Dedicato a chi cerca la verità in buona fede ma col cervello.

UN “NEGAZIONISTA” RINGRAZIA.


Credo che, tutto sommato, la prof. Rossana Mondoni, sacerdotessa del culto di Graziano Udovisi (l'unico “sopravvissuto alle foibe” ancora vivente, non a caso da lei paragonato a Padre Pio) e autrice dell'ultima, ennesima intervista con l'anziano “combattente italiano al confine orientale” (pubblicata in un libello a lui dedicato), meriti da parte nostra un ringraziamento.

Certo non fanno piacere gli anatemi e le ingiurie che costei (come già fece celebrando Norma Cossetto) continua a lanciare contro i “negazionisti”, affibbiando tale qualifica – appropriata per chi nega gli stermini nazisti - a chiunque osi mettere in dubbio il dogma del “genocidio degli italiani da parte degli slavo/comunisti” nelle terre contese alla fine della seconda guerra mondiale (si veda a questo proposito la chiara e forte risposta di Claudia Cernigoi su www.nuovaalabarda.org).

Inoltre non sono gradevoli i suoi tentativi di esorcizzare le diaboliche contestazioni alle verità rivelate dal suo inconfutabile testimone, peraltro senza avere il coraggio di citare neppure il titolo del libro [LA FOIBA DEI MIRACOLI, indagine sul mito dei “sopravvissuti”, Kappa Vu, Udine 2008, frutto di una ricerca collettiva e da me firmato] in cui si dimostra la falsità di tali “rivelazioni” e si documentano puntualmente tutti i “passaggi” nella costruzione di quel mito – i quali vanno ben oltre la figura e le vicende personali del sig. Udovisi, coinvolgendo fin dall'inizio i massimi esponenti democristiani e della chiesa locale triestina, impegnati a sostenere le rivendicazioni neo irredentiste italiane nella battaglia diplomatica al tavolo delle trattative di pace -. Infatti le prime palesi falsità e contraddizioni in questa storia risalgono al luglio 1945, quando fra Trieste [curia del vescovo Santin] e Roma [Stato Maggiore del R. Esercito (ufficio “I”) e Ministero per gli Affari Esteri] cominciarono a circolare in forma strettamente riservata ben tre diversi documenti con la “testimonianza di un sopravvissuto alla foiba”: Giovanni Radeticchio. In essi egli afferma di essersi salvato da solo, e che fra gli altri cinque gettati con lui nella foiba e deceduti c'era... Graziano Udovisi. Fu l'inattesa “resurrezione” di quest'ultimo un mese dopo a Padova (dov'era fuggito con documenti falsi, ma fu riconosciuto e arrestato per la sua fama di collaborazionista coi nazisti e di rastrellatore di partigiani) che scompigliò il quadro. La “testimonianza” (pubblicata il 16/1/1946 in forma rigorosamente anonima dall'organo della DC triestina “La Prora”) fu “fatta propria” da Udovisi, con le necessarie modifiche, al processo che subì nel settembre successivo: solo allora i miracolati divennero due. Ma da quel momento entrambi scomparvero dalla scena (anche perché, come è emerso dalle interviste coi parenti di Radeticchio, fra loro era sorta la contesa su “chi aveva salvato l'altro”), e la storia del (dei) sopravvissuto (-i) fu gestita direttamente dagli organi politici (il M.A.E. sul piano diplomatico -segreto-; il CNL Istria, il periodico “Difesa Adriatica” e altri su quello della propaganda), con una serie di manipolazioni e “diramazioni” che moltiplicarono nomi, luoghi e testimonianze.

A queste, come ad altre importanti conclusioni della nostra indagine esposte nel libro sopra citato (p. es. la totale incompatibilità fra le caratteristiche della “foiba” indicata quale teatro del dramma e la dinamica dei fatti raccontati), Rossana Mondoni non fa cenno.

Invece, di fronte alle molte incongruenze e contraddizioni riscontrabili nelle varie versioni della “testimonianza” che Udovisi (o chi per lui) ha ricominciato a sfornare circa vent'anni fa, l'ineffabile maestra di storiografia si limita a sentenziare che “i vissuti sono soggettivi, viaggiano con le emozioni che traboccano” e poi cita (?) nientemeno che “Sant'Agostino. L'anima... rivive gli eventi riplasmandoli... con l'autenticità e la freschezza che solo chi ha veramente vissuto quell'esperienza può fare”. Insomma l'attendibilità di un testimone sarebbe garantita dal livello di emotività (e di confusione) che esprime. Chi lo nega è un negazionista (come chi non crede alla santità di padre Pio è un miscredente)!

Ma è proprio per questo che dobbiamo ringraziarla. La sua opera infatti dimostra senza ombra di dubbio che solo attraverso la Fede (quella religiosa, con la F maiuscola) si può continuare a credere alle verità predicate da Udovisi su se stesso (e sulle vicende delle foibe, e su quelle dei confini orientali più in generale); e ciò a conferma che i risultati delle nostre ricerche non sono attaccabili sul piano razionale e storico.

Paolo Consolaro (Pol Vice)