http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=5288
Kosovo, la rabbia dei serbi
di Igor Fiatti
su Il Manifesto del 30/08/2005
Manifestazioni in tutta la provincia per l'uccisione di due giovani
sabato notte
Da Kosovska Mitrovica a Gracanica passando per Strpce. Il Kosovo serbo
scende in piazza e protesta per la morte di due ragazzi serbi uccisi
sabato notte in un agguato vicino al villaggio di Banjica. E mentre il
parlamento di Belgrado ricorda con un minuto di silenzio le vittime
dell'«attacco terroristico», nella provincia la tensione interetnica
sale e la situazione rischia un'altra volta di esplodere. Intanto la
comunità internazionale sta a guardare. «Ci uccidono uno a uno». Con
questo slogan, centinaia di serbi hanno protestato ieri a Gracanica
per l'omicidio dei giovani serbi originari di Strpce, enclave serba a
50 chilometri a sud-est di Pristina. E dopo una marcia nella strade
della città, i manifestanti hanno acceso più di un migliaio di candele
nel monastero ortodosso per le anime dei serbi assassinati dal 1999 ad
oggi. Srdjan Vasic, rappresentante dei serbi della provincia, parlando
alla folla ha detto: «Ci uccidono uno a uno da quando sei anni fa nel
Kosovo sono state portate pace e democrazia». E ha aggiunto: «Quasi
sempre le vittime sono ragazzi e bambini. Colpiscono dov'è più facile
e dove fa più male».
Vasic ha chiesto quindi al segretario generale delle Nazioni unite
Kofi Annan di sostituire Soren Jesen-Petersen, capo dell'Unmik (la
missione dell'Onu della provincia) perché «ha fallito e l'immagine che
ha dato del Kosovo è falsa». I dimostranti poi hanno occupato
pacificamente la strada Pristina-Gnjilane; non si sono verificati
incidenti.
Proteste anche nella parte serba di Kosovska Mitrovica, dove la accuse
sono state di nuovo tutte per Petersen: intervenendo in una
manifestazione, il presidente della lista serba per il nord della
provincia Milan Ivanovic, l'ha invitato infatti a rassegnare le
dimissioni giudicandolo «il principale colpevole per l'omicidio di
sabato notte». «Petersen, che conduce una politica pro-albanese, ha
detto che in Kosovo c'è libertà di movimento, ebbene questa libertà è
stata dimostrata dall'attacco che è costato la vita a due giovani
serbi», ha dichiarato Ivanovic. Per lui, dietro all'ultimo episodio di
sangue c'è una sola regia, quella dell'esercito nazionale albanese
(Ana) che «agisce indisturbato grazie all'inazione dell'Unmik».
In realtà molti analisti condividono la sua opinione e pensano che
l'Ana - movimento nato dalle ceneri del disciolto Uck che ha come
obiettivo la creazione della Grande Albania - voglia pesare sempre di
più nella politica regionale imponendo un'escalation della violenza.
Da Kosovska Mitrovica sono arrivate due richieste: l'Onu deve chiudere
di nuovo il ponte sul fiume Ibar che separa la parte serba da quella
albanese della città, e Belgrado deve concedere ai serbi della
provincia il diritto all'autodifesa. E ieri ci sono state proteste
anche nell'enclave di Strpce, villaggio delle vittime dell'agguato.
Proprio sulla strada che porta a Strpce da Urosevac, sabato notte
Aleksandr Stankovic e Ivan Dejanovic sono stati uccisi in
un'imboscata. Secondo l'agenzia di stampa serba Beta, da una Mercedes
nera sono partiti alcuni colpi che hanno centrato le gomme della Golf
dei giovani serbi. Quindi i ragazzi si sono fermati per cambiare un
pneumatico, ma quando sono usciti dalla loro auto una raffica di mitra
li ha falciati. Nell'agguato sono stati feriti Nikola Dukic e
Aleksandar Janicijevic.
Belgrado chiede ora all'Unmik di fare velocemente luce sull'accaduto e
di ripristinare sia la scorta a tutti i convogli serbi, sia i
checkpoint all'entrata e all'uscita delle enclavi serbe. «Da quando
sono stati eliminati i punti di controllo - si legge in un comunicato
del governo - la sicurezza per i serbi è notevolmente peggiorata.
L'ultimo atto terroristico dimostra che le autorità provvisorie del
Kosovo-Metohija non solo non sono preparate per il processo di
decentralizzazione, ma sono lontane anche dal rispetto degli standard»
fissati dalla comunità internazionale per avviare il dialogo sullo
status della provincia.
Il comunicato ricorda che «solo nel comune d'origine delle vittime 35
serbi sono stati uccisi dall'arrivo delle forze internazionali» nel
1999. E per il premier serbo Vojislav Kostunica c'è solo un
responsabile: «le forze Onu che non proteggono la minoranza serba del
Kosovo».
---
KOSOVO: UCCISIONE SERBI, L'IRA DI BELGRADO
(ANSA) - BELGRADO, 29 AGO - Ha riportato in alto mare l'ipotesi di un
rapido avvio di negoziati diretti serbo-albanesi sul Kosovo
l'uccisione, avvenuta sabato scorso, di due ragazzi serbi che
percorrevano in automobile la strada fra Pristina e Strpce, nel sud
della provincia. Il primo ministro serbo Vojislav Kostunica ha usato
parole durissime, anche nei confronti dell'amministrazione dell'Onu,
per stigmatizzare l'episodio, mentre il presidente Boris Tadic parla
di un chiaro avvertimento alla comunita' serba e il ministro degli
esteri Vuk Draskovic paragona gli estremisti kosovari albanesi ai
terroristi di Al Qaeda e della Cecenia. In una lettera aperta al
responsabile dell'Unmik Soren Jessen Petersen e all'emissario delle
Nazioni Unite Kai Eide, Kostunica ha stigmatizzato ''quella parte
della comunita' internazionale piu' suscettibile al ricatto
terroristico, che chiede il veloce avvio delle trattative'' in
condizioni proibitive: ''Voglio sentire chiaro e forte da voi di quali
standard stiamo parlando, quando dei giovani vengono uccisi solo
perche' sono serbi, senza che i responsabili si preoccupino di
eventuali punizioni''. Sulla stessa lunghezza d'onda e' il presidente
serbo Tadic, secondo il quale ''e' chiaro che siamo ben lontani da una
societa' democratica e multietnica''. Tadic ha anche sottolineato come
''le istituzioni responsabili nel Kosovo non siano riuscite finora'' a
mettere le mani sui colpevoli di passati crimini contro i serbi.
Draskovic chiede all'Onu, all'Ue, alla Nato e ai paesi del Gruppo di
contatto di ''prendere misure contro il terrorismo albanese'': a suo
avviso, ''non ci puo' essere differenza fra i terroristi che agiscono
a New York, Madrid, Londra, Mosca o Beslan e i terroristi che uccidono
in Kosovo''. La ''politica dei doppi standard nella lotta al
terrorismo - ammonisce il responsabile della diplomazia
serbo-montenegrina - sarebbe un regalo a quest'ultimo''. (ANSA). OT
29/08/2005 15:07
Kosovo, la rabbia dei serbi
di Igor Fiatti
su Il Manifesto del 30/08/2005
Manifestazioni in tutta la provincia per l'uccisione di due giovani
sabato notte
Da Kosovska Mitrovica a Gracanica passando per Strpce. Il Kosovo serbo
scende in piazza e protesta per la morte di due ragazzi serbi uccisi
sabato notte in un agguato vicino al villaggio di Banjica. E mentre il
parlamento di Belgrado ricorda con un minuto di silenzio le vittime
dell'«attacco terroristico», nella provincia la tensione interetnica
sale e la situazione rischia un'altra volta di esplodere. Intanto la
comunità internazionale sta a guardare. «Ci uccidono uno a uno». Con
questo slogan, centinaia di serbi hanno protestato ieri a Gracanica
per l'omicidio dei giovani serbi originari di Strpce, enclave serba a
50 chilometri a sud-est di Pristina. E dopo una marcia nella strade
della città, i manifestanti hanno acceso più di un migliaio di candele
nel monastero ortodosso per le anime dei serbi assassinati dal 1999 ad
oggi. Srdjan Vasic, rappresentante dei serbi della provincia, parlando
alla folla ha detto: «Ci uccidono uno a uno da quando sei anni fa nel
Kosovo sono state portate pace e democrazia». E ha aggiunto: «Quasi
sempre le vittime sono ragazzi e bambini. Colpiscono dov'è più facile
e dove fa più male».
Vasic ha chiesto quindi al segretario generale delle Nazioni unite
Kofi Annan di sostituire Soren Jesen-Petersen, capo dell'Unmik (la
missione dell'Onu della provincia) perché «ha fallito e l'immagine che
ha dato del Kosovo è falsa». I dimostranti poi hanno occupato
pacificamente la strada Pristina-Gnjilane; non si sono verificati
incidenti.
Proteste anche nella parte serba di Kosovska Mitrovica, dove la accuse
sono state di nuovo tutte per Petersen: intervenendo in una
manifestazione, il presidente della lista serba per il nord della
provincia Milan Ivanovic, l'ha invitato infatti a rassegnare le
dimissioni giudicandolo «il principale colpevole per l'omicidio di
sabato notte». «Petersen, che conduce una politica pro-albanese, ha
detto che in Kosovo c'è libertà di movimento, ebbene questa libertà è
stata dimostrata dall'attacco che è costato la vita a due giovani
serbi», ha dichiarato Ivanovic. Per lui, dietro all'ultimo episodio di
sangue c'è una sola regia, quella dell'esercito nazionale albanese
(Ana) che «agisce indisturbato grazie all'inazione dell'Unmik».
In realtà molti analisti condividono la sua opinione e pensano che
l'Ana - movimento nato dalle ceneri del disciolto Uck che ha come
obiettivo la creazione della Grande Albania - voglia pesare sempre di
più nella politica regionale imponendo un'escalation della violenza.
Da Kosovska Mitrovica sono arrivate due richieste: l'Onu deve chiudere
di nuovo il ponte sul fiume Ibar che separa la parte serba da quella
albanese della città, e Belgrado deve concedere ai serbi della
provincia il diritto all'autodifesa. E ieri ci sono state proteste
anche nell'enclave di Strpce, villaggio delle vittime dell'agguato.
Proprio sulla strada che porta a Strpce da Urosevac, sabato notte
Aleksandr Stankovic e Ivan Dejanovic sono stati uccisi in
un'imboscata. Secondo l'agenzia di stampa serba Beta, da una Mercedes
nera sono partiti alcuni colpi che hanno centrato le gomme della Golf
dei giovani serbi. Quindi i ragazzi si sono fermati per cambiare un
pneumatico, ma quando sono usciti dalla loro auto una raffica di mitra
li ha falciati. Nell'agguato sono stati feriti Nikola Dukic e
Aleksandar Janicijevic.
Belgrado chiede ora all'Unmik di fare velocemente luce sull'accaduto e
di ripristinare sia la scorta a tutti i convogli serbi, sia i
checkpoint all'entrata e all'uscita delle enclavi serbe. «Da quando
sono stati eliminati i punti di controllo - si legge in un comunicato
del governo - la sicurezza per i serbi è notevolmente peggiorata.
L'ultimo atto terroristico dimostra che le autorità provvisorie del
Kosovo-Metohija non solo non sono preparate per il processo di
decentralizzazione, ma sono lontane anche dal rispetto degli standard»
fissati dalla comunità internazionale per avviare il dialogo sullo
status della provincia.
Il comunicato ricorda che «solo nel comune d'origine delle vittime 35
serbi sono stati uccisi dall'arrivo delle forze internazionali» nel
1999. E per il premier serbo Vojislav Kostunica c'è solo un
responsabile: «le forze Onu che non proteggono la minoranza serba del
Kosovo».
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KOSOVO: UCCISIONE SERBI, L'IRA DI BELGRADO
(ANSA) - BELGRADO, 29 AGO - Ha riportato in alto mare l'ipotesi di un
rapido avvio di negoziati diretti serbo-albanesi sul Kosovo
l'uccisione, avvenuta sabato scorso, di due ragazzi serbi che
percorrevano in automobile la strada fra Pristina e Strpce, nel sud
della provincia. Il primo ministro serbo Vojislav Kostunica ha usato
parole durissime, anche nei confronti dell'amministrazione dell'Onu,
per stigmatizzare l'episodio, mentre il presidente Boris Tadic parla
di un chiaro avvertimento alla comunita' serba e il ministro degli
esteri Vuk Draskovic paragona gli estremisti kosovari albanesi ai
terroristi di Al Qaeda e della Cecenia. In una lettera aperta al
responsabile dell'Unmik Soren Jessen Petersen e all'emissario delle
Nazioni Unite Kai Eide, Kostunica ha stigmatizzato ''quella parte
della comunita' internazionale piu' suscettibile al ricatto
terroristico, che chiede il veloce avvio delle trattative'' in
condizioni proibitive: ''Voglio sentire chiaro e forte da voi di quali
standard stiamo parlando, quando dei giovani vengono uccisi solo
perche' sono serbi, senza che i responsabili si preoccupino di
eventuali punizioni''. Sulla stessa lunghezza d'onda e' il presidente
serbo Tadic, secondo il quale ''e' chiaro che siamo ben lontani da una
societa' democratica e multietnica''. Tadic ha anche sottolineato come
''le istituzioni responsabili nel Kosovo non siano riuscite finora'' a
mettere le mani sui colpevoli di passati crimini contro i serbi.
Draskovic chiede all'Onu, all'Ue, alla Nato e ai paesi del Gruppo di
contatto di ''prendere misure contro il terrorismo albanese'': a suo
avviso, ''non ci puo' essere differenza fra i terroristi che agiscono
a New York, Madrid, Londra, Mosca o Beslan e i terroristi che uccidono
in Kosovo''. La ''politica dei doppi standard nella lotta al
terrorismo - ammonisce il responsabile della diplomazia
serbo-montenegrina - sarebbe un regalo a quest'ultimo''. (ANSA). OT
29/08/2005 15:07