«Il pubblico ha avuto appena una vaga e imperfettissima idea di ciò che è avvenuto nel 1921 e 1922. Le purghe di olio di ricino, le randellate, le spedizioni punitive, i bandi, le distruzioni e incendi di cooperative, camere del lavoro […] trovano appena cenni fuggevoli, attenuati, deformati nella cronaca dei nostri giornali.
La stampa italiana, fatte poche onorevoli eccezioni, aveva disertato il campo; aveva tradito la sua missione. […] Io ho sempre pensato che se la stampa italiana in quel periodo avesse dato prova di maggior coraggio e previdenza, il fascismo non avrebbe preso un così largo sviluppo o, almeno, non sarebbe caduto in tanti eccessi. Ma la stampa ha lasciato fare senza opporre alcuna seria resistenza. Il suo silenzio poteva benissimo interpretarsi come una approvazione, una giustificazione, una sanatoria. Nel fatto era una deplorevole complicità».
Mario Borsa, La libertà di stampa, Milano, Corbaccio, 1925.
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