A proposito di "martiri delle foibe"

1) Dall'ANPI di Viterbo:
- Sulla pubblicazione dell’elenco dei viterbesi “infoibati”
- Estratto dal Resoconto del Congresso del Comitato provinciale

2) GIORNO DEL RICORDO 2011: A PROPOSITO DI “MARTIRI DELLE FOIBE” (C. Cernigoi)

3) Menzogne di regime (F. Guastarazze)

Sulla disinformazione strategica a proposito delle "foibe" e la campagna revanscista e neoirredentista in atto in Italia da alcuni anni rimandiamo anche a tutta la documentazione raccolta alla nostra pagina dedicata: https://www.cnj.it/documentazione/paginafoibe.htm . Lì si trovano anche molti riferimenti e testi riguardanti le questioni ("infoibati" viterbesi, Norma Cossetto, ecc.) affrontate di seguito.


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Oggetto: su Conferenza stampa foibe

Data: 05 febbraio 2011 20.51.46 GMT+01.00


Sulla pubblicazione dell’elenco dei viterbesi “infoibati”

Nel 2001, l’Amministrazione comunale di Viterbo aveva intestato un cippo in largo Martiri delle foibe istriane a Carlo Celestini “sacrificato nelle foibe”. Due anni fa abbiamo redatto un comunicato stampa per dimostrare che, in base a documentazione inconfutabile, le circostanze dell’infoibamento non risultassero affatto. Il Comune di Viterbo non ha mai risposto. 
Durante le celebrazione del Giorno del ricordo 2010, però, il consigliere comunale di maggioranza Maurizio Federici aveva parlato di “dodici martiri, nati a Viterbo e provincia, che da alcune ricerche storiche risultano deceduti a seguito di deportazione, fucilazione o infoibamento”. Così avevamo inoltrato all’assessore una lettera per sapere circa i nomi di questi dodici, senza ottenere risposta. 
  Stamattina, con una conferenza stampa tenuta da Federici assieme ad altri esponenti del locale centrodestra, sono stati pubblicati questi nomi che, frattanto, sono diventati diciotto (http://tusciaweb.it/notizie/2011/febbraio/5_23foibe.htm ). Faremo al più presto ricerche a riguardo, in quanto la storiografia, come tutte le scienze, comporta rigore, serietà e scrupolosità che possono venir meno in un semplice scambio di battute.
Tralasciando ora il fatto che nella conferenza stampa, almeno da quanto riportano i giornali, non si sia fatto cenno delle politiche antislave del fascismo, né del martirio cui sono state sottoposte le popolazioni balcaniche occupate dai fascisti (deportazioni e fucilazioni di massa, distruzioni di interi villaggi etc.), veniamo ai dati forniti nell’elenco dei nomi. Nessuno di questi elencati - va da sé tutti soldati - risulta inoppugnabilmente infoibato e, “probabilmente infoibato” non necessariamente significa effettivamente infoibato. Per alcuni si dice esplicitamente che le cause della morte sono ancora in fase di accertamento, per altri si parla di fucilazione o decesso a seguito di internamento, mentre per qualche caso è notizia certa il solo avvenuto decesso, anche a distanza di anni dalla fine del conflitto! In sostanza, è sufficiente la sola circostanza di essere venuti a mancare nei Balcani per essere definiti “infoibati con la sola colpa di essere italiani”. Un infoibamento ormai esteso a tutte le possibili cause di morte. Senza contare che nei Balcani, dopo l’8 settembre 1943, i soldati italiani, a migliaia, sono stati fucilati, deportati nei campi di sterminio o sono deceduti nei campi di prigionia per mano dei nazifascisti. 
Proprio in merito a Celestini, la scheda, sospettosamente breve, riporta soltanto: “CELESTINI Carlo, di Crescenziano, nato a Viterbo nel 1922, scomparso, infoibato nel 1945 a Dyakovo”. Il Comune, in tutta evidenza, non intende rendere pubblica la documentazione su cui si basò l’intestazione del cippo, né motivare a riguardo. In compenso, Federici, parlando delle celebrazione del 10 febbraio, annuncia: “Deporremo un mazzo di fiori al monumento dedicato a Carlo Celestini, un martire delle foibe”. Come dire: alla faccia vostra! 
Fermo restando il rispetto e la pietà che si debbono a tutti i morti, siamo sempre più palesemente dinanzi ad un uso, quantomeno, scorretto delle fonti, privo anche dei più basilari criteri storiografici, sacrificati nel nome di opinioni e convinzioni personali, con l’obiettivo politico di diffamare la lotta partigiana.

Silvio Antonini
Segretario e Portabandiera
Anpi Cp Viterbo 
 


Estratto dal Resoconto del Congresso del Comitato provinciale Anpi di Viterbo: 

Sabato 29 gennaio 2011, presso la sede dell’associazione Viterbo con amore, via Cavour, 97, si è riunito il Congresso del Comitato provinciale (Cp) Anpi di Viterbo, in vista del 15° Congresso nazionale, che si terrà a Torino il 24-27 marzo. Hanno partecipato all’evento oltre trenta persone tra cui molti giovani e giovanissimi che mai si erano avvicinati all’Associazione. (...)
In merito al Giorno del ricordo, il documento del Cn denuncia il fatto che la ricorrenza si sia trasformata in celebrazione “dell’orgoglio fascista”. Come Cp Viterbo affermiamo che l’istituzione di questa ricorrenza sia già di per sé strumentale, poiché finalizzata a denigrare l‘Antifascismo, la lotta partigiana e le popolazioni slave: siamo l’unico paese europeo ad aver fatto assurgere ad evento luttuoso un trattato di pace dopo una guerra che aveva visto l’Italia come aggressore di popoli vicini e, per giunta, sconfitta. Ormai è palese come l’ “operazione foibe” non si basi affatto su criteri storiografici, anche quelli più basilari (abbiamo trattato più volte l’argomento, sia a livello locale sia nazionale), ma su faziosità ideologiche e etniche, un tempo appannaggio dell’estrema destra, divenute istituzionali per ragioni politiche. In base a ciò, chiediamo che il 10 febbraio diventi la Giornata dell’amicizia tra il popolo italiano e quelli balcanici, contro la xenofobia e le guerre.  (...)
Sulle questioni locali: il Cp intende fare una proposta circa la toponomastica del Comune di Viterbo, nello specifico sul largo Martiri delle foibe istriane e sul cippo che vi ricorda Carlo Celestini, viterbese “sacrificato nelle foibe”. Due anni fa siamo intervenuti pubblicamente denunciando il fatto che dalla documentazione dell’Archivio di Stato non risulta affatto che questi sia stato infoibato, chiedendo spiegazioni all’Amministrazione comunale, per un’intestazione fortemente sospetta di arbitrarietà, pure grossolana. Non abbiamo ottenuto risposta alcuna. È altresì inaccettabile, in termini di cifre e verità storica, quanto scritto sulla targa posta nel largo in questione, che riporta di “migliaia di italiani sacrificati con la sola colpa di essere italiani”. Chiediamo, quindi, che quel largo cambi intestazione per essere dedicato ai Viterbesi vittime del fascismo, a partire da quelli assassinati negli anni Venti (Antonio Prosperoni, Tommaso Pesci e Antonio Tavani) su cui si dispone di abbondante quanto inconfutabile documentazione. In questo largo, un cippo potrebbe ricordare proprio Tommaso Pesci, contadino ucciso, senza motivo, con un colpo dritto in faccia sparato da un fascista orvietano, mentre era inerme sull’uscio di casa, in via Lucchi, il 10 luglio 1921 (inaugurazione del gagliardetto fascista). Nel 90° anniversario dei fatti, Viterbo renderebbe omaggio a un suo cittadino, i cui familiari non ottennero giustizia.
Il Congresso ha rappresentato un’occasione per il ridefinire l’assetto del Consiglio direttivo. È riconfermato l’incarico di Presidente a Renato Busich. Con la morte di Rosa Mecarolo, era rimasto vacante l’incarico della Presidenza onoraria, ora affidato a Nello Marignoli, Partigiano viterbese combattente in Jugoslavia, iscritto Anpi dal 1947. Marignoli, assente per motivi di salute, ha ringraziato della nomina per telefono. È stato eletto consigliere Francesco Antonaroli che, ormai da anni attivo per l’Anpi, ha dato prova di serietà e impegno costante. L’iscritto Carlo Boccolini è stato, invece, eletto nel collegio revisori conti. 
Per il resto, è confermato l’organico emerso dal Congresso straordinario del 2009.

Il Direttivo del Comitato provinciale Anpi Viterbo


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GIORNO DEL RICORDO 2011: A PROPOSITO DI “MARTIRI DELLE FOIBE”

Dopo tanti anni da quando ho iniziato a fare ricerca storica sulle foibe (cioè dal 1995), dopo tutta la documentazione che ho analizzato e tutte le cose che ho pubblicato (e che nessuno storico serio, finora, ha smentito), quando sento ancora parlare di diecimila “infoibati”, di migliaia di “martiri delle foibe”, non so se mi sento più arrabbiata o più demoralizzata. Perché, mi domando, una ricerca storica seria deve venire snobbata, ignorata, vilipesa, mentre si prosegue a parlare a sproposito di certi argomenti, solo per mantenere viva la propaganda anticomunista ed antijugoslava, sostanzialmente per rivalutare il fascismo?
Un esempio per stigmatizzare la situazione di disinformazione storica nella quale ci troviamo. A novembre, su segnalazione del Comitato antifascista e per la memoria storica di Parma, che ha elevato una protesta riguardo all’intitolazione in quella città di una via ai cosiddetti “martiri delle foibe” (termine che per la sua genericità e vaghezza di definizione necessiterebbe di un’analisi di svariate pagine, ma su cui tornerò più avanti), sono andata a vedere il forum di Alicenonlosa (http://www.alicenonlosa.it/aliceforum/) e di fronte a tanta (peraltro spocchiosa e saccente) ignoranza relativamente ai fatti storici di cui si pretende di parlare, mi sono davvero cadute le braccia.
Leggere di “almeno diecimila” infoibati, di “compagni del CLN” gettati nelle foibe, di paragoni tra Tito e Pol Pot, così come insulti al presidente Pertini, e citazioni fuori tema su Goli Otok (che fu campo di prigionia, orribile fin che si vuole, ma destinato ad oppositori interni e non c’entra per niente con le “foibe”), il tutto per rispondere all’equilibrata e documentata presa di posizione del Comitato antifascista e per la memoria storica mi ha fatto riflettere sul senso che ha cercare di fare ricerca storica circostanziata se poi quello che continua ad essere diffuso sono stereotipi di falsità e propaganda.
Uno dei vari anonimi polemisti, quello che cita i “compagni del CLN” infoibati, dopo avere parlato di “diecimila” vittime, fa i seguenti nomi: Norma Cossetto, i sacerdoti don Bonifacio e don Tarticchio, le tre sorelle Radecchi, i tre componenti della famiglia Adam. Nove persone. Punto. Dove don Tarticchio, Norma Cossetto e le tre sorelle Radecchi furono uccisi nel settembre 1943 in tre distinte località dell’Istria nel corso del conflitto; don Bonifacio scomparve nel 1946 e non si sa che fine abbia fatto, ma visto che è scomparso nel nulla, dice la propaganda, ovviamente è stato “infoibato”; la famiglia Adam, di Fiume, che faceva parte del CLN filo italiano che nell’estate del 1945, quando Fiume era passata sotto sovranità jugoslava operava per riannettere la città all’Italia, in barba a tutti gli accordi tra Alleati, fu arrestata appunto per questa attività eversiva, e non vi è prova che qualcuno dei tre sia stato “infoibato”.
Ed i “compagni” del CLN di cui parla l’Anonimo (diamogli una dignità di nome proprio con un’iniziale maiuscola) chi sarebbero? Non certo coloro (una ventina) che furono arrestati durante l’amministrazione jugoslava di Trieste perché organizzavano attentati dinamitardi contro l’autorità esistente, che amministrava Trieste in quanto potenza alleata; né i tre membri del CLN arrestati per essersi appropriati dei fondi della Marina militare della RSI pur di non lasciarli in mano agli jugoslavi, due dei quali furono rilasciati un paio di anni dopo, mentre il terzo, già malato al momento dell’arresto, morì in prigionia un anno dopo.
Si possono poi considerare “martiri” i membri dell’Ispettorato Speciale di PS che furono arrestati e condannati a morte dal tribunale di Lubiana, perché colpevoli di essersi macchiati di azioni criminali, come Alessio Mignacca, che picchiò una donna arrestata fino a farla abortire, ed uccise almeno tre persone che cercavano di sfuggire all’arresto, sparando contro di loro?
Si potrebbe continuare a lungo con questi esempi, ma il discorso da fare è, a mio parere, un altro, e ritorno sulla questione della definizione “martiri delle foibe”. Innanzitutto la maggior parte di coloro che vengono così indicati non furono veramente uccisi e poi gettati in una foiba: in parte si tratta di prigionieri di guerra morti durante la detenzione (così come accadde in altri campi di detenzione gestiti dagli Alleati, ad esempio in Africa), in parte di arrestati perché accusati di crimini di guerra o di violenze contro i prigionieri (vedi il caso di Mignacca sopra citato, ma anche quello di Vincenzo Serrentino, giudice del Tribunale speciale per la Dalmazia, che mandò a morte moltissimi innocenti) e condannati a morte dopo un processo. Coloro che finirono nelle foibe furono per lo più vittime di regolamenti di conti o di vendette personali, così come Norma Cossetto, così come don Tarticchio, sul quale gravava il sospetto che fosse un informatore dell’Ovra.
Intitolare strade a generici “martiri delle foibe” significa non rendere giustizia a nessuno, tantomeno alle vittime innocenti, serve solo ad eternare la polemica sulla “ferocia slava” che voleva operare una pulizia etnica contro gli italiani nella Venezia Giulia (teoria nazionalfascista che nessuno storico degno di questo nome ha mai avallato). 
L’analisi di cui sopra è stata inviata, sempre a novembre 2010, al Comitato antifascista e per la memoria storica di Parma, quale contributo di solidarietà al loro lavoro di informazione per la conoscenza della storia. Non so se l’intervento è stato pubblicato da qualche testata parmense, ma ritengo ora, a ridosso del Giorno del ricordo del 10 febbraio, di diffonderlo più ampiamente, in vista di quanto verrà detto e scritto sull’argomento.

Claudia Cernigoi 
gennaio 2011


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Menzogne di regime


Fra pochi minuti (o forse è già in onda) Rai Uno trasmetterà un bello specialone sulle foibe [*]. Chissà come saranno contenti i destri che avranno modo di sbandierare l'odio comunista antitaliano.

Oggi la figura centrale della puntata sarà Norma Cossetto una giovane studentessa italiana uccisa, violentata e infoibata dai partigiani titini.

O almemo così dicono...

Chi era davvero Norma Cossetto? Era figlia di Giuseppe Cossetto dirgente del Partito Nazionale Fascista, membro della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, podesta di Visinaga e commissario del Fascio. Insomma una fascista ben inserito. Norma non era da meno: all'Università di Padova si era iscritta ai Gruppi Univesitari Fascisti, insomma in tutto e per tutto una fascista.

Quando gli storici parlano dell'odio antitaliano scatenato dai titini dopo l'8 settembre 1942 omettono di ricordare che la Jugoslavia veniva da anni di dominazione fascista, dallo stupro etnico della sue terre, dall'oppressione e dalla guerra.

Gli infoibati che ci furono in quel periodo non veniva uccisi in quanto italiani, ma in quanto "fascisti". Non a casao andarono a riempire le foibe carabieri, finanzieri e polizioti in genere, preti collaborazionisti e tutti coloro che avevano collaborato con il regime fascista. E naturalemente i fascisti come Norma e suo padre.

Fin qui quindi non ci sarebbe nulla di strano: sarebbe un veneto tremendo e doloroso ma giustificato dalla complessa fase bellica.

Molto più infamante e l'accusa dello stupro e della sevizie. Si dice che Norma fu violentata per più giorni e che prima di ucciderla e di gettarla nella foiba le abbiamo pugnalato i seni e conficcato un pezzo di legno nella vagina.

Però...c'è sempre un però...

Se leggete con attenzione la pagina che Wikipedia le dedica (http://it.wikipedia.org/wiki/Norma_Cossetto) noterete che questa versione fa acqua da tutte le parti.

Si dice che Norma venne violentata: di fatto non c'è nessuna testimonianza certa che avvalori questa ipotesi se non quella di una "signora di Antignana" rimasta anonima che abitando vicino alla scuola del paese trasformata in base partigiana avrebbe sentito le urla e l'agonia di Norma. Una signora rimasta per altro sempre anonima.

Le sevizie: quando Norma venne recuperata aveva "aveva ambedue i seni pugnalati ed altre parti del corpo sfregiate".  Qualche versione aggiunge che avesse un pezzo di legno conficcato nella vagina.

Ma ecco cosa dice la sorella Licia Cossetto del 10 dicembre 1943 giorno del ritrovamento:

"Ancora adesso la notte ho gli incubi, al ricordo di come l'abbiamo trovata: mani legate dietro alla schiena, tutto aperto sul seno il golfino di lana tirolese comperatoci da papà la volta che ci aveva portate sulle Dolomiti, tutti i vestiti tirati sopra all'addome.... Solo il viso mi sembrava abbastanza sereno. Ho cercato di guardare se aveva dei colpi di arma da fuoco, ma non aveva niente; sono convinta che l'abbiano gettata giù ancora viva". Nessun segno sul corpo.

Frediano Sessi ribadisce: "Frediano Sessi, Foibe rosse. Vita di Norma Cossetto uccisa in Istria nel '43, Gli specchi di Marsilio, 2007, pag 128: "un volo nel vuoto di oltre centotrentacinque metri, che tutti furono costretti a compiere da vivi. Sui loro corpi, in seguito, non si trovò traccia di fori di pallottole o di ferite da taglio mortali." 

A dare retta a queste versioni quindi Norma fu gettata viva nelle foibe ma non fu nè violentata nè tanto meno seviziata. Ma Arrigo Petacco scrive "L'esodo, Edizioni Mondadori, 1999, pag 61:"prima di precipitarla nella voragine, i giustizieri vollero ancora approfittare di lei. E dopo avere infierito su quel povero corpo ormaiinanimato, le recisero i seni e le conficcarono un legno nei genitali".

Dunque Norma era mortao viva al momento che fu gettata nella foiba? E perchè Pettacco ritorna sulle storia delle sevizie se Licia Cossetto e Frediano Sessi dicono che non c'erano segni?

A quanto pare anche la storia di Norma gettata viva nella foiba fa acqua.

Insomma, troppe incongruenze, troppe contraddizioni. L'unica cosa certa è che Norma venne giustiziata in quanto fascista dai partigiani.

Nulla di più e nulla di meno.

Inutile fare di lei una santa.


Francesco Guastarazze

[*] E' possibile vedere online lo Speciale Tg1 trasmesso da RaiUno domenica 6 febbraio, condotto da Monica Maggioni e dedicato al Giorno del ricordo, a questo link:
(parte sinistra della pagina che si apre).