Antirevisionismo vernacolare
Noiosa come una nebbia padana, insistente come certi venti anche quest’anno l’amministrazione comunale di Grumo Appula (in provincia di Bari), composta da un monocolore di destra, sostenuta da un consiglio comunale interamente di destra (comprensiva di un’opposizione, recentemente costituitasi, anch’essa di destra), ammannisce per la sua cittadinanza la celebrazione dei tragici eventi raccolti sotto la denominazione “foibe”, le gole del Carso dove, alla fine del secondo conflitto mondiale, morirono centinaia di persone. Dopo aver promosso convegni alla presenza di illustri sconosciuti, spacciati per storici, e di rappresentanti di movimenti di estrema destra (variamente legati all’eredità fascista), spacciati per esperti, quest’anno tocca al convegno su «Le foibe, storia di una tragedia dimenticata».
Per chi non avesse ancora chiaro l’uso ideologico delle foibe da parte degli organizzatori, eloquente è il testo di presentazione apparso sui manifesti cittadini: «Il sacrificio e il martirio di tanti italiani vittime della violenza politica e della feroce pulizia etnica perpetrata dai comunisti di Tito devono essere profondamente radicati nella consapevolezza di tutti noi». Del testo si evidenzieranno la lettura in chiave esclusivamente etnico-politica degli episodi di violenza avvenuti, che individua negli slavi (diversità etnico-nazionale) e nei comunisti di Tito (diversità etico-politica) i responsabili, mentre descrive gli “italiani” e i “non-comunisti” come vittime (martiri, nel lessico enfatico del testo). Eppure una tale lettura manichea non regge sul piano storiografico, mentre è tutta funzionale ad imporre un ordine del discorso chiaramente nazionalista, che nega o rifiuta una rilettura storica degli eventi. Non si tratta, sia chiaro, di negare da parte nostra la realtà degli eccidi e dell’esodo di massa sui confini italo-jugoslavi. Si tratta invece di ripensare in chiave diacronica quelle violenze come anello terminale di una catena di violenze e di odi, diffusi nella vasta area attualmente divisa fra Friuli Venezia Giulia, Slovenia e Croazia, che avevano trovato il proprio catalizzatore nella criminale condotta politico-militare, negli anni precedenti, dell’Italia fascista in quelle stesse zone. Si tratta di ripensare le vittime dei vari momenti di violenza in una chiave non solo etnica e non solo politica. Si tratta di ripensare gli eventi delle foibe nella cornice di tipiche violenze post-belliche in aree di confine. Si tratta di rispettare quelle vittime, evitando speculazioni politiche e operazioni revanchistiche.
Questi presupposti per una corretta divulgazione storica erano evidentemente del tutto assenti nelle intenzioni degli organizzatori e ovviamente dei relatori. Sull’elenco di questi conviene soffermarsi, tanto più che il medesimo parterre era già stato annunciato per un’analoga iniziativa in un comune vicino, Cassano delle Murge (in questo caso con l’aggravante della partecipazione del locale liceo), segno pertanto di una sorta di tour murgiano della compagnia. Fra i relatori, infatti, spicca il nome di tal Giorgio Rustia, gratificato della qualifica di «storico e presidente dell’associazione famiglie e congiunti deportati italiani in Jugoslavia e infoibati». In realtà, è sufficiente una rapida ricerca su internet presso siti di informazione alternativa (basta digitare tale nome nei siti di http://antagonismodisobbediente.giovani.it/ e http://www.studenti.it/roma/ ) per capire che si tratta di una figura su cui è possibile formulare una diversa qualifica: quella di aderente ad un movimento dichiaratamente di estrema destra (spesso indagato e condannato per gravi reati di varia natura), nazionalista e xenofobo.
Come se non bastassero impostazione programmatica e la selezione dei relatori, l’intenzione ideologica dell’iniziativa è svelata dalla data di svolgimento: il 27 aprile. A ridosso, anzi contro la data del 25 aprile e i suoi significati profondi: festa della Liberazione dall’oppressione nazifascista. Come dire: guardate, siamo noi i difensori della storia patria (tralasciando le colpe e i crimini dei fascisti italiani), non quelli che celebrano il ricordo dei partigiani e della nascita della Costituzione repubblicana. Quale che sia il giudizio sul rilievo di simili operazioni propagandistiche della destra italiana, stupisce che un’amministrazione – ancorché poco adusa all’approfondimento culturale e storiografico, al confronto e alla partecipazione cittadina – accolga una simile manifestazione proprio due giorni dopo il 25 aprile, in netta sovrapposizione fra date, che sa di provocazione e di liquidazione della festa della Liberazione dal nazifascismo. Stupisce ancor più il silenzio delle poche voci culturalmente attrezzate e legate a principi quali la difesa della memoria antifascista: a livello locale non si è udita alcuna voce pubblica contraria a tale iniziativa, tanto più che nel comune di Grumo Appula è rimasta traccia della presenza di soldati jugoslavi presso l’attuale scuola elementare (allora ospedale militare) e della sepoltura di non pochi di loro nel locale cimitero, ricordata da un’apposita stele con iscrizione in serbo-croato, “riscoperta” appena due anni fa in occasione della visita di una delegazione di studiosi italiani e serbi (ne fu data notizia su diverse testate locali e a livello internazionale dalla newsletter svizzera L’Avvenire dei lavoratori). In occasione di quella visita, che avrebbe visto anche la partecipazione di personale diplomatico serbo, assumendo così carattere istituzionale, venne informato l’attuale sindaco di Grumo Appula: ovviamente costui non diede cenni di risposta, ignaro della basilare correttezza fra amministratore e cittadini e del rispetto delle regole istituzionali.
Vedi alla voce “revisionismo”: insieme di teorie e di ricerche che tendono a rivedere la storia recente d’Italia alla luce non già di un attività di ricerca storica correttamente svolta sul piano metodologico, ma in funzione dell’affermazione di ideali politici estranei o antitetici rispetto alla sintesi di culture politiche che ha prodotto la Costituzione repubblicana e il progresso della convivenza civile nel nostro Paese. È significativo che la trascuratezza del 25 aprile si accompagni con lo svolgimento di uno pseudo-convegno in antitesi.
Un ulteriore spunto di riflessione riconduce al testo del manifesto succitato, che presenta un’altra inquietante indicazione: gli eventi luttuosi delle foibe (opportunamente rivisti e corretti) «devono – si badi bene, è un obbligo – essere profondamente radicati nella consapevolezza di tutti noi», quindi ci troviamo di fronte ad un tipico casi di costituzione di una “verità” storiografica da imporre dall’alto secondo i mezzi disponibili. In mancanza d’altro, i revisionisti nostrani si devono accontentare di certi “storici” e certi politici locali. A ciascuno il suo.
Ai cittadini grumesi resta comunque un’amministrazione inadeguata rispetto alla manutenzione del manto stradale, alla sicurezza dei cittadini per via dei cani randagi (per esempio nei pressi della stazione FFSS) e all’offerta di ausilio per quanti hanno perso il posto di lavoro o lo hanno già perso. Ma capace di organizzare la solita manifestazione ideologica, tesa a strumentalizzare le vittime delle foibe. Una più forte richiesta di dimissioni dell’attuale amministrazione è il giusto epilogo di questa storia indecente, assieme alla promessa di un futuro incontro, finalmente adeguato sul piano storico, sull’argomento.
GAETANO COLANTUONO
gruppo Docenti precari mobilitati di Bari e provincia
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