(srpskohrvatski / italiano)

VITOMIR GRBAC CI HA LASCIATI

Con dolore riceviamo la notizia della scomparsa di Vitomir Grbac. Lo avevamo apprezzato in occasione della sua venuta a Roma per l'iniziativa "Partigiani!", da noi organizzata assieme ad altre realtà il 7-8 maggio 2005. 
Originario di Fiume, già partigiano, poi giornalista e scrittore, Grbac ha raccontato in "Bijela Smrt" (La morte bianca, Casa editrice Adamic, Rijeka-Fiume 2004) il sacrificio dei partigiani della marcia di Matic Poljana (nella Lika, catena montuosa nell'odierna Croazia). Grbac era allora, con i suoi 16 anni, tra i più giovani combattenti nella Divisione di Tito. Nel suo libro descrive la marcia nella Lika, durante la quale morirono assiderati una trentina di partigiani. Alla marcia partecipava anche Antonija-Tonica Dovecar, una giovane incinta di 7 mesi, che fu portata in salvo e che dopo poche settimane diede alla luce il piccolo Ratimir (significativo il suo nome: "è nato in guerra, e che viva nella pace"). Alla nostra iniziativa era presente anche Ratimir, oggi professore alla Facoltà di navigazione a Portoroz in Slovenia, che appare sorridente con la "titovka" bianca in testa all'età di 2-3 anni nella foto pubblicata nel libro "Bijela Smrt".
Grbac scrisse anche "Al seguito di Tito" ("U Titovoj pratnji"), ora alla terza edizione, edito sempre dalla Adamic di Rijeka-Fiume. 
Grbac è stato un instancabile combattente anche in età avanzata. E non aveva mai perso la voglia di apprendere e rinnovarsi: la notizia della sua morte ci giunge dal suo insegnante di informatica, attraverso il suo nuovo indirizzo email...
Per ricordare Grbac riproponiamo, più sotto, il suo intervento alla nostra iniziativa del maggio 2005.


----- Original Message -----
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Sent: Tuesday, March 03, 2009 9:47 PM
Subject: Tuzna obavijest

Poštovani,
imam tužan zadatak kao učitelj gospodina Vitomira Grpca kojeg sam učio do zadnjih dana radu na računalu i internetu da Vas obavijestim da je gospodin Vitomir preminuo 22. veljače 2009 godine u 83. godini, dva dana nakon operacije u bolnici. Njegov oslabljeno tijelo iscrprljeno s par prethodnih operacija jednostavno nije izdržalo.
Šaljem Vam ovo tužno pismo s njegovog računala i njegove elektroničke adrese, pa neka ovo bude i njegovo zadnje pismo koje Vam piše. Neka Vas ovo pismo podsjeti na njega. Ja kao njegov učitelj mogu reći da njegova želja za učenjem u njegovim godinama i volja za novim znanjima je bila nevjerojatna i koja se ne viđa ni kod puno mlađih ljudi.
 
S poštovanjem,
 
učitelj Predrag i supruga Sabiha
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INTERVENTO DI VITOMIR GRBAC

"Bijela Smrt"
La marcia eroica dei 680 di Matic Poljana


Sono onorato dell'invito a partecipare a questo raduno di antifascisti e partigiani, in occasione del sessantesimo anniversario della vittoria sul fascismo, soprattutto per il fatto che ho aderito alla lotta armata prima del compimento del mio sedicesimo anno di età. In questa lotta mi ha coraggiosamente accompagnato mia madre Maria, che vi ha perso la vita l'11 agosto 1942, quale primo operatore sanitario della regione. Sono stato il più giovane tra le guardie di Tito, e ho trascorso al suo fianco otto mesi di guerra, impegnato nelle due più cruenti battaglie della nostra lotta. Riguardo a quest'esperienza ho pubblicato un libro intitolato "Al seguito di Tito" (U Titovoj pratnji).
Durante la seconda guerra mondiale, sotto la direzione del Partito comunista, con a capo Josip Broz Tito, in Jugoslavia è stata organizzata una guerra antifascista vittoriosa e di grandi proporzioni. In essa ha svolto un ruolo di rilievo anche la Croazia antifascista, che si è opposta alla dittatura di Pavelic; le è stato reso merito nella Costituzione dell'attuale Stato autonomo di Croazia, che in essa viene definito "un paese fondato sulle conquiste della lotta antifascista".
Purtroppo in questa stessa Croazia, dopo i cambiamenti sociali degli anni Novanta, sono pur sempre presenti, come in nessun'altra parte al mondo, idee e attività di estrema destra. Per illustrare quanto affermo citerò solo alcuni dati. 
In Croazia, dopo i cambiamenti sociali degli anni Novanta sono stati demoliti o danneggiati 3.000 mila monumenti e lapidi dedicate alla lotta antifascista.
I diritti acquisiti dai combattenti antifascisti sono stati radicalmente limitati. Alcune vie sono state intitolate a politici fascisti (ustascia).
I libri di testo traboccano di errori storici relativi all'epoca recente, cosicché i giovani non hanno modo di trarre alcun insegnamento riguardo alla lotta antifascista. Sono stati eretti e successivamente smantellati anche dei monumenti dedicati a delinquenti fascisti. A Zara i neofascisti hanno organizzato una marcia indossando uniformi e recando insegne fasciste.
Il 27 dicembre [2004] è stato minato anche il monumento al maggiore e più noto combattente antifascista, Josip Broz Tito, nei pressi della sua casa natale a Kumrovec.
Poco tempo fa, sull'isola di Murter è stato minato ancora uno dei tanti monumenti partigiani.

La lotta antifascista nel litorale croato e nella regione del Gorski Kotar si è evoluta prima e in modo più massiccio rispetto alle altre regioni croate. Vi hanno contribuito il movimento operaio consolidato prima della guerra, la forte influenza del Partito Comunista della Croazia, l'orientamento antifascista della popolazione stessa ed altri fattori.
Per tali motivi, già nel 1941 venne creato un numero considerevole di accampamenti partigiani; sul finire dello stesso anno quello del Tuhobic contava ben 120 combattenti.
Parallelamente, evolvevano anche altre istituzioni ed organi del potere popolare legate al movimento di liberazione. Continuava ad aumentare il numero dei membri e delle organizzazioni del Partito comunista e della gioventù, venivano istituite le organizzazioni del Partito comunista e della gioventù, venivano istituite le organizzazioni del fronte antifascista delle donne e della gioventù, che avrebbero rivestito un ruolo importantissimo nel corso della guerra.
L'entità numerica delle unità partigiane andava aumentando di giorno in giorno. Il 10 marzo 1942 il Distaccamento litoraneo montano contava 608 combattenti. Le unità partigiane portavano a termine operazioni di successo in tutte le direzioni.
L'eco di queste gesta faceva accorrere un numero sempre più grande di nuovi partecipanti. Dalla cittadina di Delnice si unirono alla lotta ben 150 giovani.
Alla fine di marzo fu costituito ancora un battaglione. In meno di un mese il distaccamento aumentò di 700 nuovi combattenti, mentre il 10 aprile ne contava già 1136.
A quei tempi, in base alle esperienze positive delle prime brigate proletarie, il Comandante supremo Josip Broz Tito diede il via ad un'azione su vasta scala, tesa a fondare truppe e battaglioni proletari d'assalto e giovanili in tutte le regioni della Jugoslavia, in quanto aveva già una visione netta riguardo alla progressiva creazione di un esercito di liberazione popolare della Jugoslavia, poiché solo un organismo militare regolare avrebbe portato alla realizzazione dei fini strategici.
Alla fine del 1942 vennero pertanto formate 28 brigate partigiane e 85 distaccamenti. Nel corso del 1943 furono istituite 21 divisioni e 90 brigate. Si proseguì inoltre con la formazione di distaccamenti partigiani il cui compito era quello di coprire e difendere i territori e mobilitare nuovi combattenti.
L'Esercito di liberazione popolare contava allora 350 mila combattenti. Durante il 1944 vennero formati 15 corpi d'armata, 35 divisioni, 180 brigate e 142 distaccamenti.
Durante l'intero corso della guerra, in Jugoslavia vennero costituite 68 divisioni, 4 delle quali italiane, 367 brigate e 556 distaccamenti partigiani. L'Esercito di liberazione popolare e i distaccamenti partigiani della Jugoslavia contavano, alla fine della guerra, all'incirca 800.000 mila combattenti.
La creazione e l'evoluzione dell'Esercito di liberazione popolare della Jugoslavia è un esempio unico nella storia. Praticamente dal nulla, oltre ai 6.000 membri del Partito comunista e ai 12.000 membri della gioventù comunista (SKOJ), in un clima popolare antifascista, fu costituito un esercito sotto la guida di Tito, che alla fine della guerra fu in grado di combattere ad armi pari a fianco degli Alleati, per sbaragliare il nazismo, ossia il male più grande della storia umana.

L'Esercito di liberazione popolare della Jugoslavia s'impegnò, nelle operazioni finali, a difendere parte del fronte alleato dall'Ungheria al Mare Adriatico. Sfondando il fronte dello Srijem il 12 aprile 1945, continuò a procedere vittoriosamente verso occidente liberando il paese con le proprie forze. Il forte afflusso di combattenti nelle unità della regione di Brinj, portò alla costituzione del Quarto battaglione battezzato col nome della coraggiosa partigiana Ljubica Gerovac, caduta il 16 aprile.
Alla compagnia delle cittadine di Susak e Kastav si accodò in una quindicina di giorni un centinaio di nuovi combattenti per cui venne istituito anche il Quinto battaglione, che ebbe il nome del partigiano istriano Vladimir Gortan. È di particolare importanza il fatto che esso venne costituito nei pressi del confine italo - jugoslavo, col compito di penetrare con una parte delle sue forze in Istria, per sostenere lo sviluppo del movimento di liberazione popolare.
La situazione militare e politica nel territorio della Quinta zona operativa era molto favorevole. Le azioni militari erano frequenti e di successo. La mobilitazione dei combattenti nuovi procedeva molto bene. Il comando della zona istituì pertanto due nuovi distaccamenti verso la fine del 1942.

L'occupatore non riusciva ad arginare la situazione, terrorizzava e minacciava il popolo. Iniziò bruciare i villaggi e ad uccidere la popolazione inerme. Nel Castuano, il 5 giugno furono uccisi dodici giovani, mentre il 12 luglio del 1942 nel villaggio di Podhum furono fucilati oltre 100 uomini dai 16 ai 65 anni d'età; le case furono depredate e incendiate e le donne, i vecchi e i bambini furono deportati nei campi di concentramento.
L'occupatore italiano diede quindi il via all'offensiva denominata "Operazione Risnjak". Le forze impiegate erano di 20.000 uomini circa e furono dispiegate nel territorio controllato dal Secondo distaccamento. Venne però catturata nei boschi parte della popolazione che vi aveva trovato rifugio e che quindi venne deportata nei campi di concentramento.
Nel settembre 1942 l'occupatore italiano intraprese un'operazione ancor più massiccia, denominata "Velika Kapela", diretta nuovamente al territorio del Secondo distaccamento. L'occupatore ingaggiò 40.000 soldati, parte dei quali erano traditori del popolo. Il comandante della Quinta zona operativa aveva però eseguito la ritirata di tutte le forze partigiane per cui l'offensiva andò a vuoto. I villaggi abbandonati furono messi a ferro e fuoco. Otto battaglioni partigiani riuscirono ad attaccare l'occupatore alle spalle infliggendogli notevoli perdite.
Fallì ancora un tentativo dell'occupatore di distruggere le forze partigiane della zona litoraneo montana. Si verificò invece un loro sostanziale rafforzamento, cosicché subito dopo l'operazione "Velika Kapela" (nome della montagna), il 6 ottobre 1942 a Dreznica venne fondata la prima brigata litoraneo montana, cui fece seguito la seconda il 26 novembre. Queste due unità tattico - operative diedero molto filo da torcere all'occupatore nel periodo successivo. Verso la metà dell'aprile 1943 dalla loro fusione nacque la Tredicesima divisione litoraneo montana.

L'Italia fascista di Mussolini capitolò l'8 settembre. L'Esercito di liberazione popolare della Jugoslavia si preparava già a quest'evento. Le unità vennero indirizzate alle guarnigioni italiane per effettuarne il disarmo. Nel corso della capitolazione dell'Italia vennero requisiti grandi quantitativi di armi e materiale bellico. In tutte le regioni si manifestò un'insurrezione di massa. In Istria venne fondata la Prima brigata "Vladimir Gortan".
Un gran numero di militari italiani passò all'Esercito di liberazione popolare. Si costituirono anche delle unità italiane speciali, ovvero ben 14 brigate e 2 divisioni.
L'occupatore tedesco reagì tempestivamente e in modo energico, allo scopo di colmare il vuoto venutosi a creare con la capitolazione dell'Italia. Numerose unità dell'Esercito popolare, completate con gran numero di combattenti inesperti, vennero a trovarsi in una situazione difficile. Alcune di esse furono temporaneamente smembrate.

Era l'inizio dell'inverno 1943/1944, le unità della Tredicesima divisione continuavano la lotta nel territorio montano della Lika e del Gorski Kotar.
Dopo scontri cruenti con i tedeschi, circa 1.600 combattenti vennero sorpresi l'11 e il 12 di febbraio da una tremenda tormenta nella regione montana quasi del tutto disabitata, poiché la popolazione si era ritirata nei boschi.
Un simile raggruppamento di soldati e civili in una regione inospitale provocò tutta una serie di problemi sia per quanto riguardava il riparo che i rifornimenti.
La Seconda brigata si trovò nella situazione più difficile. Essa si riunì alla propria divisione dopo tre mesi di marce quotidiane e di scontri violenti e sfibranti, oramai ridotta allo stremo. Persero la vita, furono feriti o si ammalarono gravemente più di 200 dei suoi combattenti. Più della metà dei rimanenti giunse priva di calzature, vestita di indumenti nient'affatto idonei al rigore dell'inverno.
Prendendo in considerazione tutto ciò si fece strada l'idea di trasferire tutto il contingente in un altro territorio per evitare conseguenze tragiche.
Venne quindi approvata la proposta del comando della Seconda brigata di organizzare il trasferimento nel Gorski Kotar. Il 19 febbraio 1944, al mattino presto, dopo una frugale colazione, la Seconda brigata con 680 combattenti circa partì in marcia da Dreznica diretta a Mrkopalj attraverso Jasenak e la piana di Matic (Matic Poljana).

I combattenti e i loro ufficiali erano contenti di trasferirsi in una zona che avrebbe offerto loro condizioni di sopravvivenza migliori. Nessuno di essi immaginava ciò che sarebbe accaduto la tragica notte tra il 19 e il 20 febbraio. La giornata invernale era rigida ma serena. Dopo un paio di soste, la brigata giunse al villaggio di Jasenak, dove si sarebbe rifocillata e avrebbe pernottato. Qui però non trovò né cibo né rifugio, per cui i combattenti proseguirono la marcia.
Gli inverni della zona sono noti per loro rigidità e lunghezza. Alle ore 17 il freddo si fece più pungente. Nella neve alta e nel gelo i cavalli e i muli cominciarono dapprima a perdere il passo, poi a cadere ed infine a soccombere. Alcuni furono fatti tornare a Dreznica, per cui i combattenti si sobbarcarono il loro carico.
Il tempo cominciò a peggiorare. La neve, cadendo sempre più fitta, rallentava il passo e allungava la colonna dei combattenti. La stanchezza, la fame e lo sfinimento rendevano l'avanzata quasi impossibile. La tormenta non dava tregua, il vento schiantava i rami e addirittura gli alberi. La lunga colonna conduceva una battaglia impari con le forze della natura. Il freddo gelava il sangue nelle vene, sventrava gli alberi di faggio come nemmeno un'arma sarebbe riuscita a fare. Chi conosce quei luoghi dice che ciò accade a temperature inferiori ai 35° sotto zero.
La colonna procedeva ormai quasi impercettibilmente; i combattenti si trascinavano le gambe quasi fossero di piombo. Il comando cercava di alleviare la marcia alternando le unità alla testa della colonna, per aprire la pista nella neve alta due metri. Parte degli armamenti pesanti venne abbandonata e nascosta. Tornare era impossibile e proseguire sempre più difficile. La "morte bianca" (bijela smrt) affilava i suoi denti e prima ancora di giungere alla piana di Matic falciò i più esausti e affamati.
Ci fu chi sparò con i fucili automatici per strappare i compagni da quello strano sonno che portava direttamente alla morte. Alcuni morirono già lungo la salita. Il peggio però li aspettava nella piana di Matic dove la temperatura era ancora più bassa e la tormenta più forte.
Proprio qui, non molto lontano dal paese di Mrkopalj, designato come punto di arrivo, trovarono la morte ben 26 partigiani e circa 200 subirono pesanti conseguenze dovute all'assideramento.
Le 17 donne partigiane superarono tutte la tremenda marcia. Nessuna di esse morì per assideramento. 
Antonija Dovecar era al settimo mese di gravidanza. Due mesi dopo partorì un maschietto dal peso di 5 kg destando la sorpresa di tutti. Il medico della divisione gli diede il nome di Ratimir (guerra e pace), come buon auspicio di una vita serena.

Il "partigiano" più piccolo di questa colonna ha oggi 61 anni, è professore alla Facoltà di marineria di Portorose (Slovenia) ed è qui tra noi, oggi.
Sua madre Antonija ha 90 anni e vive a Capodistria. Il padre, uno sloveno di nome Miroslav, combattente della prima ora, si è spento vent'anni fa.

Durante questa marcia la brigata riportò le perdite maggiori dal giorno della sua fondazione. Riuscì però a recuperare, arricchita di forze nuove e a reinserirsi nella divisione al suo posto di combattimento. C'era ancora tanto da combattere fino alla fine della guerra, per annientare la Germania nazista. La Seconda brigata diede il suo contributo sino alla fine del suo cammino, ossia alla liberazione del paese.

La marcia eccezionale della Seconda brigata è il tema centrale del mio libro intitolato "LA MORTE BIANCA".
Grazie.


Vitomir Grbac, giornalista e scrittore, master in Scienze storiche

Ringraziamo Ivan per la trascrizione dell'intervento.