Il Presidente della Repubblica Italiana
Accolgo con molto piacere il cortese invito rivoltomi dall'Istituto Storico Provinciale Lucchese della Resistenza di presentare il volume degli atti del Convegno di studio, tenuto a Lucca nel 1980, su "Il contributo italiano alla Resistenza in Jugoslavia".
Ha perfettamente ragione Giacomo Scotti quando sostiene nella sua relazione che la nascita del nuovo esercito italiano "inteso come esercito democratico antifascista e parte integrante della coalizione antihitleriana nella seconda guerra mondiale" deve essere anticipata, alcuni mesi prima della storica battaglia per la conquista di Monte Lungo a Cassino, al 9 ottobre 1943, quando il Generale Oxilia, Comandante della Divisione di Fanteria da montagna "Venezia", forte di dodicimila uomini, dette ordini alle sue truppe di attaccare i nazisti, coordinando le azioni militari con l'esercito popolare di liberazione della Jugoslavia.
Dalle relazioni preparate per il Convegno, e ricordo per tutte quella del Generale di Artiglieria Angelo Graziani, emerge l'imponente contributo offerto dagli italiani alla lotta per la liberazione della Jugoslavia: per numero, perchè si è parlato di circa 40mila italiani coinvolti nella lotta partigiana; per mezzi, ricordo l'armamento, l'assistenza tecnica e logistica offerta dalle unità italiane all'esercito di liberazione jugoslavo. Con commozione rilevo sopra a tutto il grande sacrificio di vite umane compiuto dagli italiani: di 24mila soldati italiani che l'8 settembre 1943 costituivano gli effettivi delle divisioni "Venezia" e "Taurinense" furono meno di 3500 i sopravvissuti.
Il contributo italiano, dunque, alla liberazione della Jugoslavia si colloca tra i maggiori che le Nazioni alleate e cobelligeranti fornirono a quelle forze partigiane e ripete un momento particolarmente significativo per l'amicizia e la collaborazione italo-jugoslava, quale fu la grande operazione combinata italo-serba all'inizio del 1916 che valse a preservare la forza militare serba nella lotta contro gli Imperi centrali.
Si è così avverato il profetico messaggio contenuto nella dichiarazione approvata a Roma nell'aprile 1918 dalla Conferenza delle nazionalità oppresse dalla Duplice Monarchia austroungarica, alla cui realizzazione tanta opera dette un indimenticabile e lungimirante uomo politico italiano, Leonida Bissolati. In quella dichiarazione i rappresentanti italiani e jugoslavi definirono quattro punti che oggi, a distanza di sessanta e più anni, possiamo ben definire profetici anche alla luce delle esperienze fatte:
" 1) i rappresentanti dei due popoli riconoscono che l'unità e l'indipendenza della nazione jugoslava sono interesse vitale dell'Italia, come il completamento dell'unità nazionale italiana è interesse vitale della nazione jugoslava; 2) affermano che la liberazione e la difesa del Mare Adriatico sono un interesse vitale dei due popoli; 3) si impegnano a risolvere amichevolmente le singole controversie territoriali sulla base dei principi di nazionalità e del diritto dei popoli a decidere della propria sorte; 4) ai nuclei di un popolo che dovessero essere inclusi nei confini dell'altro, sarà riconosciuto e garantito il diritto al rispetto della loro lingua, della loro cultura e dei loro interessi morali ed economici. "
L'avventura fascista aveva interrotto la fratellanza tra i due popoli che si era instaurata non soltanto negli anni duri della prima guerra mondiale, ma nel pieno del Risorgimento italiano, quando Giuseppe Mazzini nel 1857 pubblicò le sue "Lettere slave" e previde con estrema lucidità che il moto d'indipendenza degli Slavi del Sud sarebbe stato il più importante, dopo l'italiano, per l'Europa futura. "Il moto slavo" egli scriveva "dura lentamente continuo. Quando un'idea di libera patria, un'aspirazione nazionale si affaccia ad un popolo, nessuna forza può spegnerla o contenderle il più o meno lento sviluppo progressivo sino al trionfo. Le nazìonalità sono invincibili come la coscienza: potete sopirle per breve tempo, non cancellarle".
Gli atti del Convegno promosso dall'Istituto storico provinciale lucchese della Resistenza rendono, dunque, un grande servigio all'amicizia tra il popolo italiano ed il popolo jugoslavo: con l'arido linguaggio delle cifre, con l'obiettiva narrazione dei fatti, senza nessuna indulgenza alla retorica per rispetto ai vivi, ma soprattutto ai Morti, illuminano per la Storia una pagina che era ancora inedita della Resistenza italiana e del contributo dell'Italia alla Resistenza Europea contro il nazismo.
Sandro Pertini
Palazzo del Quirinale, 10 novembre 1981
[tratto da:
Istituto Storico Provinciale Lucchese della Resistenza
Il contributo italiano alla Resistenza in Jugoslavia
Atti del convegno di studi tenuto a Lucca il 21 giugno 1980
Maria Pacini Fazzi Editore - Lucca 1981
Digitalizzazione a cura di I. Serra, che ringraziamo.
Si confrontino le parole di Pertini, dense di sentimenti internazionalisti di pace e fratellanza, con le parole di odio di Gabriele D'Annunzio, espressione della tendenza imperialista e fascista, di nuovo invalsa ed egemone nell'opinione pubblica come nella politica estera italiana dai primi anni Novanta del Novecento: