Due iniziative sull'internazionalismo partigiano

1) Viterbo 20 aprile 2012: DRUG GOJKO
2) Gorizia 21 aprile 2012: GORIŠKA FRONTA / LA BATTAGLIA PARTIGIANA DI GORIZIA DEL SETTEMBRE 1943


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Drug Gojko * Spettacolo a Viterbo con Pietro Benedetti

    • 20 aprile 2012
  • All'interno di Resist VIII edizione

    VENERDI' 20 APRILE ORE 21.30
    SALA GATTI, 
    Via Macel Gattesco 2, VITERBO

    Note sullo spettacolo Drug Gojko di Pietro Benedetti

    Antonello Ricci «QUELLO CHE DICO, DICO POCO» L’inizio è sul dragamine Rovigno: una croce uncinata issata al posto del tricolore. Il finale è l’abbraccio tra madre e figlio, finalmente ritrovati, nella città in macerie. Così vuole l’epos popolare. Così dispiega la sua odissea di guerra un bravo narratore: secondo il più convenzionale degli schemi, in ordine cronologico. Ma mulinelli si aprono, di continuo, nel flusso del racconto. Rompono la superficie dello schema complessivo, lo increspano, lo fanno singhiozzare magari fino a contraddirlo: parentesi, divagazioni, digressioni, precisazioni, correzioni, rettifiche, commenti, esempi, sentenze, morali. Così, proprio così Nello racconta il suo racconto di guerra. Nello Marignoli da Viterbo: gommista in tempo di pace; in guerra, invece, prima soldato della Regia Marina italica e poi radiotelegrafista nella resistenza jugoslava. Nello è narratore di straordinaria intensità. Tesse trame per dettagli e per figure, una dopo l’altra, una più bella dell’altra: la ricezione in cuffia, l’8 settembre, dell’armistizio; il disprezzo tedesco di fronte al tricolore ammainato; l’idea di segare nottetempo le catene al dragamine e tentare la fuga in mare aperto; il barbiere nel campo di prigionia: «un ometto insignificante» che si rivela ufficiale della Decima Brigata Herzegovaska; le piastrine degli italiani trucidati dai nazisti: poveri figli col cranio sfondato e quelle misere giacchette a -20°; il cadavere del soldato tedesco con la foto di sua moglie stretta nel pugno; lo zoccolo pietoso del cavallo che risparmia i corpi senza vita sul sentiero; il lasciapassare partigiano e la picara «locomotiva umana», tutta muscoli e nervi e barba lunga, che percorre a piedi l’Italia, da Trieste a Viterbo; la stella rossa sul berretto che indispettisce i camion anglo-americani e non li fa fermare; la visione infine, terribile, assoluta, della città in macerie. Ma soprattutto un’idea ferma: la certezza che le parole non ce la faranno a tener dietro, ad accogliere e contenere, a garantire forma compiuta e un senso permanente all’immane sciagura scampata dal superstite (e testimone). «Quello che dico, dico poco». Da qui riparte Pietro Benedetti col suo spettacolo Drug Gojko. Da questa soglia affacciata su ciò che non si potrà ridire. Da un atto di fedeltà incondizionata al raffinato artigianato del ricordo ad alta voce di Nello Marignoli. Il racconto di Nello è ripreso da Pietro pressoché alla lettera, con tutti gli stigmi e i protocolli peculiari di una oralità “genuina” e filologica, formulaica e improvvisata al tempo stesso. Pausa per pausa, tono per tono, espressione per espressione. Pietro stila il proprio copione con puntiglio notarile, stillandolo dalla viva voce di Nello. Questa la scommessa (che è anche ipotesi critica) di Benedetti: ricondurre i modi di un canovaccio popolare entro il canone del copione recitato, serbando però, al massimo grado, fisicità verace del narrare e verità delle sue forme. Anche per questo la scena è scarna. Così da rendere presente e tangibile il doppio piano temporale su cui racconto e spettacolo si fondano (quello dei fatti e quello dei ricordi): sul fondo un manifesto antipartigiano firmato Casa Pound, che accoglie al suo ingresso Nello-Pietro in tuta da lavoro; sulla sinistra un pneumatico da TIR in riparazione; al centro il bussolotto della ricetrasmittente. Andiamo a cominciare.

    Una collaborazione 
    ANPI Viterbo
    e ARCI Comitato Provinciale Viterbo

    Si ringrazia il Comune di Viterbo e l'Assocciazione Culturale Tetraedro

    Per informazioni mail culturavt@...


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Scoprimento della lapide commemorativa ai caduti nella battaglia partigiana di Gorizia del settembre 1943

    • 21 aprile 2012
  • GORIZIA

    A.N.P.I. Provinciale
    A.N.P.I. Sezione di Gorizia
    A.V.L. Gorizia


    Scoprimento della lapide commemorativa ai caduti nella battaglia partigiana di Gorizia del settembre 1943

    La cerimonia avrà luogo a Gorizia nel Piazzale MARTIRI PER LA LIBERTA D’ITALIA sabato 21 aprile 2012 alle ore 10.00

    Saluti
    Mirko Primožič Presidente A.N.P.I. di Gorizia, Mario Merni Presidente A.V.L. di Gorizia,
    Paolo Padovan Presidente A.N.P.I. Provinciale, Štefan Cigoj Presidente ZB di Nova Gorica.

    Oratore ufficiale
    Marisa Ombra Vice Presidente Nazionale A.N.P.I.


    Nei giorni successivi all’8 settembre 1943 ci furono in Italia diversi episodi, in cui unità dell’esercito e popolazione civile si opposero, imbracciando le armi, ai reparti tedeschi che si apprestavano a prendere possesso del territorio nazionale. Rientra a pieno titolo tra questi, come fatto particolarmente significativo e non periferico della resistenza italiana, la cosiddetta battaglia partigiana di Gorizia.

    Lo svolgimento della battaglia si articolò fondamentalmente in due fasi. Una prima, dall’8 al 12 settembre, fu caratterizzata dal tentativo delle truppe italiane di impedire alle truppe tedesche di impadronirsi della città e di prendere quindi il controllo totale delle vie di comunicazione. Combattimenti si ebbero nella valle dell’Isonzo, nella valle del Vipacco e soprattutto nella zona nord di Gorizia dove ai tedeschi venne impedito di attraversare il ponte ferroviario di Salcano. Per questa resistenza attiva alle forze tedesche il generale Bruno Malaguti, comandante delle truppe italiane di stanza a Gorizia, fu prima destituito ed in seguito deportato in Germania, da dove non fece ritorno. Una seconda fase si svolse dal 12 fino agli ultimi di settembre e presentò più le caratteristiche di una vera battaglia campale che di attività sporadiche di guerriglia più consone ad una guerra partigiana. Ad essa parteciparono in forza i reparti della 71a Divisione tedesca di fanteria, rinforzati da altre unità scelte che affluirono in zona costantemente per tutto il periodo dei combattimenti, sul fronte opposto, i reparti partigiani sloveni integrati dalle nuove massicce adesioni e da un migliaio di insorti italiani provenienti soprattutto dal Monfalconese e dalla Bassa Friulana. Lo stesso 12 settembre rappresentò poi il giorno del fatto d’arme più importante avvenuto nel perimetro urbano della città di Gorizia e precisamente la conquista della Stazione Centrale da parte di un gruppo di combattenti partigiani venuti da Monfalcone e la successiva riconquista della stessa ad opera di reparti tedeschi provenienti da Udine. 

    Circostanziati rapporti delle autorità militari tedesche, dando una valutazione complessiva delle operazioni di settembre nel più ampio territorio attorno a Gorizia, riferiscono che una parte delle formazioni partigiane si era sottratta all’accerchiamento e che fino ad allora si erano registrati, tra le file partigiane, 1.610 morti (tra questi 157 ex-soldati italiani) e 3.336 prigionieri. Operazioni anti partigiane continuarono nella zona ancora nei successivi mesi di ottobre, novembre e dicembre, dimostrando che l’insurrezione popolare e la grande offensiva di settembre erano state l’inizio di una vera guerra partigiana che avrà la sua conclusione vittoriosa soltanto alla fine di aprile del 1945.


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