Da "Essere Comunisti - Area politica del PRC" riceviamo e giriamo:
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Si e' svolta, dal 7 al 10 novembre 2005, a La Havana-CUBA la


Conferenza Internazionale sulle Basi Militari Straniere.


Il Movimento Cubano per la Pace e la Sovranità dei Popoli, con il
patrocinio delle Organizzazioni Non Governative di Cuba e dialtri
Paesi, ha tenuto la Conferenza Internazionale sulle Basi Militari
Straniere (7 - 10 novembre 2005).

Ricercatori, organizzazioni di professionisti, politologi, giuristi,
storici, economisti, scienziati e altre persone interessate, hanno
esposto le proprie riflessioni nel corso del dibattito relativo alla
prova che le Basi Militari Straniere costituiscono una minaccia
permanente alla pace.

Nell'ambito dell'evento, si e' riunito il Comitato Organizzatore
Internazionale della Conferenza Mondiale contro le Basi Militari che
si costituirà nel 2006, dove verrà decisa la sede e la data della stessa.

Alla Conferenza erano presenti delegati di: Austria, Belgio, Brasile,
Canada, Congo, Cuba, Equador, Spagna, USA, Filippine, Grecia, Italia,
Giappone, Messico, Olanda, Paraguay, Portogallo, Repubblica
Domenicana, Svezia, Svizzera, Venezuela, Viet Nam


PROGRAMMA DELLE RELAZIONI E DELLE INIZIATIVE


7 novembre '05


Situazione e prospettive delle basi militari straniere in America

Intervento speciale della D.ssa Olga Mirando, Presidente della
Associazione Cubana di diritto internazionale della Unione Nazionale
Giuristi Cubani

Sezione 1

Relazione tenuta dal dr. Luis M. Cuñarro, Vicepresidente del Centro di
Studi diInformazione della Difesa sul tema: "Le basi militari nello
schema del riordinamento militare dell'imperialismo contemporaneo"

Relazione tenuta da David Alvarez Dieppa (AUNA) sul tema: "Basi
militari e risorse naturali in America Latina"

Sessione plenaria sull'America

Sezione 2

Relazione tenuta dalla prof. Melanine Ziegler, Miami University (Ohio,
U.S.A.) sul tema: " La base navale di Guantanamo e la cooperazione
statunitense/cubana"

Relazione tenuta da Rebeca Pérez Ramos, dell'Istituto Superiore di
Relazioni Internazionali sul tema: "Violazioni del diritto
internazionaleumanitario verso i prigionieri internati nella base
navale di Guantanamo"


8 novembre '05


Problemi attuali delle basi militari straniere in Asia e Oceania

Intervento speciale di Hebert Dozena, Presidente del Comitato
organizzatore internazionale contro le basi militari

Sezione 3

Relazione tenuta da Tadaaki Kawata, Presidente del comitato per la
pace giapponese, membro del segretariato del Consiglio Mondiale per la
Pace sul tema: "Basi militari in Giappone"

Relazione tenuta da Bianca Rodríguez Suero (CEAO) e Ulman Carmona
Ramos (MOVPAZ) sul tema: "Okinawa: la politica di sicurezza
nippo-statunitense e la resistenza popolare

Relazione tenuta da Leyde E.Rodríguez Hernández, professore
dell'Istituto Superiore di Relazioni Internazionali "Raul Roa García"
sul tema: "Le armi nello spazio e l'unilateralismo della politica
estera di G.W. Bush"

Sessione plenaria sull'Europa - Problemi attuali delle basi militari
in Europa

Intervento speciale di Pol De Vos, Presidente della Lega
Antimperialista del Belgio

Sezione 4

Relazione tenuta da Alfio Nicotra (dip. Esteri PRC) sul tema: "Le basi
militari in Italia"

Relazione tenuta da Roland Marounek, Belgio sul tema: " le tre basi
militari della NATO in Belgio: Bruxelles (amministrativa), Shape
(militare) Oleine Brogel (armi nucleari)

Relazione tenuta da un rappresentante del Centro di Iniziativa
Proletaria di Sesto San Giovanni (MI - Italia) sul tema: "Le basi
militari straniere e il loro impatto negativo ambientale e sociale
nelle zone del paese dove sono dislocate"

Sezione 5

Relazione tenuta da Valter Lorenzi (circ. Agorà Pisa) del Comitato
Italiano per il Ritiro immediato delle truppe dall'Iraq sul tema:
"Contro il sistema delle basi USA - NATO in Italia - Chiudere le
retrovie della guerra infinita"

Intervento di Bruno Steri (Prc Essere Comunisti) del Comitato Italiano
per il Ritiro immediato delle truppe dall'Iraq, IL RIASSETTO DELLA
PRESENZA MILITARE NATO E USA NEL BACINO DEL MEDITERRANEO (allegato in
fondo)

Relazione tenuta da Michele Michelino del Centro di Iniziativa
Proletaria "G. Taganelli" (MI - Italia) sul tema: Necessità
dell'unione internazionale del proletariato e dei popoli oppressi
nella lotta contro il capitalismo e l'imperialismo"

Relazione tenuta da Mariella Cao di "Gettare le basi", Sardegna sul
tema: "Sardegna, un'isola in lotta contro le basi italiane, NATO e USA

Relazione tenuta da Christiane Drumel e Lena Vanderbruggen(Belgio) sul
tema: "Stop USA come movimento per la pace in Belgio ed in Europa".


9 novembre '05


Visita alla base militare USA di Guantanamo ed alle brigate di difesa
dell'esercito cubano


10 novembre '05


Situazione e prospettive delle basi militari straniere in Africa e
Medio Oriente e la lotta delle donne contro le basi militari

Intervento speciale del dr. Rodolfo Puente Ferro, presidente
dell'Associazione diamicizia Cuba- Africa

Sezione 6

Relazione tenuta dal Generale di brigata in pensione Juan B. Pujol
Sánchez sul tema: "Attualità delle basi militari e la presenza
militare straniera in Africa"

Relazione tenuta da Ana Milagros Martínez (Federazione Donne Cubane)
sul tema: "Donne, basi militari e conflitti armati"

Relazione di Lidia Parra e Aleida Legón (FDIM) sul tema: " La
Federazione Democratica Internazionale delle Donne nella sua lotta
contro le basi militari"


Approvazione del "piano di azione"

Approvazione della Relazione

Dichiarazione Finale


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CONFERENZA INTERNAZIONALE CONTRO LE BASI MILITARI STRANIERE NEL MONDO
L'AVANA, 7/10 NOVEMBRE 2005


IL RIASSETTO DELLA PRESENZA MILITARE NATO E USA
NEL BACINO DEL MEDITERRANEO

Intervento di Bruno Steri - bruno.steri(a)libero.it

1- Voglio innanzitutto esprimere il mio convinto apprezzamento per
questo Forum internazionale contro la presenza di basi militari
straniere nel mondo, tempestivamente e accuratamente organizzato dal
Movimento Cubano per la Pace e la Sovranità dei Popoli. Si tratta di
un tema che torna oggi ad assumere un'importanza sempre maggiore e ad
occupare un posto di primo piano nell'agenda della mobilitazione
antimperialista.

Mi pare opportuno insistere sul ruolo strategico dell'area
mediterranea, nel contesto della guerra "preventiva e permanente" e in
relazione alla riorganizzazione delle strutture logistiche e delle
truppe Usa e Nato dislocate in Europa. L'establishment statunitense
sta operando cambiamenti significativi nella dislocazione planetaria
dei suoi contingenti militari. Gli Usa ritirano o riducono le truppe
da alcune zone dell'Europa Occidentale, per esempio dalla Germania.
Ma, al contrario, incrementano la loro presenza in altri punti
strategici, costruendo nuove basi militari nell'Est Europa (in
Ungheria, nei Paesi Baltici), mantenendo importanti insediamenti
militari nelle repubbliche asiatiche ex sovietiche, in Afghanistan. Né
dobbiamo dimenticare che, se oggi l'Iraq è un paese devastato dalle
bombe (senza ospedali, senza energia elettrica, senz'acqua), esso
tuttavia può già contare su un buon numero di basi statunitensi.

Alla luce delle nuove esigenze strategiche, l'asse di questa
riorganizzazione viene a interessare, innanzitutto, quella vasta area
che dai Balcani passa per le regioni caucasiche e arriva al Golfo:
un'area strategicamente preziosa, dal punto di vista della produzione
delle risorse energetiche e della loro distribuzione. Come sosteneva
già qualche anno fa l'ex segretario americano Brzezinski, nella
"grande scacchiera" del mondo il controllo di questaarea gioca un
ruolo decisivo per il controllo dell'intero pianeta, poiché essa si
trova in posizione centrale, a ridosso di Russia, Cina e della stessa
Europa. Chi controlla quest'area condiziona l'estrazione del petrolio
(e in questo modo, determinando il volume del petrolio estratto, può
determinarne la formazione del prezzo). Così, si esercita un grande
potere di condizionamento non solo su chi produce petrolio (Russia,
paesi dell'Opec), ma anche su chi si approvvigiona di petrolio (Cina,
Europa). L'asse geografico di cui parliamo si allarga ad includere il
continente africano, altro sconfinato territorio che si affaccia da
Sud sul Mediterraneo, ricco di materie prime e risorse energetiche:
anche in questa parte del mondo la crescente sete di energia ha acuito
la concorrenza tra i poli imperialisti (Usa e Europa, in particolare);
e i conflitti sempre più frequenti (spesso eterodiretti) che
coinvolgono i Paesi africani ne sono precisa testimonianza.

E' del tutto chiaro, in definitiva, che parlare dieserciti comporta
immediatamente parlare di fonti energetiche: non a caso i primi
seguono e proteggono invariabilmente le rotte di queste ultime.


2- In questo quadro generale, così rapidamente tratteggiato, la
penisola italiana continua a costituire una formidabile rampa di
lancio in direzione di quelli che oggi sono – e purtroppo domani
potrebbero essere – i principali teatri di guerra. Non è dunque un
caso se l'Italia è oggi oggetto di un generale rafforzamento della
presenza Usa e Nato. Va sottolineato che – rispetto alla
classificazione proposta in una delle relazioni introduttive di ieri
mattina – il potenziamento riguarda la presenza di basi militari
tradizionalmente intese, cioè siti permanenti e di consistenti
dimensioni. Non è un caso che il comando strategico della cosiddetta
"forza di reazione rapida" sia stato trasferito da Londra a Napoli, a
riprova del fatto che l'asse dell'impegno bellico in Europa si va
spostando verso Est e verso Sud. Come è noto, il suddetto nuovo nucleo
di intervento armato risponde ai nuovi canoni offensivi e non
meramente difensivi dell'ordinamento atlantico ed è chiamato ad
intervenire in ogni punto del globo in tempi rapidi e con l'apporto di
mezzi tecnologicamente avanzati.

Tutte le principali basi militari, situate in particolare nella parte
centro-meridionale della penisola italiana, sono oggetto di lavori di
ristrutturazione ed ampliamento: da Camp Darby (in Toscana) e La
Maddalena (da 35 anni parcheggio di sommergibili nucleari nell'isola
della Sardegna) a Taranto e Sigonella (nell'estremo Sud del territorio
italiano). Queste basi sono aree "off limits", del tutto sottratte
alla sovranità territoriale italiana. Ad esempio, la base sarda de La
Maddalena-S. Stefano è adibita a base appoggio per sottomarini
nucleari Usa sulla base di un accordo segreto siglato da Roma e
Washington nel 1972, un accordo mai ratificato dal Parlamento italiano
e tuttora sottoposto a segreto militare.


3- A maggio di quest'anno, su un'agenzia di stampa è comparsa una nota
- ovviamente del tutto trascurata dalla grande stampa nazionale - con
cui si è iniziato a squarciare il velo di silenzio attorno ad un
negoziato concernente la creazione di nuove basi militari in Italia e
il potenziamento di quelle già esistenti, nonché la loro destinazione
d'uso. A 60 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, anziché
recuperare la sovranità violata del nostro Paese contrattando la
chiusura o quanto meno il drastico ridimensionamento delle strutture
militari straniere attive sul territorio, il governo italiano ha
dunque continuato e continua a lavorare perché l'Italia resti la
portaerei degli Usa nel Mediterraneo.

L'oggetto della suddetta trattativa, svoltasi finora nel segreto più
totale, è la concessione del diritto d'uso degli insediamenti presenti
e in via di costruzione a forze speciali di pronto intervento
statunitensi che, nelle intenzioni del Pentagono, potrebbero lanciare
attacchi nei confronti di paesi terzi. I contatti tra Roma e
Washington su tale tema sono avvenuti nel corso di quest'anno ai più
alti livelli dei vertici militari della difesa italiana e del
Pentagono; ma di ciò avrebbero discusso a suo tempo anche i rispettivi
ministri della difesa.

In effetti, la delibera del Consiglio supremo di difesa italiano
datata 19 maggio 2003 – frutto di discussioni iniziate due mesi prima,
proprio a ridosso dell'inizio dell'intervento contro Saddam –
stabilisce esplicitamente che nessuna struttura italiana possa essere
impiegata per operazioni militari all'estero, a meno che l'intervento
non sia stato autorizzato dall'Onu. Tuttavia, come ha spiegato ad
esempio Gianandrea Galiani, direttore della rivista specializzata
`Analisidifesa', "fino a che gli Stati Uniti avranno un massiccio
impegno in Iraq, non potranno gestire operazioni militari diampio
respiro ma si concentreranno sulla capacità di colpire obiettivi
ridotti (siti di armi di distruzione di massa, cellule terroristiche)
con raid, impiegando forze speciali. Per fare questo hanno disposto
accordi con numerosi Paesi, anche in Africa Centrale, per potervi
schierare unità di forze speciali per missioni specifiche. Forze che,
per essere impiegabili, hanno necessità di avere `basi madre'più ampie
in territori alleati in Paesi come l'Italia, dalle quali potersi
muovere liberamente verso qualunque area operativa". Come detto, le
zone di crisi descrivono una curva ideale attorno al bacino del
Mediterraneo: Medio Oriente, Caucaso e regione del Golfo, continente
africano. Ben si comprende quindi come e perché Italia e Spagna (più
la Turchia) siano gli unici Paesi europei dove gli Usa intendono
potenziare, invece che ridurre, le loro infrastrutture militari. Come
lo stesso sottosegretario di stato statunitense, Nicholas Burns, ha
affermato: "Auspichiamo di poter continuare a lavorare con il governo
italiano, a cui siamo grati, e basare in Italia le nostre truppe
militari, dell'aeronautica, dell'esercito e della marina".


4- Così, la base di Taranto (che si affaccia sul mar Ionio, davanti
alla costa africana) ha visto ampliato il suo sito portuale ed è
destinata a diventare la principale sede navale di riferimento per la
VI° flotta americana. La base Italia/Usa di Sigonella (in Sicilia) -
che ufficialmente è adibita a funzioni di difesa terrestre, con
missili "a corto raggio" ed ospita munizioni (ma, secondo una
formulazione ufficiale, anche armamento nucleare "in transito") - è
destinata ad espandersi, in base al piano Mega III, con investimenti
per 675 milioni di dollari. Parimenti, a Camp Darby - la grande
struttura logistica tra Pisa e Livorno, anch'essa base di rifornimento
di forze navali ed aeree - si sta trattando per costruire una seconda
base, gestita da un contrattista privato del Pentagono, che dovrebbe
sorgere nei pressi di quella già esistente, da cui a suo tempo sono
partiti mezzi e armamenti per le guerre nell'ex Jugoslavia e in Iraq.
Da ultimo (non certo per importanza), anche la base per sommergibili
atomici de La Maddalena, situata a nord della Sardegna, è oggetto di
trattativa per un suo sostanziale potenziamento, così da renderla in
grado di aggiungere alla dotazione già operativa altri 6 sommergibili
nucleari e 10 mila militari Usa.

Il caso di quest'ultima struttura è emblematico, anche sotto il
profilo della mobilitazione popolare. Già in altre parti dell'isola,
disseminata di poligoni militari, i pescatori sardi hanno più volte
ostacolato coi loro pescherecci le manovre navali della Nato per
chiedere la fine della militarizzazione della loro terra e del loro
mare, la bonifica del territorio e delle acque antistanti gravemente
inquinate dal materiale bellico, il risarcimento dei danni arrecati al
loro lavoro. Oggi, è lo stesso presidente della regione sarda a
chiedere ufficialmente lo smantellamento della base de La Maddalena,
dietro la pressione di un problema che ancora una volta tocca punti
sensibili per la vita delle popolazioni locali: lavoro e ambiente. Il
movimento contro la guerra, i comitati che si battono per lo
smantellamento della base sarda, le associazioni pacifiste e
ambientaliste da tempo hanno denunciato una presenza 100 volte più
elevata di nuclei di uranio 238 in alghe marine prelevate nei pressi
della Maddalena. La questione è stata oggetto diinterpellanze nel
Parlamento italiano e in quello francese: la Maddalena fa parte
infatti di un piccolo arcipelago situato tra la Sardegna e la Corsica
e conseguentemente chiama in causa i governi di entrambi i paesi. Il
23 ottobre del 2003 un sommergibile nucleare ha urtato violentemente
contro gli scogli della costa sarda: si è rischiato la catastrofe. Ma
gli organi di stampa nazionali si sono ben guardati dal dare risalto
all'episodio. Nelle tabelle del Genio della Marina (Naval Facilities
Engineering Command) la base è classificata a "livello 1", ovvero tra
gli "impianti produttori di grandi quantità di rifiuti pericolosi": si
tratta di sostanze tossiche, che siinfiltrano nelle falde acquifere,
come solventi cancerogeni, idrocarburi, vernici, composti altamente
pericolosi quali le diossine e i composti di cloro. Non a caso, la
base madre di Groton, nel Connecticut, da dove partono i sottomarini
diretti in Sardegna, è stata chiusa perché altamente contaminata:
proprio in tale diversità di trattamento si sintetizza il rapporto tra
i padroni Usa e i loro docili servi.


5- Non va tra l'altro dimenticato che l'Italia ospita nelle basi
militari dislocate sul suo territorio nazionale, a insaputa della
cittadinanza, armamento nucleare. Neabbiamo avuto una conferma
ulteriore e diretta dalla stessa documentazione di fonte statunitense,
da cui si può concludere che 90 atomiche sono custodite nelle basi di
Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone). In tali documenti - noti come
procedura WS3 per la manutenzione, lo stoccaggio e il trasporto diarmi
nucleari - viene specificato il tipo di bomba atomica presente nelle
due basi militari in questione: B61. Del resto, il sottosegretario
alla difesa Giuseppe Drago, in risposta all'interpellanza parlamentare
del 1 marzo 2005 promossa dalla deputata del Prc Elettra Deiana, ha
sottolineato che "(…) il nuovo concetto strategico dell'Alleanza
atlantica vede nella deterrenza nucleare lo scopo politico del
rafforzamento della pace, della stabilità e della sicurezza, cardine
della nostra politica internazionale (…). La deterrenza nucleare e il
dispiegamento di forze nucleari in Europa costituiscono il vincolo che
lega gli alleati tra di loro e gli Usa alla sicurezza del nostro
continente (…)". Va ricordato in proposito che la presenza diarmi
nucleari statunitensi in Italia, oltre a violare la legge del nostro
Paese, costituisce flagrante violazione delle leggi internazionali, in
particolare dell'art. 2 comma 4 della Carta dell'Onu, ove è sancita
l'illegalità della minaccia (principio di deterrenza) e dell'uso di
armi nucleari.


6- A quanto detto si deve, in ultimo, aggiungere che il bilancio
italiano (e dunque ciascun cittadino italiano contribuente) sopporta
il peso di una parte rilevante dei costi delle basi statunitensi:
senza tener conto di sgravi fiscali, sconti e forniture gratuite di
trasporti, tariffe e servizi, l'Italia è - con il 37% delle spese
complessive - il Paese Nato che ha versato agli Usa la quota maggiore
di contributi (al secondo posto la Germania con il 27%). Accanto al
tema più generale della lotta contro la guerra e il progetto
imperialista, c'è - come si vede – un duro confronto che concerne le
più elementari istanze di indipendenza e sovranità nazionale.

Il "Comitato per il ritiro dei militari italiani dall'Iraq" - che al
suo interno raccoglie diverse forze politiche, sociali e di movimento
ed è parte del movimento italiano contro la guerra - insieme
all'obiettivo della fine di tutte le missioni belliche che vedono
impegnato il nostro Paese (anche in palese contraddizione con la sua
carta costituzionale), intende coordinare e generalizzare la lotta
contro la presenza delle basi militari straniere sul territorio
italiano. Lavoriamo perché tutto ciò possa servire a rilanciare la più
generale mobilitazione contro la guerra e per il disarmo nucleare e
convenzionale, nel nostro paese e fuori di esso.