FONTI:
http://www.resistenze.org/
http://www.maquis.it/
VEDI ANCHE:
60 anni dopo Hiroshima gli USA hanno più della metà delle armi nucleari
http://www.resistenze.org/sito/os/dg/osdg5g24.htm
http://www.thebulletin.org/article_nn.php?art_ofn=nd02norris
http://www.ptb.be/scripts/article.phtml?section=A1AAAABM&obid=27775

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http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/cust5g29.htm
www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 29-07-05

da Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale, vol. X, Teti
Editore, Milano, 1975, pgg. 468-470
trascrizione e conversione in html a cura del CCDP

Il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki


I gruppi dirigenti degli Stati Uniti erano allarmati perché il ruolo
decisivo dell'Unione Sovietica nella disfatta della Germania
hitleriana aveva eccezionalmente accresciuto il prestigio
internazionale dell'Unione Sovietica, aveva contribuito a rafforzare
le forze democratiche in tutto il mondo e a intensificare il movimento
di liberazione dei popoli dell'Asia. Il governo degli Stati Uniti,
volendo dimostrare la particolare potenza della macchina bellica
americana, impiegò contro la popolazione civile giapponese la bomba
atomica, uno strumento di distruzione in massa di eccezionale potenza.

Il lavoro per produrre l'arma atomica era iniziato negli Stati Uniti
nell'estate 1940. Il "progetto Manhattan" — così era chiamato in
codice il lavoro per la bomba atomica concentrato nei laboratori di
Los Alamos — costò agli Stati Uniti due miliardi di dollari. Alla
soluzione diretta dei problemi scientifici e tecnici presero parte
scienziati non solo americani. Un notevole contributo diedero i fisici
europei che si trovavano allora negli Stati Uniti d'America: Enrico
Fermi, Viktor F. Weisskop, Eduard Teller e altri. Il governo inglese
trasmise agli Stati Uniti d'America il risultato delle ricerche
compiute in Inghilterra, e inviò in America i propri scienziati. Il
timore che i nazisti potessero per primi creare quest'arma impresse ai
lavori un ritmo febbrile.

Le conseguenze politiche della costruzione del-la bomba atomica non
vennero esaminate e discusse dal governo Roosevelt. Tutti gli sforzi
furono concentrati su un solo obiettivo: essere i primi a entrare in
possesso dell'arma atomica. Solo alla fine dell'aprile 1945, dopo la
morte di Roosevelt, quando divenne chiaro che il compimento dei lavori
era questione di pochi mesi, fu deciso di includere la bomba atomica
nei piani militari.

Dal maggio 1945, il comando militare degli Stati Uniti d'America
incluse la bomba atomica nei piani militari della tappa conclusiva
della guerra sull'oceano Pacifico, quale arma probabile, ma niente
affatto decisiva.
La imminente entrata dell'Unione Sovietica nella guerra contro il
Giappone pose in discussione l'opportunità militare dell'impiego
dell'arma atomica.

Alla metà del luglio 1945, il comitato unificato del controspionaggio
anglo-americano presentò un memorandum al comitato unificato dei capi
di stato maggiore, in cui si affermava che appena l'Unione Sovietica
avesse iniziato la guerra contro il Giappone, il governo di Tokio
"probabilmente desidererà finire la guerra a qualsiasi condizione".
L'alto comando militare americano, considerando ciò, dubitò che
l'impiego della bomba atomica fosse indispensabile agli scopi
militari. Venne proposto di limitarsi a una dimostrazione: fare
esplodere la bomba atomica o su luoghi disabitati oppure sul mare del
Giappone. La decisione finale dell'impiego della bomba atomica
tuttavia era nelle mani dei capi politici e fin dall'inizio non fu
collegata agli obiettivi della campagna conclusiva contro il Giappone.
Il governo Truman considerava la bomba atomica come lo strumento
principale attraverso il quale gli Stati Uniti potevano dettare le
loro condizioni a tutti gli altri paesi del mondo nella tappa
conclusiva della guerra e nel periodo di assestamento postbellico.

Il comitato provvisorio diretto da H. Stimson, creato dal governo
americano per la definitiva soluzione del problema, si pronunciò il 1°
giugno 1945 perché l'impiego della bomba atomica contro il Giappone
avvenisse "al più presto possibile".

L'intenzione del governo di utilizzare la bomba atomica come strumento
di pressione politica allarmò molti scienziati che avevano partecipato
alla costruzione dell'arma atomica. Il comitato degli scienziati
atomici, presieduto dal prof. James Frank, presentò al governo un
rapporto nel quale si pronunciava contro l'impiego della bomba atomica
nella guerra con il Giappone.
"I vantaggi militari e la salvezza di vite americane — diceva il
rapporto — che possono essere ottenuti mediante un improvviso attacco
atomico, possono essere superati dall'ondata di terrore e di sdegno
che si abbatterà sul resto del mondo". Gli scienziati ritenevano
indispensabile fare preventivamente una dimostrazione della nuova arma
alla presenza dei rappresentanti delle potenze aderenti alla
Organizzazione delle Nazioni Unite, e poi di intimare un ultimatum al
Giappone e, se il governo giapponese l'avesse respinto, di esaminare
la eventualità dell'impiego della bomba atomica. I1 16 luglio 1945 ad
Alamogordo, nel deserto dello Stato del Nuovo Messico, venne compiuta
la prima esplosione atomica sperimentale. II 24 luglio Truman diede
l'ordine di impiegare la bomba atomica contro il Giappone ai primi di
agosto. Gli Stati Uniti possedevano allora solo due bombe atomiche. Il
governo americano si affrettò a metterle in uso alla vigilia
dell'entrata in guerra dell'Unione Sovietica.

Il 6 agosto 1945 due bombardieri americani B-29 apparvero sopra la
città giapponese di Hiroshima. Nell'estate 1945 l'aviazione americana
dominava incontrastata nel cielo giapponese e il volo di questi aerei
non suscitò particolari preoccupazioni. Anche se fu dato il segnale
d'allarme, la maggior parte della popolazione non pensò a ripararsi
nei rifugi. Continuò la vita normale. Alle 8,15 venne lanciata con un
paracadute la bomba atomica. Alcuni minuti dopo sopra il centro della
città avvenne l'esplosione. In un attimo si generò una luce accecante,
si formò una gigantesca nube a forma di fungo, la città venne coperta
da turbini di fumo. Nel raggio di 4 km dall'epicentro dell'esplosione
scoppiarono incendi, i nove decimi delle case di Hiroshima si
trasformarono in cenere. Migliaia e migliaia di persone morirono per
le bruciature e per l'onda esplosiva. Sembrava che a Hiroshima si
fossero scatenati contemporaneamente tutti gli orrori dell'inferno. A
sera, quando si spensero gli incendi, al posto della città si stendeva
un deserto di cenere con alcuni scheletri di edifici di cemento che
spuntavano qua e là. Il 9 agosto, la seconda bomba atomica venne
lanciata su Nagasaki, con effetti non meno devastatori. In questi
primi due bombardamenti atomici morirono o furono gravemente ustionati
circa 450.000 civili giapponesi.

Questo atto di inaudita barbarie esercitò una impressione spaventosa
sul popolo e sul governo del Giappone. Ma non fu esso, tuttavia, a
decidere l'esito della guerra.
La rapida conclusione della guerra fu non tanto la conseguenza
dell'impiego della bomba atomica, quanto il risultato delle sconfitte
inflitte al Giappone nell'oceano Pacifico dagli Stati Uniti d'America
e dall'Inghilterra e in Estremo Oriente dalle truppe sovietiche.

I bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki furono solamente il
primo passo della politica americana postbellica del ricatto atomico
rivolto innanzi tutto contro l'Unione Sovietica.

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http://www.resistenze.org/sito/se/li/seli5g29.htm
www.resistenze.org - segnalazioni resistenti - libri - 29-07-05

Cronaca di un bombardamento atomico

Le immagini della tragedia di Hiroshima e Nagasaki - Manifesti per
mostra fotografica
A cura della redazione di "Maquis" Direttore: Filippo Gaja

Le immagini qui raccolte sotto il titolo "Cronaca di un bombardamento
atomico" non sono che una selezione significativa di quelle riunite
dal Comitato giapponese costituitosi con lo scopo specifico di far
conoscere al mondo i documenti visivi della distruzione di Hiroshima e
Nagasaki. Sostenuto da un vasto movimento, il Comitato ha compiuto un
lavoro formidabile per portare alla luce documenti mantenuti nel buio
da una politica di oblio. Come è noto, una rigorosa "logica di
segretezza" aveva fatto in modo, negli anni dell'immediato dopoguerra,
che le notizie e i documenti sulle stragi atomiche di Hiroshima e
Nagasaki filtrassero assai lentamente. Tra l'ottobre e il novembre
1945 tutti gli ospedali e le cliniche giapponesi che ospitavano
atomizzati furono censiti dalle autorità di occupazione. Il 14 ottobre
1945 una speciale unità militare fece chiudere anche l'ospedale
militare per lo studio e il trattamento delle malattie atomiche di
Ujina. Tutto il materiale di studio fu requisito; furono confiscati i
reperti anatomici ricavati dai cadaveri delle vittime, e tutte le
fotografie, i films, i documenti. I medici giapponesi ricevettero
l'imposizione di non parlare neanche con i cittadini americani dei
risultati delle loro osservazioni sulle conseguenze dei bombardamenti
atomici sull'uomo. I primi trattati di studiosi giapponesi sulle
malattie provocate dalle atomiche uscirono pressoché clandestini. Fino
alla fine dell'occupazione, nel 1951-1952, neppure a Hiroshima fu
possibile avere un quadro preciso delle malattie croniche da
radiazione e delle malattie postume imputabili alla bomba. La
documentazione fu restituita alle autorità giapponesi nel 1973. Il
Comitato l'ha ottenuta dopo il 1977 dall'Istituto di ricerche di
Medicina e di Biologia Nucleare dell'Università di Hiroshima, dal
Centro di Ricerche per il trattamento degli effetti secondari della
radiazione della facoltà di Medicina dell'Università di Nagasaki,
dalla Casa della Cultura di Nagasaki, da Istituti storici e da privati
cittadini. Migliaia di cittadini giapponesi si sono uniti in vari anni
allo sforzo di ricerca e diffusione del materiale qui presentato. Il
Comitato può ora giustamente affermare che questi agghiaccianti
documenti sono offerti al mondo dalla coscienza del popolo giapponese,
prima vittima di un bombardamento atomico.

Dalla IV di copertina:

Alla fine del 1950, il numero complessivo delle persone uccise in
Giappone dai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, dall'onda
d'urto, dal fuoco e dalle radiazioni era calcolato ufficialmente in
300.000. Al 31 marzo del 1976, trent'anni e sette mesi dopo il
bombardamento, il numero dei sopravvissuti muniti di un certificato
ufficiale di "atomizzato" era di 364.261. Hiroshima e Nagasaki sono
state ricostruite e sono oggi grandi città moderne in cui tutto è
nuovo. Ma sugli 842.000 abitanti attuali di Hiroshima, 114.000 sono
sopravvissuti del bombardamento, muniti di un certificato di
"atomizzato". Sugli attuali 449.000 abitanti di Nagasaki, 82.000 sono
sopravvissuti "atomizzati". Di essi, uno su cinque non ha mai
recuperato uno stato di salute normale.

Tre domande si presentano alla mente: Quale motivo giustificò
l'impiego di bombe atomiche su città abitate anche da donne, vecchi e
bambini? I costruttori sapevano che le armi nucleari avrebbero
provocato una catastrofe di questa portata? La visione della tragedia
causata nelle due città dalle armi nucleari non avrebbe dovuto imporre
in seguito la cessazione della fabbricazione di armi atomiche?

Ufficialmente il lancio delle atomiche di Hiroshima e Nagasaki fu
giustificato con la necessità di indurre rapidamente i giapponesi a
una resa senza condizioni. La seconda bomba, quella su Nagasaki,
sembra sia stata considerata indispensabile per fornire ai dirigenti
giapponesi la prova che la bomba di Hiroshima non era un esemplare
unico. Il giudizio se l'annientamento di 300.000 esseri umani fosse
indispensabile o no, non solo sul piano strettamente
politico-militare, è un problema storico del tutto aperto.

Quanto al grado di coscienza degli scienziati sulla potenza
distruttiva dell'arma nucleare, sembra che essi prevedessero
"soltanto" 20.000 morti. Le dimensioni inverosimili della tragedia di
Hiroshima e Nagasaki e la constatazione del carattere mostruosamente
disumano di questo strumento bellico avrebbero dovuto bastare per
condurre alla distruzione di tutto, degli stabilimenti, dei calcoli,
degli strumenti per fabbricare la bomba, dell'idea stessa di una
simile arma.

L'uomo la cui autorità scientifica aveva avuto un peso determinante
nell'avvio delle ricerche per la costruzione della bomba atomica,
Albert Einstein, spese gli ultimi 10 anni della sua vita a denunciare
la follia e i pericoli del riarmo atomico. Il 13 febbraio 1950 lanciò
alla televisione americana un appello tanto drammatico quanto duro,
contro le armi nucleari: "La bomba all'idrogeno appare
all'orizzonte... - disse - l'avvelenamento dell'atmosfera per mezzo
della radioattività e di conseguenza la distruzione di ogni forma di
vita sulla terra entreranno nel dominio delle possibilità tecniche.
Tutto sembra concatenarsi in questa sinistra marcia degli avvenimenti.
Ciascun passo appare come la conseguenza inevitabile di quello che
l'ha preceduto. Al termine di questo cammino si profila sempre più
distintamente lo spettro dell'annientamento generale".

Era stato ascoltato nel momento in cui la sua opinione era servita per
rendere possibile fabbricare delle bombe. Ma fu ignorato quando,
parlando a nome dell'umanità, ne chiese la distruzione. Contro ogni
appello, ogni logica e il più elementare buon senso, la fabbricazione
delle armi nucleari è proseguita. Oggi, negli arsenali atomici di
tutto il mondo, esistono oltre 60.000 testate nucleari, molto più di
quello che serve per distruggere ogni traccia di vita sul globo
terrestre. Ognuno di questi ordigni è infinitamente più potente di
quelli esplosi a Hiroshima e Nagasaki. L'esplosione di una bomba
all'idrogeno della potenza di 1 megaton, cioè di un'arma strategica di
media potenza quale potrebbe essere portata da un missile Cruise,
produrrebbe una sfera di fuoco di 1.770 metri di diametro. L'onda
d'urto, lo schiacciamento e le radiazioni termiche avrebbero una
potenza distruttrice incomparabilmente più grande di quelle di
Hiroshima o Nagasaki. La vita umana e tutto ciò che è il prodotto
della civiltà, scuole, fabbriche, ospedali, case, ponti, strutture
elettriche, mezzi di comunicazione, ecc. sarebbero annientati
istantaneamente entro un raggio dieci o anche venti volte superiore a
quello di Hiroshima a seconda delle condizioni ambientali. Per essere
relativamente al sicuro dagli effetti delle radiazioni nucleari
iniziali, un individuo che si trovasse a 1 chilometro e seicento metri
dal punto di scoppio avrebbe bisogno di uno schermo di cm. 30,48
d'acciaio, oppure di 1 metro e 22 centimetri di cemento. Ciò equivale
a dire, allo stato attuale delle costruzioni civili, che nessuno
sopravviverebbe alle radiazioni nucleari per un raggio di molti
chilometri, senza contare gli effetti ritardati delle radiazioni
residue e secondarie. In una giornata mediamente chiara, esseri umani
che si trovassero allo scoperto verrebbero ustionati a 19 chilometri
di distanza. II calore sarebbe avvertito a 122 chilometri di distanza.

L'ipotesi dell'impiego dell'arma nucleare come strumento per regolare
le contese fra Stati e gruppi di Stati è il fattore che domina ogni
altro nel momento presente e che fa gravare una cappa di terrore sul
mondo. Il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki è l'esempio
che rende realistica la minaccia atomica. Esso dovrebbe perciò essere
presente nella coscienza degli uomini e far parte della loro
educazione. Eppure, quando una delegazione giapponese si recò
recentemente a New York, Washington e Albuquerque (Nuovo Messico) per
esporre nei quartieri 150 fotografie del bombardamento di Hiroshima e
Nagasaki, si rese conto che i due terzi dei visitatori, soprattutto i
giovani, ignoravano anche lo stesso avvenimento storico, ignoravano il
fatto che due bombe nucleari fossero state sganciate su queste città
nel 1945.

Un affievolimento della memoria collettiva della tragedia di Hiroshima
e Nagasaki, è un fatto universale, che tocca lo stesso Giappone, dove
un gruppo di cittadini ha ritenuto necessario reagire all'oblio. Se
domani dovesse accadere ancora quanto è successo, i rimpianti
sarebbero sterili. Mettere al corrente le giovani generazioni sulla
realtà della tragedia di Hiroshima e Nagasaki è il primo compito,
perché tocca soprattutto alle giovani generazioni impedire che si
ripetano.

Cronaca di un bombardamento atomico
Supplemento a Maquis Dossier n. 2 giugno 1985
Le edizioni del Maquis
Corso Como 6, 20154 - Milano
1985
38 Manifesti