrà pagare il suo restante debito verso la Fiat, 11,5
milioni di euro, entro la fine del 2005. Il governo serbo spera di
raccogliere questa somma in parte attraverso la prossima
privatizzazione della fonderia, dei laminatoi e della centrale
elettrica dell'ex complesso della Zastava e del centro di vendita e
assistenza automobilistica di Belgrado, tutte divenute entità separate
nella ristrutturazione dell'ottobre 2001.
L'altra grande obbligazione contrattuale per la Zastava è quella di
automatizzare completamente le operazioni di verniciatura delle
carrozzerie, una spesa di 15 milioni di euro che il governo serbo
dovrà coprire. La Zastava aveva una linea di verniciatura
automatizzata di questo tipo, ma fu distrutta dai bombardamenti della
NATO sulla Serbia del 1999.
Anche la linea di saldatura della scocca dovrà probabilmente essere
automatizzata in un futuro più o meno prossimo, ma non c'è bisogno per
ora di altri costosi robot, quando gli addetti alla produzione
guadagnano meno di 200 euro al mese.
Un ritorno alle passate glorie?
L'accordo Punto rappresenterà una specie di ritorno alle origini per
la Zastava, che iniziò la produzione di autovetture ad uso civile
assemblando modelli Fiat, a metà degli anni `50.
La Zastava ha un disperato bisogno di una automobile moderna e
appetibile da fabbricare (piuttosto che da assemblare solamente) e un
legame con un fabbricante con una estesa rete di distribuzione sui
mercati esteri. È proprio questa la prospettiva futura, ottenere da
Torino i macchinari per la fabbricazione della Punto quando l'attuale
modello uscirà di produzione l'anno prossimo.
La Zastava riprenderebbe allora la produzione dell'attuale modello per
i mercati a basso reddito e fabbricherebbe i pezzi di ricambio per i
15 milioni di Punto già vendute.
La Fiat a sua volta ne trarrebbe dei benefici, non dovendo impegnare
capacità produttive per ottemperare all'impegno di fornire pezzi di
ricambio per le Punto esistenti, e ricaverebbe una percentuale dalle
automobili prodotte su licenza dalla Zastava.
Dato che questa è una situazione in cui tutti hanno da guadagnare, ha
una buona possibilità di avverarsi, a patto che la Zastava lavori bene
per adeguarsi agli standard di qualità della Fiat, secondo l'accordo
di assemblaggio. Gli ingegneri della Zastava sono già stati a Torino
per esaminare le linee di produzione della Punto.
Il successo dell'accordo con la Fiat sarebbe anche un duro colpo al
modo di pensare qui predominante, che le grandi industrie statali sono
dei pozzi senza fondo e senza futuro. La Zastava ha 220 fornitori in
tutto il Paese, e quelli che saranno interessati dal progetto Punto
vedranno un massiccio incremento delle ordinazioni.
L'impatto di questo scenario sull'economia serba sarebbe enorme, non
da ultimo perché la Serbia avrebbe nuovamente un prodotto di consumo
di sicuro valore da offrire al mondo. Ciò porterebbe anche a un
importante cambiamento nella considerazione di sé, da parte di una
nazione che ha in massima parte smesso di credere di essere in grado
di competere in nient'altro che sui mercati agricoli.
E questo aiuterebbe a ridurre l'enorme disavanzo della bilancia
commerciale della Serbia, visto che crollerebbe l'importazione di
automobili.
Per rendere ancora più interessanti le prospettive della Zastava, la
compagnia sta, secondo la stampa, negoziando con la Opel per
l'assemblaggio dei più costosi modelli di questo marchio.
Secondo Zoran Radovanovic, un giornalista di Kragujevac che segue la
Zastava dal 1981, l'azienda vuole passare tre o quattro anni
fabbricando le automobili degli altri, in modo da ricavarne i soldi
per sviluppare un proprio modello, sia utilizzando la piattaforma
(chassis e trasmissione) di un altro fabbricante che sviluppando un
nuovo modello congiuntamente a un'altra compagnia.
Negli ultimi anni la Zastava è sempre più arrivata a sembrare un
dinosauro, in un Paese in cui fondare piccole e medie imprese private
è il nuovo mantra per la ristrutturazione dell'economia. Ma la vecchia
idea che lo stato dell'industria automobilistica di un Paese sia un
pilastro della potenza economica nazionale potrebbe ora riaffermarsi
in Serbia.
Fu Prvoslav Rakovic, il leggendario e inflessibile direttore generale
della Zastava dal 1955 al 1974, ad essere il principale responsabile
della trasformazione della fabbrica di armamenti di Kragujevac,
vecchia di cent'anni, in una importante fabbrica automobilistica. La
Zastava stava già assemblando mille automobili Fiat quando arrivò
Rakovic, ma fu la sua abilità affaristica che convinse la Fiat a
prestare alla compagnia 30 milioni di dollari per impiantare una
fabbrica dove costruire le sue automobili.
La fabbrica automobilistica, inaugurata nel 1962, era la più grande
fabbrica jugoslava. Il suo sterminato libro paga raggiunse quota
35.000 dipendenti alla fine degli anni `80, a fronte dei soli 6.500
attuali.
La Zastava ha prodotto in totale quattro milioni di veicoli, 700.000
dei quali furono esportati. Col crescere di anno in anno delle cifre
della produzione e dell'esportazione della Zastava, cresceva anche il
suo prestigio nazionale ed internazionale.
Ad iniziare dal leader jugoslavo Josip Broz Tito, che nel 1962 mostrò
la nuova fabbrica a Leonid Brezhnev (che si dice avesse borbottato che
l'Unione Sovietica aveva fabbriche molto più grandi), una lunga fila
di uomini di stato e di delegazioni straniere furono portate a
Kragujevac perché si meravigliassero di fronte all'unica fabbrica di
automobili al mondo gestita sul principio dell'autogestione dei
lavoratori.
Mentre la Polonia e la Russia copiarono la Jugoslavia nel costruire
automobili su progetto Fiat (questi Paesi usarono come modello
l'accordo negoziato da Rakovic), la Zastava aveva una posizione
privilegiata nelle relazioni con la Fiat, che si ritiene avesse
qualcosa a che fare con l'amicizia di Rakovic col leggendario capo
designer della Fiat, Dante Giacosa.
Nel 1972, la Zastava iniziò a costruire una versione della Fiat 128
con un portellone posteriore mentre la Fiat stessa ancora costruiva
del nuovo modello la normale versione a quattro porte. Gli ingegneri
della Fiat disegnarono la migliorìa per la Zastava, forse l'unico caso
nell'industria automobilistica in cui una produzione sotto licenza
proponeva un modello più avanzato dell'automobile del fabbricante
originale. Il triste fatto che la Zastava produce tuttora questo pezzo
da museo, comunque, mostra quanto essa sia drammaticamente rimasta
indietro.
Il Declino
Non fu solo la produzione di automobili della Zastava a precipitare
quasi a zero dopo la dissoluzione dell'ex Jugoslavia, ma anche la sua
immagine. Si potrebbe dire che essa era diventata la marca
automobilistica del mondo maggiormente messa in ridicolo sul proprio
mercato nazionale.
Molto di ciò aveva a che fare con le sue automobili che, ad eccezione
della Florida, piena di problemi e abbastanza costosa, erano obsolete
già all'inizio degli anni `90. La qualità crollò a livelli esecrabili
durante gli anni della guerra, con molti acquirenti costretti a rifare
il motore dopo appena 20.000 chilometri.
La Zastava perse il favore del pubblico anche a causa della manìa per
i valori tradizionali serbi, che esaltavano l'agricoltura dei villaggi
contro l'industria. Nota come Crvena Zastava (Bandiera Rossa) durante
l'era comunista, la Zastava era identificata così strettamente con
l'industrializzazione dell'era titoista e con una economia jugoslava
integrata (aveva fornitori in tutta l'ex Federazione) che molti
cominciarono a vedere la sua creazione e la sua espansione più come un
pernicioso complotto comunista che come una impresa economica.
Molti, al di fuori di Kragujevac, si risentivano per i vasti sussidi
che la Zastava riceveva per mantenere attiva un minimo di produzione
durante gli anni `90, mentre i lavoratori della Zastava, ridotti alla
fame, erano criticati come compiacenti burattini del regime di
Slobodan Milosevic, non disposti ad appoggiare l'opposizione
fintantoché ricevevano la loro elemosina mensile e una fettina di
carne ogni tanto.
Ma mentre sembrava che alla maggior parte dei Serbi non potesse
importare di meno se la Zastava avesse chiuso, e mentre "esperti" da
salotto, che non avevano mai messo piede all'interno di una fabbrica
di automobili, proclamavano che gli impianti produttivi della Zastava
erano obsoleti senza speranza, altri Paesi ex comunisti stavano
espandendo largamente la loro produzione di automobili o stavano per
scendere in pista.
La Skoda, della Repubblica Ceca, era rinata sotto la nuova proprietà
Volkswagen, mentre una rinvigorita Dacia, rumena, introduceva nuovi
modelli per il mercato interno ed estero in collaborazione con la
Renault. L'assemblaggio in Slovenia delle Renault salì da 47.000 nel
1995 a quasi 120.000 alla fine del decennio. Perfino l'Ungheria, che
non aveva mai prodotto automobili in precedenza, costruì impianti di
assemblaggio e di produzione per Opel, Audi, Subaru e Suzuki durante
gli anni `90.
Questo tipo di competizione e consolidamento nell'industria
automobilistica fece sembrare che la Zastava avesse perso per sempre
la possibilità di trovare un partner che gli desse un nuovo modello da
fare. Quando una dolorosa ristrutturazione della Zastava nell'ottobre
2001 non riuscì a suscitare alcun interesse da parte delle maggiori
case automobilistiche, l'azienda perse ogni speranza.
Ciò spiega perché nel 2002 la Zastava considerò seriamente di
rinnovare il suo rapporto con Malcolm Bricklin, che era il socio
americano nel tentativo di importare il modello Yugo negli Stati Uniti
negli anni '80 e che, a seconda di chi ne parla, fu la più brillante
operazione della Zastava, oppure la sua più grande follìa.
Bricklin voleva vendere Yugo e Florida ridisegnate e migliorate nei
paesi in via di sviluppo, prima di portarle sui mercati UE e
americani. L'idea finì nel nulla perché Bricklin non riuscì ad
ottenere i finanziamenti necessari.
I negoziati con Bricklin sono perlomeno qualcosa che i funzionari
della Zastava possono ricordare senza imbarazzo, data la sua passata
posizione di grande importatore di automobili e il fatto che arrivò
con un team di ingegneri automobilistici americani e giapponesi. Il
successivo "salvatore" che apparve, comunque, mostrò quanto la Zastava
era caduta in basso.
Si trattava di un Serbo di mezza età immigrato in Canada, di nome
Stevan Pokrajac, che diceva di essere un investitore.
Le intenzioni dichiarate da Pokrajac, di superare l'offerta di
Bricklin di 150 milioni di dollari per la Zastava e di pagare i suoi
debiti ammontanti a 80 milioni di dollari, furono prese seriamente in
considerazione dai funzionari della Zastava, dal sindacato e dal
governo serbo per diversi mesi, nonostante il fatto che egli non
avesse mai presentato un briciolo di prove concrete sul fatto di avere
una tale quantità di denaro o i mezzi per ottenerla.
Pokrajac almeno aggiunse un po' di intrattenimento alle sue largamente
pubblicizzate visite a Kragujevac. In una conferenza stampa, alzò un
piede nel campo di ripresa della telecamera per mostrare le scarpe
nuove che indossava, spiegando che in Canada gli uomini d'affari per
tradizione compravano simili calzature prima di firmare i grandi accordi.
Si spera che simili amenità siano ora alle spalle della Zastava. Il
suo tornare "a casa", dalla Fiat, restituirà anche qualcosa di cui
c'è un gran bisogno nella cultura dell'azienda: una certa misura di
dignità professionale. Dopo avere passato gli ultimi quindici anni
come oggetto di prese in giro e di recriminazioni, la Zastava ora ha
una opportunità di provare il contrario ai suoi detrattori.
*Milovan Mracevich è una giornalista di Belgrado