(sul caso della nuova toponomastica fascista a Trieste si veda anche nel nostro archivio: 

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Comunicato del Coordinamento antifascista di Trieste
Data: Mercoledì 13 maggio 2009, 15:44

Oggi 13 maggio con l'apposizione della targa in onore di Mario Granbassi è stata perpetrata una vera violenza nei confronti di Trieste, città medaglia d'oro della Resistenza e sede della ben triste Risiera di San Sabba.
La cittadinanza democratica ed antifascista indica al contrario come esempio e modello da seguire Luciano Vezzoli, muggesano ed aviatore caduto in Spagna nella lotta contro il fascismo.
Questi raccolse l'invito di Carlo Rosselli da Barcellona  a combattere nelle Brigate internazionali contro il franchismo ed il fascismo.
Come gesto riparatorio i Cittadini liberi ed uguali, il Coordinamento antifascista di Trieste porteranno dei fiori al monumento ai quattro martiri fucilati in seguito alla sentenza del Tribunale speciale della sicurezza dello Stato nel 1930, e per ricordare Giordano Viezzoli caduto per la libertà in Spagna.

L'omaggio ai martiri per la liberta' antifascisti sara' effettuato  sabato 16 maggio ore 10 al cippo che ricorda i caduti di Basovizza; la cittadinanza si spostera' quindi al colle di S. Giusto per offrire dei fiori a Giordano Viezzoli
 
per il Coordinamento
Claudia Cernigoi 

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Vi invio il testo del volantino che è stato diffuso in occasione dell'intitolazione di una scalinata al giornalista fascista triestino Mario Granbassi, intitolazione fortemente voluta dalla Giunta comunale di Trieste. In esso si spiegano i motivi della nostra contrarietà a questa intitolazione. Per ulteriori informazioni:http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-perch%E9_intitolare_una_via_a_trieste_a_mario_granbassi%3F.php 
e
dove troverete una pagina del giornalino curato da Granbassi.

 

Claudia Cernigoi
 

Nonostante la mobilitazione di centinaia di triestini e le prese di posizione di numerosi esponenti della scena culturale (da Margherita Hack a Moni Ovadia, da Boris Pahor a Claudio Magris, gli storici Enzo Collotti, Mimmo Franzinelli, Fulvio Salimbeni, Claudio Venza, Diana De Rosa, Franco Cecotti), nonostante il parere contrario della Deputazione di storia patria, le proteste di un gruppo di docenti universitari catalani e l’intervento di Gerhard Hoffmann, novantaduenne reduce austriaco delle Brigate internazionali in Spagna, siamo giunti al momento della verità: mercoledì 13 maggio, alle ore 11.30, il Comune di Trieste intitolerà ufficialmente la scalinata (ora dedicata a Revere) a Mario Granbassi. L’amministrazione comunale ha tenuto a precisare che la via è dedicata al “giornalista” Granbassi e non alla medaglia d’oro Granbassi, già fiduciario del Gruppo rionale fascista “Luigi Razza” (con sede in piazza Verdi) fino al 1939, anno in cui morì in Spagna dov’era andato a combattere per i motivi che egli stesso così spiega nel suo Diario:
“La sento tanto profondamente come una guerra fascista, questa che sono venuto a combattere, sacrificando i miei affetti più cari e abbandonando il mio posto di lavoro!”. Ed ancora: “Gridare il nome del Duce, in faccia a questa trincea comunista, in questa notte di guerra, tanto lontano dalla Patria, è per me una soddisfazione che mi dà un’emozione profonda”.
Come contraltare a queste frasi da militante fascista vengono a volte citate altre parole di Granbassi, rivolte alla famiglia: “Piccoli miei, Fernanda, povera e buona mamma, come ho potuto lasciarvi?” Ma bisogna leggere anche la risposta che lo stesso Granbassi si dà: “Ma la fede è più viva che mai!”, frase che ci restituisce l’immagine del fanatico che ritroveremo in altre espressioni, come “ogni annunzio di azione mi eccita” e “invidio i miei colleghi che sono in trincea”.
Questo l’ideale che spinse Granbassi ad andare in Spagna: combattere i “rossi” e far vincere il fascismo, abbandonando per esso la famiglia e la sua professione di giornalista, e perdere la vita, motivo per cui fu decorato post-mortem:
“Comandante del plotone arditi di battaglione, si lanciava audacemente contro una munitissima posizione nemica che, con nutrito fuoco, causava forti perdite al suo battaglione, riuscendo, dopo aspro combattimento a corpo a corpo, a scacciarne l’avversario. Ferito, si faceva medicare sommariamente. Ripreso il comando dei suoi arditi, si gettava ancora, con suprema audacia, nella lotta finché, investito da una raffica di mitragliatrice, cadeva colpito a morte. Prima di spirare inneggiava all’Italia, incitando i suoi uomini a continuare la lotta e a non preoccuparsi della sua persona”. 
Ma, dicevamo, non è a questo fulgido esempio di fede fascista che viene intitolata la scala, bensì al “giornalista”, del quale a questo punto bisogna evidenziare i meriti.
Nel 1930, appena ventitreenne, Granbassi era già il conduttore di una rubrica radiofonica dell’Eiar rivolta ai piccoli ascoltatori intitolata “Balilla a noi” (e non, come si legge oggi, “Mastro Remo”, che era il nome del personaggio da lui interpretato e poi del giornalino, pure dedicato ai bambini, di cui fu redattore dal 17 maggio 1934). Sul retro di questa pubblicazione troverete una pagina particolarmente significativa della produzione giornalistica di Granbassi, ma per comprendere meglio il senso della trasmissione radiofonica del Nostro è necessario riportare alcuni passi da una lettera inviata dal Comitato provinciale di Trieste dell’Opera nazionale “Balilla” “per l’educazione fisica e morale della gioventù” al Prefetto di Trieste in data 1/12/1931. In questa nota (che si trova presso l’Archivio di Stato di Trieste) viene fatto un elogio della trasmissione radiofonica in onda due volte alla settimana che “si chiama ‘Balilla a noi’ ed è eseguita da Mario Granbassi (...) che in funzione di ‘Mastro Remo’ cura con molta passione (...) la preparazione di programmi (...) che per il loro carattere patriottico, fascista, educativo e ricreativo, sono veramente indovinati. (...) Tra i concorsi banditi ai giovani con questo mezzo è degno di nota quello indetto tra tutti i Balilla (...) collo scopo di raccogliere elargizioni in modo che questo Comitato Provinciale possa con esse acquistare apparecchi radio per i giovani del Carso (...) con questo mezzo riuscirà molto più facile lo svolgimento della sua propaganda sugli altipiani carsici. Le adesioni piovvero (...) da tutte le parti d’Italia (...) sostanzialmente però l’esito finanziario (...) è sempre rimasto molto inferiore all’esito morale (...) basta pensare all’età degli oblatori (...)”, però “pensando alla generale utilità che ne deriva dalla propaganda svolta in Carso per mezzo della Radio se ne deduce l’assoluta necessità di trovare i fondi sufficienti per l’acquisto degli apparecchi”. La nota conclude chiedendo al Prefetto “ il Suo prezioso interessamento allo scopo di ottenere (...) dato che il lavoro che l’O.N.B. deve svolgere nella regione ha vero carattere di bonifica nazionale un concorso adeguato al fine di poter acquistare un congruo numero di apparecchi (...)”.
Insomma, da qualunque parte la si voglia guardare, che Mario Granbassi sia stato combattente in Spagna o fiduciario del Fascio, conduttore radiofonico o giornalista, è sempre stato un fascista della più bell’acqua. Per cui invitiamo gli organismi competenti a correggere la targa: da “Mario Granbassi giornalista” a “Mario Granbassi fascista”: non solo in nome della verità storica, sia chiaro, ma anche per onestà intellettuale.