Oggetto: Serbia e la NATO
Data: 02 febbraio 2010 12:52:35 GMT+01:00
In questo senso volevo porre la vostra attenzione su un esempio di manipolazione da parte di questa società civile serba (della quale fa parte anche CEAS, Center for Euroatlantic studies, l'agenzia di lobbing finanziata dagli USA per tali scopi, nda.) del sentimento di amerezza di una madre affranta.
Quindi, ho tradotto la lettera scritta da una madre della vittima, un ragazzo serbo, operatore della Televisione serba ucciso nei bombardamenti della NATO nel 1999, e letta in uno degli incontri organizzati da questa agenzia.
Distanza da questa lettera invece hanno subito preso gli altri famigliari delle vittime dichiarando di non essere minimamente d'accordo con le posizioni prese da una loro rappresentante.
Ora, se anche i fatti citati fossero del tutto veri come descritto dalla Sig.ra Stojanović (ed è probabile che lo siano), resta la perplesità di come l'entrata nella NATO possa aiutare la società civile in questa operazione di maggiore democratizzazione della Serbia.
Questa lettera è stata per prima postata sul blog di Jasmina Tešanović su b92, rappresentante delle Donne in nero di Belgrado (Žene u crnom), di cui vi ho scritto anni addietro.
http://blog.b92.net/text/14138/Srbija-i-NATO/
Ufficialmente lei è d'accordo con i principi delle DIN (ŽUC), ma ufficiosamente ha sempre propagato la politica degli USA e deriso la resistenza dei serbi durante i bombardamenti tacciandola come consapevole appoggio a Milošević. Che lui li abbia strumentalizzati è indubbio, ma tacciare il presidio dei ponti come volgare, turbo folk e nazionalista è lapalissiana derisione e demonizzazione del popolo serbo che in quel preciso momento storico ha fatto quello che chiunque altro avrebbe fatto: diffendere con i propri corpi, l'unica cosa che avevano a disposizione, i loro ponti.
Mi meraviglia l'assenza di reazione delle Donne in nero di Belgrado per questa aperta promozione e strumentalizzazione della vittima per motivi militaristici dalla parte di Jasmina Tešanović, membro attivo delle DIN.
E cosa direbbe Luisa Morgantini a proposito di questo?
Spero che questa lettura possa mettere in luce tutta la perversa manipolazione alla quale è sottoposta la società serba da anni.
Aggiungo inoltre che il blog di b92 è un mezzo potente per la creazione della pubblica opinione in Serbia e abilmente usa il mescolamento delle denunce autenticamente civili con la oramai aperta propaganda USA.
Fra pochi giorni vi tradurrò anche l'appello fatto da 200 personaggi pubblici (Kusturica, Koštunica etc.) per organizzare un referendum sull'eventuale entrata della Serbia nella NATO per la paura che questo si decida nell'oscurita' del Palazzo.
Jasmina Radivojević
dal Blog di Jasmina Tešanović su B92, membro attivo delle Donne in nero di Belgrado
La Serbia e la NATO
Questione di responsabilità e di colpa per le vittime collaterali
relazione di Zanka Stojanovic alla tribuna “Hajde da razgovaramo o NATO-u” (Let's talk about NATO), organizzata da CEAS (Center for Euro-Atlantic Studies)
Žanka Stojanović
Mi è molto difficile parlare dalla posizione della vittima su questo tema, sulla colpa della NATO per la uccisione dei civili durante l'intervento in Serbia del 1999, anche se a qualcuno potrebbe sembrare, dal punto di vista morale, la cosa più semplice, in quanto l'accusa diretta sarebbe una posizione del tutto naturale.
Questa posizione sarebbe facilitata dal fatto che la NATO, in alcuni casi, con la stessa scelta dell'obbiettivo civile, come la Televisione della Serba, ha indubbiamente commesso un crimine di guerra.
Le famiglie delle vittime hanno evitato la trappola di accusare l'Alleanza atlantica e così diventare la parte della propaganda ufficiale sui "criminali della NATO", consapevoli dell'inevitabilità dell'intervento Occidentale nella ex Jugoslavia (perché Milošević diversamente non poteva essere fermato). Anzi, seconda la mia profonda convinzione, questo intervento è arrivato troppo tardi, quando i crimini principali erano già compiuti per cui, dalla parte della NATO questo intervento aveva anche gli elementi della vendetta per le promesse non mantenute di Milošević. Proprio per questo, credo, durante i bombardamenti, i portavoce dell'Alleanza parlavano continuamente di "messaggi decisi a Milošević", il che è un evidente eufemismo per la dimostrazione della forza.
Inoltre, siamo consapevoli del fatto che le vittime non erano nell'interesse della NATO, confrontatasi con una parte della sua opinione pubblica avversa all'intervento in Serbia: la politica generale dell'Alleanza occidentale era senza un ombra di dubbio di evitare le vittime civili a costo di inferiore efficienza, ed è per questo che la NATO durante i bombardamenti ha spesso utilizzato le comunicazioni aperte ed ha permesso la fuoriuscita delle informazioni sui obbiettivi futuri e così via.
Siamo altrettanto consapevoli che le vittime civili andavano ad avvantaggiare Milošević nell'impresa di mobilitare la pubblica opinione Occidentale contro l'intervento, in quanto l'unica sua arma contro il mondo civile. In un momento, la NATO, confrontata con il fatto che le immagini di distruzioni dal terreno andavano a rinforzare la resistenza all'intervento, ha dichiarato la Televisione serba come obbiettivo legittimo. Milošević però rifiutava di evacuare gli uomini ed i mezzi. Anzi, conoscendo l'ora esatta dell'attacco, decide di far rimanere le persone nel palazzo per farle morire - con la piena collaborazione dei vertici politico militari - e per poter così raccogliere importanti punti propagandistici.
Così, sta decorrendo il decimo anno come le famiglie delle vittime stanno raccogliendo le prove, dirette ed indirette su quel crimine, le prove che i Tribunali di questo paese rifiutano di trattare, apertamente violando le leggi. La NATO, dal canto suo, sul crimine tace arrogantemente, rifiutando sistematicamente gli inviti delle famiglie delle vittime ad aiutare di fare la luce sul accaduto. Come ha testimoniato Carla del Ponte, anche i poteri serbi hanno rifiutato la richiesta del Tribunale dell'Aia di fornire sufficienti prove le quali permetterebbero un avvio dell'indagine contro la NATO nel caso RTS (Radio televisione serba). Questo silenzio, da entrambe le parti, non è naturalmente il frutto dell'ignoranza, piuttosto di cattiva coscienza.
Il comandante in capo per l'Europa nei tempi dell'intervento NATO, il generale Wesley Clark, nel gennaio del 2004 nell'intervista ad una radiotrasmittente americana dichiara che Milošević era stato avvisato in tempo per l'attacco, tramite il giornalista sul terreno. "Personalmente ho chiamato corrispondente della CNN informandolo (sul imminente attacco alla RTS)". Queste sue parole sono state confermate dallo stesso corrispondente di guerra da Belgrado, Alessio Vinci: "Noi lo sapevamo e lo sapevano anche i manager principali della RTS, perché noi glielo abbiamo detto".
Dopo quella intervista, il generale Clark però, ignora la lettera nella quale i familiari delle vittime lo pregano che gli permetta di utilizzare la sua testimonianza come la prova legale per poi, qualche tempo dopo, dare alla stessa Radio un altra intervista, con l'evidente intenzione di occultare tutto quello nella prima.
In opposizione alla combutta di fatto fra la NATO e le strutture di Milošević riguardo l'occultamento dei colpevoli per questo crimine concreto, l'interesse della Serbia è che la verità esca fuori e che i colpevoli siano puniti. A lungo termine, se per null'altro che per i motivi di mera umanità, questo potrebbe diventare anche l'interesse della NATO, in quanto la sua di colpa per aver sacrificato i civili, impiegati della RTS, sono considerevolmente inferiori: la NATO nel caso della uccisione dei 16 tecnici della Televisione, è apparsa per così dire, come un mezzo nelle mani di Milošević.
Anche se i familiari delle vittime dalla NATO fino ad ora non hanno ricevuto nemmeno una parola di scuse (semplicemente hanno tagliato corto dicendoci di rivolgerci al Tribunale per i diritti umani il quale a sua volta ha dichiarato la sua non competenza nel caso), noi crediamo che questa organizzazione ci debba l'aiuto nella nostra lotta per la verità: è il minimo che possono fare per le vittime. Se desideriamo una società degli uomini onesti e giusti su questo globo terrestre, dove tutti siamo ospiti per un po' di tempo, allora dobbiamo rispettarci l'un l'altro.
Rischiando di suonare ingenui, noi, le famiglie delle vittime, continuiamo ad aspettarci che la NATO ci fornisca dei documenti, le prove e gli indizi su come e quando le strutture statali di Milošević potevano essere arrivate ai dati circa la scelta dell'obbiettivo ed il tempo dell'attacco della Televisione serba. Che ruolo in questo aveva la stessa NATO e quale era il ruolo di alcuni paesi dell'Alleanza? Potrebbero di questo testimoniare i diplomatici o altre persone?
Ai famigliari delle vittime sono necessari i dati sui tipi di aerei che hanno eseguito l’attacco, sulle modalità delle comunicazioni dei pulito con la base, le registrazioni video di queste comunicazioni (e tutto per poter fare un confronto con le prove che nasconde il Ministero della difesa serbo) nonché le registrazioni aeree dello svolgimento dell’attacco. La NATO, durante il suo intervento ha regolarmente pubblicato le registrazioni degli obbiettivi colpiti sul suo sito ma non la registrazione dell’attacco sul RTS.
In Serbia, i Pubblici Ministeri come anche i tribunali, oggi, 10 anni dopo il cambio di potere, continuano a non prendere in considerazione le prove sulla colpa di Milošević e dei suoi generali per la uccisione dei 16 lavoratori della Televisione serba.
Le vittime dei bombardamenti NATO della Televisione serba per questo saluterebbero l’entrata del nostro paese nella NATO per un motivo semplice: l’alleanza occidentale è probabilmente l’unica che potrebbe stabilire un qualche controllo effettivo sulle strutture serbe militari, ne riformate ne lustrate ancora. La fragile società civile serba non sarà ancora a lungo capace di farlo da se. E credo di non dire nulla di nuovo se sottolineerò che senza un controllo civile sulle strutture militari, in particolar modo quelle della sicurezza militare, la democratizzazione e la guarigione della Serbia resteranno la mera illusione.
L’entrata della Serbia nella NATO indubbiamente chiuderebbe l’epoca delle guerre per le frontiere e la cosiddetta questione statale serba e uno stato di emergenza che perdura da quasi due secoli, per cui fermerebbe la necessità della imminente creazione delle unità speciali per gli stati di emergenza. I nostri figli non andrebbero più a morire.
Žanka Stojanović,
maestra in pensione