Vent'anni in Italia, espulsa
La donna ha marito e figli a Roma. Rinchiusa nel Cpt
ROMA In Italia vive già dal 1988, quando il padre e altre 44 famiglie
si trasferirono dalla Jugoslavia nel campo nomadi di via Salvini. A
quei tempi Nevresa aveva solo 13 anni. Da grande si è sposata al
comune di Roma ed è diventata madre di 4 figli, tre dei quali
regolarmente iscritti a scuola. Ma lei non può rimanere in Italia:
deve essere espulsa. Questa la decisione del prefetto di Teramo. E
questo è quello che sta accadendo a Nevresa Hamidovic, ora detenuta
nel centro di permanenza temporanea di Ponte Galeria. Tutto ha inizio
la scorsa settimana. Nevresa e il marito, Mammut, si trovano ad Alba
Adriatica, in provincia di Teramo, come ogni anno. Qui uniscono
l'utile al dilettevole: vendono le rose per strada e portano i figli
al mare. Il 19 luglio scorso si trovano in un giardino pubblico dove i
bimbi giocano e vengono fermati per un normale controllo dai
carabinieri. Mammut mostra la carta d'identità e il permesso di
soggiorno. Nevresa porge il passaporto e il permesso, ma è scaduto e
così, inizia l'odissea. Mammut e la moglie spiegano che la donna,
originaria di Saravejo, è riuscita a riavere il passaporto solo nel
2004, perché l'altro era bruciato in un incendio. Prima era stato
impossibile: il caos generato dalla guerra aveva reso difficile
risalire all'identità della donna. Il permesso di soggiorno doveva
essere solamente rinnovato. I carabinieri però non sentono le loro
ragioni e conducono Nevresa alla prefettura. Qui il prefetto di Teramo
firma l'ordine d'espulsione e la donna viene trasferita nel Cpt romano
di Ponte Galeria.
Una vicenda la sua, come quella di molti altri, paradossale. Nevresa è
sempre stata in Italia, in Bosnia non ha nessuno e tutti i suoi
parenti sono qui. Lei risulta già nel censimento del 1995, prima nello
stato di famiglia del padre e ora in quello del marito. Ha tutte le
pratiche che servono per restare in Italia. In più Mammut è in
possesso del 730 in quanto socio di una cooperativa. E ora è
disperato. «Se lei parte che faccio? Devo andare anch'io via con lei?
- chiede - e i miei figli? E lei lì dove va a stare?». Infatti a
Sarajevo Nevresa non ha una casa. «Se portano via lei che fanno,
portano via tutti i nomadi?», chiede ancora Mammut.
Intanto l'avvocato della donna, Luca Santili sta già preparando un
ricorso contro l'espulsione. «Nevresa - dice - ha subito una procedura
anomala: il Testo Unico della Bossi-Fini prevede che l'immigrato in
possesso di regolare permesso di soggiorno, che è stato
impossibilitato a rinnovarlo, non venga trattenuto in un centro di
permanenza temporanea. Il decreto - continua il legale - prevede
infatti che venga consegnato l'ordine d'espulsione e venga consentito
all'immigrato di lasciare con i propri mezzi il paese». Per l'avvocato
«la prefettura ha applicato un procedimento standard senza dare luogo
ad un'istruttoria specifica».
Sul caso sono intervenuti l'Arci e l'assessore alle politiche
giovanili dell'XI municipio, Gianluca Peciola. «Questa vicenda è
allucinante - dice l'assessore - anche perché il suo nome rientra
nelle liste del comune di Roma delle persone interessate alla nuova
collocazione del campo nomadi di via Savini». L'assessore ha inviato
una lettera al prefetto di Teramo chiedendo di riesaminare il caso di
Nevresa. «Questo episodio - accusa Peciola - oltre a confermare
l'illegalità dei Centri di permanenza temporanea, evidenzia che finché
il comune di Roma rimarrà inadempiente al progetto di spostamento del
campo nomadi, molti dei suoi membri saranno esposti alle misure
incivili della Bossi-Fini. La signora Nevresa deve essere subito
rilasciata per raggiungere la propria famiglia».
Ieri sera l'assessore, insieme a una mediatrice culturale dell'XI°
municipio si è recato al Cpt di Ponte Galeria per verificare le
condizioni della donna, ma non è stato fatto entrare.
IGOR JAN OCCELLI
Il Manifesto
26/7/2005
--------------
Carissimi vi invio un appello per nevresa donna di vicolo savini che
sta a ponte galeria, pur avendo marito in regola e figli nati a roma.
E' questa una cosa gravissima che se dovesse essere solo il primo caso
sarebbe una tragedia perchè molte sono le donne rom in questa
condizione. per questo vi mando un appello e vi chiedo di
sottoscriverlo e farlo girare, grazie
Patrizia <p.pellini@...>
Appello per la liberazione di Nevresa
Nevresa è una mamma di cinque figli tutti minorenni e tutti nati a Roma.
Alcuni di questi bambini sono molto piccoli e da una settimana
piangono perchè la mamma non è con loro. La loro mamma è a Ponte
Galeria, in un "Centro di Permanenza Temporanea", una delle forme di
lager moderni meglio riuscite.
Il marito di Nevresa ha un regolare permesso di soggiorno, i bambini
di Nevresa sono nati a Roma, esiste una Convenzione Internazionale dei
Diritti dei Bambini, che li difende da traumi psichici e fisici, e che
vede nella vicinanza ai genitori, madre e padre, un elemento centrale
per una crescita sana e armoniosa.
E' già molto difficile crescere dei bambini nella roulotte del campo
di Vicolo Savini, ma almeno era garantita l'integrità del nucleo
familiare. Adesso Nevresa sta a Ponte Galeria, e i suoi bambini
piangono a casa.
Noi siamo la rete territoriale "Ultimo Inverno a Vicolo Savini", che
faticosamente, e ormai da troppo tempo, affianca i rom nella richiesta
di passare dalla favelas di Vicolo Savini a uno spazio dignitoso dove
vivere e crescere i propri figli. Purtroppo molte sono state le
battaglie, ma l'obiettivo non è ancora raggiunto.
Questa sottrazione di Nevresa alla sua famiglia è un ennesimo sopruso.
E' tutto molto legale, forse, ma nello stesso tempo è tutto una
negazione dei diritti e della giustizia.
Il Municipio Roma XI, con l'Assessorato all'Intercultura ha posto con
forza alle Istituzioni preposte il caso di questa donna, scegliendo in
modo inopinabile da che parte stare, con la giustizia e con gli ultimi
della terra.
Sosteniamo questa scelta in modo incondizionato e continueremo a
batterci a difesa di questa donna e di tutte le persone ingiustamente
vessate.
Rete territoriale "Ultimo inverno a vicolo Savini", ACTION, Arci
Solidarietà Lazio, Arci Roma, Associazione culturale "A. Musu", Gruppo
Intercultura Consulta Femminile Municipio Roma XI, Cooperativa Rom
Bosnia Herzegovina ONLUS, Cobas Scuola Municipio Roma XI, Commissione
Immigrazione Federazione Roma Rifondazione Comunista, C.S.O.A. "La
Strada", associazione "Occhio del Riciclone", Rete Alternativa
Informazione Nonviolenta.
Per adesioni p.pellini@...
La donna ha marito e figli a Roma. Rinchiusa nel Cpt
ROMA In Italia vive già dal 1988, quando il padre e altre 44 famiglie
si trasferirono dalla Jugoslavia nel campo nomadi di via Salvini. A
quei tempi Nevresa aveva solo 13 anni. Da grande si è sposata al
comune di Roma ed è diventata madre di 4 figli, tre dei quali
regolarmente iscritti a scuola. Ma lei non può rimanere in Italia:
deve essere espulsa. Questa la decisione del prefetto di Teramo. E
questo è quello che sta accadendo a Nevresa Hamidovic, ora detenuta
nel centro di permanenza temporanea di Ponte Galeria. Tutto ha inizio
la scorsa settimana. Nevresa e il marito, Mammut, si trovano ad Alba
Adriatica, in provincia di Teramo, come ogni anno. Qui uniscono
l'utile al dilettevole: vendono le rose per strada e portano i figli
al mare. Il 19 luglio scorso si trovano in un giardino pubblico dove i
bimbi giocano e vengono fermati per un normale controllo dai
carabinieri. Mammut mostra la carta d'identità e il permesso di
soggiorno. Nevresa porge il passaporto e il permesso, ma è scaduto e
così, inizia l'odissea. Mammut e la moglie spiegano che la donna,
originaria di Saravejo, è riuscita a riavere il passaporto solo nel
2004, perché l'altro era bruciato in un incendio. Prima era stato
impossibile: il caos generato dalla guerra aveva reso difficile
risalire all'identità della donna. Il permesso di soggiorno doveva
essere solamente rinnovato. I carabinieri però non sentono le loro
ragioni e conducono Nevresa alla prefettura. Qui il prefetto di Teramo
firma l'ordine d'espulsione e la donna viene trasferita nel Cpt romano
di Ponte Galeria.
Una vicenda la sua, come quella di molti altri, paradossale. Nevresa è
sempre stata in Italia, in Bosnia non ha nessuno e tutti i suoi
parenti sono qui. Lei risulta già nel censimento del 1995, prima nello
stato di famiglia del padre e ora in quello del marito. Ha tutte le
pratiche che servono per restare in Italia. In più Mammut è in
possesso del 730 in quanto socio di una cooperativa. E ora è
disperato. «Se lei parte che faccio? Devo andare anch'io via con lei?
- chiede - e i miei figli? E lei lì dove va a stare?». Infatti a
Sarajevo Nevresa non ha una casa. «Se portano via lei che fanno,
portano via tutti i nomadi?», chiede ancora Mammut.
Intanto l'avvocato della donna, Luca Santili sta già preparando un
ricorso contro l'espulsione. «Nevresa - dice - ha subito una procedura
anomala: il Testo Unico della Bossi-Fini prevede che l'immigrato in
possesso di regolare permesso di soggiorno, che è stato
impossibilitato a rinnovarlo, non venga trattenuto in un centro di
permanenza temporanea. Il decreto - continua il legale - prevede
infatti che venga consegnato l'ordine d'espulsione e venga consentito
all'immigrato di lasciare con i propri mezzi il paese». Per l'avvocato
«la prefettura ha applicato un procedimento standard senza dare luogo
ad un'istruttoria specifica».
Sul caso sono intervenuti l'Arci e l'assessore alle politiche
giovanili dell'XI municipio, Gianluca Peciola. «Questa vicenda è
allucinante - dice l'assessore - anche perché il suo nome rientra
nelle liste del comune di Roma delle persone interessate alla nuova
collocazione del campo nomadi di via Savini». L'assessore ha inviato
una lettera al prefetto di Teramo chiedendo di riesaminare il caso di
Nevresa. «Questo episodio - accusa Peciola - oltre a confermare
l'illegalità dei Centri di permanenza temporanea, evidenzia che finché
il comune di Roma rimarrà inadempiente al progetto di spostamento del
campo nomadi, molti dei suoi membri saranno esposti alle misure
incivili della Bossi-Fini. La signora Nevresa deve essere subito
rilasciata per raggiungere la propria famiglia».
Ieri sera l'assessore, insieme a una mediatrice culturale dell'XI°
municipio si è recato al Cpt di Ponte Galeria per verificare le
condizioni della donna, ma non è stato fatto entrare.
IGOR JAN OCCELLI
Il Manifesto
26/7/2005
--------------
Carissimi vi invio un appello per nevresa donna di vicolo savini che
sta a ponte galeria, pur avendo marito in regola e figli nati a roma.
E' questa una cosa gravissima che se dovesse essere solo il primo caso
sarebbe una tragedia perchè molte sono le donne rom in questa
condizione. per questo vi mando un appello e vi chiedo di
sottoscriverlo e farlo girare, grazie
Patrizia <p.pellini@...>
Appello per la liberazione di Nevresa
Nevresa è una mamma di cinque figli tutti minorenni e tutti nati a Roma.
Alcuni di questi bambini sono molto piccoli e da una settimana
piangono perchè la mamma non è con loro. La loro mamma è a Ponte
Galeria, in un "Centro di Permanenza Temporanea", una delle forme di
lager moderni meglio riuscite.
Il marito di Nevresa ha un regolare permesso di soggiorno, i bambini
di Nevresa sono nati a Roma, esiste una Convenzione Internazionale dei
Diritti dei Bambini, che li difende da traumi psichici e fisici, e che
vede nella vicinanza ai genitori, madre e padre, un elemento centrale
per una crescita sana e armoniosa.
E' già molto difficile crescere dei bambini nella roulotte del campo
di Vicolo Savini, ma almeno era garantita l'integrità del nucleo
familiare. Adesso Nevresa sta a Ponte Galeria, e i suoi bambini
piangono a casa.
Noi siamo la rete territoriale "Ultimo Inverno a Vicolo Savini", che
faticosamente, e ormai da troppo tempo, affianca i rom nella richiesta
di passare dalla favelas di Vicolo Savini a uno spazio dignitoso dove
vivere e crescere i propri figli. Purtroppo molte sono state le
battaglie, ma l'obiettivo non è ancora raggiunto.
Questa sottrazione di Nevresa alla sua famiglia è un ennesimo sopruso.
E' tutto molto legale, forse, ma nello stesso tempo è tutto una
negazione dei diritti e della giustizia.
Il Municipio Roma XI, con l'Assessorato all'Intercultura ha posto con
forza alle Istituzioni preposte il caso di questa donna, scegliendo in
modo inopinabile da che parte stare, con la giustizia e con gli ultimi
della terra.
Sosteniamo questa scelta in modo incondizionato e continueremo a
batterci a difesa di questa donna e di tutte le persone ingiustamente
vessate.
Rete territoriale "Ultimo inverno a vicolo Savini", ACTION, Arci
Solidarietà Lazio, Arci Roma, Associazione culturale "A. Musu", Gruppo
Intercultura Consulta Femminile Municipio Roma XI, Cooperativa Rom
Bosnia Herzegovina ONLUS, Cobas Scuola Municipio Roma XI, Commissione
Immigrazione Federazione Roma Rifondazione Comunista, C.S.O.A. "La
Strada", associazione "Occhio del Riciclone", Rete Alternativa
Informazione Nonviolenta.
Per adesioni p.pellini@...