-------- Original Message --------
Oggetto: da ABC relazione su ultimo viaggio in Bosnia e Serbia
Rispedito-Data: Mon, 27 Nov 2000 16:44:57 +0100
Rispedito-Da: pck-yugoslavia@...
Data: Mon, 27 Nov 2000 16:38:01 +0100
Da: "abcsolidarieta" <abcsolidarieta@...>
Rispondi-a: pck-yugoslavia@...
A: pck-yugoslavia@...

Gentili amici,
i nostri affidi a distanza in Serbia hanno avuto un rapido aumento
durante e
subito dopo i bombardamenti dello scorso anno. Era bene accelerare
l'inizio
delle consegne nelle scuole e nelle fabbriche. Il nostro primo viaggio a
tal
fine si è quindi svolto nel settembre '99, per consegnare a ciascun
bambino
tre rate di affido. Poiché le adesioni continuavano a crescere, nuovo
viaggio in dicembre, per consegnare ancora tre rate in Serbia e, con
l'occasione, sei in Bosnia, dove le consegne precedenti erano avvenute
in
aprile.
Si poneva il problema di allineare le consegne in Serbia e Bosnia,
riducendo
i viaggi a due ogni anno, uno in primavera e uno in autunno, anche per
trovare le scuole aperte e condizioni climatiche favorevoli. Così, il
viaggio successivo è stato compiuto nel maggio 2000, con la consegna di
quattro rate sia in Serbia che in Bosnia; l'ultimo a fine ottobre, con
la
consegna di sei rate ovunque. Da ora in poi il ritmo rimarrà questo.
Cordiali saluti.ABC SOLIDARIETA' E PACE


BREVE RELAZIONE SUL VIAGGIO DI ABC IN SERBIA E BOSNIA E INTERVISTE

Partenza da Roma sabato 21 ottobre. Arrivo a Backa Topola domenica sera.
La
cittadina non è illuminata. La nostra ospite - direttrice della locale
scuola primaria (Osnovna Skola) "Nikola Tesla" - ci accoglie in casa a
lume
di candela. Vi sono frequenti interruzioni di energia elettrica - ci
dice -
non solo da noi, ma in tutta la Serbia.
Lunedì 23 - alla "Nikola Tesla", spettacolo in nostro onore: recite,
canti,
danze tradizionali in costume serbo ed ungherese. Poi i discorsi di
prammatica e la consegna delle borse di studio.
Martedì 24 - mattina: consegna delle borse di studio alla O.S."Svetozar
Markovic Toza", in Novi Sad. La scuola è gemellata con la nostra media
"P.Villari": lasciamo al direttore numerose lettere di alunni di
quest'ultima per i loro coetanei serbi. Pomeriggio: alla O.S. "Nikola
Tesla"
di Belgrado-Rakovica. Povero il quartiere, povera la scuola, poverissimi
gli
alunni cui diamo le borse di studio: stanno quasi tutti, da cinque anni,
in
un vicino campo profughi. Alla fine, come già in precedenti occasioni,
una
frotta di donne ci chiede di aggiungere i loro figli alla lista. Non
siamo
in grado, e ci si stringe il cuore. Arrivo a Kragujevac la sera.
Alloggio in
albergo, in un bel parco con un monumento che ricorda le centinaia di
civili
impiccati dai nazisti per rappresaglia anti-partigiana, compresi tutti
gli
alunni di una scuola media.
Mercoledì 25 - Consegna delle borse di studio a bambini e ragazzi figli
di
operai disoccupati (causa bombardamento della grande fabbrica
automobilistica "Zastava") iscritti al sindacato maggioritario. Cena a
lume
di candela offerta dalla dirigente di questo sindacato, un'abile ed
energica
signora che noi scherzosamente chiamiamo - e lei ci sta - la "Lady di
ferro
di Kragujevac". Qualche tempo prima, avvenuta la svolta politica a
livello
nazionale, lei e i suoi colleghi erano stati violentemente contestati da
gruppi di operai dissenzienti. Si è ora addivenuti - c'informa - a un
accordo per elezioni sindacali da tenere prossimamente.
Giovedì 26 - Consegna delle borse di studio nelle sedi dei due
sindacati
minori: "Nezavisnost!" (Indipendenza) e "Nezavisni Sindikat" (Sindacato
indipendente) Dovunque siamo andati, ieri e oggi, interviste di
giornalisti,
riprese televisive. A sera giungiamo a Nis.
Venerdì 27 - Alla "Industria Meccanica", poi alla "Industria
elettronica".
Anche qui, giornalisti e videocamere. Alla "Elettronica" il dinamico e
ambizioso direttore che ci aveva ricevuto cordialmente la volta scorsa è
stato sostituito, ancora sotto il vecchio regime, da un generale, e la
gente
di Nis ci scherza sopra. Si attendono ora le decisioni del DOS, la nuova
coalizione politica, presieduta da Kostunica, che ha vinto le elezioni
presidenziali di settembre.
Sabato 28 - la mattina alla O.S."Ivan Goran Kovacic"; il pomeriggio a
una
piccola scuola in estrema periferia: Ci sono soltanto le prime quattro
classi e due aule. Gli stessi genitori stanno ristrutturando l'edificio,
che
andava in rovina. Accoglienze calorose, spettacolo dei bambini, tavolata
con
vivande preparate dalle famiglie.
Arrivo in Bosnia domenica sera. Consegna delle borse di studio alla O.S.
"Pale" il 30 e il 31 mattina; alla O.S. "Sveti Sava" di Lukavica il 30
sera,
alla O.S. "Sveti Sava" di Rogatica il 31 pomeriggio. C'informano che è
appena finito uno sciopero degli insegnanti. In Bosnia la vita costa
sempre
di più, nel quadro di una rincorsa prezzi-stipendi. Una ex insegnante
della
scuola di Pale, ora dirigente del sindacato unico, ci dice che molte
fabbriche sono state acquistate dai loro stessi direttori, il che lascia
adito a evidenti sospetti. E' in corso la campagna elettorale per le
politiche. Nella zona delle nostre iniziative è scontato il successo del
partito nazionalista serbo.
Mercoledì 1° novembre - rientro in Serbia e cordiale colloquio, a
Pancevo,
con la dirigenza del locale Istituto d'igiene e protezione ambientale,
allo
scopo di concordare gli adempimenti burocratici per il trasporto e la
consegna come aiuti umanitari (quindi senza le esorbitanti spese
doganali)
di un primo, consistente blocco di strumenti da fornire all'Istituto nel
quadro della campagna "Pancevo chiama Italia", condotta da ABC con il
sostegno del "manifesto".
Giovedì 2 - riposo a Backa Topola. Il 3 partiamo per il viaggio di
ritorno, che si conclude il 4, sotto un inesorabile diluvio dal Tarvisio
a
Roma.

Qui di seguito troverete delle interviste fatte durante il nostro
viaggio in
Bosnia (Republika Srpska) e Serbia (una sintesi verraà pubblicata sul
prossimo numero di "A, B, C, solidarietà e pace" che riceverete a
dicembre).

Si è trattato di persone di vario livello ed estrazione sociale,
dall'insegnante al sindacalista, dal profugo al pensionato. Fedeli alla
nostra linea di sempre, della non ingerenza diretta negli affari interni
di
quel popolo e della fiducia nella sua capacità di risolverli
autonomamente,
le nostre domande riguardavano essenzialmente i problemi della vita
quotidiana. Per chi ha voluto fare riferimento, in un senso o
nell'altro,
anche a motivazioni politiche, abbiamo registrato le sue parole con la
massima obiettività.

Nelle riunioni, al termine delle quali sono state tenute alcune delle
interviste, il nostro rituale discorsetto di cortesia s'inquadrava
essenzialmente (slanci "lirici" a parte) nel seguente schema:

Voi sapete - ve lo abbiamo sempre detto - che la nostra associazione non
viene a intromettersi nei vostri problemi politici interni. Sappiamo che
voi
siete un popolo civile, capace di risolvere da solo i suoi problemi. Non
c'è
bisogno che nessuno venga a farvi il maestro di democrazia o di altro, e
meno che mai una piccola associazione come la nostra. Questo vuol forse
dire
che gli altri popoli possono tranquillamente disinteressarsi di voi e
fare
come se voi non esisteste? Evidentemente non è giusto e nemmeno
possibile.
In questo mondo in cui le distanze sono sempre più corte, l'economia
sempre
più integrata, il confronto culturale sempre più ravvicinato, è ora di
capire che tutti i popoli della Terra vivono insieme e sono
interdipendenti,
come i viaggiatori su una stessa nave.
E allora come comportarsi? Su quali basi fondare le relazioni fra i
popoli?
Sull'oppressione del più forte sul più debole? Sulla guerra, sui
bombardamenti? Sul "Tu devi fare quello che dico io"? Ancora no, tutto
il
contrario.
Perciò un'associazione come la nostra, con quale spirito e atteggiamento
deve venire da voi? Poco è l'aiuto economico che possiamo darvi: qualche
borsa di studio a bambini e ragazzi più bisognosi. Ma grande è
l'amicizia
reciproca: a poco a poco ci siamo affezionati a voi, e voi ci
riconoscete
come vostri fratelli.
Speriamo proprio che in un futuro non lontano potrete ricostruire la
vostra
Nazione, la vostra economia, così da non aver più bisogno di aiuti
"materiali". Quando ciò sarà ce lo direte voi stessi. Continueremo certo
a
venire da voi, ma per riabbracciarvi, per bere insieme un po' di rakja,
che
è molto buona; e voi ci ricambierete le visite, e berrete insieme a noi
il
nostro vino, che è esso pure molto buono.

Lunedì 23 ottobre- Jelena Simovic (Direttrice della O.S."Nikola Tesla",
Backa Topola)
Abbiamo attraversato tante situazioni problematiche in questi ultimi
dieci anni, che la parola "Speranza" è diventata un'astrazione. Ciò che
è
vero è vero. La nostra vita non è [adesso] né migliore né più facile. La
Vojvodina, il granaio della Jugoslavia, rischia la rovina, dato che
l'intera
produzione agricola sta attraversando un periodo estremamente negativo.
Grano, mais, barbabietole da zucchero, patate, frutta: peggio di così
non si
era mai visto.
A causa della mancata accumulazione di riserve, delle condizioni
tecniche
obsolete, dello sciopero dei minatori, abbiamo gravi problemi anche con
l'elettricità. Attualmente la sua erogazione è razionata: quattro ore si
e
sei no. Le candele sono l'articolo più venduto, proprio come il pane. Di
conseguenza c'è un altro grave problema: il riscaldamento. Le scuole
stanno
al freddo, per mancanza di carbone, di gasolio e di corrente elettrica.
Il tutto è aggravato dal cambiamento a livello di governo locale, tra
i
cui compiti dovrebbe esservi appunto il riscaldamento delle scuole. I
nuovi
amministratori hanno bisogno di tempo per acquisire capacità (forse
all'inizio, forse per sempre) per organizzare questo importante lavoro.
Il costo della vita cresce di giorno in giorno. La nafta del 50%. E'
vero
che adesso è disponibile alle stazioni di servizio, ma se i nostri
stipendi
medi sono di 70 DM, non è possibile spenderne 40 per rifornirsi di
gasolio
per tutto il mese (parlo di 40 litri) [La signora Simovic sta
evidentemente
riferendosi alle "pompe" statali, dove il carburante è contingentato e
non
si trova mai; non a quelle private, dove si trova, ma un litro di
gasolio
costa DM 1,5/1,6 e uno di benzina DM 2, cioè rispettivamente, lire
1.500/1.600 e lire 2000].
L'olio da cucina costa il 100% in più; il prezzo dei trasporti è
cresciuto del 50%, il latte del 50%, la carne dal 50% in su. Il pane
costa 8
dinari nei forni privati, 10 in quelli statali.
Stipendi e salari sono sempre gli stessi, tranne che nelle fabbriche,
dove i direttori li aumentano per paura dei sindacati (ma per molti
direttori fedeli all'ex governo si può ormai parlare soltanto di ex
accordi
con i sindacati).
Viaggiare con l'autobus costa troppo. Col treno, significa subire
forti
ritardi. Accade spesso che un treno passeggeri addirittura non parta, e
che
occorra aspettare la partenza di quello successivo,
per ore e ore.
Un marco tedesco (DM) è cambiato attualmente a 30 dinari (cambio
ufficiale). Io personalmente sono contraria all'affermarsi di valute
straniere qui da noi; preferirei un dinaro più forte e stabile.
Per molte famiglie è difficile mandare i figli a scuola. Libri,
quaderni
e soprattutto vestiti decenti, costano molto. La scuola si sforza sempre
di
organizzare iniziative finalizzate all'acquisto di libri e quaderni a
condizioni migliori: così, in febbraio, partiremo con un'iniziativa per
acquistare libri in tre rate. In aprile faremo lo stesso per i quaderni.
Così tutto è pronto perché entro la fine dell'anno scolastico corrente,
almeno il 90% degli alunni possa beneficiare di questo acquisto rateale
per
l'anno scolastico prossimo. Aiutiamo anche gli alunni profughi e poveri
con
libri e quaderni gratuiti.
La situazione dei profughi è estremamente dura. Nella nostra zona ne
sono
venuti almeno 3.000. Molti di loro trovano sistemazione presso parenti,
ma
circa 500 stanno in "centri collettivi", in pessime condizioni. Tutto è
problema per loro: cibo, riscaldamento, vestiario: Molte persone in una
sola
stanza; un bagno per molte persone. Non hanno ancora alcuna speranza di
tornare alle terre d'origine, di riavere le loro case, gli appartamenti,
i
campi che loro coltivavano in proprio..
Io sono felice che molta buona gente italiana abbia comprensione per
le
sofferenze del mio popolo e specialmente per i profughi. Grazie a Dio
abbiamo un'associazione come ABC, gente onesta, che ci dà l'anima e il
cuore. Con il sostegno dei donatori italiani, aiutano in Serbia circa
600
bambini e ragazzi con borse di studio, di cui vivono anche le loro
famiglie.
Fidiamo molto nella loro amicizia, sperando che questi tempi duri e
difficili finiranno un bel giorno, e che riusciremo a sopravvivere, come
sempre. Non crediamo nei governi europei. Stanno in ginocchio di fronte
agli
USA. Come hanno potuto permettere il bombardamento di un Paese vicino,
di
una nazione europea storicamente e culturalmente ricca. Le loro bombe,
le
bombe americane, ci hanno avvelenato tutti, i serbi e gli altri europei.
Tutti gli europei dovrebbero stringersi insieme, forti della loro
civiltà e
della loro storia. Gli USA dovrebbero esser messi in condizione di
bussare
alla porta dell'Europa con grande rispetto, come alla porta di una
vecchia
"Lady". Io non credo buona alcuna strada di accodamento agli USA.
Dobbiamo
avere una strada europea e un progresso europeo. Non dobbiamo credere ai
buoni propositi e ai fini umanitari americani. Dove arrivano, cominciano
le
guerre: E poi (quale cinismo!) gli interventi umanitari per aiutare la
povera gente. Preferiamo rimanere poveri che essere aiutati in questa
maniera. Rispettiamo gli amici veri e speriamo, con loro, di rimanere
tali
per sempre!

Lunedi 23 ottobre: Zeljko (da tempo direttore dell'AIK - "Agricoltura
Industria Kombinat" - e maggior esponente della comunità serba,
minoritaria
a Backa Topola). In questa cittadina il sindaco è tradizionalmente
ungherese, e il presidente del Consiglio comunale - precisamente, fino a
poco tempo fa, l'ing. Zeljko - un serbo. L'ingegnere era particolarmente
risentito - diciamo pure che era furibondo - per come sono andate le
elezioni presidenziali nella sua città e in altre vicine, dalla stessa
composizione etnica a maggioranza ungherese. Per i serbi, si è creato un
problema nuovo: o votare "da serbi", ma allora per il partito socialista
di
Milosevic, come facevano da tempo; ovvero votare "da democratici", ma
allora, non avendo localmente un partito democratico proprio, votare per
il
più moderato dei due partiti ungheresi. Risultato: i serbi hanno perso
ogni
posizione di potere nel Consiglio comunale, e rischiano di perdere la
loro
stessa identità politica.

Mercoledì 25 ottobre: Ruzica Milosavljevic (dirigente dell'
"Organizzazione
sindacale unitaria" - alla "Zastava", Kragujevac)
Il prossimo inverno sarà il più difficile di questi ultimi dieci
anni.
Il nostro sistema energetico è stato distrutto dai bombardamenti. Noi
abbiamo cominciato a ricostruire secondo priorità essenziali, ma in
mancanza
di investimenti, non abbiamo potuto fare tutto il necessario. Perciò, a
causa del maggior carico invernale, si è prodotta una caduta energetica
con
erogazione di elettricità interrotta per quattro o sei ore consecutive;
altri giorni abbiamo elettricità per due ore, poi per altre sei, e così
via.
Ciò si riflette sulla produzione industriale, che non può funzionare
regolarmente. Anche la vita quotidiana è più difficile: già si comincia
a
sentire il freddo nelle case e nelle scuole. Le riserve di gas sono al
minimo; la Russia non ce ne manda perché non abbiamo pagato i debiti
contratti al riguardo.
Nelle scuole, causa mancanza di riscaldamento e minor numero di ore
di
luce solare, le lezioni sono state ridotte a mezz'ora ciascuna (il
secondo
turno deve terminare alle 17). A casa, poi, gli alunni fanno i compiti
con
la candela, come durante i bombardamenti.
A causa delle quotidiane interruzioni di corrente, gli
elettrodomestici
[chiamati complessivamente, in Serbia, "Bela Tehnika", cioè "Tecnica
bianca"], generalmente vecchi di quindici anni, si guastano spesso, ed è
difficile ripararli; impossibile, nelle attuali condizioni, comprarne di
nuovi.
Siamo già stati avvertiti che, ciò nonostante, il prezzo della
corrente
elettrica sarà aumentato del 25%. Non so come la potranno pagare i
moltissimi lavoratori forzatamente a casa. Hanno accumulato debiti per
l'elettricità, ma anche per l'acqua. Ogni tanto gliele staccano per
qualche
giorno, più che altro come avvertimento; poi interviene il sindacato
sugli
Enti fornitori. Ma nessuno sa come pagare i debiti, ed è diffuso il
timore
che una volta o l'altra questa relativa tolleranza finisca. Non parliamo
poi
dell'affitto di casa, per tanti lavoratori al salario minimo garantito,
corrispondente a 15.000 lire italiane.
I prezzi aumentano ogni giorno; l'inflazione pure: il cambio di un
DM è
di 30 dinari.
Il regime precedente riusciva a mantenere la pace sociale mediante il
prezzo politico del pane, del latte, di altri generi di prima necessità.
Un
mese fa un kg. di zucchero costava 8 dinari; adesso 30. Un litro di olio
16
dinari, adesso 55. E così via [per prezzo "politico" s'intende quello
da
rifornimento statale, peraltro saltuario]. Prima la frutta e la verdura
non
erano care, ma adesso si fanno sentire gi effetti della siccità [che
durava
ancora, da mesi, quando siamo arrivati, e ha ceduto il posto ad
abbondante
pioggia, almeno in Vojvodina ma speriamo anche altrove, il giorno della
nostra partenza].
Quanto costa mandare un bambino a scuola. Circa 8-900 dinari per
zainetto, libri, quaderni, matite. I libri non si possono comprare
usati,
per molte materie per le quali sono da fare esercizi comportanti il
riempire
a penna una o più pagine, lezione per lezione
Alla "Zastava" siamo molto preoccupati di non poter portare a termine
il
programma di ricostruzione. A livello della Repubblica, è stata
completata
la prima fase della ricostruzione industriale ed era cominciata la
seconda.
Previsto, subito dopo, l'inizio della terza, e quindi una ripresa e un
aumento della produzione industriale per l'anno prossimo. Questo
pogramma è
stato sospeso dal nuovo governo.
Attualmente sono stabilite le seguenti priorità, nell'ordine:
polizia,
esercito, programma sociale e sanitario. L'industria è al sesto posto. I
nuovi dirigenti della "Zastava" hanno approvato un nuovo programma,
basandosi su una forte somma che dovrebbe essere stanziata entro la fine
dell'anno; ma non sappiamo se ciò si dimostrerà realizzabile.
Loro intanto, alla "Zastava", avevano ripreso la produzione [noi di
ABC
avevamo visto funzionare, già nel maggio scorso, il reparto automobili],
ma
c'è l'intralcio delle interruzioni di corrente elettrica. Nei reparti
non
c'è riscaldamento, dipendiamo dalla temperatura esterna, quindi non
possiamo
essere ottimisti.
Tutti aspettano le elezioni di dicembre [parlamentari], e ciò fa
dimenticare i problemi reali; quindi la "Zastava" non potrà compiere il
proprio programma, che era finanziato dal governo. Non potremo ottenere
finanziamenti per pagare gli operai e un programma sociale. I nuovi
dirigenti hanno accettato di continuare il programma stabilito, ma non
si sa
da dove devono arrivare i soldi. Si aspettano interventi dall'estero,
mentre
la "Zastava" ha fretta .
L'eventualità di investimenti esteri è reale. La fabbrica delle auto,
che
assorbe la maggior parte dei dipendenti, ha contattato tutti i più
grossi
produttori mondiali, ottenendo solo promesse di collaborazione futura,
"dichiarazioni d'intenti". Avevamo avuto offerte da ditte estere
riguardanti
la "componentistica" (principalmente, appunto, nel ramo automobili), ma
tutto è rimasto per aria a causa delle sanzioni. Speriamo che nel
prossimo
futuro si faranno discorsi concreti. Alcune ditte ci hanno avvertito che
verranno, ma il nuovo presidente del gruppo "Zastava", Savicevic, ha
detto
che con gli accordi col capitale straniero si andrà più piano, che
dovremo
programmare vetture più moderne. Esse sono state presentate a Belgrado,
Zagabria e Skoplje.
Sempre resistenti, duri da piegare, i lavoratori della "Zastava"
erano
già avanti nel realizzare il sogno della ricostruzione. Speriamo
verranno
tempi migliori. Ci spaventa solo la possibilità che lavoratori ridotti a
condizioni di povertà non perdano la pazienza e diano luogo a una
rivolta
sociale. Speriamo che questo inverno potremo sopravvivere, grazie agli
aiuti
e alle donazioni degli amici italiani (e tedeschi). Dovreste vedere la
felicità delle famiglie quando ricevono lettere dall'Italia.

Giovedì 26 ottobre, mattina - gruppo di donne rimaste dopo la
distribuzione
delle borse di studio al "Nezavisni Sindikat" di Kragujevac e di
Kraljevo-
Una di esse ci tiene a darci nome e cognome: Gordana Cosic.

Sperano che l'inverno sarà migliore di come si sta profilando.
Aspettano che dalle nuove autorità e dagli aiuti internazionali vengano
i
mezzi per un inverno sopportabile: gas, combustibile, elettricità. La
comunità internazionale non può tirarsi indietro. Attualmente hanno
riserve
di gas cittadino solo per 10-15 giorni, arrivate dall'Ungheria. Non è
certo
una soluzione di lungo periodo.
Il Paese è nel disastro economico. Occorrono aiuti non solo per il
riscaldamento, ma per tutto: viveri, medicine. Per l'elettricità, prima
ci
aiutavano Grecia, Romania e Bulgaria. Dalla Russia, solo promesse.
In una famiglia con un membro laureato, lo stipendio medio è di 80
DM
(2400) dinari. Per una famiglia operaia, la metà. Il salario minimo
garantito è pari a 12 DM (360 dinari).
Un kg. di zucchero costa 35-45 dinari, di pane 8-10 din.; un lt. di olio
50
din.; la carne da 300 in su.
Le scarpe da bambino costano 50 DM, da uomo 50-100 DM, un maglione
10-20. Tutto ciò è quindi fuori portata di una tasca media. Soprattutto
è
grave che manchino le medicine.
Loro saranno contenti se alla "Zastava" comincerà una produzione
con
capitale estero. Loro sanno fare tutto, ma non hanno capitali. Bisogna
cambiare i direttori dei vari rami produttivi, che hanno distrutto ciò
che
era rimasto. Ma durante la notte non si può fare niente, bisogna
aspettare.
I vecchi dirigenti hanno grandi colpe, non tutti, ma molti di loro erano
dei
disonesti. Quelli che non hanno fatto niente di male, rimangano pure.
Come
direttore generale hanno messo un esponente della coalizione DOS: era
stato
direttore di complessi alberghieri. Per questo era molto noto in Europa.
Loro non accettano le "Unità di crisi". Ha ragione Kostunica: tutti
gli
aspiranti a cariche direttive vadano in tribunale a far controllare la
loro
onestà e idoneità. Nel campo culturale, ad esempio, dieci anni fa il
museo
d'arte di Belgrado ha cambiato direttore, che aveva portato artisti da
tutto
il mondo. Adesso da dieci anni è senza lavoro. Ha pubblicato molti
libri, ne
scriverà uno anche per italiani. Si chiama Zoran Gavric: scriverà una
monografia sul famoso pittore francese Marcel Duchamp. Le persone come
lui
vengono reintegrate dalla coalizione DOS nelle loro primitive funzioni.

26 ottobre- pomeriggio- Prof. Veroljub Dugalic, presidente del "Gruppo
G.17
Plus" - Come ci ha spiegato, il gruppo ha carattere umanitario ma anche
una
valenza genericamente politica di opposizione al vecchio regime e quindi
di
adesione alla coalizione DOS. Il nome si spiega col fatto che ai soci
fondatori, 17 economisti, si sono poi aggiunti numerosi professionisti
di
altri rami.
Riferiamo quanto ci ha detto, secondo l'ordine da lui spontaneamente
seguito.
Il governo di Svezia ha stanziato un milione di DM all'anno, per
borse
di studio destinate a 1000 studenti universitari in tutta la Serbia, dei
quali 700 a Kragujevac. A questa città giungono aiuti anche da Germania
e
Norvegia. Sono arrivate da poco 320 tonnellate di bitume, sufficienti
per
aggiustare 150 km. di strade. L'anno scorso veniva nafta da Venezia,
quest'anno niente. Adesso, però, la cosa più importante sono le
medicine. La
loro ricezione è già pronta.
Il prossimo inverno sarà molto difficile. Se non arrivano la nafta,
l'elettricità, ecc., i problemi saranno molto gravi. Abbiamo avuto tante
promesse: ma la gente non vede ancora miglioramenti concreti, e qualcuno
comincia a dire: "era meglio prima...". Sono urgenti aiuti umanitari di
emergenza.
E' importante continuare la collaborazione con l'Italia. I serbi da
dieci anni sono isolati. La produzione è a terra. L'industria lavora al
ritmo di 1/3 rispetto a dieci anni fa.
Lo stipendio medio è pari a 60-70 DM. Kruscevac, Kragujevac, Nis
sono
città che stanno certamente male. Ma altre città della Serbia
meridionale
stanno ancora peggio: più profughi e minore sviluppo. Nis ha avuto
l'industria del tabacco [la fabbrica è attualmente distrutta], Vranje
quella
dei mobili, ma in altri posti della Serbia meridionale non c'è quasi
niente.
Annoso problema dell'industria di Nis: esportavano prodotti da
varie
fabbriche in Slovenia, Macedonia, Croazia, Bosnia: questo adesso non c'è
più. Per mancanza di capitali e di sbocchi di mercato, ora tutti i
maggiori
sistemi industriali sono fermi. Non possiamo fare più niente senza
capitale
estero. Ci servono investitori seri.
Gli aiuti che ci servono comportano due tempi: nell'immediato, gli
aiuti
umanitari più urgenti; più in là investimenti, con interesse reciproco.
Certo, la nostra tecnologia è troppo vecchia, ma abbiamo il capitale
umano.
Inoltre, chi investisse adesso in Serbia non vi troverebbe concorrenti.
L'opposizione democratica ha vinto. Le porte sono aperte al
cambiamento:
c'è da fare il primo passo, il più difficile. Ma adesso debbono venire
aiuti
umanitari al più presto, altrimenti la gente si stanca, non vedendo
cambiamenti reali.
La popolazione - giova insistere - è stanca di soffrire, spera nel
cambiamento. Ma una riconversione dell'economia richiede del tempo. Per
il
momento ci servono aiuti immediati; da parte nostra abbiamo fatto tutto
ciò
che era necessario per averli, ma la comunità internazionale deve
accelerare
i tempi. Le cose elementari della vita, dal cibo alla corrente
elettrica,
alle medicine, ci servono subito.

Sabato 28 ottobre- Il pensionato Jovan ci riceve nella stanzetta in cui
vive, da solo. C'è appena spazio per il letto, un tavolo con sedie, una
cucina e una stufa a carbone. La sua pensione - ci dice - è
relativamente
buona, pari a 60 marchi al mese, cioè 1800 dinari. Quale paniere di beni
ci
può comprare in un mese?
Ci pensa su, prende carta e matita e ci scrive questo elenco: 300 dinari
per
il pane, 110 per l'olio, 90 per lo zucchero, 250 per la carne, 120 per
medicine, 300 per la stufa a carbone, 250 per l'elettricità, 100 per
caffè e
thè, 60 per i trasporti, 200 spese varie, 20 per tasse. Non c'è da stare
allegri, commenta, ma c'è chi sta peggio di me.

Giovedì 2 novembre- Sulla via del ritorno, ci fermiamo nuovamente alla
scuola primaria di Backa Topola. Parliamo a lungo con la signora
Smiljana
Krkovic, insegnante di matematica e fisica, profuga da Glina (Croazia).
Per
l'80% della popolazione serba - ci dice - si prospetta un inverno duro,
per
le lunghe interruzioni di corrente elettrica, loro fonte principale di
riscaldamento, il vestiario non abbastanza pesante, spesso scarpe rotte,
e
così via. Non dubita della buona volontà del nuovo governo di risolvere
questa drammatica situazione, ma senza adeguate risorse finanziarie, non
vede come sia possibile.
Il costo della vita è aumentato notevolmente dal periodo delle
elezioni
ad oggi. Sia i produttori che i commercianti approfittano del carattere
transitorio e non ancora consolidato della situazione politica. Il nuovo
governo non è ancora in grado di controllare gli aumenti, davvero
eccessivi,
dei prezzi dei generi alimentari e non solo. Siamo quasi a livelli di
fame.
Riguardo al rapporto fra marco tedesco e dinaro, pensa che il
cambio
ufficiale di 1 a 30 corrisponda a quello reale, poiché l'economia è in
pezzi. Spera che in futuro si arriverà a un rapporto di 1 a 3.
La maggior parte degli alunni della scuola rientra nella fascia
della
popolazione che può considerarsi povera, e che comprende circa l'80% del
totale. Spesso li vede seguire le lezioni non motivati, perché denutriti
e
vestiti in modo non adeguato alle temperature della regione. Hanno
l'indispensabile di libri, quaderni e altro materiale scolastico, ma
abbisognano di manuali per le esercitazioni di matematica, fisica,
chimica e
varie altre materie, nonché di vocabolari per le lingue straniere e di
testi
letterari.
Il personale docente non si trova certo in una situazione migliore:
gli
insegnanti non hanno stipendi sufficienti e, per sopravvivere, sono
costretti a svolgere anche altri lavori, a discapito della scuola.
Molto doloroso è il problema dei profughi. Anche lei appartiene a questa
categoria, da ben cinque anni. Abbiamo alloggi precari - ci dice. In 15
famiglie, 50 persone in tutto, siamo sistemati in una baracca di legno
con
15 stanze, il che vuol dire che ogni famiglia abita in una stanzetta non
più
ampia di 16 mq. Abbiamo in comune 3 WC e una doccia. In un corridoio
sono
ammassati legna, viveri in scatola, ecc. Abbiamo avuto dall'Italia,
tramite
l'UNHCR [Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati], una
lavatrice, un frigorifero e un congelatore. Ciascuna famiglia può
utilizzare
la lavatrice ogni otto giorni. Abbiamo anche una cucina elettrica, ma il
problema maggiore è farsi la doccia: ci tocca riscaldare l'acqua in
pentoloni. Ogni famiglia ha lettini da campo, un armadio di metallo, un
tavolo e un paio di sedie. Su quello stesso tavolo si prepara il cibo,
si
mangia, si studia, si fanno i compiti.
Quasi nessuno dei profughi è tornato a casa propria in Croazia,
perché
lì di dire di essere serbo uno non se lo può nemmeno sognare. E poi
anche lì
la situazione economica è degradata, c'è molta disoccupazione: per un
serbo,
trovare lavoro sarebbe ancora più difficile. Per un insegnante, ci
sarebbe
ben poco da fare, dato che gli alunni croati debbono avere soltanto
insegnanti croati. Molti profughi sono stati costretti ad andare a
vivere in
Paesi lontani: Canada, Australia, USA, Svezia, e qualcuno anche in
Italia.
Alcuni sono morti di nostalgia, altri per il dolore di aver perduto i
loro
beni, la loro dignità; altri ancora sono finiti in ospedali
psichiatrici.
La gente è sempre più alla ricerca quotidiana di come sopravvivere,
e
per molti ciò significa essere psicologicamente a rischio. E' anche
vero,
però, che noi serbi sappiamo adattarci a qualunque situazione. E' la
nostra
grande risorsa: saper scherzare su noi stessi anche nei momenti più
difficili. Moltissimi serbi, oramai, hanno toccato il fondo, ma non
hanno
perso la speranza di tornare a galla.
L'Europa può aiutarci molto a rimetterci in piedi. L'aiuto
principale
dovrebbe essere un contributo serio alla riattivazione della nostra
economia. Molti Paesi europei sono in debito con noi, dovrebbero darci
una
mano a ricostruire ciò che hanno distrutto con i bombardamenti.
Penso che la Serbia appartenga all'Europa non solo geograficamente,
ma
con la sua civiltà, il suo patrimonio culturale, con la sua gente
laboriosa
e con la nuova generazione di giovani che riesce a superare così dure
prove.


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Bollettino di controinformazione del
Coordinamento Nazionale "La Jugoslavia Vivra'"
Sito WEB : http://digilander.iol.it/lajugoslaviavivra

I documenti distribuiti non rispecchiano necessariamente le
opinioni delle realta' che compongono il Coordinamento, ma
vengono fatti circolare per il loro contenuto informativo al
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