Giriamo per conoscenza questo articolo che, pur nei limiti di una
interpretazione del periodo 1989-1990 sostanzialmente in linea con il
"mainstream" occidentale, ricorda - caso raro - la prima e più
clamorosa truffa mediatica a scopo di destabilizzazione che sia stata
realizzata in quella fase storica. La disinformazione strategica è poi
via via diventata la regola, vera e propria arma di guerra, in
particolare nel corso di tutto il processo di squartamento ed
assoggettamento imperialista della Jugoslavia (si veda ad es. il testo
da noi fatto circolare ieri: "Dirty ReportingJournalism and Tragedy
in Yugoslavia",
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4681 ), e più
recentemente con l'aggressione, occupazione e colonizzazione
dell'Iraq. (a cura di IS)
http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=0&idart=4343
Romania - 23.12.2005
Immagini della menzogna
Ricordando la strage di Timisoara, un impressionante esempio di falso
giornalistico
Scritto per noi da
Simona Tratzi
"Il massacro di Timisoara" raccontato dai media di tutto il mondo è
stato uno dei casi di disinformazione più eclatanti degli ultimi
vent'anni. A pochi giorni dal Natale del 1989 gli spettatori del mondo
intero si commossero di fronte al "vero" volto dell'oppressione
comunista del regime di Ceausescu vedendo i corpi dei ribelli
torturati e poi uccisi dalla polizia del dittatore.
Ancora oggi, nonostante la certezza che si trattò di una messa in
scena, è difficile dimenticare l'impatto emotivo di quelle immagini
toccanti che diventarono parte della nostra memoria storica.
La rivolta.
Sono passati quasi vent'anni dalla svolta anticomunista dei Paesi che
aderirono al Patto di Varsavia. Nel 1989 l'Europa dell'Est attraversò
diverse rivoluzioni che portarono alla caduta dei regimi. In Ungheria,
Bulgaria, Repubblica Democratica Tedesca e Cecoslovacchia si
raggiunsero nuove forme di governo senza spargimenti di sangue. Il
caso della Romania fu invece emblematico a causa del "conducator"
Nicolae Ceausescu, fortemente odiato dalla popolazione. La rivoluzione
che lo cacciò dal potere fu tutt'altro che pacifica. La prima città a
ribellarsi fu Timisoara, capoluogo del distretto di Timis, al confine
con l'Ungheria. Dal 17 al 22 dicembre 1989 si scatenò la reazione
dell'esercito contro la popolazione in rivolta. La Securitate, la
polizia segreta del regime, si impose con la forza contro la
popolazione, attaccando i manifestanti con carri armati e lacrimogeni.
Ceausescu ordinò di chiudere tutte le frontiere, soprattutto ai
giornalisti che vennero tenuti lontani dalla città durante gli
scontri. In particolare il 17 dicembre una folla immensa manifestò
contro il regime, occupando il quartiere generale del partito
Comunista e bruciando le immagini del dittatore.
Il ruolo delle agenzie di stampa.
In seguito a questi scontri l'agenzia di stampa ungherese Mti raccolse
la voce di un anonimo cittadino cecoslovacco che raccontava "di colpi
di arma da fuoco sparati a Timisoara". Un paio di giorni più tardi le
fonti delle notizie per i giornalisti di tutto il mondo diventarono i
cittadini che riuscirono a varcare la frontiera. L'agenzia Adn dell'ex
Germania comunista fornì per prima la notizia della "tragedia". "Ci
sono 4.660 morti, 1860 feriti, 13.000 arresti, 7.000 condanne a
morte". Il giorno dopo la Tv di Stato ungherese diffuse la notizia del
ritrovamento della prima fossa comune. Da tutte le televisioni del
mondo occidentale cominciarono a provenire immagini di corpi mutilati,
appena disseppelliti. Le notizie sulla strage causata dalla
rivoluzione contro il regime di Ceausescu rimbalzarono di agenzia in
agenzia, raggiungendo le case di milioni di persone. I racconti furono
dettagliati e precisi: 4.362 morti e 13.214 i condannati a morte.
Entrato nel circuito informativo nel periodo natalizio, il massacro di
Timisoara fu mostrato in continuazione dalle televisioni e raccontato
attraverso reportage dai toni appassionati da tutti i maggiori
giornali (Corriere della Sera, Figaro, New York Times, Le Monde,
Washington Post), commuovendo l'opinione pubblica occidentale.
I corpi, appena esumati, erano in parte ricoperti di terra: quasi
tutti con una lunga ferita, dall'alto in basso sul torace,
grossolanamente ricucita. In particolare l'immagine che commosse gli
spettatori fu quella del corpo di una donna che giaceva supino e,
sopra di lei, il minuscolo cadavere di una bimba, apparentemente
appena nata, che la stampa si affrettò a identificare come madre e figlia.
La verità.
Solo a partire dal 24 gennaio 1990 cominciarono a circolare le prime
smentite rispetto alla rivolta di Timisoara. Una rete televisiva
tedesca trasmise alcune testimonianze oculari dalla cittadina, secondo
cui le immagini di orrore e la scoperta delle fosse comuni erano una
messa in scena. Anche l'agenzia di stampa France Presse scrisse che le
immagini dei cadaveri mutilati mostrati dalle televisioni non erano
altro che una messa in scena. Raccolse la testimonianza di tre medici
di Timisoara che affermarono che i corpi di persone decedute di morte
naturale furono prelevati dall'istituto medico legale della città ed
esposte alle telecamere della televisione come vittime della
Securitate. Quando si ebbe la certezza che la "strage di Timisoara"
non aveva niente a che fare con la realtà e che si trattava di un
falso giornalistico costruito attraverso la televisione, furono
pochissimi gli organi di stampa a riferirlo ai lettori. Da indagini
più approfondite emerse che quei corpi provenivano da un cimitero dei
poveri: le ferite sul torace non erano i segni della tortura, ma
dell'autopsia. Si rivelò, inoltre, che le salme riesumate erano in
tutto 13: corpi di sventurati barboni sepolti nei mesi precedenti.
Risultò che madre e figlia assassinati erano rispettivamente Zamfira
Baintan, un'anziana alcolizzata morta a casa sua di cirrosi epatica
l'8 novembre del 1989, e la bimba Christina Steleac, morta per una
congestione, a casa sua, a due mesi e mezzo di età, il 9 dicembre 1989.
Nel caso di Timisoara i mass media non si preoccuparono mai di
accertare i fatti e le fonti, che rimasero sempre anonime, anche
quando i giornalisti riuscirono ad oltrepassare la frontiera e ad
arrivare in Romania. I creatori di questa eccezionale manipolazione
giornalistica non sono mai stati identificati con certezza, ma rimane
l'illusione della storia in diretta, creata dalle immagini delle fosse
comuni. L'evento mediatico riuscì a soppiantare la realtà e rimane
ancora oggi vivo nella memoria storica della "civiltà occidentale". In
verità nei disordini di piazza del dicembre 1989 a Timisoara ci furono
72 morti e 253 feriti distribuiti tra i manifestanti e gli agenti
della Securitate.
interpretazione del periodo 1989-1990 sostanzialmente in linea con il
"mainstream" occidentale, ricorda - caso raro - la prima e più
clamorosa truffa mediatica a scopo di destabilizzazione che sia stata
realizzata in quella fase storica. La disinformazione strategica è poi
via via diventata la regola, vera e propria arma di guerra, in
particolare nel corso di tutto il processo di squartamento ed
assoggettamento imperialista della Jugoslavia (si veda ad es. il testo
da noi fatto circolare ieri: "Dirty ReportingJournalism and Tragedy
in Yugoslavia",
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4681 ), e più
recentemente con l'aggressione, occupazione e colonizzazione
dell'Iraq. (a cura di IS)
http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=0&idart=4343
Romania - 23.12.2005
Immagini della menzogna
Ricordando la strage di Timisoara, un impressionante esempio di falso
giornalistico
Scritto per noi da
Simona Tratzi
"Il massacro di Timisoara" raccontato dai media di tutto il mondo è
stato uno dei casi di disinformazione più eclatanti degli ultimi
vent'anni. A pochi giorni dal Natale del 1989 gli spettatori del mondo
intero si commossero di fronte al "vero" volto dell'oppressione
comunista del regime di Ceausescu vedendo i corpi dei ribelli
torturati e poi uccisi dalla polizia del dittatore.
Ancora oggi, nonostante la certezza che si trattò di una messa in
scena, è difficile dimenticare l'impatto emotivo di quelle immagini
toccanti che diventarono parte della nostra memoria storica.
La rivolta.
Sono passati quasi vent'anni dalla svolta anticomunista dei Paesi che
aderirono al Patto di Varsavia. Nel 1989 l'Europa dell'Est attraversò
diverse rivoluzioni che portarono alla caduta dei regimi. In Ungheria,
Bulgaria, Repubblica Democratica Tedesca e Cecoslovacchia si
raggiunsero nuove forme di governo senza spargimenti di sangue. Il
caso della Romania fu invece emblematico a causa del "conducator"
Nicolae Ceausescu, fortemente odiato dalla popolazione. La rivoluzione
che lo cacciò dal potere fu tutt'altro che pacifica. La prima città a
ribellarsi fu Timisoara, capoluogo del distretto di Timis, al confine
con l'Ungheria. Dal 17 al 22 dicembre 1989 si scatenò la reazione
dell'esercito contro la popolazione in rivolta. La Securitate, la
polizia segreta del regime, si impose con la forza contro la
popolazione, attaccando i manifestanti con carri armati e lacrimogeni.
Ceausescu ordinò di chiudere tutte le frontiere, soprattutto ai
giornalisti che vennero tenuti lontani dalla città durante gli
scontri. In particolare il 17 dicembre una folla immensa manifestò
contro il regime, occupando il quartiere generale del partito
Comunista e bruciando le immagini del dittatore.
Il ruolo delle agenzie di stampa.
In seguito a questi scontri l'agenzia di stampa ungherese Mti raccolse
la voce di un anonimo cittadino cecoslovacco che raccontava "di colpi
di arma da fuoco sparati a Timisoara". Un paio di giorni più tardi le
fonti delle notizie per i giornalisti di tutto il mondo diventarono i
cittadini che riuscirono a varcare la frontiera. L'agenzia Adn dell'ex
Germania comunista fornì per prima la notizia della "tragedia". "Ci
sono 4.660 morti, 1860 feriti, 13.000 arresti, 7.000 condanne a
morte". Il giorno dopo la Tv di Stato ungherese diffuse la notizia del
ritrovamento della prima fossa comune. Da tutte le televisioni del
mondo occidentale cominciarono a provenire immagini di corpi mutilati,
appena disseppelliti. Le notizie sulla strage causata dalla
rivoluzione contro il regime di Ceausescu rimbalzarono di agenzia in
agenzia, raggiungendo le case di milioni di persone. I racconti furono
dettagliati e precisi: 4.362 morti e 13.214 i condannati a morte.
Entrato nel circuito informativo nel periodo natalizio, il massacro di
Timisoara fu mostrato in continuazione dalle televisioni e raccontato
attraverso reportage dai toni appassionati da tutti i maggiori
giornali (Corriere della Sera, Figaro, New York Times, Le Monde,
Washington Post), commuovendo l'opinione pubblica occidentale.
I corpi, appena esumati, erano in parte ricoperti di terra: quasi
tutti con una lunga ferita, dall'alto in basso sul torace,
grossolanamente ricucita. In particolare l'immagine che commosse gli
spettatori fu quella del corpo di una donna che giaceva supino e,
sopra di lei, il minuscolo cadavere di una bimba, apparentemente
appena nata, che la stampa si affrettò a identificare come madre e figlia.
La verità.
Solo a partire dal 24 gennaio 1990 cominciarono a circolare le prime
smentite rispetto alla rivolta di Timisoara. Una rete televisiva
tedesca trasmise alcune testimonianze oculari dalla cittadina, secondo
cui le immagini di orrore e la scoperta delle fosse comuni erano una
messa in scena. Anche l'agenzia di stampa France Presse scrisse che le
immagini dei cadaveri mutilati mostrati dalle televisioni non erano
altro che una messa in scena. Raccolse la testimonianza di tre medici
di Timisoara che affermarono che i corpi di persone decedute di morte
naturale furono prelevati dall'istituto medico legale della città ed
esposte alle telecamere della televisione come vittime della
Securitate. Quando si ebbe la certezza che la "strage di Timisoara"
non aveva niente a che fare con la realtà e che si trattava di un
falso giornalistico costruito attraverso la televisione, furono
pochissimi gli organi di stampa a riferirlo ai lettori. Da indagini
più approfondite emerse che quei corpi provenivano da un cimitero dei
poveri: le ferite sul torace non erano i segni della tortura, ma
dell'autopsia. Si rivelò, inoltre, che le salme riesumate erano in
tutto 13: corpi di sventurati barboni sepolti nei mesi precedenti.
Risultò che madre e figlia assassinati erano rispettivamente Zamfira
Baintan, un'anziana alcolizzata morta a casa sua di cirrosi epatica
l'8 novembre del 1989, e la bimba Christina Steleac, morta per una
congestione, a casa sua, a due mesi e mezzo di età, il 9 dicembre 1989.
Nel caso di Timisoara i mass media non si preoccuparono mai di
accertare i fatti e le fonti, che rimasero sempre anonime, anche
quando i giornalisti riuscirono ad oltrepassare la frontiera e ad
arrivare in Romania. I creatori di questa eccezionale manipolazione
giornalistica non sono mai stati identificati con certezza, ma rimane
l'illusione della storia in diretta, creata dalle immagini delle fosse
comuni. L'evento mediatico riuscì a soppiantare la realtà e rimane
ancora oggi vivo nella memoria storica della "civiltà occidentale". In
verità nei disordini di piazza del dicembre 1989 a Timisoara ci furono
72 morti e 253 feriti distribuiti tra i manifestanti e gli agenti
della Securitate.