Spezzeremo le reni all'Iran?

Due recenti interventi di Domenico Losurdo e Gianni Vattimo, sulla campagna in corso per assassinare Ahmadinejad ed effettuare "un’azione nucleare preventiva" contro l'Iran.


1) UNA MICIDIALE "GUIDA MORALE"

di Domenico Losurdo 

(da Cronache dell’Impero - http://domenicolosurdo.blogspot.com/ )

Nei giorni e nelle settimane precedenti le elezioni del 2000, l’«International Herald Tribune» riferiva compiaciuto delle difficoltà incontrate da Milosevic nello svolgimento della campagna elettorale: «Timoroso di essere assassinato, il cinquantottenne presidente appare raramente in pubblico e solo per pronunciare dinanzi ai suoi seguaci brevi discorsi sui mali del fascismo». Circa una settimana dopo, sullo stesso quotidiano un altro giornalista statunitense scriveva: non ci sarà pace nei Balcani «sino a quando Milosevic non viene tratto in inganno e colpito o trascinato via dal potere in una bara». E ora spostiamoci in Medio Oriente.
Sempre nel 2000 e sempre l’autorevole e distaccato «International Herald Tribune» annunciava giubilante: la Cia ha stanziato somme enormi «per trovare un generale o un colonnello che conficchi una pallottola nel cervello di Saddam» (cfr. D. Losurdo, Il linguaggio dell’Impero, pp. 4-5). 
Com’è noto, per conseguire l’obiettivo dell’eliminazione fisica di due capi di Stato non graditi o non più graditi, contro la Jugoslavia furono necessari una guerra e un colpo di Stato, contro l’Irak un embargo devastante e prolungato e poi una guerra. 
Veniamo all’oggi. Il «Corriere della Sera» del 10 febbraio riporta le dichiarazioni di Elie Wiesel: «Se il presidente iraniano Ahmadinejad fosse assassinato, non verserei una sola lacrima». Perché non ci fossero dubbi sul significato reale delle sue dichiarazioni, Wiesel si è preoccupato di rilasciarle alla «Radio militare israeliana». 
Ma è interessante leggere il commento della gionalista del «Corriere della Sera» (Alessandra Farkas), che riporta le dichiarazioni di Wiesel: «Mentre Teheran alza i toni dello scontro, minacciando direttamente i leader occidentali, lo scrittore e attivista sopravissuto alla Shoah non esita a proporsi come guida morale...»! 


2) IRAN, UN APPELLO CHE ALIMENTA IL FUOCO DI GUERRA

di Domenico Losurdo e Gianni Vattimo, «il manifesto» del 9 febbraio, p. 10

«Il manifesto» di sabato 6 febbraio ha pubblicato un Appello «Per la libertà di espressione e la fine della violenza in Iran». A firmarlo, assieme a intellettuali inclini a legittimare o a giustificare tutte le guerre e gli atti di guerra (blocchi e embarghi) scatenate e messi in atto dagli Usa e da Israele, ce ne sono altri che in più occasioni, invece, hanno partecipato attivamente alla lotta per la pace e per la fine dell’interminabile martirio imposto al popolo palestinese. Purtroppo a dare il tono all’Appello sono i primi:

1) Sin dall’inizio si parla di «risultati falsificati dell’elezione presidenziale del 12 giugno 2009» e di «frode elettorale». A mettere in dubbio o a ridicolizzare questa accusa è stato fra gli altri il presidente brasiliano Lula. Perché mai dovremmo prestar fede a coloro che regolarmente, alla vigilia di ogni aggressione militare, fanno ricorso a falsificazioni e manipolazioni di ogni genere? Chi non ricorda le «prove» esibite da Colin Powell e Tony Blair sulle armi di distruzione di massa (chimiche e nucleari) possedute da Saddam Hussein?

2) L’Appello prosegue contrapponendo la violenza del regime iraniano alla «non-violenza» degli oppositori. In realtà vittime si annoverano anche tra le forze di polizia. Ma è soprattutto grave un’altra rimozione: da molti anni l’Iran è il bersaglio di attentati terroristici compiuti sia da certi movimenti di opposizione sia dai servizi segreti statunitensi e israeliani. Per quanto riguarda questi ultimi attentati, ecco cosa scriveva G. Olimpio sul «Corriere della Sera» già nel 2002 (7 giugno): «in perfetta identità di vedute con Washington», i servizi segreti israeliani hanno il compito di «eliminare», assieme ai «capi dei gruppi palestinesi ovunque si trovino», anche gli «scienziati iraniani impegnati nel progetto per la Bomba» e persino coloro che in altri Paesi sono «sospettati di collaborare con l’Iran».

3) L’Appello si sofferma con forza sulla brutalità della repressione in atto in Iran, ma non dice nulla sul fatto che questo paese è sotto la minaccia non solo di aggressione militare, ma di un’aggressione militare che è pronta ad assumere le forme più barbare: sul «Corriere della Sera» del 20 luglio 2008 un illustre storico israeliano (B. Morris) evocava tranquillamente la prospettiva di «un’azione nucleare preventiva da parte di Israele» contro l’Iran. In quale mondo vivono i firmatari dell’Appello: possibile che non abbiano letto negli stessi classici della tradizione liberale (Madison, Hamilton ecc.) che la guerra e la minaccia di guerra costituiscono il più grave ostacolo alla libertà?

Mentre non è stupefacente che a firmare (o a promuovere) l’Appello siano gli ideologi delle guerre scatenate da Washington e Tel Aviv, farebbero bene a riflettere i firmatari di diverso orientamento: l’etica della responsabilità impone a tutti di non contribuire ad alimentare il fuoco di una guerra che minaccia il popolo iraniano nel suo complesso e che, nelle intenzioni di certi suoi promotori, non deve esitare all’occorrenza a far ricorso all’arma nucleare.