L’eroina “fa bene alla nostra salute”: le forze di occupazione sostengono in Afghanistan  il traffico delle droghe 

Profitti per molti miliardi di dollari per il crimine organizzato e le istituzioni finanziarie Occidentali 

by Prof. Michel Chossudovsky

(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Le forze di occupazione in Afghanistan forniscono l’appoggio al traffico di droga, che procura tra 120 e 194 miliardi di dollari di entrate al crimine organizzato, alle agenzie di spionaggio e alle istituzioni finanziarie dell’Occidente. 
I proventi per molti miliardi di dollari di questo redditizio traffico illecito sono depositati nelle banche Occidentali. Quasi la totalità dei redditi si accumula per interessi corporativi e in favore di associazioni criminali fuori dell’Afghanistan. 
Il traffico di droga della Mezzaluna d’Oro, promosso dalla CIA all’inizio degli anni Ottanta, continua ad essere protetto dai servizi di spionaggio Statunitensi, in collegamento con le forze di occupazione della NATO e dell’esercito Britannico. Secondo gli ultimi sviluppi, le forze di occupazione Britanniche hanno favorito la coltivazione del papavero da oppio tramite annunci pubblicitari a pagamento via radio. 
"Un messaggio radio trasmesso attraverso tutta la provincia ha assicurato gli agricoltori locali che la Forza Internazionale di Assistenza alla Sicurezza (ISAF) a guida NATO non avrebbe interferito con la raccolta attuale del prodotto della coltivazione dei campi di papavero. Questo messaggio affermava: “Alle rispettabili popolazioni di Helmand. I soldati dell’ISAF e dell’Esercito Nazionale Afghano (ANA) non distruggeranno i campi di papavero. Loro sanno che molta gente dell’ Afghanistan non ha scelta nella coltivazione del papavero. L’ISAF e l’ANA non desiderano impedire alla gente di guadagnarsi i mezzi per il loro sostentamento.” ( Riportato da The Guardian, 27 aprile 2007)                                                                                                                                           Mentre i discutibili messaggi sull’oppio sono stati con indifferenza messi da parte come uno sfortunato incidente, vi sono indicazioni che l’economia dell’oppio viene promossa a livello politico ( compreso il governo Britannico di Tony Blair).
Il Senlis Council, un comitato di esperti internazionale specializzato nelle problematiche legate alle politiche sulla sicurezza, sta proponendo la pianificazione in Afghanistan dello sviluppo di esportazioni lecite di oppio, con il proposito di favorire la produzione farmaceutica di antidolorifici, come la morfina e la codeina. Secondo il Senlis Council, "le coltivazioni di papavero sono indispensabili e, se opportunamente regolate, possono costituire una fonte legale di reddito per i contadini Afgani ridotti in povertà, mentre, allo stesso tempo, possono privare di molte delle loro rendite i signori della droga e i Talebani." (John Polanyi, Globe and Mail, 23 September 2006)
Il Senlis Council offre un’alternativa quando propone che "una coltivazione di papavero regolata in Afghanistan" possa venire sviluppata per produrre i necessari farmaci contro il dolore. Però, il rapporto del Senlis trascura di fare il punto sulla questione che è già esistente una struttura per le esportazioni lecite di oppio, comunque caratterizzata da forniture superiori in quantità alla richiesta.
La campagna del Senlis fa parte di una campagna propagandistica, che tende a contribuire a fornire una falsa legittimazione all’economia Afgana dell’oppio, (Vedere il Progetto Senlis nei dettagli), e alla fine serve i potenti interessi in gioco. 
Quanti acri coltivati a papavero da oppio sono richiesti per rifornire l’industria farmaceutica? Secondo la Direzione per il Controllo Internazionale sui Narcotici (INCB), che ha un mandato per prendere in esame le problematiche inerenti alla fornitura e alla richiesta di oppiacei usati per scopi medici, "la fornitura di tali oppiacei per anni è stata a livelli ben superiori alla domanda globale".(Asian Times, febbraio 2006)  La INCB ha raccomandato di ridurre la produzione di oppiacei, dato che le forniture risultano superiori alla domanda. 
Attualmente, è l’India il più grosso esportatore di oppio legale, fornendo circa il 50% delle partite lecite alle compagnie farmaceutiche interessate alla produzione di farmaci contro il dolore. Anche la Turchia è un importante produttore di oppio legale. 
Il lattice dell’oppio Indiano "viene venduto ad industrie farmaceutiche e/o chimiche autorizzate, come la Mallinckrodt e la Johnson & Johnson, secondo norme stabilite dalla Commissione delle Nazioni Unite sui Farmaci Narcotici e dalla Direzione per il Controllo Internazionale sui Narcotici, che richiedono una vasta certificazione opportuna alla rintracciabilità della droga. " (Opium in India)
In India, l’area destinata alla coltivazione legale di papavero da oppio sotto controllo Statale è dell’ordine modesto di 11.000 ettari, considerando comunque che la domanda globale dell’industria farmaceutica mondiale richiede approssimativamente 22.000 ettari di terra assegnata alla produzione di oppio. L’oppio per uso farmaceutico non è fornito in modo insufficiente. La richiesta da parte dell’industria farmaceutica è già soddisfatta. 

La produzione di oppio Afgano sta spiccando il volo

Le Nazioni Unite hanno annunciate che la coltivazione del papavero da oppio in Afghanistan sta spiccando il volo. Nel 2006 si è avuto un incremento del 59% per le aree destinate alla coltivazione del papavero da oppio. Viene valutato che la produzione di oppio è aumentata del 49% rispetto al 2005.                                                                                                                                                                 I media Occidentali in coro accusano i Talebani e i signori della guerra. Funzionari Occidentali hanno dichiarato di ritenere che "il commercio viene controllato da 25 trafficanti, compresi tre ministri del governo." (Guardian, op. cit).                                                                                                      

Allora, per amara ironia, la presenza dell’esercito USA è servita per rafforzare più che sradicare il traffico di droga. La produzione di oppio è aumentata di 33 volte, dalle 185 tonnellate del 2001 sotto i Talebani alle 6100 tonnellate del 2006. Le aree coltivate sono aumentate di 21 volte dall’invasione del 2001 guidata dagli USA. Quello che i documenti dei mezzi di informazione di massa mancano di evidenziare è che nel 2000-2001 è stato proprio il governo dei Talebani ad essere funzionale nel mettere in applicazione con successo un programma di sradicazione della droga, con l’appoggio e la collaborazione delle Nazioni Unite.  Realizzato nel 2000-2001, il programma dei Talebani  di sradicazione della droga aveva portato ad un calo del 94% nella coltivazione del papavero da oppio. Nel 2001, secondo dati dell’ONU, la produzione di oppio era crollata a 185 tonnellate. Immediatamente dopo l’invasione dell’ottobre 2001 a guida USA, la produzione è drammaticamente aumentata, riguadagnando i suoi livelli storici.                                                               

Il Dipartimento dell’ONU su Droghe e Crimine, con sede a Vienna, valuta che il raccolto del 2006 sarà dell’ordine di 6.100 tonnellate, 33 volte il livello della produzione del 2001 sotto il governo dei Talebani  (un aumento del 3200 % in 5 anni). La coltivazione nel 2006 ha raggiunto un record di 165.000 ettari rispetto ai 104.000 nel 2005 e ai 7.606 nel 2001 sotto i Talebani.

Un traffico di molti miliardi di dollari  

 Secondo le Nazioni Unite, nel 2006 l’Afghanistan ha fornito quasi il 92% delle forniture mondiali di oppio, che viene usato per produrre eroina. Le Nazioni Unite stimano che per il 2006 il contributo del traffico di droga all’economia Afgana è dell’ordine di 2,7 miliardi di dollari. Quello che manca di venire sottolineato è il fatto che il 95% dei profitti generati da questo lucroso contrabbando va nelle tasche di comitati di affari, del crimine organizzato e di istituzioni bancarie e della finanza. Solo una piccola percentuale arriva agli agricoltori e ai commercianti del paese di produzione.  (Vedere UNODC, The Opium Economy in Afghanistan, 
http://www.unodc.org/pdf/publications/afg_opium_economy_www.pdf , Vienna, 2003, p. 7-8)

"L’eroina Afgana viene venduta sul mercato internazionale dei narcotici ad un prezzo cento volte più alto del prezzo pagato ai contadini per il loro oppio fuori del campo".(Dipartimento di Stato USA, citazione riferita dalla Voce dell’America (VOA), 27 febbraio 2004).

Sulla base dei prezzi all’ingrosso e al dettaglio sui mercati Occidentali, i profitti generati dal commercio della droga Afgana sono colossali. Nel luglio 2006, il prezzo su strada dell’eroina in Gran Bretagna era dell’ordine di 54 lire sterline, pari a 102 dollari al grammo.  

Narcotici sulle strade dell’Europa Occidentale

Con buona approssimazione, un chilogrammo di oppio produce 100 grammi di eroina pura. 6100 tonnellate di oppio consentono di produrre 1220 tonnellate di eroina, pura al 50%. Il grado di purezza dell’eroina al dettaglio può variare, e sta su una media del 36%. In Gran Bretagna, il grado di purezza raramente supera il 50%, mentre negli USA si aggira sull’intorno del 50-60 %. 

Sulla base dell’assetto dei prezzi al dettaglio in Gran Bretagna per l’eroina, i proventi totali derivati dal traffico dell’eroina Afgana dovrebbero aggirarsi sui 124,4 miliardi di dollari, assumendo un grado di purezza del 50%.  Tenendo come valido un rapporto medio di purezza del 36% e il prezzo medio Britannico, il valore in contante derivato dalle vendite dell’eroina Afgana dovrebbe ammontare sui 194,4 miliardi di dollari.  Sebbene queste cifre non costituiscano valutazioni precise, nondimeno danno l’idea dell’assoluta grandezza di questo traffico di narcotici multimiliardario in dollari fuori dell’Afghanistan. Preso come riferimento questo primo dato che fornisce una valutazione prudente, il valore in contante derivato da queste vendite di eroina, una volta raggiunti in Occidente i mercati al dettaglio, supera i 120 miliardi di dollari all’anno. (Vedere anche le nostre valutazioni in dettaglio per il 2003 in The Spoils of War: Afghanistan's Multibillion Dollar Heroin Trade, by Michel Chossudovsky, - Il bottino di guerra: il traffico di eroina dell’Afghanistan per molti miliardi di dollari. L’UNODC valuta che il prezzo medio al dettaglio dell’eroina per il 2004 sia stato di circa 157 dollari al grammo, considerata una percentuale media di purezza).  

Narcotici: traffico appena inferiore a quello delle armi e del petrolio 

Le valutazioni precedenti sono conformi alle stime ONU rispetto alla natura e all’importanza del traffico globale di droga.  

Il commercio Afgano in oppiacei (92 % della produzione mondiale di oppiacei) costituisce una quota larga del giro d’affari annuale su scala mondiale relativo ai narcotici, che è stato stimato dalle Nazioni Unite essere dell’ordine dei 400-500 miliardi di dollari.    

 (Douglas Keh, “Drug Money in a Changing World – Denaro dalla droga in un mondo che cambia”, Documento tecnico No. 4, 1998, Vienna UNDCP, p. 4. Vedere anche “United Nations Drug Control Program, Report of the International Narcotics Control Board for 1999 – Programma delle Nazioni Unite per il Controllo sulle Droghe, Rapporto della  Direzione per il Controllo Internazionale sui Narcotici ”, E/INCB/1999/1 Nazioni Unite, Vienna 1999, p. 49-51, e Richard Lapper, “UN Fears Growth of Heroin Trade – le Nazioni Unite temono lo sviluppo del traffico dell’eroina, Financial Times, 24 febbraio 2000). 

Sulla base dei dati del 2003, il traffico di droga costituisce “il terzo più importante commercio globale in termini di denaro contante dopo il commercio del petrolio e delle armi ." (The Independent, 29 febbraio 2004). 

L’Afghanistan e la Colombia (con la Bolivia e il Perù) costituiscono i più grossi sistemi economici di produzione della droga nel mondo, che alimentano una florida economia criminale. Questi paesi sono pesantemente militarizzati. Il traffico di droga viene protetto. Un’ampia documentazione denuncia che la CIA ha giocato un ruolo centrale nello sviluppo dei triangoli della droga, sia nell’America Latina che in Asia. Il Fondo Monetario Internazionale (IMF) ha valutato che nel complesso il denaro sporco riciclato si aggira fra i 590 e i 1500 miliardi di dollari all’anno, che rappresentano il  2-5 % del Prodotto Interno Lordo mondiale. (Asian Banker, 15 agosto 2003).
Viene stimato dall’IMF che una grande percentuale del denaro sporco riciclato mondialmente viene collegato al traffico dei narcotici, un terzo del quale viene collegato al triangolo dell’oppio della  Mezzaluna d’Oro.  

Michel Chossudovsky è collaboratore costante di Global Research. Professore di Economia all’Università di Ottawa, è autore di "La Globalizzazione della Povertà", seconda edizione, 
Common Courage Press, 2001,  di “War and Globalization – Guerra e Globalizzazione”, di “The Truth behind September 11 – La verità dietro l’11 settembre” .

© Copyright Michel Chossudovsky, Global Research, 2007

L’indirizzo url di questo articolo è: www.globalresearch.ca/index.php?context=viewArticle&code=20070604&articleId=5514 

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Perché la legalizzazione dell’oppio Afgano a scopi terapeutici è un’idea destinata al fallimento  

L’idea di legalizzare le coltivazioni di papavero da oppio dell’Afghanistan per uso terapeutico è riapparsa fra le notizie di questa settimana. Secondo l’“Independent on Sunday”(IOS), ora Tony Blair sta “prendendo in considerazione” il piano che era stato respinto dagli USA ed anche dal Ministero degli Esteri. Anche se lo IOS ce l’ha messa tutta per glorificarsi per i suoi recenti ed estesi servizi sulle droghe, evidentemente questa storia vede la sua fonte nel portavoce del Primo ministro, cosicché non esistono ragioni perché non sia vera.                                                                     Un altro articolo nel Pachistano “ Daily Times” ha affermato  che anche la NATO apertamente stava“prendendo in considerazione” il progetto.
Non è il caso di sorprenderci che questo piano venga preso per lo meno in considerazione.  L’Afghanistan è, come sempre, lacerato dal caos e dalla guerra: gli sforzi attuali di affrontare il traffico illegale di oppio sono chiaramente falliti in modo teatrale. Aggiungiamo a questo il fatto che tutti sanno che i piani di estirpazione proposti sono irrimediabilmente impraticabili ed non hanno alcuna possibilità di successo, e comunque vi può essere una potenziale apertura per prendere in considerazione soluzioni più radicali. Sfortunatamente “considerare” non è “fare”. Quando verrà preso in “considerazione” questo progetto, si riscontrerà che nella sua forma attuale il piano corrisponde ad un’idea destinata a fallire.                                                                                                   Di seguito viene riportato un articolo che appare nel Druglink magazine  di questo mese, in cui si danno le ragioni di tutto questo.

Campi di sogni

Il progetto di Senlis Council di autorizzare la produzione di oppio Afgano a scopo terapeutico ha raccolto molta pubblicità ed appoggi ad alto livello, il più recente dal BMA, l’Ordine dei Medici Britannico. Può questo piano costituire una “pallottola d’argento”, nello stesso tempo curando le ferite dell’Afghanistan e fornendo una soluzione alla “crisi mondiale della sofferenza”? Purtroppo no, argomenta Steve Rolles della “Transform Drug Policy Foundation”.

Almeno superficialmente, questa idea esercita una grande attrazione. Al presente, più della metà della produzione mondiale di oppio è legale ed autorizzata per il mercato farmaceutico (morfina, diamorfina, codeina). Questa produzione non genera profitti criminali, non alimenta conflitti, o non viene venduta ai tossicomani agli angoli delle strade. Noi abbiamo la possibilità di aiutare l’Afghanistan sul cammino verso la sua stabilità economica e politica, e collegare questo al problema dell’evidente diminuzione di richiesta di oppiacei per uso terapeutico per il controllo del dolore? Sfortunatamente no – questa soluzione, che sembra essere una “pallottola d’argento”, deve far fronte ad un insieme di ostacoli di ordine pratico e politico che la rende quasi completamente inattuabile.
Per prima cosa, la “carenza” di oppio ad uso terapeutico è del tutto fittizia. Attualmente, la produzione di oppio legale avviene principalmente in Tasmania, Turchia e in India, sotto lo stretto controllo di agenzie delle Nazioni Unite sulle droghe. Evidentemente, il problema non è dato da una penuria di oppio, ma piuttosto da un sottoutilizzo della produzione attuale. L’INCB, International Narcotics Control Board, la Direzione per il Controllo Internazionale sui Narcotici ha valutato che la domanda mondiale annuale di oppiacei legali (equivalenti in morfina) era di 400 tonnellate metriche e che la sovrapproduzione, dal 2000, aveva permesso di stoccare quantità “che potevano coprire la domanda mondiale per due anni”. La produzione annuale in Afghanistan corrisponde a 610 tonnellate di equivalenti a morfina ( ed è in aumento).  Inondare un mercato già sovra saturo potrebbe potenzialmente provocare esattamente lo sbilanciamento domanda/offerta che il sistema di controllo dell’ONU aveva come obiettivo di prevenire. Quindi, qualsiasi primo intervento dovrebbe avere lo scopo di indirizzare ad una produzione inferiore rispetto a quella attuale e a ben ponderare sulle problematiche attinenti, politiche, burocratiche e legali, prima di prendere seriamente in considerazione una qualche possibilità realistica di legalizzazione della produzione Afgana. 
Il secondo problema è assolutamente di ordine pratico rispetto alla fallimentare situazione in Afghanistan, zona di guerra che presenta ostacoli insormontabili. Sebbene questa transizione dall’illecito al lecito sia stata realizzata in Turchia ed in India, questa ha richiesto un alto livello di investimenti infrastrutturali, l’intervento statuale e apparati di sicurezza, istituzioni delle quali                 l’Afghanistan è interamente carente, visto il suo stato attuale caotico e senza legge. La produzione Afgana dovrebbe anche lottare per competere sui mercati internazionali, con i suoi costi per unità valutati da David Mansfield (1) almeno dieci volte più alti della produzione industrializzata Australiana, la più cara in assoluto. 
Per ultimo vi è il fatto che la richiesta di oppiacei per uso non terapeutico non si annullerà, anche se per ipotesi venisse meno la produzione di oppio Afgano. Rimarrebbe sempre l’opportunità di profitti illeciti lucrativi – a coprire l’assenza della produzione Afgana inevitabilmente arriverebbero altre produzioni illecite – o dall’Asia Centrale o da altre parti. Più verosimilmente, la domanda verrebbe soddisfatta da un’aumentata produzione Afgana da parte degli stessi agricoltori, dei signori della guerra e dei profittatori, e potenzialmente la situazione diverrebbe peggiore.                      Il piano non ha più prospettive di portare a liberazione dalla produzione illecita di oppio per uso non terapeutico di quelle che per decenni hanno avuto uno sviluppo alternativo sempre fallito e l’estirpazione delle coltivazioni. Le brutali realtà economiche dell’offerta e della domanda nella piazza di un mercato completamente privo di regole ed illegale assicureranno tutto questo.                     Ad un certo momento, vi potrà essere posto per legalizzare su piccola scala l’oppio Afgano in futuro, sicuramente per necessità mediche domestiche e forse come parte di un piano di amnistia o come un programma di transizione per i contadini da indurre a coltivazioni alternative. Ma il piano Senlis, così come è stato immaginato attualmente, è un’idea destinata al fallimento - 'visioni da pallottola d’argento ' come lo definisce il TransNational Institute (2). Sanho Tree (membro dell’Istituto di Analisi Politiche di Washington DC) ha descritto il piano come "un’immagine speculare del proibizionismo – di buone intenzioni ma mal concepita, proprio dall’estremo opposto allo spettro politico ". Sebbene risulti senza dubbio proficua per stimolare un dibattito sulla produzione autorizzata di oppio, la proposta sta ora proiettando un’ombra  su un lavoro politico più meditato e cauto che sta impegnado altre Organizzazioni non Governative sulle politiche della droga. Per organizzazioni come “Transform” esiste ora un pericolo, che un tale progetto di “legalizzazione” ipergonfiato ma alla fine predestinato al fallimento sia potenzialmente una mina di un movimento di riforma che tenta di promuovere una ricerca meno pubblicizzata di modelli realistici per la produzione e la fornitura di droga secondo precise normative.