Da IL PICCOLO, 19 febbraio 2006


Pacificazione non omologazione

La vivace polemica sulla questione dell'esodo e delle foibe che da
molti giorni prosegue sulla cronaca locale è il segnale che il
tentativo di «pacificazione», che per il mio punto di vista è invece
omologazione e mistificazione della storia, non ha ottenuto il
risultato sperato.
In Italia e soprattutto nella Venezia Giulia non ci può essere una
storia condivisa, dobbiamo accontentarci e, non è poco, di un
confronto civile e appassionato sul tema. Per quanto mi riguarda
nessuno può farmi accettare la retorica imperante per la quale i
drammi dell'esodo e le foibe, hanno la stessa matrice e non solo per
il fatto che oggettivamente sono accadimenti distinti, ma soprattutto
per il fatto che la strumentalizzazione delle destre prima e da
qualche anno di parte della sinistra e penso alle dichiarazioni di
Violante e Fassino ma anche a quelle di Bertinotti, hanno imposto
all'opinione pubblica una vulgata falsa e pericolosa per la quale i
morti nelle foibe o fucilati nelle carceri jugoslave, anche al netto
della cinica e macabra contabilità gonfiata ad arte, erano eliminati
non in quanto fascisti e/o collaborazionisti dei nazisti ed in alcuni
casi solamente ritenuti tali, ma unicamente in quanto italiani,
sostanziando da un lato l'idea razzistoide dello slavo barbaro con
l'aggravante dell'essere stato comunista, dall'altro del Pci che
avvallava tali brutalità.
Anche il rincorrere delle parole d'ordine che ad ogni piè spino si
leggono sulla presunta dimenticanza che l'Italia repubblicana avrebbe
avuto sulla vicenda delle foibe è una panzana vera e propria, ma ciò
serve alla retorica della mistificazione storica, che ancorché essere
veramente interessata alle vittime di quegli avvenimenti, non a caso
l'unico studio storico scientifico (incrociando i dati delle anagrafi
e delle fonti ritenute attendibili in quanto preposte alle esumazioni
dei corpi come i pompieri e le Croce rossa) è stato prodotto
dall'Istituto per la storia di liberazione del Fvg, si rivolge agli
elettori d'oggi per carpirne la fiducia.
Fino a quando ci sarà qualche italiano che non vuole capire che
l'Italia fascista ha condotto un'azione d'epurazione etnica d'assoluta
gravità ai danni di sloveni e croati allora annessi al nostro
territorio nazionale, fino a quando non si comprende che parte
rilevante del Friuli Venezia Giulia, la Slovenia, l'Istria e la
Dalmazia dal settembre 1943 furono inglobate, con il bene placido dei
repubblichini di Salò (alla faccia della difesa dell'italianità della
Venezia Giulia) al Terzo Reich nella nuova denominazione di
Adriatisches Küstenland ovvero Zona d'operazioni Litorale Adriatico e,
fino a quando non si considera che la Jugoslavia di Tito e il suo
esercito popolare (nelle cui file hanno combattuto moltissimi
cittadini isontini e migliaia di soldati dell'ex esercito monarchico
provenienti del resto d'Italia abbandonati in quelle terre a se stessi
dopo l'otto settembre), furono riconosciuti cobelligeranti degli
alleati e, quindi, acquisirono, piaccia o no, a tutti gli effetti lo
status di liberatori (l'uso di tale condizione di sicuro è stato dura
alle volte feroce, propria d'ogni guerra), ogni ragionamento è monco,
ma più spesso viziato dalla volontà di confondere la storia ed in
particolare di coprire le responsabilità dei fascisti italiani i quali
scatenando una guerra d'aggressione al fianco del nazismo causando
enormi lutti ai popoli europei ed in primis a quello italiano.
Una cosa però è certa: il movimento di liberazione inglobato nel Corpo
dei Volontari della Libertà, i partiti che ne fecero parte e in
particolare il Pci di Togliatti, che fu la forza più grande della
Resistenza, hanno creato le condizioni nelle quali oggi possiamo
confrontarci e polemizzare liberamente, mentre è altrettanto certo che
se vinceva il nazismo e i suoi collaborazionisti questo scambio
d'opinioni non era possibile.


Alessandro Perrone
responsabile provinciale del Pdci Gorizia