# Ratzinger ad Auschwitz. Il marketing religioso di Benedetto XVI
(da Umanità Nova, n 21 dell'11 giugno 2006, anno 86)
Il papa vorrebbe scagionare da ogni responsabilità sia i tedeschi, suoi compatrioti, sia i cattolici in generale, sia, soprattutto, il proprio "buonissimo" dio. Il nazismo, quindi, viene completamente avulso dalla necessaria contestualizzazione storica, per essere catalogato come crimine di una infima minoranza violenta e fanatica, la quale sarebbe stata in grado di manipolare un popolo intero. Le cose, però, con buona pace del pontefice, non sono andate così...
http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2006/un21/art4296.html
http://www.srpskoogledalo.co.yu/
"Ogledalo" n.ro 62/2005, 26 dicembre 2005
(l'articolo originale: SRBIJA TREBA DA ZNA. Sve o papi Benediktu
http://www.srpskoogledalo.co.yu/pub/62/index.htm# )
LA SERBIA DEVE SAPERE
TUTTO SU PAPA BENEDETTO
Per quelli che conoscono il mio lavoro di saggista forse questa dichiarazione suonera’ un po’ strana: a me Papa Benedetto XVI e’ simpatico. Si tratta di una persona molto seria, uno dei piu’ grandi teologi cristiani odierni; il cardinale Joseph Ratzinger era infatti il capo di una istituzione cattolica molto influente per lo studio e l’assetto dottrinario, la Congregazione per la Propaganda della Fede, ed in questo ruolo egli ha dimostrato sincerita’ e fermezza nei suoi convincimenti, a differenza del polacco Karol Wojtyla, conosciuto anche per la sua posizione "che Dio e la piazza ci aiutino da tutte le parti" e ricoperto di tutti i colori, e che di continuo si atteggiava ecumenicamente verso ortodossi, monofisiti, protestanti, che voleva far credere che le varie chiese ortodosse fossero sorelle del Vaticano e che l’ortodossia ed il cattolicesimo romano fossero i due polmoni dell’Europa unita. Ratzinger si teneva sulla posizione del cattolicesimo romano tradizionale, formulato nella Dichiarazione "Dominus Jesus", pubblicata il 5 settembre del 2000. In questo documento dottrinario chiaramente e senza ambiguità sta scritto: "In relazione alla unitarieta’ ed all’universalità della intercessione di Gesù Cristo per la salvezza, si deve fermamente credere nella unicità della Chiesa da Lui fondata come verità del Credo cattolico." Ai romano-cattolici e’ chiesto che credano che la Chiesa cattolica romana odierna fu fondata da Cristo e che la sua unita’ si realizza nella "Chiesa cattolica governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui." (Il "successore di Pietro", secondo la concezione romano-cattolica, e’ naturalmente il papa). Gli elementi di "rivelazione e di verità" che esistono nelle altre comunità cristiane traggono la loro efficacia dalla pienezza e verità dell’affidarsi alla Chiesa Romano-cattolica. Detto in lingua serba: tutto quello che e’ cristiano negli altri cristiani (compresi gli ortodossi) e’ tale solamente in quanto e’ affine a quello che sostiene il cattolicesimo romano. Un po’ prima del documento "Dominus Jesus" il cardinale Joseph Ratzinger indusse il papa Giovanni Paolo Secondo a sottoscrivere l’Enciclica ai vescovi nella quale si proibisce l’uso dell’espressione "Chiese sorelle" in riferimento all’unita’ con Roma dei "cristiani non uniti". Il Vaticano è la "Madre Chiesa" e non ha nessuna "sorella".
Anche Ratzinger, l’odierno papa, si è battuto strenuamente contro il modernismo che come un cancro divora il cristianesimo occidentale, in particolare dopo il Concilio Vaticano Secondo, che ha avvicinato molto la comunità cattolica romana al protestantesimo, nell’ambito degli "aggiornamenti" – adattamenti al mondo contemporaneo, cioè secolarizzazione sotto la maschera della nuova cristianizzazione.
In una parola Ratzinger mi piace perché non è un ipocrita. Egli crede che la sua comunità sia la Chiesa, e che su questo non ci siano compromessi. D’ora in poi sappiamo in quale situazione ci troviamo: nella stessa del 1054, quando Roma si è separata dall’oriente ortodosso, nella terza più grave caduta nella storia dell’umanità (secondo S. Giustino Eremita, sono tre queste cadute: quella di Adamo – rottura dell’alleanza con Dio; quella di Giuda – tradimento di Dio; e quella del Papa – l’autoproclamarsi Dio; secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano Primo, il Papa è "infallibile nelle questioni religiose" ). Dalla Roma ecumenica è caduta la maschera: si è mostrato il vecchio volto logoro dell’unione, per il quale hanno sofferto per secoli i Serbi e le altre popolazioni ortodosse.
Perché dici "Europa" e pensi "Germania"?
Come negli anni ’80 del XX secolo era importante che il papa fosse polacco (bisognava iniziare la distruzione del blocco sovietico), e siccome Karol Wojtyla ha siglato un accordo segreto con Ronald Reagan per l’assalto al muro di Berlino, così ora è importante che il papa sia tedesco, perché la Germania è la forza motrice dell’Unione Europea. La Germania ha continuato il suo "Drang nach Osten", iniziato già all’epoca di Carlo Magno, analfabeta ma valente imperatore, che ha, tra l’altro, separato per sempre l’Occidente da Bisanzio, iniziando ad insediare a Roma papi franchi semibarbari, e scalzando gli studiosi e intellettuali "classici" latini e greci, che erano vescovi ortodossi romani. Chiunque abbia letto il libro del sociologo e storico austriaco Hans Hofbauer "L’allargamento dell’Unione Europea ad Est" (tradotto in serbo per la casa editrice Filip Visnjic, Belgrado 2004), comprenderà di cosa si sta parlando. In quanto, ancora durante la quarta crociata, invece di combattere gli arabi, le armate germaniche e romane del papa hanno occupato la "Città del Re" e diviso l’Impero bizantino (che dopo questo colpo non si è più ripreso). A metà del XIII secolo i Germani hanno iniziato ad occupare i territori di Boemia, Moravia, Pomerania, Pannonia e Transilvania; sono arrivati fino a Cracovia – Polonia – e alla catena montuosa dei Carpazi. Con la benedizione del papa attaccarono la Russia gli svedesi e i cavalieri teutonici tedeschi, i quali, tutti insieme, furono sconfitti dal santo Alessandro Nevski. Dopo la battaglia di Mohac nel 1526, gli Asburgo hanno invaso Praga e l’Ungheria del nord (Presburg). Quando i turchi hanno perso la battaglia sotto Vienna tutta l’Ungheria si è trovata sotto il potere germanico, e quasi quasi, anche la Serbia (attraverso la quale si sono presto sparpagliati insieme all’esercito viennese anche i "cacciatori di anime" che dovevano convertire i "serbi scismatici" al regno romano). Verso la metà del 18. secolo, gli Asburgo detengono la Galizia e la Bukovina (Slavonia). Maria Teresa fa immigrare il popolo tedesco nel Banato (Vojvodina), mentre nel 1878 viene occupata la Bosnia-Erzegovina dall’Austria-Ungheria... Ricordiamo Pocorek e Mackenzen: due imperi germanici, l’austriaco e il tedesco, che attaccano la piccola Serbia, sterminando un terzo della sua popolazione. Hitler invece diceva a Neubechar, suo rappresentante per i Balcani: "Un popolo come quello serbo non deve vivere lungo il Danubio".
La Germania, oggi, nella sua avidità di allargare il suo potere capitalistico, ha sottomesso tutto l’Est Europa, continuando così la politica economica hitleriana, secondo Hofbauer. Ricordiamoci che i nazisti avevano istituito "l’Organo centrale del grande spazio per l’economia europea", la "Società mondiale economica tedesca", "l’Istituto per l’economia mondiale", il "Commissariato del Reich per l’economia del grande mercato", e cosi via. Dai nazisti proviene anche l’idea della "regionalizzazione dell’ Europa" (vedere il libro di Rodney Etkinson, "Il cerchio europeo stregato" (Zacarani evropski krug – tradotto in serbo da Svetoni, Novi Sad 1996), come anche l’idea del "Consiglio economico dei paesi europei". Werner Deitz, uno dei principali economisti nazisti diceva: "Se vogliamo essere la guida economica del continente europeo, derivante implicitamente e necessariamente dalla forza economica europea quale nucleo della razza bianca, non dobbiamo dichiarare pubblicamente, per ovvii motivi, un grande spazio economico tedesco. Dobbiamo ancora e sempre parlare di Europa, perché la guida germanica deriva da se stessa, sia per il peso economico, politico, culturale e tecnico, sia per la sua posizione geografica".
Herman Josef Abs, membro della direzione della Deutsche Bank, che si avvantaggiò molto della penetrazione nazista verso l’Est, diceva nell’ottobre del 1940, in conseguenza degli sviluppi strategici del momento, che l’area europea offre "ricche e fruttuose possibilità", e la Germania sta dominando quasi tutta l’Europa, in un modo o nell’altro. Questo Abs è rimasto "nel giro" per lungo tempo, anche dopo la caduta di Hitler. Fino al 1976 è stato presidente del Consiglio di vigilanza di quella stessa banca tedesca e dal 1976 in poi ne è stato presidente onorario a vita. Joachim von Ribbentrop, il ministro degli esteri nazista, riteneva che nel marzo del 1943 sarebbe stata creata "l’Unione degli Stati Europei", tramite la quale si sarebbe arrivati ad una pace duratura. Ecco alcune righe del progetto presentato dal ministero degli Esteri sulla formazione dell’Unione degli Stati Europei:
"L’Unione europea che già da lunghi anni si sta delineando nella storia, rappresenta uno sviluppo necessario... La soluzione della questione europea si potrà trovare soltanto sulla base federativa di tutti gli Stati europei, che si possano unire soltanto con una libera decisione, determinata nella constatazione della necessità di unirsi in una comunità di Stati sovrani... L’Unione degli Stati Europei deve essere una comunità possibilmente di tutti gli Stati europei".
Che cosa vi ricorda tutto questo, fratelli serbi? Ripetiamo: questa non è la propaganda della RTV serba sull’ "integrazione euroatlantica". Questo è Ribbentrop. E non siamo nel 2005, quando questo progetto è diventato "attuabile", bensì siamo nel 1943.
I vecchi buoni germanici di nuovo cavalcano la Serbia. Ecco che cosa dice Hans Hofbauer sulla situazione dopo la "rivoluzione" del 5 ottobre 2000:
"Dopo il cambio del regime nel 2000, in Serbia si sono inserite dall’estero nuove banche globali. La più efficace tra loro è la Raiffeisen Zentralbank (RZB). Già subito dopo la svolta d’ottobre 2000, questa banca si è trovata sul luogo ed a marzo del 2001 ha ottenuto quale prima banca straniera il permesso statale per lavorare. All’inizio del 2004, con 500 impiegati essa ha aperto altre 18 filiali nel paese. La sua scalata è basata in sostanza su tre colonne: sulla grandezza del capitale esistente all’estero, sul potenziale di concorrenti sulla scena e sull’inserimento nel momento dell’introduzione dell’euro. Sfruttando la chiusura delle grandi banche nazionali, la Raiffeisen Bank ha potuto con un colpo solo assumere centinaia di impiegati bancari professionalmente preparati che si erano trovati per strada. E dalle loro file gli austriaci hanno scelto i migliori. L’introduzione dell’euro, il 1. gennaio 2001, ha portato alla banca austriaca migliaia di clienti che dovevano cambiare i loro marchi tedeschi, fino ad allora tenuti "sotto il materasso". 'Appena arrivati eravamo pieni di liquidità, perché, a causa del cambio dei DM in euro, siamo stati inondati dai clienti privati', ha detto orgogliosamente il principale manager della RZB, Oliver Regl. 'Alcuni mesi dopo la Raiffeisen Bank poteva comunicare di aver ottenuto il 20% del totale dei clienti bancari in Serbia, il che, in situazioni normali, avrebbe richiesto un intero decennio', ha detto apertamente Regl."
Quando "questo è così", come direbbero i nostri confratelli zagabresi, allora perché meravigliarsi infantilmente se il Papa è tedesco? Adesso è il tempo dell’ "Unione europea spirituale". E perciò non è di troppo neanche la mano forte... La mano del discendente di Carlo Magno, il quale costrinse nella tana del topo già nel Medioevo gli Slavi dell’Ovest. Abbiamo forse già dimenticato che i vescovi franchi nella Moravia perseguitavano i santi Cirillo e Metodio (Metodio per due anni fu rinchiuso in prigione)? Abbiamo già dimenticato che i vescovi franchi proibivano il rito della messa in lingua slava? Oggi il "Sacro Romano Impero" si chiama "Deutschland, Deutschland, ueber alles"...
Chi si è compiaciuto della elezione del nuovo papa?
Chi se non la sua natìa Baviera, in nome della quale ha iniziato ad ingaggiare il suo Presidente Edmund Stoiber, leader dell’importante Unione Cristiano Sociale, che afferma: "La Baviera come tutta la Germania applaude la elezione di papa Ratzinger. Sono sicuro che il nuovo papa riuscirà a vincere e radunare intorno a se tutti i cattolici del mondo, non soltanto perché è il più brillante teologo di tutti i tempi, ma anche per le sue capacità umane e pastorali". La Baviera è, come si sa, la parte più cattolica della terra tedesca, mentre Stoiber e Ratzinger sono vecchi amici.
Lo stesso Ratzinger è una modesta e timida persona che descrive se stessa come un "semplice e diligente lavoratore nel giardino del Signore". Essendo stata annunciata la sua elezione a papa, egli ha cercato di attenuare un po’ la sua immagine di conservatore di destra. Quando si è seduto sul trono del Vaticano, ha contattato, nella sua congregazione, anche una certa cerchia di persone liberali moderniste. Però in molti credono che la sua elezione sia molto importante per l’identità cristiana dell’Europa, la quale è sotto il tiro dell’invasione musulmana e nella quale gli Americani cercano a forza di introdurre la Turchia. Il Vaticano nelle nuove integrazioni europee ha subito anche alcune sconfitte – innanzitutto dalla Costituzione dell’UE è stato eliminato ogni riferimento al Cristianesimo, ed i lobbisti vaticani non sono per niente amati (perché nasconderlo?) dalla massonica Bruxelles. Ratzinger da cardinale è stato molto esplicito: alla Turchia ha consigliato di cercare alleati da un’altra parte, perché "la religione islamica è in costante avversità con la cristianità europea". Aggiungendo sapientemente: "L’Europa non è fondata sulla geografia, bensì sulla religione". Non è soltanto un caso che nell’autunno del 2004, mentre Giovanni Paolo II era ammalato, monsignor Cesare Mazzolari abbia dichiarato: "La Chiesa ha vinto il comunismo, ma ha appena incominciato a comprendere la prossima sfida – l’islamismo, che è molto peggiore. Il Santo Padre a causa dei suoi anni non potrà scontrarsi con questa sfida. Ma il prossimo papa lo dovrà".
Ed arrivò lui, sicuramente pronto alla sfida con l’islam
Il cardinale Ratzinger, alcuni giorni prima della sua elezione, ha pubblicato il libro "I valori in un’era irrequieta", l’idea principale del quale è che il radicalismo secolare dell’ Occidente moderno può distruggere ogni umanesimo. Alcuni giorni dopo la sua elezione, il 28 aprile 2005, papa Benedetto XVI ha annunciato che il tema principale del suo pontificato saranno "le radici cristiane dell’Europa". Egli ha scelto il nome di Benedetto sull'esempio di Benedetto da Norcia, che fu il fondatore dell’ordine dei Benedettini e che diffuse il cristianesimo in Europa (la quale, detto tra parentesi, in quel periodo fu ortodossa). Il papa ha detto che san Benedetto rappresenta il punto fondamentale dell’unità europea e che esso rappresenta "l'immediato, profondo ricordo delle radici cristiane della sua cultura e civilizzazione".
Ed ora tutti insieme!
Il cristianesimo europeo è (perché nasconderlo?) sull’orlo della propria morte. Il secolarismo ed il modernismo hanno corroso sia la comunità romano cattolica che quelle protestanti. Sempre meno bambini vengono battezzati (In Francia circa il 10%!), mentre il maggior numero di parroci romano cattolici sul continente sono polacchi – le terre madri non hanno molti interessati al servizio sacerdotale. I protestanti hanno incominciato ad investire le donne a sacerdotesse e pastore, il che rappresenta un tradimento delle basi elementari del cristianesimo. Non esiste una unità dogmatica, e il caos è generale. L’Islam diventa forza spirituale non soltanto a causa dell’immigrazione, ma anche perché tanti europei diventano musulmani. Anche le religioni non tradizionali, come per esempio la New Age, e le sette totalitarie, stanno attirando l’attenzione degli europei. Si sta allargando anche il "carismatico" neoprotestantesimo pentecostale.
Alla vigilia del suo ultimo Natale, durante l’incontro coi cardinali e vescovi, papa Giovanni Paolo II sottolineava la missione della chiesa nell’unificazione dell’umanità, dicendo che il fine, "l’immediata instaurazione della totale unificazione tra i cristiani". Il cardinale Ratzinger, odierno papa, sotto questa unificazione intende, sicuramente, il ritorno a Roma.
Perché tanta fretta di tutti in questo abbraccio?
Abbiamo già detto: la crisi del cristianesimo europeo e mondiale è grande. Roma ha bisogno dell’Est ortodosso. Ecco ancora alcuni dati che lo confermano, proprio dagli anni 90 del secolo scorso in poi.
"L’arcivescovado di Chicago, la più grande diocesi romano cattolica nel paese, sta perdendo, ogni 18 giorni, un sacerdote. La diocesi di Cleveland ha perso 25 sacerdoti durante i primi mesi dell’anno, e non ne ha ottenuto neanche uno nuovo." (Wall Street Journal, 13 novembre 1990).
"L’età media dei sacerdoti è di oltre 50 anni, mentre entro la fine del 2000 sarà di circa 70 anni. Il numero dei seminaristi è diminuito dai 48 mila del 1965 ai 1300 della metà del 1988. Secondo le attuali statistiche ci sono ora oltre 1100 parrocchie senza parroco." (Leeguorean, agosto 1990).
"Nei decenni prima del Concilio, la Chiesa romano cattolica in Irlanda ha raggiunto la maggiore influenza. Quando è stato aperto il Concilio, uno su ogni otto ragazzi delle medie era candidato di diventare sacerdote... Nel 1989 sono stati ordinati soltanto 72 parroci (1958 –400)" (The New World Report, september –october 1992).
"Il numero delle suore in America è sceso da 180015 nel 1964 a 97751 nel 1992. Il numero delle fraternità da 189311 nel 1962 a 62546 nel 1992. Il numero dei battesimi è caduto da oltre i 1.300.000 nel 1962 a 950.000 nel 1985. E così via. Secondo uno studio commissionato dall’arcivescovado di S. Francisco, il motivo principale per cui ogni anno da 60 mila a 100 mila latinoamericani abbandonano la Chiesa romano-cattolica è che sono scontenti dei suoi dogmi e della situazione in cui si trova il clero. Dall’inizio degli anni ottanta all’inizio degli anni novanta, dice Ricardo Chavez, dirigente della sezione Latinoamericana della Conferenza californiana, il cattolicesimo romano è stato abbandonato ha circa cinque milioni di fedeli". (Daily News, 7 aprile 1991).
Nell’America latina, tradizionale fortezza di fedeltà al Vaticano, la situazione è ancora peggiore. Il passaggio dalla confessione romano-cattolica alle altre è sempre maggiore. Nella Repubblica Dominicana è aumentato, dagli anni sessanta ai novanta del XX secolo, di tre volte. Nel Salvador ed in Costarica del 500%, nel Guatemala del 700%.
Il giornale romano cattolico "The Wanderer", del 1. Aprile 1999, riporta i seguenti dati:
Oltre 1900 parrocchie romano cattoliche nel mondo si sono estinte. Soltanto circa il 40% dei romano cattolici credono nella presenza reale di Cristo nell’ostia.
La Confessione è quasi scomparsa dalla vita parrocchiale.
Perciò, se non va bene negli USA e in Guatemala, potrebbe forse passare in Serbia e in Russia?
Il precedente papa, Giovanni Paolo II, ha perciò cercato di consolidare le relazioni tra i cristiani in Europa; già nel 1982 è stato il primo pontefice a mettere piede sul territorio dell’Inghilterra, ed ha tenuto messa alla cattedrale di Canterbury, sede mondiale dell’anglicanesimo. Nel 1999 i cattolici e i protestanti hanno firmato insieme il documento "Il dono dell’autorità" con il quale si appellano a tutti i cristiani perchè non disconoscano l’autorità del papa. Lo stesso anno, la Chiesa romano cattolica e la Federazione mondiale luterana hanno firmato una "dichiarazione comune riguardo allo studio della giustificazione", ponendo cosi fine alla causa dogmatica vecchia di 500 anni tra Roma e i seguaci di Lutero. Nel maggio del 2000 a Toronto si è svolto il summit globale dei fedeli romano cattolici di tutto il mondo. Verso la metà del 2001 è stata firmata la carta detta "Carta ecumenica". Al raduno hanno partecipato la Conferenza delle chiese europee da una parte (alla quale partecipano gli ortodossi, gli anglicani, i cattolici radicali e i protestanti tradizionali) ed i rappresentanti romano cattolici della Confernza episcopale europea dall’altra. La Carta prevede contatti interreligiosi più profondi, preghiere comuni, collaborazione in tutti i settori, e termina con un severo (poliziesco) monito: "Non c’è alternativa alla reciproca pacificazione ed all'ecumenismo."
Nel 2002 in Vaticano si è svolta, per la prima volta nella storia, una Mostra sull’anglicanesimo. Il nuovo arcivescovo di Canterbury, Rowan William, è andato in visita da papa Wojtyla e, cosa inverosimile per un clerico anglicano, ha baciato la mano al papa. Durante una messa di suffragio per papa Wojtyla, William ha recitato l’omelia insieme al capo romano cattolico d’Inghilterra e Galles, il cardinale Cormack Murphy O’Connor. In quell’occasione ha dichiarato che la sua partecipazione all’omelia è il segno di un profondo legame e della stretta unione iniziata nella missione tra l’arcivescovo di Canterbury e il papato... Le radici che abbiamo piantato negli anni passati sono talmente radicate che sarà difficile sradicarle".
L’istituzione papale, conservata malgrado tutto dai cristiani dell’Occidente, vinti nella lotta contro il secolarismo, rassomiglia sempre più ad un sostegno al quale bisogna ricorrere perché si evitino altre sconfitte.
E in Serbia? In Serbia si bolle
La Serbia è sotto una semi occupazione, e ciò è molto chiaro. Con il 30% di disoccupazione (la percentuale più alta d’ Europa) essa è destinata ad una morte lenta. La terra e l’acqua sono state inquinate dalle bombe NATO, per sempre. Si sta andando verso la secessione del Kosmet (Kosovo e Metohija), del Montenegro, l’assalto alla Vojvodina. Rigurgiscono i valacchi, ed anche i bulgari ammiccano alla regione di Nis. Un pezzo del suolo della Serbia dovrebbe essere annesso alla Grande Albania. In questa situazione i politici serbi si comportano nel modo in cui si comportavano nel 1941. Cercano di accontentare quanto più possibile il "drago d’Occidente" nei suoi interessi strategici (ricordiamoci nel 1941 soltanto la creazione della Banovina Croazia, perché i croati "si calmassero" – ma i loro appetiti sono ancora più aumentati). Come nel vecchio detto: Il Montenegro deve essere la "rossa Croazia" (non diceva forse Jevrem Brkovic, ancora nel 1991, che il Montenegro aveva la sua chiesa autocefala con elementi di cattolicesimo [...] ?). Il Kosovo dovrà essere indipendente; in Vojvodina non è di troppo sostenere gli ungheresi... E nel frattempo bisogna lavorare all’unijacenje [dal nome del movimento uniate di affiliazione di una chiesa ortodossa alla chiesa Romano-cattolica, come in Grecia o Ucraina; nel seguito il concetto è indicato anche come Unione, ndt] dei serbi - come a Valjevo, dove il parroco ha direttamente "cristianizzato" un certo numero di serbi - tramite l’ecumenismo...
L’ecumenismo tra serbi è storia a sé. Esso non ci sostenne direttamente, ma per vie traverse. Cioè, come anche nel passato, c’è il rischio di avvicinarsi a Roma tramite Costantinopoli, favorevole all’unione con il papa quando vengono attaccati i loro interessi terreni. Il quasi-bizantismo contemporaneo di Costantinopoli viene imposto alla chiesa serba come vera e propria misura e verifica dell’ortodossia, cosa già da tempo chiara anche a quelli con poca conoscenza in materia. Il patriarcato di Costantinopoli in Turchia sopravvive soltanto negoziando con Washinghton e il Vaticano ("i nostri tradizionali amici"), altrimenti il governo turco avrebbe da tempo sgomberato il "Fanar", facendo di esso un’area da museo. La comunità serbo-ortodossa è grata a Costantinopoli, che ci ha dato Cirillo e Metodio e già nel 1219 ci ha donato l’autocefalità; il popolo serbo è eternamente grato al fraterno popolo greco che, nei difficili anni 1991 – 1995, è stato un amico fidato.
La chiesa serba è in preda ad una grande tentazione. Essa subisce pressioni dal di fuori e dall’interno perchè si inchini al papa. Essa ha finora resistito con le preghiere delle recenti vittime, i torturati di Jasenovac. Un grande contributo in questo è venuto dalla Chiesa ortodossa russa, che è amareggiata con il Vaticano, perché esso esercita una forte azione di proselitismo, dall’Ucraina fino in Siberia. Il precedente papa ha fatto trasferire il centro patriarcale in Ucraina, da Lavov a Kiev, madre delle città russe e dell’ortodossia russa, soltanto per dimostrare di non riconoscere le richieste di Mosca, che chiede che la propaganda uniate venga fermata. Tutto ciò contribuisce a che gli unici due paesi che il papa non ha visitato sono la Serbia e la Russia.
Sembra però che nella chiesa ortodossa serba ci siano alcuni che ritengono che il mondo ci annullerà se non ci pieghiamo sotto la protezione di Roma, ancora politicamente forte. Si rinnova la tentazione che avevamo nel 15. secolo, quando l’imperatore bizantino Jovan Paleolog ha costretto la maggior parte dei vescovi del patriarcato di Costantinopoli a firmare l’unione con papa Eugenio, per avere l’aiuto militare dell'Occidente nella lotta contro i turchi. Al consiglio di Firenze e Ferrara oltre ai greci parteciparono anche rappresentanti di altre chiese che sottoscrissero l’Unione. Il saggio serbo, il grande e tragico Djuro Brankovic, anche se circondato da tutte le parti, dai turchi e dagli ungheresi, non volle nemmeno considerare l'eventualità di inviare i suoi delegati ai piedi del papa. Disse che lui, in quanto vicino di casa dei latini, li conosceva benissimo, perciò non credeva in alcun aiuto da parte loro. Quando gli offrirono di "romanizzarsi" rispose che i serbi lo ritenevano uomo infelice ma saggio: se da anziano avesse cambiato fede, lo avrebbero ritenuto uno scemo infelice. I greci hanno firmato l’Unione e non hanno ottenuto niente! Qualche centinaio di soldati dell’Occidente hanno combattuto nel 1453 in difesa di Costantinopoli... San Marco di Efeso, grande vescovo e religioso, si rifiutò di accettare l’Unione, cosicchè essa fu poi distrutta. Perciò ai serbi cripto-uniati deve essere chiaro: dal Vaticano non ci si può aspettare niente, malgrado i buoni auspici ed i sorrisi ecumenici! Essi vogliono l’Unione, come al solito.
I serbi sanno dei Tre gerarchi [concetto della chiesa ortodossa, ndt] Jelini, e sanno che il Nuovo Testamento è stato scritto in greco... Però sanno anche che le vladike fanarioti, dopo la chiusura del Patriarcato di Pec [in Kosovo e Metohija, ndt], facevano di tutto per abolire le messe serbe, imponendo soltanto quelle nella lingua greca, e che verso i parrocchiani serbi si comportavano con disprezzo, tassandoli più dei turchi. Essi sanno che Costantinopoli fu contro la Prima insurrezione serba. E sanno che l’odierno Patriarcato di Costantinopoli pretende di governare il mondo ortodosso, che vuole il potere sulla diaspora di tutti i popoli ortodossi, vuole immischiarsi nelle crisi canoniche sul territorio delle altre chiese autocefale (per es. quella ucraina, dove gli scismatici e che hanno in odio il Patriarcato moscovita, capeggiati da Juscenko, un presidente pione [?] americano, si vogliono "iscrivere" al Patriarcato di Costantinopoli. Sapendo che Costantinopoli è il pennacchio del modernismo nel mondo ecumenico). Ricordiamoci anche della famosa relazione dell'International Crisis Group del marzo 2003, quando quella filiale di Soros ha chiesto alle chiese più liberali, quella di Costantinopoli e quella rumena, di adoperarsi verso la chiesa serba che si rifiuta di "adattarsi alla strutturazione e alla prassi della chiesa del mondo moderno, essendo rimasta ancora quella del periodo ottomano e di quello comunista". (Per quanto riguarda i rumeni, essi ritengono di essere stati "uniti" da Dio, come ponte tra l’Oriente e l’Occidente, "latini ortodossi", perciò il loro patriarca Teokstit si è lasciato andare così lontano che ha partecipato alla canonizzazione del creatore del "santo" servizio di spionaggio, la cosiddetta "Opus dei", Josè Escrivà de Balaguer).
E se i sorosiani ci spingono verso Costantinopoli, forse qualcosa di serio sta rotolando dietro la montagna? Lo sappiamo: Washinghton e il Vaticano. Perciò gli elogi di Marovic, Draskovic e Tadic al papa e all’ "amore cristiano" sono chiari: La Casa Bianca e la bianca cattedrale di San Pietro per loro sono simboli di tutto quello cui vogliono servire, come fuggiaschi dalla propria identità, il che nella storia serba si ricorda sotto il nome simbolico di Vuk Brankovic [Il presunto traditore della battaglia di Kosovo Polje, ndt]. Non è per caso che Svetozar Marovic parli da croato, benchè sia un puro serbo (parlando di origini biologiche) nato nel litorale di Budva [Montenegro, ndt]. Lo stesso vale per Nikola Ljubicic, ex generale di Tito, nato a Uzice, il quale, imitando il suo amato generale, usa dire: "Sentiamo!"
Naturalmente bisogna tenere presente anche il momento finanziario. Alcuni ricevono i soldini dalle filiali vaticane "Pro Oriente", a Vienna. Soldi mirati all’unijacenje dell'Oriente; a qualcuno i soldini vengono versati sui conti correnti dalla ONG romano-cattolica tedesca "Konrad Adenauer". Anche quelli sono per far venire il Papa. "Zakaj ne?" ["Perché no?", espressione nel dialetto kajkavo zagabrese, ndt]. Mentre noi, poveracci serbi, rimaniamo come quel "Pilipenda" che non si sarebbe convertito alla "religione del re" nemmeno per tutto il grano di questo mondo, perché non rinnegava "il proprio Cristo serbo". Ed anche come quel Vuk Isakovic, che a Osijek [Croazia, ndt] ricordava ai suoi ufficiali che, malgrado siano catapecchie, "misere e povere", a confronto con le cattedrali cattoliche lungo tutta la monarchia Asburgica, le nostre chiesette salvaguardano lo stesso "la dolcezza dell’Ortodossia".
Infine
Ho detto all’inizio che questo papa Benedetto XVI mi è simpatico. Ma, in quanto papa, lui "per il suo dovere personale" deve sostenere il Vaticano completamente. Mentre il Vaticano, per i serbi, già dal Medioevo è il principale nemico. Se non ci fosse stato il Vaticano, non ci sarebbe stata la cattolicizzazione di Ston, della penisola di Peljesac, dell’Erzegovina occidentale, della gran parte della Dalmazia, di Lika, Kordun, Banija, Zumberak; se non ci fosse stato il Vaticano non ci sarebbe stata una tale serbofobia nei Balcani. Non ci sarebbero stati nemmeno quei croati che con ardore, nel 1914, ammazzavano in lungo e in largo per la Serbia. Se non ci fossero stati Pio XII ed Aloisie Stepinac (tutti e due "beati" per la Chiesa romana) non ci sarebbe stata la benedizione col coltello di Ante Pavelic e dei suoi ustascia. Il Vaticano ha per primo riconosciuto la Slovenia, la Croazia, la Bosnia ed Erzegovina, nelle frontiere dell’AVNOJ [Consiglio antifascista di liberazione nazionale della Jugoslavia: il riferimento è alle frontiere interne della RFS di Jugoslavia, ndt], arrecando così (insieme alla Germania) un danno irreparabile ad una soluzione giusta per la questione serba nei Balcani. Tra il Vaticano e noi c’è Jasenovac [il famigerato lager croato, attivo dal 1941 al 1945, più orribile di quelli nazisti, ndt] e non un giardino di rose. Perciò, malgrado i sommessi, vuoti e poveri sorrisi dei politici serbi di fronte al papa, quest'ultimo in Serbia non può venire fintantochè non vorrà implorare il perdono del popolo serbo, che ha tanto sofferto sotto i colpi dei servi del Vaticano dal Medioevo fino ad oggi. I serbi non odiano nessuno, ma non dobbiamo essere nemmeno degli stracci che si fanno calpestare da chiunque. È meglio non esserci piuttosto che diventare quello che, per secoli, sono stati i disgraziati che rinnegavano se stessi in cambio di un tozzo di pane ammuffito...
Vladimir Dimitrijevic