Il devastante declino di "Liberazione"
Lo scorso 30/5 il quotidiano "Liberazione" ha dato grande spazio ad
un "reportage" da Cuba, a firma di Angela Nocioni. Un "reportage" non
solo estremamente duro contro quel paese ed il suo governo, ma
persino carico di volgari allusioni ed insulti contro Giustino Di
Celmo - padre di Fabio, l'italiano morto in un attentato anticubano
della CIA - e contro le mogli dei Cinque eroi prigionieri negli USA.
Non si tratta del primo attacco contro la Cuba di Fidel dalle pagine
di "Liberazione". A ripetizione, in passato sono state regalate
intere pagine ad esempio alla penna di Antonio Moscato, durissimo
critico del socialismo cubano e di Fidel Castro. Ma stavolta, di
fronte a questo torbido esempio di giornalismo di servizio (cioè, al
servizio dei nemici di Cuba), si è levato subito un coro di proteste
rivolte alla giornalista, al quotidiano, al suo direttore Sansonetti.
Poichè la campagna di diffamazioni, guerra psicologica e
disinformazione strategica attuata oggi contro Cuba assomiglia
tragicamente alla tempesta mediatica che da quasi 20 anni è stata
scatenata contro la Jugoslavia, e che ha colpito a morte quel paese
assieme ad alcuni dei suoi rappresentanti politici, pensiamo sia
doveroso riportare gran parte dei testi relativi a quest'ultimo caso,
assieme agli articoli della stessa Nocioni, per affidarli "ai
posteri" in quanto paradigmatici di quel giornalismo disonesto e di
guerra che sta segnando cupamente la nostra epoca.
(a cura di IS)
1) LIBERAZION-EX (Redazione di Nuestra América)
2) CUBA E “LIBERAZIONE”: COSA DOBBIAMO ASPETTARCI DAL QUOTIDIANO
DEL PRC? (Redazione di Radio Città Aperta)
3) Lettera a liberazione (Fabio de Nardis, José Luiz Del Roio, Fabio
Marcelli, Rita Martufi, Barbara Spinelli, Luciano Vasapollo, Raul
Mordenti, Matteo Carbonelli)
4) Cuba, si salvi chi può... (Matteo Rossignoli)
5) RISPOSTA AL DIRETTORE DI LIBERAZIONE (Associazione Nazionale di
Amicizia Italia-Cuba)
6) DOVE VA “LIBERAZIONE”? (Claudia Cernigoi)
7) Angela Nocioni e l'America Latina su Liberazione (di Gennaro
Carotenuto)
8) Angela Nocioni su Liberazione del 30 maggio 2007:
- Cuba, i giovani sognano la fuga !?
- Giustino Di Celmo, star del regime !?
VEDI ANCHE:
Angela Nocioni, giornalista in carriera
http://www.gennarocarotenuto.it/dblog/articolo.asp?articolo=1145
=== 1 ===
LIBERAZION-EX
Come voce fuori dal coro vogliamo ringraziare la signora Angela
Nocioni che, con i suoi puntuali reportages da Cuba, ha finalmente
messo in atto una sorta di outing che una certa sinistra (o
presunta tale) non riusciva a partorire ed a rendere visibile. Brava
signora Nocioni per il suo gesto di coraggio e di libertà: gliene
siamo e gliene saremo eternamente grati, perché ci ha risolto, in
pochi giorni, i tanti dubbi che ci assillavano da tempo, ultimo dei
quali quello di una nostra lettrice cubana, Isabel, che trovandosi in
Italia e non appartenendo a quella “maggioranza silenziosa e
nascosta che vuole salvarsi fuggendo” visibile solo a lei ed a pochi
altri eletti recatisi nel tempo sul suolo cubano, che ci ha chiesto
insistentemente del perché il 9 giugno prossimo si svolgeranno due
manifestazioni contro la visita di Bush ed a quale delle due fosse
più opportuno partecipare.
Il suo atto di coraggio e di libertà, reiterato dallo scorso 22
maggio anche il 30, ci ha, d’incanto, aperto gli occhi e fatto
giungere alla conclusione che alla cara compagna Isabel potremo
dare una risposta esauriente e senza tema d’errore.
Lo sappiamo, il coraggio e la libertà sono cosa rara
nell’universo giornalistico, specie in questi ultimi tempi quando
anche un istituto come la Freedom House, che “merita tutto il
rispetto” per essere un ente di sicura matrice democratica, non
foss’altro perché nato e cresciuto nella patria delle democrazie,
gli Stati Uniti, classifica l’informazione italiana al 79° posto nel
mondo a pari merito con il grande modello di democrazia del Botswana
ed all’ultimo posto tra i paesi dell’Europa. I suoi articoli su Cuba
non le faranno vincere il premio Pulitzer, ma sicuramente
contribuiranno a migliorare la posizione in classifica dell’Italia,
anche se poi si dovrà spiegare all’istituto stesso che purtroppo
tale coraggio e tale libertà sono stati “apprezzati” solo dai
pochissimi lettori del giornale sul quale scrive ma che sicuramente
nei prossimi giorni qualche toilette di qualche autogrill in
scarsità di carta igienica troverà il modo di prestarsi ad essere
involontario diffusore dei suoi brillanti reportages.
Il giornalismo si fa così e se continuerà su questa strada
migliorerà certamente la qualità dell’informazione italiana, al
fianco dei portabandiera della libertà come Emilio Fede, Bruno Vespa
e Giuliano Ferrara potremo, con orgoglio, aggiungere, anche per pari
opportunità e rispetto alla diversità di genere, il nome di Angela
Nocioni.
Un mondo di ex del resto si sta affermando velocemente, perché
non estenderlo a quanti sono in vena di trasformismo e, con fatica ma
con orgoglio, cominciano a rivendicare la propria nuova
appartenenza? Avanti popolo, suggeriva una vecchia canzone che,
almeno di default le dovrebbe essere nota, perché no avanti verso
nuovi e più tranquilli approdi?
Leggendo i suoi reportages, signora Nocioni ci è anche
sopraggiunto il dubbio che lei fosse la giornalista giusta nel
giornale sbagliato. Ci siamo chiesti come potesse aderire alla
realtà che un giornale comunista scrivesse delle enormi cattiverie
su Cuba e sul socialismo. Ma poi, ripercorrendo la storia di questi
ultimi due anni (ci par di capire da un congresso a Venezia, “come è
triste Venezia...”) ci siamo detti che no, era possibile, non era la
giornalista ad aver sbagliato giornale, era il giornale ad aver
sbagliato partito e collocazione. Magari un suggerimento gratuito:
che dire di un “Liberazion-ex” tanto per restare a pieno titolo
dalla parte degli attuali vincenti?
Ai complimenti di cui sopra tuttavia ci sentiamo anche di farle
un rimbrotto, minimo per carità, ma necessario perché impari a
limitare la sua cattiva educazione. Non ci appaiono molto educati i
suoi insulti nei confronti di un anziano che ha perso un figlio
barbaramente assassinato da uno che, come lei, con la sostenibile
leggerezza che il mondo di oggi richiede per essere alla moda,
liquida la morte di un ragazzo con battutacce di pessimo gusto. Né
ci sono apparsi educati i suoi sproloqui nei confronti di 5 donne
che, vivendo ogni giorno una impari lotta per la richiesta legittima
di poter condividere la propria vita con la persona che si ama,
ricevono da parte del loro governo l’appoggio più incondizionato, lo
stesso appoggio che molti di noi avrebbero voluto avere, per
esempio, da un governo di centro sinistra su alcune questioni chiave
come il rifiuto della guerra, il ripristino di sane regole nel mondo
del lavoro ed un’attenzione particolare per i
problemi della previdenza che ci stanno per cadere addosso.
Pazienza, dovremo abituarci, perché se dovessimo ottenere una
qualche attenzione da qualcuno, rischieremmo anche noi gli strali
della signora Nocioni che ci dirà, giustamente, che saremmo strumenti
nelle mani del “regime”. Un ultimo eccesso di maleducazione sempre
nei confronti di chi soffre ci pare essere stato messo in atto nei
confronti di 5 agenti dell’antiterrorismo (rientranti semmai in
attività di controspionaggio, signora, non spionaggio, altrimenti
antiterrorismo sarebbe equivalente di terrorismo, no global si
potrebbe definire global, controrivoluzione rivoluzione e via
discorrendo, che sbadataggine!) la cui detenzione, aldilà delle
futili argomentazioni imperialiste, è comunque una tortura
quotidiana: senza visite, isolamento in buchi di due metri per due,
eccetera.
Potrà obiettare che il codice deontologico dei giornalisti non è
molto ricco di richiami all’educazione e questo è vero, ma è anche
vero che esso dà per scontato il fatto che alla buona educazione
debbano rifarsi tutti e non solo i giornalisti. Ma, del resto,
l’educazione è un po’ come il coraggio di don Abbondio “se uno non
ce l’ha, non se lo può dare” e lei credo che ricada in questo caso,
visto il cattivo gusto di prendersela in sequenza, con gli affetti
privati di ben undici persone (escludendo figli, parenti ed amici
degli stessi che, glielo possiamo garantire, sono davvero tanti).
Alla buona educazione sono tenuti tutti coloro che in una società
civile hanno diritto di manifestare le proprie idee anche scrivendole
sui giornali, alla buona educazione se non è in grado di provvedere
la famiglia, deve provvedere lo Stato: le sarà sfuggito questo
aspetto nel suo soggiorno caraibico, ossia che a Cuba il ministero
che sovrintende alla formazione culturale delle giovani generazioni
non si chiama, come in Italia, “dell’istruzione” bensì
“dell’educazione”, proprio perché una buona istruzione senza una
buona educazione non va molto lontano, tant’è vero che lei è rimasta
nei ranghi di un giornale piccolo piccolo e probabilmente inutile
come il suo Liberazion-ex. Per aspirare ad un Tg di Rete 4 o Italia
1, o ad una poltrona da editorialista al Foglio di Ferrara che
sicuramente le si addicono per affinità culturali, deve ricominciare
da quella materia che una volta si chiamava educazione civica: non è
mai troppo tardi...
Tuttavia ancora una volta vogliamo ringraziarla, signora Nocioni,
per averci dato la possibilità di poter rispondere ad Isabel che il
9 giugno ci saranno due manifestazioni sì ma ad una ci sarà
sicuramente lei, “sincera democratica e nemica dei ‘regimi’”,
insieme a tanti suoi amici anch’essi nemici di Cuba; all’altra ci
saranno solo compagni che di Cuba, del suo governo e, soprattutto,
del suo popolo sono amici con tutte le diverse sensibilità
soggettive. Grazie per averci solertemente indicato dove si trovi in
realtà il 9 giugno il posto di ogni sincero pacifista, di ogni
sincero nemico di Bush e di quanti, a cominciare da lei, signora
Nocioni, gli danno una mano anche inconsapevolmente.
1 giugno 2007
La redazione di Nuestra
América
=== 2 ===
CUBA E “LIBERAZIONE”: COSA DOBBIAMO
ASPETTARCI DAL QUOTIDIANO DEL PRC?
a cura della redazione di Radio Città Aperta
Cuba: da decenni la spina nel fianco degli Stati Uniti. Un blocco
economico che dura ormai da quasi 50 anni, terrorismo, tentativi di
invasione, propaganda sovversiva, protezione dei terroristi, soldi,
tanti soldi, per comprare chiunque sia possibile comprare. Una spina
nel fianco che gli USA proprio non riescono a togliersi. Ma perché
una spina? E perché nel fianco? Di cosa hanno paura i signori del
mondo? Che Cuba li invada? Beh, francamente, neanche il più
fantasioso autore di fantasy arriverebbe a tanto! Ah certo, è
l’amore per la Democrazia! E l’appoggio alla dittatura di Batista? E
il Cile di Pinochet? E tutte le dittature militari? E le torture?
Insomma, i conti non tornano. Forse è più probabile che il problema
sia l’esempio; Cuba, questa piccola isola di 11 milioni di abitanti,
sta lì e continua ad urlare: Sì, si può! E allora ecco il Venezuela
e poi la Bolivia e nasce Telesur e l’Ecuador espelle il
rappresentante della Banca Mondiale (deve essere
rimasto annichilito che un governo, certo un governo sovrano, ma
pur sempre un governo latinoamericano, osasse tanto, invece di
limitarsi ad inchinarsi e ringraziare) e poi si progetta la Banca
del Sud e poi gli scambi petrolio-risorse umane (petrolio-risorse
umane? e i dollari?) e l’Alca non decolla e nasce l’Alba; insomma
l’incubo si sta avverando e allora ecco fiumi di inchiostro,
televisioni e radio: tutti a difendere la Democrazia.
Fin qui niente di nuovo. E’ normale che gli Stati Uniti perseguano
i loro interessi. Che l’Unione Europea difenda i propri. E’ normale
che la stampa di destra scriva sciocchezze e faccia disinformazione,
non vale neanche la pena di starne a discutere. Chi si mette al
servizio dei padroni, come si diceva una volta, quello deve fare. Ma
quando è la sinistra a fare queste operazioni la cosa è più
inquietante. E allora sì ci viene voglia di discuterne.
In pochi giorni sono usciti, sul quotidiano Liberazione, tre lunghi
articoli di Angela Nocioni su Cuba. Quello che salta agli occhi
immediatamente è il non detto che poi si trasforma in una vera e
propria campagna di diffamazione.
Nell’articolo del 22 maggio, ben otto colonne, la giornalista non
cita mai il blocco economico statunitense, scrive soltanto che le
ristrettezze “sono attribuite al solito vecchio nemico
imperialista”, come se si trattasse di una sciocchezza e di una
fissazione ideologica.
50 anni di blocco economico esteso a tutte le imprese del mondo
liquidato così, in una riga, il solito vecchio nemico imperialista,
una stupidaggine. Non possiamo credere che una giornalista esperta
che conosce a fondo l’America Latina non sappia cosa significhi. Per
tutte le otto lunghe colonne, descrizioni della difficile vita
quotidiana, senza analisi, contestualizzazione, senza uno straccio
di confronto con la vita nei paesi dell’area. Ma poi il 30 maggio
Angela Nocioni diventa più pesante: “Cuba, si salvi chi può: i
giovani sognano la fuga”. Questo il titolo. L’articolo inizia in
prima pagina e prosegue poi a pag. 9, sempre su otto colonne. E via
con storie d’amore distrutte dalla voglia di partire: Lui lascia Lei
per sposare una straniera e andarsene all’estero. Storie d’amore? Ma
di che parla? E poi la difficoltà per ottenere i visti per l’estero:
le fideiussioni bancarie, le assicurazioni, il biglietto di andata e
ritorno, magari avrebbe dovuto
specificare che sono le ambasciate straniere a richiederli.
L’ultima colonna dell’articolo è tutta dedicata ad una tomba nel
cimitero de L’Avana a cui si va per chiedere una grazia. Ma non ha
mai girato per le nostre città? Non ha mai visto gli altarini con
gli ex voto attaccati ai muri? Probabilmente quello che voleva era
chiudere con quella frase: “Amelia, vergine miracolosa, grazie per
il visto”.
L’articolo che ci ha più colpito è sempre del 30 maggio e sempre
della nostra inviata come scrive Liberazione: La propaganda ai tempi
di Raul, la pizza Fabio e i Cinque Eroi. Inizia parlando
dell’informazione e di come la gente voglia sapere “come è andata a
finire con i due soldatini presi mentre tentavano di dirottare un
aereo per andarsene”. I due soldatini? Il 29 aprile un gruppo di
uomini ha ucciso una sentinella presso un’unità delle Forze Armate,
ha ferito un altro soldato e si è impossessato di fucili, parte del
gruppo è stato arrestato tranne due che hanno sequestrato un autobus
del trasporto urbano, preso in ostaggio i passeggeri per poi
irrompere nell’aeroporto de L’Avana, saliti su un aereo hanno ucciso
uno degli ostaggi; due soldatini?
Poi si parla di Internet: “neanche a Internet ci si può affidare.
Solo gli stranieri possono. I cubani no.” E neanche una parola sul
fatto che nel 1996 la Legge Helms-Burton , statunitense, ha
impedito la creazione di una rete di cavi in fibra ottica per la
trasmissione di dati. Neanche una parola sul fatto che il blocco
obbliga alla connessione solo via satellite, lenta e molto più
costosa. Poi la Nocioni se la prende anche con i 5 cubani
ingiustamente detenuti negli Stati Uniti con processi, come lei
stessa ammette, contro cui si è pronunciata la Corte di Atlanta, ma
non la turba affatto che siano ancora in carcere. La turba invece
che Cuba non si stanchi di denunciarlo.
E così torniamo a quanto dicevamo all’inizio. Cuba dà fastidio
perché non cede, non si adegua, non si inchina. Su quanto viene
scritto su Fabio Di Celmo, il giovane italiano ucciso da una bomba
piazzata dal terrorismo anticubano, francamente preferiamo tacere
per rispetto suo e di suo padre.
Un giornalista dovrebbe dare informazioni quanto più possibile
complete ed un giornalista di un quotidiano di partito dovrebbe
esplicitare una posizione politica. Qual è quella della Nocioni?
Quella di Liberazione? Qual è la posizione del Partito della
Rifondazione Comunista nei confronti della Rivoluzione Cubana?
Si avvicina l’estate e si avvicinano le Feste di “Liberazione”. Lo
stand cubano ci sarà? Ma sì, il rum è buono, la musica è allegra e
poi una maglietta del Che non si nega a nessuno. Ernesto Che Guevara
è morto e si può continuare ad usarlo, tanto non dà più fastidio a
nessuno. Ma ne siete sicuri?
=== 3 ===
Lettera a liberazione di: Fabio de Nardis, José Luiz Del Roio, Fabio
Marcelli, Rita Martufi, Barbara Spinelli, Luciano Vasapollo, Raul
Mordenti, Matteo Carbonelli
Abbiamo seguito, con crescente sconcerto, le corrispondenze di
Angela Nocioni da Cuba, tutte volte ad accreditare un'immagine di
sfascio che è in oggettiva contraddizione con la realtà che alcuni di
noi hanno potuto constatare di persona; Cuba non è un paradiso, ma
una realtà in movimento che, tra mille problemi di vario ordine,
tenta oggi con qualche successo la via di consolidamento di un'altra
società, attenta ai bisogni degli esseri umani e che serve per tanti
versi da modello agli altri Paesi latinoamericani e al resto del
mondo, che ha ottenuto il riconoscimento di importanti
organizzazioni internazionali, fra le altre l'OMS e l'UNESCO e che
svolge, attraverso i suoi medici internazionalisti, una fondamentale
opera di soccorso umanitario nelle situazioni più disparate.
Ma là dove tali corrispondenze violano non solo i dettami della
professionalità giornalistica e della correttezza politica, ma anche
i più elementari sentimenti di umanità e il buon gusto, è con
l'articolo "dedicato" ai cinque cubani e a Fabio Di Celmo, apparso
su Liberazione del 30 maggio u.s.
Il terrorismo manovrato dagli Stati Uniti contro Cuba è una realtà
e basta avere una conoscenza superficiale degli ultimi decenni di
storia della regione per saperlo; tale terrorismo ha provocato oltre
tremila vittime e danni materiali ingenti, che si sommano all'embargo
e al boicottaggio tentato attraverso tutti i mezzi, non ultimi
quelli di informazione, fra i quali ci rattrista trovare oggi
Liberazione.
I Cinque cubani, che da oltre otto anni sono rinchiusi nelle carceri
statunitensi non sono "spie", come banalmente definite dall'articolo
e come sostiene il governo Bush, ma agenti infiltrati nelle
organizzazioni terroristiche aventi sede a Miami per prevenire
ulteriori attacchi contro il popolo cubano. Ci sentiamo fortemente
impegnati per la loro immediata liberazione e per la condanna del
terrorista Posada Carriles, recentemente liberato, su richiesta
governo degli Stati Uniti in segno di gratitudine per i servizi resi
e per evitare che faccia rivelazioni imbarazzanti per molti
personaggi oggi al potere a Washington.
Dipingere le loro mogli, che da oltre otto anni sono costrette a
fare a meno dei loro compagni, e Giustino Di Celmo, che ha perso un
figlio nel fiore degli anni, come opportunisti che trarrebbero un
qualsivoglia beneficio da tale situazione, ci sembra un'operazione
veramente indegna, specie per un giornale come Liberazione che reca
tuttora sulla sua testata la dicitura "quotidiano del Partito della
rifondazione comunista" e che, perlomeno in quanto tale, dovrebbe
ispirarsi a ben altra etica e visione dei rapporti fra le persone.
Fabio de Nardis, José Luiz Del Roio, Fabio Marcelli,
Rita Martufi, Barbara Spinelli, Luciano Vasapollo
=== 4 ===
Cuba, si salvi chi può... lettera a Liberazione
Se lo lasci dire, caro direttore, che con un giornale al minimo
della fogliazione, con tirature paragonabili ai giornalini di
quartiere e con notizie spesso in ritardo rispetto anche al tam tam
della rete, permettersi il lusso di mandare un’inviata a La Habana
per un reportage di una intera pagina, dove si rimarca che Cuba non
è il paradiso, ma invece un paese dove esistono più ragioni per non
credere più alla società socialista che quelle per cui crederci
ancora, per disilludere i nostri giovani sul mito dell’uomo nuovo
proposto dal Che e per troncare ogni possibile idea che un altro
mondo è possibile...
Non è certamente una grande iniziativa politica e anche non mi
sembra, giornalisticamente parlando una grande idea, visto e
considerato che già lo fanno, e da parecchio tempo, il 98% dei
giornali e delle agenzie italiane.
Di come sia difficile vivere a Cuba lo sappiamo tutti, amici e
nemici di Cuba, non lo nascondono nemmeno i cubani, che con la loro
espressione “es una lucha” lo continuano a testimoniare
giornalmente, nel fare la spesa, nel cercare di sistemare il loro
alloggio, nel trasporto per andare al lavoro, per la carenza di mille
cose, la voglia di partire, ecc.
Non c’è bisogno di inviare nessuno, lo hanno già raccontato in
tutte le salse e lo riscontriamo in molti altri paesi dove non esiste
il socialismo.
Invece di raccontarci, ancora una volta, scelte e idee personali
di alcuni giovani cubani, non sarebbe meglio far conoscere ai
lettori di come un paese affronta le problematiche dettate dal
neoliberismo e da un embargo economico da più di 45 anni?
Non sarebbe meglio raccontare che i giovani tagliatori di canna,
con il riordino della produzione di zucchero e la chiusura del 50%
delle Centrali (zuccherifici), invece di essere cacciati sulla
strada hanno trovato un salario frequentando scuole di
specializzazione agraria e tecniche sulla lavorazione dei surrogati
dello zucchero (cose da pazzi!) e che alla fine la resa produttiva è
aumentata sia in temine di zucchero che di energia?
O raccontare di quei giovani che abbandonato lo studio, sono stati
avvicinati da altri giovani, operatori sociali, e stimolati a
riprendere gli studi con un salario quasi pari ad un professore? E
di quelle migliaia di giovani che partono per missioni
internazionaliste e, udite udite, ritornano a fronte di qualcuno che
invece "evade" e che l'inviata non riesce a trovarne stime?(basta
chiedere a Miami).
Perchè trattare con superficialità indegna il tema dei cinque
agenti cubani (si parla di terrorismo, di vittime...).
Davvero si vuole raccontare che la vera causa del problema casa a
Cuba sono i soppalchi? (mostriamo invece il nuovo piano delle
costruzioni rilanciato dopo aver ripreso la produzione di cemento e
del materiale edilizio, con grande ricerca nella bioedilizia e
nell'energia pulita), Parliamo dell’emigrazione dei giovani,
foraggiato attraverso le scandalose politiche migratorie degli USA,
(con conseguente furto di specialisti e atleti quasi a costo zero) e
del mito del consumismo..
Persino sulla “vergine miracolosa”, credenza pre rivoluzionaria
sul modello “Giulietta e Romeo”, la nostra Angela riesce a trovarne
punti di dissenso e critica alla rivoluzione.
Tra le molte imprecisioni dell’articolo quella che più mi ferisce
è l’affermazione su Giustino Di Celmo, che conosco personalmente. Lui
non è andato ad abitare a Cuba, ci abitava già da molto tempo, non è
un testimonial del regime, ha solamente giurato di battersi fino
alla morte per ottenere giustizia per suo figlio, e Cuba, a
differenza dell'Italia, gli ha dato spazio in questa battaglia
comune, ma sembra che questo dia fastidio al nostro giornale e alla
sua inviata. Che senso ha denigrarlo, invece di appoggiarlo nella
sua sacrosanta richiesta di estradizione di Posada Carriles.
Per ultimo e per la precisione, a Cuba si possono aprire i
ristoranti privati, alcuni sono gestiti dalla comunità cinese (nel
barrio cino), altri dalle varie associazioni di origine spagnole
(galleghi, valenciani, ecc.) o da centri culturali. Molti altri sono
a gestione familiare denominati “paladar”, se ne trovano ovunque e,
cara Angela, da brava inviata dovresti saperlo, questi paladar non
possono avere più di 12 posti (limitazione del regime). Avrai quindi
notato che la Pizzeria Fabio è molto più grande: nemmeno al nostro
caro Giustino è stato permesso trasgredire una legge cubana, infatti
e un locale della catena Rumbos, a partecipazione minoritaria
straniera, e nel caso della pizzeria il socio minoritario è proprio
Giustino.
Censuratela pure se volete, io comunque la invio a tutti i nostri
parlamentari, senatori, circoli e associazioni.
Paolo Rossignoli
Editore (Verona)
=== 5 ===
RISPOSTA AL DIRETTORE DI LIBERAZIONE
Segreteria Nazionale - Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
Gentile Direttore,
abbiamo letto sul numero di mercoledì 30 maggio due nuovi articoli
pubblicati da Liberazione che sono apertamente e decisamente critici
contro il Governo cubano. Niente di male, il suo non è il primo
giornale italiano che attacca fortemente Cuba, anzi su questo
argomento è pienamente nello spirito della stragrande maggioranza
dei mass-media del nostro Paese.
Quello che, invece, contestiamo fortemente degli articoli è la loro
assoluta parzialità contro il Governo cubano. Giudizi trancianti e
una forte dose di non conoscenza dei processi in atto oggi a Cuba da
parte dell’inviata di Liberazione sono un cocktail di estrema
gravità per la realtà delle cose. Un primo esempio concreto di
questa disinformazione riguarda i 5 patrioti cubani, che per
Liberazione sono “cinque eroi che di mestiere facevano le spie”, ma
questa è un'accusa ormai decaduta anche per i generali dell'Esercito
statunitense (testimonianza del generale James R. Clapper) e per gli
alti dirigenti dell’FBI che hanno affermato, al processo di Miami,
che i 5 cubani non possono essere considerati spie perché non si
sono mai impossessati, né hanno mai tentato di farlo, di documenti
degli Stati Uniti classificati come segreti, né hanno mai lavorato
contro la sicurezza degli USA. Semplicemente, i 5 controllavano
l'attività terroristica dei gruppi anti-cubani che
da Miami, con il beneplacito e il sostegno del Governo degli Stati
Uniti, organizzavano attentati contro il popolo cubano. Dunque
Liberazione più filo-statunitense dell’FBI, verrebbe da dire se la
cosa non fosse di assoluta gravità.
Seconda questione. Negli articoli dell’inviata di Liberazione non
si parla mai del blocco statunitense contro Cuba che dall'inizio
degli anni Sessanta ha prodotto un danno economico complessivo di
86.108 milioni di dollari all’economia della Repubblica di Cuba
(4.108 milioni di dollari solamente nell'anno 2006). A questi
occorre aggiungere altri 54.000 milioni di dollari, come danni
materiali causati sia da azioni di guerra del Governo degli Stati
Uniti sia da una serie di innumerevoli attentati messi in atto dai
suddetti gruppi terroristici, organizzati, finanziati e addestrati
dal Governo statunitense. Dei 3.478 morti e dei 2.099 invalidi
permanenti causati da tali attività neppure se ne parla perché,
evidentemente, alla vostra giornalista non interessano. Premesso
questo, forse si capisce meglio il perché della presenza dei 5 in
Florida, dove non era necessario essere "spie", poiché in questo
luogo le organizzazioni terroristiche operano alla luce del sole.
Se l’inviata avesse saputo di questo danno enorme provocato dal
blocco, probabilmente non avrebbe così fortemente imputato al
Governo cubano i problemi economici dell’Isola che, in ogni caso, non
hanno impedito ai cubani di proseguire con un'assistenza gratuita
per tutti e con servizi sociali di alto livello per tutta la
popolazione, in un contesto come quello latino-americano dove il
neoliberismo ha assassinato milioni di persone per fame e per
sfruttamento.
Noi non vogliamo dire che a Cuba tutto va bene, non siamo così
sciocchi e privi della capacità di discernere i fatti come qualcuno
vorrebbe disegnarci. Certamente occorre discutere con i compagni
cubani, ma partendo dal fatto che i cubani sono persone in carne e
ossa come noi, e che a differenza di noi sono riusciti a fare una
vera Rivoluzione che ha cambiato in meglio la vita di milioni di
essere umani e che, ancor oggi, rappresenta un punto di riferimento
per tutta la sinistra latino-americana e non solo, vivendo a poche
miglia dalla superpotenza statunitense che fin dal 1959 ha
dichiarato loro una guerra infinita.
E' sufficiente consultare e confrontare i dati forniti dalle
maggiori organizzazioni delle Nazioni Unite (UNESCO per la cultura,
UNICEF per l'infanzia, FAO per l'alimentazione, OMS per la sanità) e
di altre istituzioni internazionali che molto spesso indicano Cuba,
per i risultati raggiunti in questi campi, come un modello per i
paesi del Terzo Mondo.
Terza questione. La parzialità dell’inviata di Liberazione è
palesemente sfacciata quando si afferma, addirittura nel titolo:
“Cuba, si salvi chi può... i giovani sognano la fuga”. Sicuramente,
come in ogni paese, specie in latino-america vi è una fascia di
persone, anche giovani, che vogliono lasciare il paese con
argomentazioni politiche o più semplicemente economiche, visto che
il blocco è ancora un pesante macigno sull’autodeterminazione della
Repubblica cubana e ne ostacola la piena realizzazione in economia.
Ma cercare di a, addirittura nel titolo: “Cunuperpotenza statunitense
che dal 1061 gli ha dichiarato guerra.ni e che, ancor oggi,
rappresentafar intendere ai lettori che i giovani cubani in generale
sono al “si salvi chi può” è un evidente tentativo di disinformare
sulla realtà di Cuba. Per noi, che questo attacco provenga da altri
quotidiani è quasi normale, ma da Liberazione ci pare una cosa
gravissima.
Quarta questione. Di Celmo. Far trasparire di aver permesso a
Giustino Di Celmo - padre del giovane Fabio assassinato in un hotel
di La Habana dai terroristi organizzati da Posada Carriles - di
aprire una pizzeria a La Habana in cambio di un appoggio acritico al
Governo cubano, anzi come lo ha chiamato la vostra inviata, “al
regime”, ci pare davvero una cosa inaudita. Un affronto
intollerabile al dolore di un padre che, più che ottantenne, si
batte ancora contro il terrorismo internazionale che gli ha ucciso
il figlio e per la stessa memoria di Fabio. Il tentativo della
vostra inviata di mercificare il dolore e la vita del figlio in
cambio di una “pizza Fabio, 4 dollari e 65", è una vergogna che si
giudica da sola.
Quinta questione. Perché l’inviata di Liberazione non tenta di
fare chiarezza sulla questione Internet che, “grazie” agli Stati
Uniti, vede l’isola completamente tagliata fuori dalla possibilità
di un collegamento veloce e funzionale, visto che i cavi in fibra
ottica aggirano totalmente l’isola, e costringono i cubani a
servirsi di un servizio vecchio, carente e, soprattutto, lentissimo?
Perché non ci parla degli oltre 600 Joven Club de Computación in
tutta l'Isola dove i giovani, totalmente gratis, imparano a
utilizzare a proprio piacimento l'informatica?
E poi, perché non dire che i flussi migratori illegali sono
funzionali agli Stati Uniti che hanno disatteso completamente gli
accordi di 20.000 visti all’anno in uscita da Cuba verso gli USA?
Perché nel fare polemica non si ragiona anche su dati reali che
forse, diciamo forse, possono inficiare la verità inoppugnabile
della vostra inviata ma renderebbero un servizio ai vostri lettori
che potrebbero ragionare al meglio sulle questioni?
Con la speranza che il quotidiano da Lei diretto pubblichi per
dovere di replica questa nostra lettera e rimanendo a sua completa
disposizione per aprire un confronto su Cuba, la salutiamo fraternamente
=== 6 ===
DOVE VA “LIBERAZIONE”?
Quando ho visto pubblicato su "Liberazione" un articolo di Giampiero
Mughini, che secondo me avrebbe dovuto essere espulso dall'Ordine dei
giornalisti non tanto per quello che ha fatto quanto perché il suo
modo di scrivere, incompatibile con sintassi e grammatica italiana è
diseducativo per i giovani lettori, pensavo che il giornale avesse
toccato il fondo. Mi sono ricreduta quando ho letto un orrendo
articolo nell’inserto culturale (?) domenicale, “Queer”, che
proponeva il sesso orale come antidoto all’eccitazione che si prova
vedendo le immagini di Abu Ghraib, cose che ritenevo di non dover mai
leggere su un giornale che si dice comunista (non tanto per il sesso
orale, che è cosa che certo non mi scandalizza, quanto per il fatto
che ritengo che se qualcuno prova eccitazione sessuale invece di
orrore e disgusto di fronte ad immagini di torture dovrebbe ricorrere
allo psicanalista e, quantomeno per rispetto alle vittime, evitare di
farne un’icona).
Che non ci sia limite al fondo l’ho capito leggendo la risposta del
direttore Sansonetti alle varie lettere di critica al reportage (?)
di Angela Nocioni su Cuba. Nocioni, che ogni volta che parla di
America Latina, di Venezuela come di Cuba, lo fa con la tipica
spocchia della borghese pseudoilluminata europea che vede le cose con
l'occhio dell'occidentale che non ha mai patito fame, non sa cosa sia
desaparecire o non avere casa, non potere studiare, dovere fuggire
per sopravvivere, mi ricorda un po' la Oriana Fallaci di "Intervista
con la storia", che s'era permessa persino di trattare con
sufficienza dom Helder Camara, il vescovo di Recife cui gli squadroni
della morte del Brasile dei generali continuavano a mitragliare la
casa perché era "comunista"... e preciso che paragonare Nocioni a
Fallaci per me non è un complimento.
Non ho risposto all'articolo su Cuba di Nocioni perché non ho trovato
risposta: una sequela di banalità, falsità, omissioni, propaganda
allo stato puro, come si può leggere su un qualunque giornale
anticomunista. Mi ha invece profondamente scandalizzato l'editoriale
del direttore Sansonetti, che ha parlato di Cuba come di un "regime
di sinistra non democratico che oggi è illiberale, repressivo,
autocratico" e aggiunge, bontà sua, "non feroce come le dittature che
negli anni 70 e 80 hanno insanguinato l'America latina".
I parenti dei desaparecidos cileni, argentini (compreso Jorge Julio
Lopez, che avrebbe dovuto testimoniare contro i suoi aguzzini ma è
"scomparso" nuovamente nel settembre scorso, nell'Argentina
democratica e non "illiberale" come Cuba), dei massacrati dagli
squadroni della morte brasiliani, delle vittime delle repressioni
feroci di Bolivia, Ecuador, Colombia, Uruguay, Paraguay, del
Venezuela pre-Chavez, di tutto il centro America, ringraziano per
questa doverosa distinzione.
In effetti, l’unica risposta possibile ad articoli come quelli di
Nocioni o gli editoriali di Sansonetti l’ha data Flavio Amato in una
lettera pubblicata su “Liberazione” il 3 giugno nella quale cita le
parole di Frei Betto (che nel Brasile dei generali ha più volte
conosciuto le patrie galere): “come faccio a parlare di diritti umani
a Cuba quando in America Latina milioni di persone non hanno
conquistato ancora i diritti animali, quelli di avere un tetto, uno
straccio per ripararsi dalla pioggia o dal sole, il cibo di tutti i
giorni da dare ai propri figli e ai più deboli?”.
Cari Nocioni e Sansonetti, l’accesso ad Internet è comunque cosa che
viene dopo tutto questo.
Saluti comunisti
Claudia Cernigoi
Trieste
=== 7 ===
Angela Nocioni e l'America Latina su Liberazione, lettera a Piero
Sansonetti
Gentile Piero Sansonetti, direttore di Liberazione,
da due giorni il mio sito, che si occupa prevalentemente di
informazione e America Latina, è inondato di messaggi di lettori del
suo quotidiano, indignati per la pagina intera (pp. 1 e 9) pubblicata
a firma Angela Nocioni, presunta inviata a L'Avana per il suo
giornale, il giorno 30 maggio.
di Gennaro Carotenuto
Molti lettori, suoi e miei, mi chiedono di fare qualcosa,
attribuendomi un potere che evidentemente non ho. Non sono un lettore
di Liberazione, non ho alcun rapporto di lavoro con il suo giornale,
non sono mai stato militante né del PRC né di alcun partito di
sinistra. Sono solo un docente di Storia del Giornalismo e un attento
osservatore delle cose latinoamericane e del giornalismo italiano.
Se ho ricevuto una ventina di messaggi io, lei ne avrà ricevuti mille
e mi auguro li abbia letti. Non entrerò pertanto nel merito e
qualunque persona mediamente informata è in grado di farsi un'idea.
Non scandalizza certo il criticare Cuba e la Rivoluzione cubana
quando questa merita di essere criticata. E possiamo anche pensare
che forse, molti lettori di Liberazione non siano preparati a
sentirsi dire verità scomode su Cuba. Ma non è questo il caso. Il
caso è l'attacco volgare, la vulgata disinformata e disinformante, il
pregiudizio, la semplificazione arbitraria, l'intenzionalità
fuorviante, le menzogne, la denigrazione malintenzionata, il
sicariato informativo che traspare in ogni parola dei pezzi della
Nocioni.
Negli articoli della vostra redattrice c'è la beceraggine destrorsa
del Giornale o di Libero, c'è il pregiudizio rabbioso di Pierluigi
Battista sul Corriere, c'è l'ignoranza crassa di Omero Ciai di
Repubblica, che offende i suoi lettori ammannendo loro la realtà
latinoamericana da un caffé di Miami. Quegli articoli né informano,
né commentano, né spiegano. Solo offendono.
Con una superficialità disarmante, la Nocioni offende Giustino di
Celmo, padre di Fabio, cittadino italiano assassinato da Luís Posada
Carriles, e i familiari dei cinque cubani in carcere negli Stati
Uniti. E' evidente che il governo cubano fa di questi casi simbolo
anche un elemento di propaganda.
Ma come si permette la Nocioni la volgarità di dire che l'avere un
figlio morto, o un padre o un marito incarcerato in un paese
straniero ed ostile, sia la grande fortuna di queste persone,
convertite in star dal regime?
Anche le Madri di Plaza de Mayo ricevono inviti a iosa e sono amate e
rispettate in tutto il mondo per la tragedia della quale sono state
vittime. La Nocioni è troppo superficiale per saperlo, ma esiste da
vent'anni un dibattito nelle società latinoamericane su questo tema.
Rigoberta Menchù è più fortunata perché ha vinto il premio Nobel o
più sfortunata perché gli squadroni della morte le fecero a pezzi il
padre e non so più quanti familiari? Come si comporterebbe la Nocioni
al posto di Hebe de Bonafini o di Giustino di Celmo?
Angela Nocioni è recidiva. Lo scorso 3 gennaio, nel suo antichavismo
viscerale e aggressivo, riuscì a farsi bacchettare da sinistra da
Massimo D'Alema. Definì il processo redistributivo in Venezuela -cito
testualmente- come "elemosina" (sic!) e il ministro degli esteri
trovò l'occasione per darle una bella e meritata lezioncina. La
Nocioni è impresentabile in tutta la sua carriera di sicario
informativo antilatinoamericano. Ma sia onesto, Sansonetti. Una
pagina come quella della Nocioni non può sfuggire al direttore.
Liberazione è un piccolo giornale di partito e al partito risponde.
Non può non essere stata avallata da lei o da qualcuno che gode della
sua piena fiducia.
Tutto l'ambiente giornalistico sa che la Nocioni è sul punto del
grande salto da Liberazione a La Repubblica. Ma perché Liberazione le
dà lo spazio per uscirne immacolata e cancellare il suo peccato
originale di aver lavorato per un quotidiano "comunista", prima di
approdare definitivamente alla grande stampa?
Soprattutto, la disinformatia di quegli articoli, riguarda solo la
Nocioni o coinvolge Liberazione e il PRC?
E' solo il carrierismo della Nocioni a condizionare Liberazione, o
c'è invece una linea antilatinoamericana del PRC ad ispirare la Nocioni?
Le ricordo che il 24 marzo 1976 l'Unità, e con questa il PCI, evitò
di condannare il colpo di stato genocida del generale Videla in
Argentina. Era quella la linea che veniva da Mosca rispetto alla
dittatura dei 30.000 desaparecidos. Forse, se il PCI fosse stato più
deciso nel condannare quel colpo di stato, la diplomazia italiana
avrebbe salvato qualche vita in più. Ma la ragion di stato sovietica
veniva prima e quella resta una macchia indelebile sulla storia del PCI.
Nel condiscendere alla linea anticubana e antivenezuelana della
Nocioni, non si possono non vedere calcoli di bottega locali. E'
facile fare i comunistoni a parole in casa e ridicolizzare il
riformismo venezuelano in politica estera. La Nocioni smania per far
carriera, il PRC avrà altre mete, e mi piacerebbe conoscerle. Per
questo mentono e disinformano sull'America Latina né più né meno come
la Repubblica. Mi tolga una curiosità, Sansonetti. Da che parte
starebbe il PRC se domani ci fosse un golpe in Venezuela o una nuova
baia dei porci o l'aggressione contro uno qualsiasi dei paesi
latinoamericani?
=== 8 ===
Da "Liberazione - giornale comunista" - 30/5/2007
pag. 9, con richiamo da prima pagina:
---
La via più semplice per andarsene dall'isola degli «uomini nuovi»,
a parte il matrimonio, è ancora la carta d'invito all'estero.
Ma il governo ha cambiato le norme in senso restrittivo
Cuba, si salvi chi può...
I giovani sognano la fuga
Angela Nocioni
L'Avana nostra inviata
Fino a due anni fa erano in sei, poi sono arrivati gli zii dall'Oriente.
«Abbiamo costruito un soppalco e li abbiamo messi lì, cosa dovevamo
fare?»,
racconta Manolo stringendo le spalle.
Marco, cooperante di Grosseto, nel quartiere ha progetti di restauro
finanziati dall'Arci, l'unico grande accordo di cooperazione
sopravvissuto
al gelo diplomatico con la Ue con cui Cuba reagì alle proteste
europee per
la fucilazione di tre cittadini cubani del 2003. Spiega: «La ragione
per cui
il Centro Habana rischia di crollare ha molto a che fare con questa
storia
dei soppalchi. C'è un grande problema abitativo in città, gli edifici
coloniali del centro hanno soffitti di sei metri ma sono fatiscenti.
Nessuno
li ripara. Non ci sono i soldi e manca il materiale. Gli inquilini
costruiscono un soppalco nel mezzo, il "barabacoa". Lo caricano di
gente e
vanno avanti così finché non viene giù tutto».
La ricerca di un'organizzazione internazionale registra nel Centro
Habana
una media di 1,4 crolli quotidiani. Crolli interni, non vuol dire che
viene
giù un palazzo al giorno, ma se li metti insieme all'acqua da portare
con le
autobotti, al cibo che non basta e a tutti i problemi relativi al
sovraffollamento, il paradiso tropicale si tinge di toni foschi.
Eccezion fatta per il perfetto restauro conservativo di buona parte
dell'Avana vecchia, dichiarata dall'Unesco patrimonio culturale
dell'umanità
e affidata da Castro al fedelissimo Eusebio Leal, nel centro della
capitale
il 15% degli edifici è destinato al crollo. «Bisogna aggiungere un
35% di
palazzi in equilibrio miracoloso. Prima o poi crollano pure quelli»
prevede
Marco, ottimo conoscitore delle strade senza ombra che si spalancano
come la
bocca di una grotta oltre il muretto del lungomare.
Su quel muro eternamente bagnato dalle onde Manolo è cresciuto. Ha
trent'anni, da dieci pensa di andarsene. Ma non vuole imbarcarsi
verso la
Florida. «Voglio uno di quei bei passaporti rosso scuro che avete voi
- dice
senza sorridere - quella scritta d'oro "Unione europea" con cui ti muovi
tranquillo per il mondo».
Il passaporto a Cuba non è un diritto, non lo è mai stato. Per ottenerlo
devi avere un motivo considerato plausibile dal governo. Se sei un
«soggetto
con tendenze asociali» te lo scordi. Per essere considerato tale basta
rifiutarsi di lavorare per lo Stato (un insegnante guadagna 500
pesos, 20
euro, il costo di due pacchi di assorbenti igienici e un succo di
frutta).
Se poi, alle tendenze asociali si accompagnano comportamenti
controrivoluzionari, non se ne parla nemmeno. I comportamenti
controrivoluzionari possono andare dalla frequentazione con i figli
di un
diplomatico straniero (sospetti di intelligenza col nemico) alla
mancanza di
rispetto al lìder maximo (grandissime complicazioni).
La separatezza tra cubani e stranieri, con qualche tolleranza
riservata a
periodi alterni al turismo sessuale, è un valore della rivoluzione.
Impossibile iscrivere un bambino straniero, figlio di uno straniero
residente, a un asilo cubano. Deve andare alla scuola internazionale
insieme
ai figli dei non cubani.
Quel passaporto che non si può avere è l'oggetto del desiderio per
chiunque
abbia meno di quarant'anni. I giovani se ne vogliono andare quasi tutti:
quelli che lo dicono (pochi), quelli che lo ammettono a mezza bocca e
quelli
che alzano gli occhi al cielo e poi, rapidissimi, colgono la prima
occasione
per prendere il volo. Negli intervalli delle lezioni all'università
dell'Avana, la Gloriosa collina, non si parla d'altro.
«E' il principale problema di questi tempi incerti - racconta uno
scrittore
cubano di successo, uno di quelli che vuole vivere all'Avana, ogni
volta che
l'invitano all'estero va e ogni volta torna - è la grande crisi di
valori
della rivoluzione, i giovani colti, laureati, sono disposti a tutto
pur di
andarsene. Non c'è modo di fermarli, qui non vedono possibilità di
futuro».
Fino agli anni Novanta era sostanzialmente impossibile uscire
dall'isola.
Chi fuggiva perdeva tutto. Si poteva solo con un permesso di studio
all'estero, quasi sempre nei Paesi del blocco sovietico. O con
un'autorizzazione speciale per ragioni professionali, riservata agli
obbedienti del partito (il partito comunista, l'unico permesso
sull'isola).
Poi con la grave crisi economica seguita al crollo di Mosca e la
conseguente
apertura al turismo sono spuntate le carte di invito.
La carta d'invito è da anni la principale via per andarsene. Ci si fa
invitare da uno straniero che si prende la briga di farsi responsabile
dell'invitato e di pagargli biglietto, assicurazione, una fideiussione
bancaria e balzelli vari. Si può restare fino a un massimo di undici
mesi.
La norma è stata cambiata a fine aprile. In senso restrittivo.
La risoluzione 87/2007 del ministero degli esteri prevede che la lettera
d'invito si formalizzi nella sede consolare cubana all'estero. «I
tempi così
diventano più lunghi e c'è la possibilità che il console rifiuti
l'autorizzazione» si lamenta un diplomatico straniero. Un impiegato
di un
consolato del Nord Europa spiega: «I cubani che stanno organizzandosi
per
andar via sono preoccupati perché prima era possibile presentare la
lettera
d'invito alla Consultoria juridico-internacional dell'Avana. La
legalizzavano qui, con tutte le scappatoie possibili in una città dove i
dollari fanno gola a molti. Ora invece tutto deve avvenire davanti al
console cubano del Paese che invita. Così Cuba evita le lettere false,
obbliga chi invita a prendersi un impegno formale davanti all'autorità
consolare e si riserva l'ultima parola». Le ambasciate dei Paesi del
Nord
Europa sono ora molto più frequentate che negli anni ‘90 dai cubani, che
aggirano così l'inasprimento della prassi spagnola per i visti.
Entrano da
un aeroporto del Nord Europa e poi si trasferiscono a Madrid.
In ogni caso per uscire ci si deve muovere in difficile equilibrio
tra due
diverse burocrazie per avere due diversi documenti: il visto del Paese
straniero per entrare e il permesso di Cuba per uscire. Nessuno dei
due vale
senza l'altro. Se uno dei due scade è come se fosse scaduto anche
l'altro. E
ricomincia la peregrinazione per uffici, a partire dal temibile
Dipartimento
per l'Immigrazione la cui principale utenza è costituita da aspiranti
emigranti. La strada più sicura per andarsene rimane il matrimonio. I
tempi
sono lunghi, il percorso costoso, ma l'esito sicuro. Nell'ultimo anno ci
sono stati mille matrimoni tra cittadini italiani e cubani.
I cubani all'estero sono una fonte di valuta per il governo
dell'isola. Una
volta fuori chiedere qualsiasi documento all'Avana diventa
un'impresa. Per
avere un certificato di nascita o di matrimonio bisogna pagare alla
rappresentanza consolare cubana 20 dollari all'atto della richiesta, 80
quando arriva il documento, 60 per la legalizzazione in ambasciata. Per
rinnovare il passaporto: 200 dollari. Il permesso di viaggio
all'estero è
prorogabile per dieci mesi, oltre al mese concesso all'inizio, con un
pagamento di 40 dollari ogni trenta giorni.
Per le carte d'invito, i matrimoni e il cambiamento di categoria dei
permessi (dal Pvt, il permesso di viaggio temporaneo,
all'irraggiungibile
Pre, permesso di residenza all'estero) diventa una jungla di cifre.
Complicato, ma sempre meglio che imbarcarsi su un motoscafo diretto a
Miami.
Costo: fino a diecimila dollari a testa. Se si è intercettati in mare
dalle
autorità cubane o dalla guardia costiera statunitense (che in questa
materia
collaborano) si è rispediti indietro. Se si tocca territorio americano,
invece, si hanno ottime possibilità di essere accolti a braccia
aperte. E'
la legge del "pié mojado" e del "pié seco", (del piede bagnato e
dell'asciutto) il compromesso raggiunto nel braccio di ferro tra
l'Avana,
che brandisce i suoi potenziali profughi come un'arma diplomatica e
Washington che non vuole le coste della Florida assaltate dai
"balseros".
Secondo dati diffusi la settimana scorsa dall' Associated press che ha
incrociato dichiarazioni della guardia costiera di Miami con
documenti sui
soccorsi in mare, dall'ottobre del 2002 all'ottobre del 2006 si è
duplicato
il numero dei cubani che hanno tentato di raggiungere la Florida e
Puerto
Rico. L'anno scorso la cifra è stata di 7mila e 27 persone. Più della
metà è
riuscita nell'intento.
Introvabili i dati sui medici cubani che si sono rifiutati di tornare
indietro alla fine delle missioni internazionaliste. Tanti. Ne sa
qualcosa
il Venezuela che si è ritrovato a dover accogliere migliaia di medici
della
missione "Barrio adentro", l'accordo tra Hugo Chavez e Fidel Castro
per la
sanità gratuita per tutti. Molti medici hanno compiuto il lavoro, ma
poi a
casa non sono voluti tornare.
La versione ufficiale racconta che da Cuba nessuno se ne vuole andare, a
parte gli asociali. E' una di quelle verità che non si discutono. E'
così e
basta.
Il silenzio del cimitero Colon, però, il monumentale cimitero
dell'Avana,
racconta un'altra storia. Nei suoi viali si schiude la realtà
parallela che
sfugge alle statistiche. Oltre il grande cancello d'ingresso,
all'incrocio
tra la strada 12 e la calle Zapata, si apre una strada bianca che va
dritta
fino alla chiesa. Quasi in fondo, a sinistra, in una stradina
laterale, c'è
una tomba coperta di fiori. E' la tomba più visitata dell'Avana: lì
giace
Amelia, morta giovanissima nel 1901. Il poliziotto di guardia dice
che fu
sepolta insieme al bimbo, appena nato. Il corpo del figlio, creduto
morto,
fu appoggiato ai piedi della madre. Quando riaprirono la tomba per
l'esumazione le trovarono il bimbo in braccio. «Si erano sbagliati,
capito? - dice lui accorato asciugandosi il sudore col fazzoletto - il
bambino ha risalito il corpo della madre e le si è messo in braccio». La
leggenda narra invece la storia di una giovane donna incinta morta in
circostanze tragiche.
Fatto sta che Amelia fa miracoli. Bisogna percorrere il perimetro della
tomba in senso antiorario, chiederle la grazia offrendo fiori freschi e
allontanarsi fissando lo sguardo della statua col bimbo in braccio.
C'è la fila. Quasi tutte donne.
Biglietti a matita, un tappeto di gladioli e la verità semplice degli ex
voto incisa sulla pietra: «Grazie per aver concesso il viaggio a mia
figlia». Sotto le due fioriere più belle, ricoperte di rose rosse e
orchidee, c'è scritto: «Amelia, vergine miracolosa, grazie per il
visto».
---
L'irresistibile ascesa di Giustino Di Celmo, da padre della vittima
d'una
bomba a star del regime
La propaganda ai tempi di Raul,
la Pizza Fabio e i Cinque Eroi
L'Avana nostra inviata
«La verità, una volta risvegliata, non torna a dormire» sta scritto sul
bianco accecante di un monumento a José Martì, nel quartiere Vedado.
Sarà
per questo che al chiosco all'angolo vendono solo Granma e Juventud
rebelde,
il mondo secondo Castro. Un cittadino habanero vuol sapere cosa è
successo
dopo la sparatoria all'aeroporto di qualche giorno fa, come è andata a
finire con i due soldatini presi mentre tentavano di dirottare un
aereo per
fuggire dall'isola - hanno ucciso, rischiano la pena di morte - e in
prima
pagina su ‘
Granma trova una foto di Raul che riceve il ministro della Difesa
cinese e
un'illuminante "lettera di José Martì alla madre". Per carità. E' il
giorno
della mamma. Festa grande a Cuba. Ma le ipotesi sulla fuga dei
soldati di
leva dalla caserma circolano solo sul porta a porta di "Radio Bemba", il
passaparola, il pettegolezzo del vicinato, l'unico mezzo di
comunicazione
dell'Avana che racconta i brandelli, assai fantasiosi, di ciò che la
verità
di Stato nasconde. La stampa estera è introvabile.
Neanche a Internet ci si può affidare. Solo gli stranieri possono. I
cubani
no. Hanno una rete loro, Intranet. Una rete interna con un servizio di
messaggeria e un accesso limitato ai siti. Si entra in Cubasì , si legge
Granma online , si trova Telesur . Il Miami herald non si apre. La Bbc
nemmeno.
Internet vera esiste in alcuni centri postali e negli alberghi per
turisti,
dove i cubani non possono entrare (qualche impiegato, dietro lauta
mancia,
chiude un occhio). Tariffe fino a dodici dollari l'ora. Per averla a
casa
bisogna avere un permesso speciale, per ragioni di lavoro. Costa
comunque
molto: 80 dollari, 60 ore mensili. E il collegamento è lentissimo.
Chi può
risolve con gli allacci in nero, installati per lo più dagli stessi
operai
Entel (proprietà Telecom) che durante il giorno si occupano delle
connessioni legali e nel fuoriorario notturno del resto, ricompensati in
dollari. Se la polizia si accorge sono dolori.
L'informazione è lacunosa, la comunicazione complicata, la propaganda
invece
gode di ottima salute. E di lauti finanziamenti. Prendiamo i cinque
eroi. Li
chiamano così. Sono Antonio Guerrero, Fernando Gonzales, Gerardo
Hernandez,
Ramon Labanino e René Gonzales, sorpresi in territorio statunitense
mentre
lavoravano per i servizi segreti cubani e condannati a lunghe
detenzioni con
processi contro cui si è pronunciata la Corte di Atlanta.
Come ai tempi di Elian, il bambino cubano conteso tra Cuba e i
parenti di
Miami, rispedito all'Avana e trasformato nella mascotte del regime, i
cinque
eroi sono diventati pane quotidiano per la propaganda castrista. Fanno
capolino alle fermate degli autobus, alle stazioni della radio,
all'entrata
della gelateria. Gli dedicano letture, serate, concerti. «Che sei
stato a
vedere l'atto per i cinque eroi?», «Bisogna andare al presidio per i
cinque
eroi» si ascolta all'uscita di una scuola secondaria.
I cinque eroi di mestiere facevano le spie. Da quando sono famosi, però,
sono scrittori, poeti, caricaturisti. A Gerardo Hernandez gli pubblicano
libri di vignette. E' uscito anche un libro di corrispondenze. "El dulce
abismo" si chiama, "il dolce abisso". «Cartas de amor y de esperanza de
cinco familias cubanas».
All'Uneac, l'unione degli artisti e degli scrittori cubani, c'è chi
mastica
amaro. Uno degli iscritti più anziani si rigira il libro tra le mani:
«Non
abbiamo carta. Per pubblicare racconti bisogna raccomandarsi a tutti
i santi
e se va bene ti fanno duemila copie e un'unica edizione. Quando è
finita,
chiuso. Nessuna ristampa. Ai cinque eroi invece li pubblicano come
fossero
Garcia Marquez ».
Così come ai tempi del piccolo Elian, dopo l'emozione iniziale, c'era
chi
avrebbe volentieri fatto a meno di vedere quel bambino portato a
spasso per
tutta l'isola sulle ginocchia di Fidel, la solidarietà con i cinque
eroi va
scemando, sopraffatta dall'onnipresenza dei cinque faccioni eternamente
sorridenti.
«Le mogli hanno vinto alla lotteria - commentano acidi al mercato
agropecuario - viaggiano, scrivono, vanno in tv. C'è da sperare per
loro che
non li rilascino mai. Obiettivamente, ma chi l'ha mai vista la moglie
di un
agente che fa la vita di quelle lì?».
Nella propaganda ai tempi di Raul il posto d'onore tocca a un italiano.
Giustino Di Celmo. Padre di Fabio, ucciso da un attentato in un hotel di
lusso organizzato da Posada Carriles, il Bin Laden dei Carabi
scarcerato con
una decisione scandalosa da una giudice statunitense e al momento
libero a
Miami.
Di Celmo, addolorato, è andato a vivere all'Avana. Il regime ne ha
fatto un
testimonial. Se lo portano dappertutto. In tv, ai comizi, anche sul
palco
del primo maggio. Gli hanno dato una laurea honoris causa. Lui,
grato, parla
di Cuba come se fosse il migliore dei paradisi possibili. Si è anche
candidato alle ultime elezioni politiche in Italia. Nella lista dei
Comunisti italiani per la Camera dei deputati. Di mestiere fa
l'imprenditore.
A Cuba è vietato aprire ristoranti privati. Ma Di Celmo ha una
pizzeria nel
miglior quartiere dell'Avana. Si chiama Fabio, come il figlio morto e
come
la pizza della casa, con cipolla e olive. Pizza Fabio, quattro dollari e
sessantacinque.
A.N.
Lo scorso 30/5 il quotidiano "Liberazione" ha dato grande spazio ad
un "reportage" da Cuba, a firma di Angela Nocioni. Un "reportage" non
solo estremamente duro contro quel paese ed il suo governo, ma
persino carico di volgari allusioni ed insulti contro Giustino Di
Celmo - padre di Fabio, l'italiano morto in un attentato anticubano
della CIA - e contro le mogli dei Cinque eroi prigionieri negli USA.
Non si tratta del primo attacco contro la Cuba di Fidel dalle pagine
di "Liberazione". A ripetizione, in passato sono state regalate
intere pagine ad esempio alla penna di Antonio Moscato, durissimo
critico del socialismo cubano e di Fidel Castro. Ma stavolta, di
fronte a questo torbido esempio di giornalismo di servizio (cioè, al
servizio dei nemici di Cuba), si è levato subito un coro di proteste
rivolte alla giornalista, al quotidiano, al suo direttore Sansonetti.
Poichè la campagna di diffamazioni, guerra psicologica e
disinformazione strategica attuata oggi contro Cuba assomiglia
tragicamente alla tempesta mediatica che da quasi 20 anni è stata
scatenata contro la Jugoslavia, e che ha colpito a morte quel paese
assieme ad alcuni dei suoi rappresentanti politici, pensiamo sia
doveroso riportare gran parte dei testi relativi a quest'ultimo caso,
assieme agli articoli della stessa Nocioni, per affidarli "ai
posteri" in quanto paradigmatici di quel giornalismo disonesto e di
guerra che sta segnando cupamente la nostra epoca.
(a cura di IS)
1) LIBERAZION-EX (Redazione di Nuestra América)
2) CUBA E “LIBERAZIONE”: COSA DOBBIAMO ASPETTARCI DAL QUOTIDIANO
DEL PRC? (Redazione di Radio Città Aperta)
3) Lettera a liberazione (Fabio de Nardis, José Luiz Del Roio, Fabio
Marcelli, Rita Martufi, Barbara Spinelli, Luciano Vasapollo, Raul
Mordenti, Matteo Carbonelli)
4) Cuba, si salvi chi può... (Matteo Rossignoli)
5) RISPOSTA AL DIRETTORE DI LIBERAZIONE (Associazione Nazionale di
Amicizia Italia-Cuba)
6) DOVE VA “LIBERAZIONE”? (Claudia Cernigoi)
7) Angela Nocioni e l'America Latina su Liberazione (di Gennaro
Carotenuto)
8) Angela Nocioni su Liberazione del 30 maggio 2007:
- Cuba, i giovani sognano la fuga !?
- Giustino Di Celmo, star del regime !?
VEDI ANCHE:
Angela Nocioni, giornalista in carriera
http://www.gennarocarotenuto.it/dblog/articolo.asp?articolo=1145
=== 1 ===
LIBERAZION-EX
Come voce fuori dal coro vogliamo ringraziare la signora Angela
Nocioni che, con i suoi puntuali reportages da Cuba, ha finalmente
messo in atto una sorta di outing che una certa sinistra (o
presunta tale) non riusciva a partorire ed a rendere visibile. Brava
signora Nocioni per il suo gesto di coraggio e di libertà: gliene
siamo e gliene saremo eternamente grati, perché ci ha risolto, in
pochi giorni, i tanti dubbi che ci assillavano da tempo, ultimo dei
quali quello di una nostra lettrice cubana, Isabel, che trovandosi in
Italia e non appartenendo a quella “maggioranza silenziosa e
nascosta che vuole salvarsi fuggendo” visibile solo a lei ed a pochi
altri eletti recatisi nel tempo sul suolo cubano, che ci ha chiesto
insistentemente del perché il 9 giugno prossimo si svolgeranno due
manifestazioni contro la visita di Bush ed a quale delle due fosse
più opportuno partecipare.
Il suo atto di coraggio e di libertà, reiterato dallo scorso 22
maggio anche il 30, ci ha, d’incanto, aperto gli occhi e fatto
giungere alla conclusione che alla cara compagna Isabel potremo
dare una risposta esauriente e senza tema d’errore.
Lo sappiamo, il coraggio e la libertà sono cosa rara
nell’universo giornalistico, specie in questi ultimi tempi quando
anche un istituto come la Freedom House, che “merita tutto il
rispetto” per essere un ente di sicura matrice democratica, non
foss’altro perché nato e cresciuto nella patria delle democrazie,
gli Stati Uniti, classifica l’informazione italiana al 79° posto nel
mondo a pari merito con il grande modello di democrazia del Botswana
ed all’ultimo posto tra i paesi dell’Europa. I suoi articoli su Cuba
non le faranno vincere il premio Pulitzer, ma sicuramente
contribuiranno a migliorare la posizione in classifica dell’Italia,
anche se poi si dovrà spiegare all’istituto stesso che purtroppo
tale coraggio e tale libertà sono stati “apprezzati” solo dai
pochissimi lettori del giornale sul quale scrive ma che sicuramente
nei prossimi giorni qualche toilette di qualche autogrill in
scarsità di carta igienica troverà il modo di prestarsi ad essere
involontario diffusore dei suoi brillanti reportages.
Il giornalismo si fa così e se continuerà su questa strada
migliorerà certamente la qualità dell’informazione italiana, al
fianco dei portabandiera della libertà come Emilio Fede, Bruno Vespa
e Giuliano Ferrara potremo, con orgoglio, aggiungere, anche per pari
opportunità e rispetto alla diversità di genere, il nome di Angela
Nocioni.
Un mondo di ex del resto si sta affermando velocemente, perché
non estenderlo a quanti sono in vena di trasformismo e, con fatica ma
con orgoglio, cominciano a rivendicare la propria nuova
appartenenza? Avanti popolo, suggeriva una vecchia canzone che,
almeno di default le dovrebbe essere nota, perché no avanti verso
nuovi e più tranquilli approdi?
Leggendo i suoi reportages, signora Nocioni ci è anche
sopraggiunto il dubbio che lei fosse la giornalista giusta nel
giornale sbagliato. Ci siamo chiesti come potesse aderire alla
realtà che un giornale comunista scrivesse delle enormi cattiverie
su Cuba e sul socialismo. Ma poi, ripercorrendo la storia di questi
ultimi due anni (ci par di capire da un congresso a Venezia, “come è
triste Venezia...”) ci siamo detti che no, era possibile, non era la
giornalista ad aver sbagliato giornale, era il giornale ad aver
sbagliato partito e collocazione. Magari un suggerimento gratuito:
che dire di un “Liberazion-ex” tanto per restare a pieno titolo
dalla parte degli attuali vincenti?
Ai complimenti di cui sopra tuttavia ci sentiamo anche di farle
un rimbrotto, minimo per carità, ma necessario perché impari a
limitare la sua cattiva educazione. Non ci appaiono molto educati i
suoi insulti nei confronti di un anziano che ha perso un figlio
barbaramente assassinato da uno che, come lei, con la sostenibile
leggerezza che il mondo di oggi richiede per essere alla moda,
liquida la morte di un ragazzo con battutacce di pessimo gusto. Né
ci sono apparsi educati i suoi sproloqui nei confronti di 5 donne
che, vivendo ogni giorno una impari lotta per la richiesta legittima
di poter condividere la propria vita con la persona che si ama,
ricevono da parte del loro governo l’appoggio più incondizionato, lo
stesso appoggio che molti di noi avrebbero voluto avere, per
esempio, da un governo di centro sinistra su alcune questioni chiave
come il rifiuto della guerra, il ripristino di sane regole nel mondo
del lavoro ed un’attenzione particolare per i
problemi della previdenza che ci stanno per cadere addosso.
Pazienza, dovremo abituarci, perché se dovessimo ottenere una
qualche attenzione da qualcuno, rischieremmo anche noi gli strali
della signora Nocioni che ci dirà, giustamente, che saremmo strumenti
nelle mani del “regime”. Un ultimo eccesso di maleducazione sempre
nei confronti di chi soffre ci pare essere stato messo in atto nei
confronti di 5 agenti dell’antiterrorismo (rientranti semmai in
attività di controspionaggio, signora, non spionaggio, altrimenti
antiterrorismo sarebbe equivalente di terrorismo, no global si
potrebbe definire global, controrivoluzione rivoluzione e via
discorrendo, che sbadataggine!) la cui detenzione, aldilà delle
futili argomentazioni imperialiste, è comunque una tortura
quotidiana: senza visite, isolamento in buchi di due metri per due,
eccetera.
Potrà obiettare che il codice deontologico dei giornalisti non è
molto ricco di richiami all’educazione e questo è vero, ma è anche
vero che esso dà per scontato il fatto che alla buona educazione
debbano rifarsi tutti e non solo i giornalisti. Ma, del resto,
l’educazione è un po’ come il coraggio di don Abbondio “se uno non
ce l’ha, non se lo può dare” e lei credo che ricada in questo caso,
visto il cattivo gusto di prendersela in sequenza, con gli affetti
privati di ben undici persone (escludendo figli, parenti ed amici
degli stessi che, glielo possiamo garantire, sono davvero tanti).
Alla buona educazione sono tenuti tutti coloro che in una società
civile hanno diritto di manifestare le proprie idee anche scrivendole
sui giornali, alla buona educazione se non è in grado di provvedere
la famiglia, deve provvedere lo Stato: le sarà sfuggito questo
aspetto nel suo soggiorno caraibico, ossia che a Cuba il ministero
che sovrintende alla formazione culturale delle giovani generazioni
non si chiama, come in Italia, “dell’istruzione” bensì
“dell’educazione”, proprio perché una buona istruzione senza una
buona educazione non va molto lontano, tant’è vero che lei è rimasta
nei ranghi di un giornale piccolo piccolo e probabilmente inutile
come il suo Liberazion-ex. Per aspirare ad un Tg di Rete 4 o Italia
1, o ad una poltrona da editorialista al Foglio di Ferrara che
sicuramente le si addicono per affinità culturali, deve ricominciare
da quella materia che una volta si chiamava educazione civica: non è
mai troppo tardi...
Tuttavia ancora una volta vogliamo ringraziarla, signora Nocioni,
per averci dato la possibilità di poter rispondere ad Isabel che il
9 giugno ci saranno due manifestazioni sì ma ad una ci sarà
sicuramente lei, “sincera democratica e nemica dei ‘regimi’”,
insieme a tanti suoi amici anch’essi nemici di Cuba; all’altra ci
saranno solo compagni che di Cuba, del suo governo e, soprattutto,
del suo popolo sono amici con tutte le diverse sensibilità
soggettive. Grazie per averci solertemente indicato dove si trovi in
realtà il 9 giugno il posto di ogni sincero pacifista, di ogni
sincero nemico di Bush e di quanti, a cominciare da lei, signora
Nocioni, gli danno una mano anche inconsapevolmente.
1 giugno 2007
La redazione di Nuestra
América
=== 2 ===
CUBA E “LIBERAZIONE”: COSA DOBBIAMO
ASPETTARCI DAL QUOTIDIANO DEL PRC?
a cura della redazione di Radio Città Aperta
Cuba: da decenni la spina nel fianco degli Stati Uniti. Un blocco
economico che dura ormai da quasi 50 anni, terrorismo, tentativi di
invasione, propaganda sovversiva, protezione dei terroristi, soldi,
tanti soldi, per comprare chiunque sia possibile comprare. Una spina
nel fianco che gli USA proprio non riescono a togliersi. Ma perché
una spina? E perché nel fianco? Di cosa hanno paura i signori del
mondo? Che Cuba li invada? Beh, francamente, neanche il più
fantasioso autore di fantasy arriverebbe a tanto! Ah certo, è
l’amore per la Democrazia! E l’appoggio alla dittatura di Batista? E
il Cile di Pinochet? E tutte le dittature militari? E le torture?
Insomma, i conti non tornano. Forse è più probabile che il problema
sia l’esempio; Cuba, questa piccola isola di 11 milioni di abitanti,
sta lì e continua ad urlare: Sì, si può! E allora ecco il Venezuela
e poi la Bolivia e nasce Telesur e l’Ecuador espelle il
rappresentante della Banca Mondiale (deve essere
rimasto annichilito che un governo, certo un governo sovrano, ma
pur sempre un governo latinoamericano, osasse tanto, invece di
limitarsi ad inchinarsi e ringraziare) e poi si progetta la Banca
del Sud e poi gli scambi petrolio-risorse umane (petrolio-risorse
umane? e i dollari?) e l’Alca non decolla e nasce l’Alba; insomma
l’incubo si sta avverando e allora ecco fiumi di inchiostro,
televisioni e radio: tutti a difendere la Democrazia.
Fin qui niente di nuovo. E’ normale che gli Stati Uniti perseguano
i loro interessi. Che l’Unione Europea difenda i propri. E’ normale
che la stampa di destra scriva sciocchezze e faccia disinformazione,
non vale neanche la pena di starne a discutere. Chi si mette al
servizio dei padroni, come si diceva una volta, quello deve fare. Ma
quando è la sinistra a fare queste operazioni la cosa è più
inquietante. E allora sì ci viene voglia di discuterne.
In pochi giorni sono usciti, sul quotidiano Liberazione, tre lunghi
articoli di Angela Nocioni su Cuba. Quello che salta agli occhi
immediatamente è il non detto che poi si trasforma in una vera e
propria campagna di diffamazione.
Nell’articolo del 22 maggio, ben otto colonne, la giornalista non
cita mai il blocco economico statunitense, scrive soltanto che le
ristrettezze “sono attribuite al solito vecchio nemico
imperialista”, come se si trattasse di una sciocchezza e di una
fissazione ideologica.
50 anni di blocco economico esteso a tutte le imprese del mondo
liquidato così, in una riga, il solito vecchio nemico imperialista,
una stupidaggine. Non possiamo credere che una giornalista esperta
che conosce a fondo l’America Latina non sappia cosa significhi. Per
tutte le otto lunghe colonne, descrizioni della difficile vita
quotidiana, senza analisi, contestualizzazione, senza uno straccio
di confronto con la vita nei paesi dell’area. Ma poi il 30 maggio
Angela Nocioni diventa più pesante: “Cuba, si salvi chi può: i
giovani sognano la fuga”. Questo il titolo. L’articolo inizia in
prima pagina e prosegue poi a pag. 9, sempre su otto colonne. E via
con storie d’amore distrutte dalla voglia di partire: Lui lascia Lei
per sposare una straniera e andarsene all’estero. Storie d’amore? Ma
di che parla? E poi la difficoltà per ottenere i visti per l’estero:
le fideiussioni bancarie, le assicurazioni, il biglietto di andata e
ritorno, magari avrebbe dovuto
specificare che sono le ambasciate straniere a richiederli.
L’ultima colonna dell’articolo è tutta dedicata ad una tomba nel
cimitero de L’Avana a cui si va per chiedere una grazia. Ma non ha
mai girato per le nostre città? Non ha mai visto gli altarini con
gli ex voto attaccati ai muri? Probabilmente quello che voleva era
chiudere con quella frase: “Amelia, vergine miracolosa, grazie per
il visto”.
L’articolo che ci ha più colpito è sempre del 30 maggio e sempre
della nostra inviata come scrive Liberazione: La propaganda ai tempi
di Raul, la pizza Fabio e i Cinque Eroi. Inizia parlando
dell’informazione e di come la gente voglia sapere “come è andata a
finire con i due soldatini presi mentre tentavano di dirottare un
aereo per andarsene”. I due soldatini? Il 29 aprile un gruppo di
uomini ha ucciso una sentinella presso un’unità delle Forze Armate,
ha ferito un altro soldato e si è impossessato di fucili, parte del
gruppo è stato arrestato tranne due che hanno sequestrato un autobus
del trasporto urbano, preso in ostaggio i passeggeri per poi
irrompere nell’aeroporto de L’Avana, saliti su un aereo hanno ucciso
uno degli ostaggi; due soldatini?
Poi si parla di Internet: “neanche a Internet ci si può affidare.
Solo gli stranieri possono. I cubani no.” E neanche una parola sul
fatto che nel 1996 la Legge Helms-Burton , statunitense, ha
impedito la creazione di una rete di cavi in fibra ottica per la
trasmissione di dati. Neanche una parola sul fatto che il blocco
obbliga alla connessione solo via satellite, lenta e molto più
costosa. Poi la Nocioni se la prende anche con i 5 cubani
ingiustamente detenuti negli Stati Uniti con processi, come lei
stessa ammette, contro cui si è pronunciata la Corte di Atlanta, ma
non la turba affatto che siano ancora in carcere. La turba invece
che Cuba non si stanchi di denunciarlo.
E così torniamo a quanto dicevamo all’inizio. Cuba dà fastidio
perché non cede, non si adegua, non si inchina. Su quanto viene
scritto su Fabio Di Celmo, il giovane italiano ucciso da una bomba
piazzata dal terrorismo anticubano, francamente preferiamo tacere
per rispetto suo e di suo padre.
Un giornalista dovrebbe dare informazioni quanto più possibile
complete ed un giornalista di un quotidiano di partito dovrebbe
esplicitare una posizione politica. Qual è quella della Nocioni?
Quella di Liberazione? Qual è la posizione del Partito della
Rifondazione Comunista nei confronti della Rivoluzione Cubana?
Si avvicina l’estate e si avvicinano le Feste di “Liberazione”. Lo
stand cubano ci sarà? Ma sì, il rum è buono, la musica è allegra e
poi una maglietta del Che non si nega a nessuno. Ernesto Che Guevara
è morto e si può continuare ad usarlo, tanto non dà più fastidio a
nessuno. Ma ne siete sicuri?
=== 3 ===
Lettera a liberazione di: Fabio de Nardis, José Luiz Del Roio, Fabio
Marcelli, Rita Martufi, Barbara Spinelli, Luciano Vasapollo, Raul
Mordenti, Matteo Carbonelli
Abbiamo seguito, con crescente sconcerto, le corrispondenze di
Angela Nocioni da Cuba, tutte volte ad accreditare un'immagine di
sfascio che è in oggettiva contraddizione con la realtà che alcuni di
noi hanno potuto constatare di persona; Cuba non è un paradiso, ma
una realtà in movimento che, tra mille problemi di vario ordine,
tenta oggi con qualche successo la via di consolidamento di un'altra
società, attenta ai bisogni degli esseri umani e che serve per tanti
versi da modello agli altri Paesi latinoamericani e al resto del
mondo, che ha ottenuto il riconoscimento di importanti
organizzazioni internazionali, fra le altre l'OMS e l'UNESCO e che
svolge, attraverso i suoi medici internazionalisti, una fondamentale
opera di soccorso umanitario nelle situazioni più disparate.
Ma là dove tali corrispondenze violano non solo i dettami della
professionalità giornalistica e della correttezza politica, ma anche
i più elementari sentimenti di umanità e il buon gusto, è con
l'articolo "dedicato" ai cinque cubani e a Fabio Di Celmo, apparso
su Liberazione del 30 maggio u.s.
Il terrorismo manovrato dagli Stati Uniti contro Cuba è una realtà
e basta avere una conoscenza superficiale degli ultimi decenni di
storia della regione per saperlo; tale terrorismo ha provocato oltre
tremila vittime e danni materiali ingenti, che si sommano all'embargo
e al boicottaggio tentato attraverso tutti i mezzi, non ultimi
quelli di informazione, fra i quali ci rattrista trovare oggi
Liberazione.
I Cinque cubani, che da oltre otto anni sono rinchiusi nelle carceri
statunitensi non sono "spie", come banalmente definite dall'articolo
e come sostiene il governo Bush, ma agenti infiltrati nelle
organizzazioni terroristiche aventi sede a Miami per prevenire
ulteriori attacchi contro il popolo cubano. Ci sentiamo fortemente
impegnati per la loro immediata liberazione e per la condanna del
terrorista Posada Carriles, recentemente liberato, su richiesta
governo degli Stati Uniti in segno di gratitudine per i servizi resi
e per evitare che faccia rivelazioni imbarazzanti per molti
personaggi oggi al potere a Washington.
Dipingere le loro mogli, che da oltre otto anni sono costrette a
fare a meno dei loro compagni, e Giustino Di Celmo, che ha perso un
figlio nel fiore degli anni, come opportunisti che trarrebbero un
qualsivoglia beneficio da tale situazione, ci sembra un'operazione
veramente indegna, specie per un giornale come Liberazione che reca
tuttora sulla sua testata la dicitura "quotidiano del Partito della
rifondazione comunista" e che, perlomeno in quanto tale, dovrebbe
ispirarsi a ben altra etica e visione dei rapporti fra le persone.
Fabio de Nardis, José Luiz Del Roio, Fabio Marcelli,
Rita Martufi, Barbara Spinelli, Luciano Vasapollo
=== 4 ===
Cuba, si salvi chi può... lettera a Liberazione
Se lo lasci dire, caro direttore, che con un giornale al minimo
della fogliazione, con tirature paragonabili ai giornalini di
quartiere e con notizie spesso in ritardo rispetto anche al tam tam
della rete, permettersi il lusso di mandare un’inviata a La Habana
per un reportage di una intera pagina, dove si rimarca che Cuba non
è il paradiso, ma invece un paese dove esistono più ragioni per non
credere più alla società socialista che quelle per cui crederci
ancora, per disilludere i nostri giovani sul mito dell’uomo nuovo
proposto dal Che e per troncare ogni possibile idea che un altro
mondo è possibile...
Non è certamente una grande iniziativa politica e anche non mi
sembra, giornalisticamente parlando una grande idea, visto e
considerato che già lo fanno, e da parecchio tempo, il 98% dei
giornali e delle agenzie italiane.
Di come sia difficile vivere a Cuba lo sappiamo tutti, amici e
nemici di Cuba, non lo nascondono nemmeno i cubani, che con la loro
espressione “es una lucha” lo continuano a testimoniare
giornalmente, nel fare la spesa, nel cercare di sistemare il loro
alloggio, nel trasporto per andare al lavoro, per la carenza di mille
cose, la voglia di partire, ecc.
Non c’è bisogno di inviare nessuno, lo hanno già raccontato in
tutte le salse e lo riscontriamo in molti altri paesi dove non esiste
il socialismo.
Invece di raccontarci, ancora una volta, scelte e idee personali
di alcuni giovani cubani, non sarebbe meglio far conoscere ai
lettori di come un paese affronta le problematiche dettate dal
neoliberismo e da un embargo economico da più di 45 anni?
Non sarebbe meglio raccontare che i giovani tagliatori di canna,
con il riordino della produzione di zucchero e la chiusura del 50%
delle Centrali (zuccherifici), invece di essere cacciati sulla
strada hanno trovato un salario frequentando scuole di
specializzazione agraria e tecniche sulla lavorazione dei surrogati
dello zucchero (cose da pazzi!) e che alla fine la resa produttiva è
aumentata sia in temine di zucchero che di energia?
O raccontare di quei giovani che abbandonato lo studio, sono stati
avvicinati da altri giovani, operatori sociali, e stimolati a
riprendere gli studi con un salario quasi pari ad un professore? E
di quelle migliaia di giovani che partono per missioni
internazionaliste e, udite udite, ritornano a fronte di qualcuno che
invece "evade" e che l'inviata non riesce a trovarne stime?(basta
chiedere a Miami).
Perchè trattare con superficialità indegna il tema dei cinque
agenti cubani (si parla di terrorismo, di vittime...).
Davvero si vuole raccontare che la vera causa del problema casa a
Cuba sono i soppalchi? (mostriamo invece il nuovo piano delle
costruzioni rilanciato dopo aver ripreso la produzione di cemento e
del materiale edilizio, con grande ricerca nella bioedilizia e
nell'energia pulita), Parliamo dell’emigrazione dei giovani,
foraggiato attraverso le scandalose politiche migratorie degli USA,
(con conseguente furto di specialisti e atleti quasi a costo zero) e
del mito del consumismo..
Persino sulla “vergine miracolosa”, credenza pre rivoluzionaria
sul modello “Giulietta e Romeo”, la nostra Angela riesce a trovarne
punti di dissenso e critica alla rivoluzione.
Tra le molte imprecisioni dell’articolo quella che più mi ferisce
è l’affermazione su Giustino Di Celmo, che conosco personalmente. Lui
non è andato ad abitare a Cuba, ci abitava già da molto tempo, non è
un testimonial del regime, ha solamente giurato di battersi fino
alla morte per ottenere giustizia per suo figlio, e Cuba, a
differenza dell'Italia, gli ha dato spazio in questa battaglia
comune, ma sembra che questo dia fastidio al nostro giornale e alla
sua inviata. Che senso ha denigrarlo, invece di appoggiarlo nella
sua sacrosanta richiesta di estradizione di Posada Carriles.
Per ultimo e per la precisione, a Cuba si possono aprire i
ristoranti privati, alcuni sono gestiti dalla comunità cinese (nel
barrio cino), altri dalle varie associazioni di origine spagnole
(galleghi, valenciani, ecc.) o da centri culturali. Molti altri sono
a gestione familiare denominati “paladar”, se ne trovano ovunque e,
cara Angela, da brava inviata dovresti saperlo, questi paladar non
possono avere più di 12 posti (limitazione del regime). Avrai quindi
notato che la Pizzeria Fabio è molto più grande: nemmeno al nostro
caro Giustino è stato permesso trasgredire una legge cubana, infatti
e un locale della catena Rumbos, a partecipazione minoritaria
straniera, e nel caso della pizzeria il socio minoritario è proprio
Giustino.
Censuratela pure se volete, io comunque la invio a tutti i nostri
parlamentari, senatori, circoli e associazioni.
Paolo Rossignoli
Editore (Verona)
=== 5 ===
RISPOSTA AL DIRETTORE DI LIBERAZIONE
Segreteria Nazionale - Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
Gentile Direttore,
abbiamo letto sul numero di mercoledì 30 maggio due nuovi articoli
pubblicati da Liberazione che sono apertamente e decisamente critici
contro il Governo cubano. Niente di male, il suo non è il primo
giornale italiano che attacca fortemente Cuba, anzi su questo
argomento è pienamente nello spirito della stragrande maggioranza
dei mass-media del nostro Paese.
Quello che, invece, contestiamo fortemente degli articoli è la loro
assoluta parzialità contro il Governo cubano. Giudizi trancianti e
una forte dose di non conoscenza dei processi in atto oggi a Cuba da
parte dell’inviata di Liberazione sono un cocktail di estrema
gravità per la realtà delle cose. Un primo esempio concreto di
questa disinformazione riguarda i 5 patrioti cubani, che per
Liberazione sono “cinque eroi che di mestiere facevano le spie”, ma
questa è un'accusa ormai decaduta anche per i generali dell'Esercito
statunitense (testimonianza del generale James R. Clapper) e per gli
alti dirigenti dell’FBI che hanno affermato, al processo di Miami,
che i 5 cubani non possono essere considerati spie perché non si
sono mai impossessati, né hanno mai tentato di farlo, di documenti
degli Stati Uniti classificati come segreti, né hanno mai lavorato
contro la sicurezza degli USA. Semplicemente, i 5 controllavano
l'attività terroristica dei gruppi anti-cubani che
da Miami, con il beneplacito e il sostegno del Governo degli Stati
Uniti, organizzavano attentati contro il popolo cubano. Dunque
Liberazione più filo-statunitense dell’FBI, verrebbe da dire se la
cosa non fosse di assoluta gravità.
Seconda questione. Negli articoli dell’inviata di Liberazione non
si parla mai del blocco statunitense contro Cuba che dall'inizio
degli anni Sessanta ha prodotto un danno economico complessivo di
86.108 milioni di dollari all’economia della Repubblica di Cuba
(4.108 milioni di dollari solamente nell'anno 2006). A questi
occorre aggiungere altri 54.000 milioni di dollari, come danni
materiali causati sia da azioni di guerra del Governo degli Stati
Uniti sia da una serie di innumerevoli attentati messi in atto dai
suddetti gruppi terroristici, organizzati, finanziati e addestrati
dal Governo statunitense. Dei 3.478 morti e dei 2.099 invalidi
permanenti causati da tali attività neppure se ne parla perché,
evidentemente, alla vostra giornalista non interessano. Premesso
questo, forse si capisce meglio il perché della presenza dei 5 in
Florida, dove non era necessario essere "spie", poiché in questo
luogo le organizzazioni terroristiche operano alla luce del sole.
Se l’inviata avesse saputo di questo danno enorme provocato dal
blocco, probabilmente non avrebbe così fortemente imputato al
Governo cubano i problemi economici dell’Isola che, in ogni caso, non
hanno impedito ai cubani di proseguire con un'assistenza gratuita
per tutti e con servizi sociali di alto livello per tutta la
popolazione, in un contesto come quello latino-americano dove il
neoliberismo ha assassinato milioni di persone per fame e per
sfruttamento.
Noi non vogliamo dire che a Cuba tutto va bene, non siamo così
sciocchi e privi della capacità di discernere i fatti come qualcuno
vorrebbe disegnarci. Certamente occorre discutere con i compagni
cubani, ma partendo dal fatto che i cubani sono persone in carne e
ossa come noi, e che a differenza di noi sono riusciti a fare una
vera Rivoluzione che ha cambiato in meglio la vita di milioni di
essere umani e che, ancor oggi, rappresenta un punto di riferimento
per tutta la sinistra latino-americana e non solo, vivendo a poche
miglia dalla superpotenza statunitense che fin dal 1959 ha
dichiarato loro una guerra infinita.
E' sufficiente consultare e confrontare i dati forniti dalle
maggiori organizzazioni delle Nazioni Unite (UNESCO per la cultura,
UNICEF per l'infanzia, FAO per l'alimentazione, OMS per la sanità) e
di altre istituzioni internazionali che molto spesso indicano Cuba,
per i risultati raggiunti in questi campi, come un modello per i
paesi del Terzo Mondo.
Terza questione. La parzialità dell’inviata di Liberazione è
palesemente sfacciata quando si afferma, addirittura nel titolo:
“Cuba, si salvi chi può... i giovani sognano la fuga”. Sicuramente,
come in ogni paese, specie in latino-america vi è una fascia di
persone, anche giovani, che vogliono lasciare il paese con
argomentazioni politiche o più semplicemente economiche, visto che
il blocco è ancora un pesante macigno sull’autodeterminazione della
Repubblica cubana e ne ostacola la piena realizzazione in economia.
Ma cercare di a, addirittura nel titolo: “Cunuperpotenza statunitense
che dal 1061 gli ha dichiarato guerra.ni e che, ancor oggi,
rappresentafar intendere ai lettori che i giovani cubani in generale
sono al “si salvi chi può” è un evidente tentativo di disinformare
sulla realtà di Cuba. Per noi, che questo attacco provenga da altri
quotidiani è quasi normale, ma da Liberazione ci pare una cosa
gravissima.
Quarta questione. Di Celmo. Far trasparire di aver permesso a
Giustino Di Celmo - padre del giovane Fabio assassinato in un hotel
di La Habana dai terroristi organizzati da Posada Carriles - di
aprire una pizzeria a La Habana in cambio di un appoggio acritico al
Governo cubano, anzi come lo ha chiamato la vostra inviata, “al
regime”, ci pare davvero una cosa inaudita. Un affronto
intollerabile al dolore di un padre che, più che ottantenne, si
batte ancora contro il terrorismo internazionale che gli ha ucciso
il figlio e per la stessa memoria di Fabio. Il tentativo della
vostra inviata di mercificare il dolore e la vita del figlio in
cambio di una “pizza Fabio, 4 dollari e 65", è una vergogna che si
giudica da sola.
Quinta questione. Perché l’inviata di Liberazione non tenta di
fare chiarezza sulla questione Internet che, “grazie” agli Stati
Uniti, vede l’isola completamente tagliata fuori dalla possibilità
di un collegamento veloce e funzionale, visto che i cavi in fibra
ottica aggirano totalmente l’isola, e costringono i cubani a
servirsi di un servizio vecchio, carente e, soprattutto, lentissimo?
Perché non ci parla degli oltre 600 Joven Club de Computación in
tutta l'Isola dove i giovani, totalmente gratis, imparano a
utilizzare a proprio piacimento l'informatica?
E poi, perché non dire che i flussi migratori illegali sono
funzionali agli Stati Uniti che hanno disatteso completamente gli
accordi di 20.000 visti all’anno in uscita da Cuba verso gli USA?
Perché nel fare polemica non si ragiona anche su dati reali che
forse, diciamo forse, possono inficiare la verità inoppugnabile
della vostra inviata ma renderebbero un servizio ai vostri lettori
che potrebbero ragionare al meglio sulle questioni?
Con la speranza che il quotidiano da Lei diretto pubblichi per
dovere di replica questa nostra lettera e rimanendo a sua completa
disposizione per aprire un confronto su Cuba, la salutiamo fraternamente
=== 6 ===
DOVE VA “LIBERAZIONE”?
Quando ho visto pubblicato su "Liberazione" un articolo di Giampiero
Mughini, che secondo me avrebbe dovuto essere espulso dall'Ordine dei
giornalisti non tanto per quello che ha fatto quanto perché il suo
modo di scrivere, incompatibile con sintassi e grammatica italiana è
diseducativo per i giovani lettori, pensavo che il giornale avesse
toccato il fondo. Mi sono ricreduta quando ho letto un orrendo
articolo nell’inserto culturale (?) domenicale, “Queer”, che
proponeva il sesso orale come antidoto all’eccitazione che si prova
vedendo le immagini di Abu Ghraib, cose che ritenevo di non dover mai
leggere su un giornale che si dice comunista (non tanto per il sesso
orale, che è cosa che certo non mi scandalizza, quanto per il fatto
che ritengo che se qualcuno prova eccitazione sessuale invece di
orrore e disgusto di fronte ad immagini di torture dovrebbe ricorrere
allo psicanalista e, quantomeno per rispetto alle vittime, evitare di
farne un’icona).
Che non ci sia limite al fondo l’ho capito leggendo la risposta del
direttore Sansonetti alle varie lettere di critica al reportage (?)
di Angela Nocioni su Cuba. Nocioni, che ogni volta che parla di
America Latina, di Venezuela come di Cuba, lo fa con la tipica
spocchia della borghese pseudoilluminata europea che vede le cose con
l'occhio dell'occidentale che non ha mai patito fame, non sa cosa sia
desaparecire o non avere casa, non potere studiare, dovere fuggire
per sopravvivere, mi ricorda un po' la Oriana Fallaci di "Intervista
con la storia", che s'era permessa persino di trattare con
sufficienza dom Helder Camara, il vescovo di Recife cui gli squadroni
della morte del Brasile dei generali continuavano a mitragliare la
casa perché era "comunista"... e preciso che paragonare Nocioni a
Fallaci per me non è un complimento.
Non ho risposto all'articolo su Cuba di Nocioni perché non ho trovato
risposta: una sequela di banalità, falsità, omissioni, propaganda
allo stato puro, come si può leggere su un qualunque giornale
anticomunista. Mi ha invece profondamente scandalizzato l'editoriale
del direttore Sansonetti, che ha parlato di Cuba come di un "regime
di sinistra non democratico che oggi è illiberale, repressivo,
autocratico" e aggiunge, bontà sua, "non feroce come le dittature che
negli anni 70 e 80 hanno insanguinato l'America latina".
I parenti dei desaparecidos cileni, argentini (compreso Jorge Julio
Lopez, che avrebbe dovuto testimoniare contro i suoi aguzzini ma è
"scomparso" nuovamente nel settembre scorso, nell'Argentina
democratica e non "illiberale" come Cuba), dei massacrati dagli
squadroni della morte brasiliani, delle vittime delle repressioni
feroci di Bolivia, Ecuador, Colombia, Uruguay, Paraguay, del
Venezuela pre-Chavez, di tutto il centro America, ringraziano per
questa doverosa distinzione.
In effetti, l’unica risposta possibile ad articoli come quelli di
Nocioni o gli editoriali di Sansonetti l’ha data Flavio Amato in una
lettera pubblicata su “Liberazione” il 3 giugno nella quale cita le
parole di Frei Betto (che nel Brasile dei generali ha più volte
conosciuto le patrie galere): “come faccio a parlare di diritti umani
a Cuba quando in America Latina milioni di persone non hanno
conquistato ancora i diritti animali, quelli di avere un tetto, uno
straccio per ripararsi dalla pioggia o dal sole, il cibo di tutti i
giorni da dare ai propri figli e ai più deboli?”.
Cari Nocioni e Sansonetti, l’accesso ad Internet è comunque cosa che
viene dopo tutto questo.
Saluti comunisti
Claudia Cernigoi
Trieste
=== 7 ===
Angela Nocioni e l'America Latina su Liberazione, lettera a Piero
Sansonetti
Gentile Piero Sansonetti, direttore di Liberazione,
da due giorni il mio sito, che si occupa prevalentemente di
informazione e America Latina, è inondato di messaggi di lettori del
suo quotidiano, indignati per la pagina intera (pp. 1 e 9) pubblicata
a firma Angela Nocioni, presunta inviata a L'Avana per il suo
giornale, il giorno 30 maggio.
di Gennaro Carotenuto
Molti lettori, suoi e miei, mi chiedono di fare qualcosa,
attribuendomi un potere che evidentemente non ho. Non sono un lettore
di Liberazione, non ho alcun rapporto di lavoro con il suo giornale,
non sono mai stato militante né del PRC né di alcun partito di
sinistra. Sono solo un docente di Storia del Giornalismo e un attento
osservatore delle cose latinoamericane e del giornalismo italiano.
Se ho ricevuto una ventina di messaggi io, lei ne avrà ricevuti mille
e mi auguro li abbia letti. Non entrerò pertanto nel merito e
qualunque persona mediamente informata è in grado di farsi un'idea.
Non scandalizza certo il criticare Cuba e la Rivoluzione cubana
quando questa merita di essere criticata. E possiamo anche pensare
che forse, molti lettori di Liberazione non siano preparati a
sentirsi dire verità scomode su Cuba. Ma non è questo il caso. Il
caso è l'attacco volgare, la vulgata disinformata e disinformante, il
pregiudizio, la semplificazione arbitraria, l'intenzionalità
fuorviante, le menzogne, la denigrazione malintenzionata, il
sicariato informativo che traspare in ogni parola dei pezzi della
Nocioni.
Negli articoli della vostra redattrice c'è la beceraggine destrorsa
del Giornale o di Libero, c'è il pregiudizio rabbioso di Pierluigi
Battista sul Corriere, c'è l'ignoranza crassa di Omero Ciai di
Repubblica, che offende i suoi lettori ammannendo loro la realtà
latinoamericana da un caffé di Miami. Quegli articoli né informano,
né commentano, né spiegano. Solo offendono.
Con una superficialità disarmante, la Nocioni offende Giustino di
Celmo, padre di Fabio, cittadino italiano assassinato da Luís Posada
Carriles, e i familiari dei cinque cubani in carcere negli Stati
Uniti. E' evidente che il governo cubano fa di questi casi simbolo
anche un elemento di propaganda.
Ma come si permette la Nocioni la volgarità di dire che l'avere un
figlio morto, o un padre o un marito incarcerato in un paese
straniero ed ostile, sia la grande fortuna di queste persone,
convertite in star dal regime?
Anche le Madri di Plaza de Mayo ricevono inviti a iosa e sono amate e
rispettate in tutto il mondo per la tragedia della quale sono state
vittime. La Nocioni è troppo superficiale per saperlo, ma esiste da
vent'anni un dibattito nelle società latinoamericane su questo tema.
Rigoberta Menchù è più fortunata perché ha vinto il premio Nobel o
più sfortunata perché gli squadroni della morte le fecero a pezzi il
padre e non so più quanti familiari? Come si comporterebbe la Nocioni
al posto di Hebe de Bonafini o di Giustino di Celmo?
Angela Nocioni è recidiva. Lo scorso 3 gennaio, nel suo antichavismo
viscerale e aggressivo, riuscì a farsi bacchettare da sinistra da
Massimo D'Alema. Definì il processo redistributivo in Venezuela -cito
testualmente- come "elemosina" (sic!) e il ministro degli esteri
trovò l'occasione per darle una bella e meritata lezioncina. La
Nocioni è impresentabile in tutta la sua carriera di sicario
informativo antilatinoamericano. Ma sia onesto, Sansonetti. Una
pagina come quella della Nocioni non può sfuggire al direttore.
Liberazione è un piccolo giornale di partito e al partito risponde.
Non può non essere stata avallata da lei o da qualcuno che gode della
sua piena fiducia.
Tutto l'ambiente giornalistico sa che la Nocioni è sul punto del
grande salto da Liberazione a La Repubblica. Ma perché Liberazione le
dà lo spazio per uscirne immacolata e cancellare il suo peccato
originale di aver lavorato per un quotidiano "comunista", prima di
approdare definitivamente alla grande stampa?
Soprattutto, la disinformatia di quegli articoli, riguarda solo la
Nocioni o coinvolge Liberazione e il PRC?
E' solo il carrierismo della Nocioni a condizionare Liberazione, o
c'è invece una linea antilatinoamericana del PRC ad ispirare la Nocioni?
Le ricordo che il 24 marzo 1976 l'Unità, e con questa il PCI, evitò
di condannare il colpo di stato genocida del generale Videla in
Argentina. Era quella la linea che veniva da Mosca rispetto alla
dittatura dei 30.000 desaparecidos. Forse, se il PCI fosse stato più
deciso nel condannare quel colpo di stato, la diplomazia italiana
avrebbe salvato qualche vita in più. Ma la ragion di stato sovietica
veniva prima e quella resta una macchia indelebile sulla storia del PCI.
Nel condiscendere alla linea anticubana e antivenezuelana della
Nocioni, non si possono non vedere calcoli di bottega locali. E'
facile fare i comunistoni a parole in casa e ridicolizzare il
riformismo venezuelano in politica estera. La Nocioni smania per far
carriera, il PRC avrà altre mete, e mi piacerebbe conoscerle. Per
questo mentono e disinformano sull'America Latina né più né meno come
la Repubblica. Mi tolga una curiosità, Sansonetti. Da che parte
starebbe il PRC se domani ci fosse un golpe in Venezuela o una nuova
baia dei porci o l'aggressione contro uno qualsiasi dei paesi
latinoamericani?
=== 8 ===
Da "Liberazione - giornale comunista" - 30/5/2007
pag. 9, con richiamo da prima pagina:
---
La via più semplice per andarsene dall'isola degli «uomini nuovi»,
a parte il matrimonio, è ancora la carta d'invito all'estero.
Ma il governo ha cambiato le norme in senso restrittivo
Cuba, si salvi chi può...
I giovani sognano la fuga
Angela Nocioni
L'Avana nostra inviata
Fino a due anni fa erano in sei, poi sono arrivati gli zii dall'Oriente.
«Abbiamo costruito un soppalco e li abbiamo messi lì, cosa dovevamo
fare?»,
racconta Manolo stringendo le spalle.
Marco, cooperante di Grosseto, nel quartiere ha progetti di restauro
finanziati dall'Arci, l'unico grande accordo di cooperazione
sopravvissuto
al gelo diplomatico con la Ue con cui Cuba reagì alle proteste
europee per
la fucilazione di tre cittadini cubani del 2003. Spiega: «La ragione
per cui
il Centro Habana rischia di crollare ha molto a che fare con questa
storia
dei soppalchi. C'è un grande problema abitativo in città, gli edifici
coloniali del centro hanno soffitti di sei metri ma sono fatiscenti.
Nessuno
li ripara. Non ci sono i soldi e manca il materiale. Gli inquilini
costruiscono un soppalco nel mezzo, il "barabacoa". Lo caricano di
gente e
vanno avanti così finché non viene giù tutto».
La ricerca di un'organizzazione internazionale registra nel Centro
Habana
una media di 1,4 crolli quotidiani. Crolli interni, non vuol dire che
viene
giù un palazzo al giorno, ma se li metti insieme all'acqua da portare
con le
autobotti, al cibo che non basta e a tutti i problemi relativi al
sovraffollamento, il paradiso tropicale si tinge di toni foschi.
Eccezion fatta per il perfetto restauro conservativo di buona parte
dell'Avana vecchia, dichiarata dall'Unesco patrimonio culturale
dell'umanità
e affidata da Castro al fedelissimo Eusebio Leal, nel centro della
capitale
il 15% degli edifici è destinato al crollo. «Bisogna aggiungere un
35% di
palazzi in equilibrio miracoloso. Prima o poi crollano pure quelli»
prevede
Marco, ottimo conoscitore delle strade senza ombra che si spalancano
come la
bocca di una grotta oltre il muretto del lungomare.
Su quel muro eternamente bagnato dalle onde Manolo è cresciuto. Ha
trent'anni, da dieci pensa di andarsene. Ma non vuole imbarcarsi
verso la
Florida. «Voglio uno di quei bei passaporti rosso scuro che avete voi
- dice
senza sorridere - quella scritta d'oro "Unione europea" con cui ti muovi
tranquillo per il mondo».
Il passaporto a Cuba non è un diritto, non lo è mai stato. Per ottenerlo
devi avere un motivo considerato plausibile dal governo. Se sei un
«soggetto
con tendenze asociali» te lo scordi. Per essere considerato tale basta
rifiutarsi di lavorare per lo Stato (un insegnante guadagna 500
pesos, 20
euro, il costo di due pacchi di assorbenti igienici e un succo di
frutta).
Se poi, alle tendenze asociali si accompagnano comportamenti
controrivoluzionari, non se ne parla nemmeno. I comportamenti
controrivoluzionari possono andare dalla frequentazione con i figli
di un
diplomatico straniero (sospetti di intelligenza col nemico) alla
mancanza di
rispetto al lìder maximo (grandissime complicazioni).
La separatezza tra cubani e stranieri, con qualche tolleranza
riservata a
periodi alterni al turismo sessuale, è un valore della rivoluzione.
Impossibile iscrivere un bambino straniero, figlio di uno straniero
residente, a un asilo cubano. Deve andare alla scuola internazionale
insieme
ai figli dei non cubani.
Quel passaporto che non si può avere è l'oggetto del desiderio per
chiunque
abbia meno di quarant'anni. I giovani se ne vogliono andare quasi tutti:
quelli che lo dicono (pochi), quelli che lo ammettono a mezza bocca e
quelli
che alzano gli occhi al cielo e poi, rapidissimi, colgono la prima
occasione
per prendere il volo. Negli intervalli delle lezioni all'università
dell'Avana, la Gloriosa collina, non si parla d'altro.
«E' il principale problema di questi tempi incerti - racconta uno
scrittore
cubano di successo, uno di quelli che vuole vivere all'Avana, ogni
volta che
l'invitano all'estero va e ogni volta torna - è la grande crisi di
valori
della rivoluzione, i giovani colti, laureati, sono disposti a tutto
pur di
andarsene. Non c'è modo di fermarli, qui non vedono possibilità di
futuro».
Fino agli anni Novanta era sostanzialmente impossibile uscire
dall'isola.
Chi fuggiva perdeva tutto. Si poteva solo con un permesso di studio
all'estero, quasi sempre nei Paesi del blocco sovietico. O con
un'autorizzazione speciale per ragioni professionali, riservata agli
obbedienti del partito (il partito comunista, l'unico permesso
sull'isola).
Poi con la grave crisi economica seguita al crollo di Mosca e la
conseguente
apertura al turismo sono spuntate le carte di invito.
La carta d'invito è da anni la principale via per andarsene. Ci si fa
invitare da uno straniero che si prende la briga di farsi responsabile
dell'invitato e di pagargli biglietto, assicurazione, una fideiussione
bancaria e balzelli vari. Si può restare fino a un massimo di undici
mesi.
La norma è stata cambiata a fine aprile. In senso restrittivo.
La risoluzione 87/2007 del ministero degli esteri prevede che la lettera
d'invito si formalizzi nella sede consolare cubana all'estero. «I
tempi così
diventano più lunghi e c'è la possibilità che il console rifiuti
l'autorizzazione» si lamenta un diplomatico straniero. Un impiegato
di un
consolato del Nord Europa spiega: «I cubani che stanno organizzandosi
per
andar via sono preoccupati perché prima era possibile presentare la
lettera
d'invito alla Consultoria juridico-internacional dell'Avana. La
legalizzavano qui, con tutte le scappatoie possibili in una città dove i
dollari fanno gola a molti. Ora invece tutto deve avvenire davanti al
console cubano del Paese che invita. Così Cuba evita le lettere false,
obbliga chi invita a prendersi un impegno formale davanti all'autorità
consolare e si riserva l'ultima parola». Le ambasciate dei Paesi del
Nord
Europa sono ora molto più frequentate che negli anni ‘90 dai cubani, che
aggirano così l'inasprimento della prassi spagnola per i visti.
Entrano da
un aeroporto del Nord Europa e poi si trasferiscono a Madrid.
In ogni caso per uscire ci si deve muovere in difficile equilibrio
tra due
diverse burocrazie per avere due diversi documenti: il visto del Paese
straniero per entrare e il permesso di Cuba per uscire. Nessuno dei
due vale
senza l'altro. Se uno dei due scade è come se fosse scaduto anche
l'altro. E
ricomincia la peregrinazione per uffici, a partire dal temibile
Dipartimento
per l'Immigrazione la cui principale utenza è costituita da aspiranti
emigranti. La strada più sicura per andarsene rimane il matrimonio. I
tempi
sono lunghi, il percorso costoso, ma l'esito sicuro. Nell'ultimo anno ci
sono stati mille matrimoni tra cittadini italiani e cubani.
I cubani all'estero sono una fonte di valuta per il governo
dell'isola. Una
volta fuori chiedere qualsiasi documento all'Avana diventa
un'impresa. Per
avere un certificato di nascita o di matrimonio bisogna pagare alla
rappresentanza consolare cubana 20 dollari all'atto della richiesta, 80
quando arriva il documento, 60 per la legalizzazione in ambasciata. Per
rinnovare il passaporto: 200 dollari. Il permesso di viaggio
all'estero è
prorogabile per dieci mesi, oltre al mese concesso all'inizio, con un
pagamento di 40 dollari ogni trenta giorni.
Per le carte d'invito, i matrimoni e il cambiamento di categoria dei
permessi (dal Pvt, il permesso di viaggio temporaneo,
all'irraggiungibile
Pre, permesso di residenza all'estero) diventa una jungla di cifre.
Complicato, ma sempre meglio che imbarcarsi su un motoscafo diretto a
Miami.
Costo: fino a diecimila dollari a testa. Se si è intercettati in mare
dalle
autorità cubane o dalla guardia costiera statunitense (che in questa
materia
collaborano) si è rispediti indietro. Se si tocca territorio americano,
invece, si hanno ottime possibilità di essere accolti a braccia
aperte. E'
la legge del "pié mojado" e del "pié seco", (del piede bagnato e
dell'asciutto) il compromesso raggiunto nel braccio di ferro tra
l'Avana,
che brandisce i suoi potenziali profughi come un'arma diplomatica e
Washington che non vuole le coste della Florida assaltate dai
"balseros".
Secondo dati diffusi la settimana scorsa dall' Associated press che ha
incrociato dichiarazioni della guardia costiera di Miami con
documenti sui
soccorsi in mare, dall'ottobre del 2002 all'ottobre del 2006 si è
duplicato
il numero dei cubani che hanno tentato di raggiungere la Florida e
Puerto
Rico. L'anno scorso la cifra è stata di 7mila e 27 persone. Più della
metà è
riuscita nell'intento.
Introvabili i dati sui medici cubani che si sono rifiutati di tornare
indietro alla fine delle missioni internazionaliste. Tanti. Ne sa
qualcosa
il Venezuela che si è ritrovato a dover accogliere migliaia di medici
della
missione "Barrio adentro", l'accordo tra Hugo Chavez e Fidel Castro
per la
sanità gratuita per tutti. Molti medici hanno compiuto il lavoro, ma
poi a
casa non sono voluti tornare.
La versione ufficiale racconta che da Cuba nessuno se ne vuole andare, a
parte gli asociali. E' una di quelle verità che non si discutono. E'
così e
basta.
Il silenzio del cimitero Colon, però, il monumentale cimitero
dell'Avana,
racconta un'altra storia. Nei suoi viali si schiude la realtà
parallela che
sfugge alle statistiche. Oltre il grande cancello d'ingresso,
all'incrocio
tra la strada 12 e la calle Zapata, si apre una strada bianca che va
dritta
fino alla chiesa. Quasi in fondo, a sinistra, in una stradina
laterale, c'è
una tomba coperta di fiori. E' la tomba più visitata dell'Avana: lì
giace
Amelia, morta giovanissima nel 1901. Il poliziotto di guardia dice
che fu
sepolta insieme al bimbo, appena nato. Il corpo del figlio, creduto
morto,
fu appoggiato ai piedi della madre. Quando riaprirono la tomba per
l'esumazione le trovarono il bimbo in braccio. «Si erano sbagliati,
capito? - dice lui accorato asciugandosi il sudore col fazzoletto - il
bambino ha risalito il corpo della madre e le si è messo in braccio». La
leggenda narra invece la storia di una giovane donna incinta morta in
circostanze tragiche.
Fatto sta che Amelia fa miracoli. Bisogna percorrere il perimetro della
tomba in senso antiorario, chiederle la grazia offrendo fiori freschi e
allontanarsi fissando lo sguardo della statua col bimbo in braccio.
C'è la fila. Quasi tutte donne.
Biglietti a matita, un tappeto di gladioli e la verità semplice degli ex
voto incisa sulla pietra: «Grazie per aver concesso il viaggio a mia
figlia». Sotto le due fioriere più belle, ricoperte di rose rosse e
orchidee, c'è scritto: «Amelia, vergine miracolosa, grazie per il
visto».
---
L'irresistibile ascesa di Giustino Di Celmo, da padre della vittima
d'una
bomba a star del regime
La propaganda ai tempi di Raul,
la Pizza Fabio e i Cinque Eroi
L'Avana nostra inviata
«La verità, una volta risvegliata, non torna a dormire» sta scritto sul
bianco accecante di un monumento a José Martì, nel quartiere Vedado.
Sarà
per questo che al chiosco all'angolo vendono solo Granma e Juventud
rebelde,
il mondo secondo Castro. Un cittadino habanero vuol sapere cosa è
successo
dopo la sparatoria all'aeroporto di qualche giorno fa, come è andata a
finire con i due soldatini presi mentre tentavano di dirottare un
aereo per
fuggire dall'isola - hanno ucciso, rischiano la pena di morte - e in
prima
pagina su ‘
Granma trova una foto di Raul che riceve il ministro della Difesa
cinese e
un'illuminante "lettera di José Martì alla madre". Per carità. E' il
giorno
della mamma. Festa grande a Cuba. Ma le ipotesi sulla fuga dei
soldati di
leva dalla caserma circolano solo sul porta a porta di "Radio Bemba", il
passaparola, il pettegolezzo del vicinato, l'unico mezzo di
comunicazione
dell'Avana che racconta i brandelli, assai fantasiosi, di ciò che la
verità
di Stato nasconde. La stampa estera è introvabile.
Neanche a Internet ci si può affidare. Solo gli stranieri possono. I
cubani
no. Hanno una rete loro, Intranet. Una rete interna con un servizio di
messaggeria e un accesso limitato ai siti. Si entra in Cubasì , si legge
Granma online , si trova Telesur . Il Miami herald non si apre. La Bbc
nemmeno.
Internet vera esiste in alcuni centri postali e negli alberghi per
turisti,
dove i cubani non possono entrare (qualche impiegato, dietro lauta
mancia,
chiude un occhio). Tariffe fino a dodici dollari l'ora. Per averla a
casa
bisogna avere un permesso speciale, per ragioni di lavoro. Costa
comunque
molto: 80 dollari, 60 ore mensili. E il collegamento è lentissimo.
Chi può
risolve con gli allacci in nero, installati per lo più dagli stessi
operai
Entel (proprietà Telecom) che durante il giorno si occupano delle
connessioni legali e nel fuoriorario notturno del resto, ricompensati in
dollari. Se la polizia si accorge sono dolori.
L'informazione è lacunosa, la comunicazione complicata, la propaganda
invece
gode di ottima salute. E di lauti finanziamenti. Prendiamo i cinque
eroi. Li
chiamano così. Sono Antonio Guerrero, Fernando Gonzales, Gerardo
Hernandez,
Ramon Labanino e René Gonzales, sorpresi in territorio statunitense
mentre
lavoravano per i servizi segreti cubani e condannati a lunghe
detenzioni con
processi contro cui si è pronunciata la Corte di Atlanta.
Come ai tempi di Elian, il bambino cubano conteso tra Cuba e i
parenti di
Miami, rispedito all'Avana e trasformato nella mascotte del regime, i
cinque
eroi sono diventati pane quotidiano per la propaganda castrista. Fanno
capolino alle fermate degli autobus, alle stazioni della radio,
all'entrata
della gelateria. Gli dedicano letture, serate, concerti. «Che sei
stato a
vedere l'atto per i cinque eroi?», «Bisogna andare al presidio per i
cinque
eroi» si ascolta all'uscita di una scuola secondaria.
I cinque eroi di mestiere facevano le spie. Da quando sono famosi, però,
sono scrittori, poeti, caricaturisti. A Gerardo Hernandez gli pubblicano
libri di vignette. E' uscito anche un libro di corrispondenze. "El dulce
abismo" si chiama, "il dolce abisso". «Cartas de amor y de esperanza de
cinco familias cubanas».
All'Uneac, l'unione degli artisti e degli scrittori cubani, c'è chi
mastica
amaro. Uno degli iscritti più anziani si rigira il libro tra le mani:
«Non
abbiamo carta. Per pubblicare racconti bisogna raccomandarsi a tutti
i santi
e se va bene ti fanno duemila copie e un'unica edizione. Quando è
finita,
chiuso. Nessuna ristampa. Ai cinque eroi invece li pubblicano come
fossero
Garcia Marquez ».
Così come ai tempi del piccolo Elian, dopo l'emozione iniziale, c'era
chi
avrebbe volentieri fatto a meno di vedere quel bambino portato a
spasso per
tutta l'isola sulle ginocchia di Fidel, la solidarietà con i cinque
eroi va
scemando, sopraffatta dall'onnipresenza dei cinque faccioni eternamente
sorridenti.
«Le mogli hanno vinto alla lotteria - commentano acidi al mercato
agropecuario - viaggiano, scrivono, vanno in tv. C'è da sperare per
loro che
non li rilascino mai. Obiettivamente, ma chi l'ha mai vista la moglie
di un
agente che fa la vita di quelle lì?».
Nella propaganda ai tempi di Raul il posto d'onore tocca a un italiano.
Giustino Di Celmo. Padre di Fabio, ucciso da un attentato in un hotel di
lusso organizzato da Posada Carriles, il Bin Laden dei Carabi
scarcerato con
una decisione scandalosa da una giudice statunitense e al momento
libero a
Miami.
Di Celmo, addolorato, è andato a vivere all'Avana. Il regime ne ha
fatto un
testimonial. Se lo portano dappertutto. In tv, ai comizi, anche sul
palco
del primo maggio. Gli hanno dato una laurea honoris causa. Lui,
grato, parla
di Cuba come se fosse il migliore dei paradisi possibili. Si è anche
candidato alle ultime elezioni politiche in Italia. Nella lista dei
Comunisti italiani per la Camera dei deputati. Di mestiere fa
l'imprenditore.
A Cuba è vietato aprire ristoranti privati. Ma Di Celmo ha una
pizzeria nel
miglior quartiere dell'Avana. Si chiama Fabio, come il figlio morto e
come
la pizza della casa, con cipolla e olive. Pizza Fabio, quattro dollari e
sessantacinque.
A.N.