Verso il 10 Febbraio tra censure, intimidazioni, scomuniche

1) MILANO: Attacco frontale PD / La Repubblica contro la storica Claudia Cernigoi per "lesa mitologia delle foibe"
2) COMO: Il sindaco PD si allinea ai nazisti e si oppone alla iniziativa dell'ANPI / Il Corriere della Sera rincara e attacca anche il sito Diecifebbraio.info
3) COMO: Lager italiani, un successo l'incontro con Alessandra Kersevan / Una grande lezione di storia / Intervista


Sulle censure imposte dalla lobby istriano-dalmata si veda anche:

“NON FATELI PARLARE”

Giorno del Ricordo 2013 a Montebelluna

Verona 12/2/2013: Gli squadristi schierati con il Rettore contro la iniziativa FOIBE TRA MITO E REALTA’


=== 1 ===


Da La Repubblica - sez. Milano

autore: Franco Vanni
4 febbraio 2014

Rifondazione invita una revisionista 

il Ricordo delle foibe diventa un caso


NEL giorno del Ricordo, in cui si commemorano le vittime delle foibe e l’esodo giuliano-dalmata, Rifondazione comunista organizza un incontro con la storica Claudia Cernigoi, nota per le posizioni revisioniste sui massacri di italiani in Venezia Giulia e Dalmazia a partire dal 1943. E lo fa in una sede istituzionale: l’iniziativa si terrà infatti lunedì prossimo, 10 febbraio, nell’aula del consiglio di Zona 3 in via Sansovino 9. «Nessuna provocazione — assicura Renato Sacristani, dirigente di Rifondazione e presidente del parlamentino di quartiere, eletto nelle liste di Sinistra per Pisapia — abbiamo deciso di organizzare l’incontro con Cernigoi, studiosa che stimiamo, per bilanciare la faziosità dell’iniziativa che simultaneamente si svolgerà allo spazio Oberdan». Nella sala di Porta Venezia è prevista la lettura di “La Foiba dei Colombacci”, testimonianza autobiografica in forma di racconto della diaspora e dell’esilio in patria di Luigia Matarrelli, maestra elementare presso il Provveditorato di Pola.
La decisione di invitare Cernigoi — che riduce i massacri delle foibe a «mistificazione storica, trasmessa dalla propaganda nazifascista attraverso la guerra fredda fino al neoirredentismo» — solleva polemiche e critiche. Per Riccardo De Corato, consigliere comunale di Fratelli d’Italia, «fare parlare Cernigoi proprio nel giorno del Ricordo, per di più senza contraddittorio, è una provocazione inaccettabile. Destra e sinistra non c’entrano: nelle foibe morirono migliaia di persone, non 400 come Cernigoi va ripetendo, con la sola colpa di essere italiane». Il Partito democratico, che in consiglio di Zona si è opposto alla concessione della sala, da giorni preme sull’alleato di giunta perché il convegno sia spostato in un’altra sede. Lo staff del sindaco fa sapere che Giuliano Pisapia non intende commentare l’iniziativa, e che come ogni anno da quando è stato eletto, il 10 febbraio parteciperà alla cerimonia ufficiale di commemorazione delle vittime dei massacri delle foibe.
Nel convocare l’incontro su Facebook, Rifondazione comunista scrive: «Il 10 febbraio è il Giorno del Ricordo. Da quando è stata istituita questa ricorrenza, il tema certamente drammatico degli “infoibati” è utilizzato in maniera strumentale dalla destra come strumento di revisionismo storico sulla Resistenza». Il giorno del Ricordo è solennità civile nazionale istituita per legge nel 2004, e dal 2005 viene celebrata ogni anno il 10 febbraio. Nel 2007 il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel ribadire «il valore fondante della Resistenza e le responsabilità fasciste nella Seconda guerra mondiale», invitò tutte le amministrazioni pubbliche a celebrare il giorno del Ricordo, «per non dimenticare quello che fu un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo che assunse i sinistri contorni di una “pulizia etnica”». Nello stesso anno fu l’Unione europea a criticare formalmente il presidente croato Stipe Mesic, che in polemica con Napolitano sosteneva posizioni del tutto simili a quelle della storica Cernigoi.

---

LA RISPOSTA DI CLAUDIA CERNIGOI:

Egregio signor Direttore, ho letto l’articolo di Franco Vanni su La Repubblica di oggi, e sono rimasta letteralmente basita del tono con il quale sono stata descritta.
“La storica (…) che definisce “mistificazione” i “massacri tra il 1943 ed il 1945”; poi sono definita “revisionista” (che di per se stesso sarebbe anche un termine corretto, dato che ho rivisto buona parte delle affermazioni prive di riscontro storico che da decenni vengono ribadite come se fossero oro colato, ma nel contesto dell’articolo assume un significato negativo dei miei lavori di ricerca), “riduzionista”, come se mi fossi limitata a “ridurre” qualcosa invece di analizzarlo criticamente.
Così inoltre nel testo si legge che Cernigoi “riduce i massacri delle foibe” a “mistificazione storica, trasmessa dalla propaganda nazifascista attraverso la guerra fredda fino al neoirredentismo”.
Mi domando: il giornalista ha letto qualcosa di quanto ho scritto oppure si è limitato a copiare (non correttamente, tra l’altro) il sottotitolo del mio primo studio sulle foibe, risalente ancora al 1997, “Operazione foibe a Trieste”, il cui sottotitolo esatto era “come si crea una mistificazione storica: dalla propaganda nazifascista attraverso la guerra fredda fino al neoirredentismo”.
La mistificazione storica riguarda la propaganda creata intorno a questo periodo storico, non le “foibe” in quanto tali, come si comprende benissimo leggendo quanto ho scritto, ed ancora meglio è spiegato nello studio successivo “Operazione foibe tra storia e mito”, pubblicato nel 2005. Viene riferito come dato di fatto incontrovertibile l’intervento di Riccardo De Corato (è uno storico? un ricercatore?) che “nelle foibe” sarebbero morte migliaia di persone “con la sola colpa di essere italiane”, e non le 400 che avrei detto io. A parte che io non “vado ripetendo” che gli infoibati sarebbero stati 400 (nei miei studi ho spiegato i termini della questione, che non sto qui a ripetere per motivi di spazio) ma non comprendo perché il giornalista abbia pubblicato quanto detto da altre persone e non mi abbia contattata per chiarimenti, come era rimasto d’accordo con gli organizzatori dell’incontro, prima di scrivere frasi che presentano negativamente il mio lavoro, che è frutto di decennali ricerche negli archivi italiani ed esteri, di analisi accurata di quanto pubblicato in precedenza e di interviste con testimoni dei fatti.
Chiedo pertanto che il quotidiano da Lei diretto mi dia l’opportunità di chiarire quanto su di me pubblicato in modo non corretto e sminuente del mio lavoro, che sembra finalizzato a giustificare la negazione dell’uso della sala per un’iniziativa culturale, come se io fossi una persona non degna di parlare di determinati argomenti.

Ringraziando per la cortese attenzione, attendo riscontro

Cordiali saluti

Claudia Cernigoi
Iscrizione n. 262 d.d. 2/6/1981 albo giornalisti Friuli Venezia Giulia.


=== 2 ===

Sulla conferenza di Alessandra Kersevan sabato 1° febbraio a Como si veda anche:


---

http://www.contropiano.org/politica/item/21921-como-il-sindaco-pd-obbedisce-ai-fascisti-di-militia-e-sfratta-l-anpi

Como: il sindaco Pd obbedisce ai fascisti di Militia e sfratta l’Anpi

•  Lunedì, 03 Febbraio 2014
•  Marco Santopadre

La notizia è di quelle gravi, gravissime. E la dice lunga sulla degenerazione di un partito che solo in campagna elettorale continua a predicare un antifascismo strumentale che poi nega ogni giorno.

Sabato pomeriggio la locale sezione dell’Anpi di Como e l’Istituto di Storia contemporanea “Pier Amato Perretta” avevano organizzato un incontro pubblico con la storica Alessandra Kersevan all’interno della sala delle conferenze della Circoscrizione 1. Un incontro all’insegna di quel recupero della memoria storica che lo stato italiano afferma di promuovere e difendere addirittura attraverso l’istituzione di giornate ad hoc. L’incontro mirava a ricordare che “Tra il 1941 e l’8 settembre del 1943, il regime fascista e l’esercito italiano misero in atto un sistema di campi di concentramento in cui furono internati decine di migliaia di jugoslavi: donne, uomini, vecchi, bambini, rastrellati nei villaggi bruciati con i lanciafiamme. Lo scopo di Mussolini e del generale Roatta, l’ideatore di questo sistema concentrazionario, era quello di eliminare qualsiasi appoggio della popolazione alla Resistenza jugoslava e di eseguire una vera e propria pulizia etnica, sostituendo le popolazioni locali con italiani”.
Ma ai fascisti di Militia l’iniziativa volta a ricordare le responsabilità del regime fascista italiano nelle persecuzioni dei popoli della Yugoslavia occupati ed aggrediti durante l’invasione italiana e tedesca non è piaciuta. Niente di nuovo, si dirà. Senonché il sindaco di Como Mario Lucini, espressione di una giunta di coalizione tra Partito Democratico, Sel (!) e alcune liste civiche ha deciso di obbedire al diktat di quelli di Militia – che accusano Kersevan di “spiccato negazionismo sul dramma delle foibe” – e quindi decide di sfrattare l’iniziativa negando il salone della circoscrizione.
L’amministrazione di Como si è nascosta dietro una sorta di par condicio tra associazioni partigiane e antifasciste ed organizzazioni di estrema destra. Siccome nei giorni scorsi il salone della circoscrizione era stato negato ad una iniziativa di celebrazione di un esponente del regime nazista allora non lo si può concedere neanche alla “parte avversa”.
Di qui il forzato trasloco della conferenza, che alla fine si è tenuta nel salone Bertolio con qualche elemento in più di consapevolezza sull’attualità dei valori dell’antifascismo. 

Sul loro sito quelli dell'Associazione Culturale Militia cantano vittoria. 

---


Perché le parole della Kersevan sono inaccettabili

MERCOLEDÌ 05 FEBBRAIO 2014

Fa ancora discutere il caso scoppiato lo scorso fine settimana
La lettera di un docente del Volta e quelle morti oltraggiate dalla ricercatrice


Gentilissimi, non so se faccio bene a scrivervi, ma se non lo avessi fatto sentirei di aver mancato a un mio dovere professionale. 
Sono un insegnante di storia e filosofia del Liceo classico Alessandro Volta di Como, cultore di storia e autore di alcuni testi divulgativi. La conferenza di Alessandra Kersevan non era sulle foibe e il libro che ha scritto non parla di foibe, dunque come si spiegano le pagine di notizie polemiche di ieri e oggi? Come mai sul giornale di oggi non c’è la cronaca della conferenza ma solo la foto? Ho assistito alla conferenza come faccio sempre quando arriva a Como qualcuno che parla di storia, soprattutto del Novecento, e ho anche registrato col mio Ipod l’intero intervento della Kersevan, perciò sono in grado di provare quello che affermo. Sarei grato di avere spiegazioni, citazioni o fonti in cui si possa leggere che la Kersevan, apparentemente una persona pacata e obiettiva (nel senso dell’obiettività storica), neghi le foibe, le riduca a fenomeno marginale o offenda i caduti sotto i colpi della violenza titina.
Cordialmente,
Paolo Ceccoli


Gentile professore, ha fatto benissimo a scriverci, tanto che la sua lettera merita la dovuta attenzione. E qualche risposta.
La prima è relativa all’oggetto della conferenza organizzata da Anpi e Istituto Perretta. Come potrà accertare rileggendo l’articolo pubblicato sul “Corriere di Como” di sabato scorso, nessuno ha mai scritto che Alessandra Kersevan avrebbe parlato delle foibe. Al contrario, era specificato in maniera inequivocabile che il titolo, e dunque il contenuto dell’intervento, avrebbero riguardato altro argomento. Per questo motivo, ossia per il fatto che l’evento in sé esulava dai dati di cronaca, centrati sull’aspra polemica che la figura stessa della Kersevan suscita in una notevole parte dell’opinione pubblica sul tema specifico delle foibe, non è stato dato resoconto puntuale della conferenza in sé. 
Chiariti questi due punti, veniamo alle “tesi” di Alessandra Kersevan sulle foibe. 
Chi scrive, legge per esempio in questa frase dell’autrice - “Commemorare i morti nelle foibe significa sostanzialmente commemorare rastrellatori fascisti e collaborazionisti del nazismo. Per gli altri morti, quelli vittime di rese dei conti o vendette personali, c’è il 2 Novembre” - un oltraggio indegno alle centinaia di civili italiani e non (ma se fossero decine non cambierebbe nulla) gettati nelle fosse carsiche dai soldati comunisti di Tito. Di più: in quelle parole si coglie una disumana e inaccettabile divisione tra morti di serie A e morti di serie B, che va ben al di là dei torti e delle ragioni che pure la Storia ha già affermato. E che, invece, insinua nemmeno velatamente il concetto che un cadavere, o persino un prigioniero di guerra in vita, possa tutto sommato “meritare” o meno ogni oltraggio a seconda della divisa che indossava. 
Aggiungo. Sul sito “diecifebbraio.it” è riportato il titolo di un’intervista concessa il primo febbraio scorso dalla Kersevan all’emittente radiofonica “Radiazione” (con contenuto scaricabile). Ebbene, il titolo - riferito alla ricorrenza del 10 Febbraio - è questo: “Il giorno della menzogna”. Proprio come la peggiore propaganda negazionista della Shoah titola molti dei suoi più ignobili scritti. Ecco, chi scrive pensa che - al di là di un revisionismo storico legittimo, quando serio - coloro che aderiscono senza battere ciglio a una qualunque iniziativa che bolli in maniera apodittica e preconcetta i drammi delle foibe o della Shoah con la parola “menzogna” possano fare una cosa sola: vergognarsi.
Emanuele Caso


Nella foto:
La ricercatrice storica Alessandra Kersevan, contestata da più parti perché ritenuta revisionista, quando non proprio negazionista, delle foibe


=== 3 ===

Sulla conferenza di Alessandra Kersevan sabato 1° febbraio a Como si veda anche:

VIDEO 
prima parte: http://www.youtube.com/watch?v=iYJJGyiDdV4#t=55
seconda parte: http://www.youtube.com/watch?v=V4exkreWJ8w
terza parte: http://www.youtube.com/watch?v=pgrBvSFP4rw

---

Nonostante un'allucinante campagna mediatica ampiamente disinformativa e nonostante l'incompresibile negazione all'ultimo momento da parte del sindaco di Como della sala della Circoscrizione n. 1, oltre centoventi persone hanno assistito con attenzione ed interesse alla conferenza con la storica Alessandra Kersevan di sabato 1 febbraio dal titolo: Lager italiani - pulizia etnica e campi di concentramento fascisti per civili jugoslavi 1941-1943

Ringraziamo la relatrice prof.essa Kersevan, l'Istituto di Storia P.A. Perretta per la collaborazione e il comitato soci Coop per aver messo a disposizione la sala.

Mentre a Cantù si è data ospitalità ad un gruppo di nazifascisti a Como si vieta uno spazio pubblico per un' iniziativa dal contenuto informativo e culturale voluta dall'Istituto di Storia nella pienezza del suo compito e dall'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia nella legittima funzione rivolta a tenere viva la memoria. Chi non è venuto all'incontro ha perso una lezione sulla storia che riguarda noi italiani.

I contenuti di questa conferenza sono apparsi culturalmente interessanti e didatticamente formativi. La storia del confine orientale con la ex Jugoslavia si rivela, nei saggi della Kerseveran, complessa e piena di dettagli inediti e documentati.

Si dovrebbero incentivare iniziative come questa in modo da contrastare l'ipocrito atteggiamento di nascondere i crimini fascisti e lasciare, i più, nell'ignoranza di credere che "Mussolini aveva bonificato l'Agro Pontino" e "Costruito pochi chilometri di autostrada", sottacendo le atrocità commesse nei confronti di altri popoli per una assurda voglia di conquista mai, per altro, realizzata e mai giudicata sino in fondo.

Anpi sezione di Como "Perugino Perugini"


---


Kersevan / Una grande lezione di storia

Nel salone Bertolio della Cooperativa di via Lissi a Rebbio la storica Alessandra Kersevan ha ricostruito in un’approfondita conferenza nel pomeriggio di sabato 1 febbraio le vicende connesse all’occupazione fascista delle regioni della ex Yugoslavia, legate soprattutto all’internamento di un numero grandissimo di civili, uomini e donne, vecchi e bambini, in campi di concentramento italiani tra 1941 e 1943.

L’incontro, organizzato dalla Sezione di Como dell’Anpi e dall’Istituto di Storia Contemporanea Pier Amato Perretta, avrebbe dovuto tenersi – com’è noto – alla Circoscrizione n. 1 di Albate se il Comune non avesse ritirato all’ultimo momento la concessione della sala. Il trasferimento non ha nuociuto alla partecipazione, anzi: oltre cento persone hanno affollato il salone Bertolio. Un pubblico attento e partecipe, intenzionato a capire.

E se alle persone presenti si fosse aggiunto anche qualcuno di quelli che in questi giorni hanno accusato la studiosa di “negazionismo” riguardo alla vicenda delle foibe, avrebbe avuto la misura di quanto si è sbagliato.

Dopo le parole di premessa di Nicola Tirapelle della Sezione di Como dell’Anpi e l’attenta introduzione di Elisabetta Lombi, dell’Istituto di Storia Contemporanea, che ha fornito i dati essenziali del volume Lager italiani – recentemente pubblicato appunto dalla studiosa -, Alessandra Kersevan ha ricostruito la storia dell’area intorno al “confine orientale” dalla prima guerra mondiale fino a tutta la vera e propria occupazione fascista. Una regione estremamente complessa, in cui era evidente una realtà plurinazionale (italiana, slovena, croata, ma anche tedesca e rumena) e che l’annessione all’Italia cercò subito di omologare a una pretesa italianità. Su queste vicende ha operato una profonda rimozione, quando non una vera e propria censura: Alessandra Kersevan ha ricordato solo due esempi, ma estremamente significativi: il documentario della Bbc Fascist legacy, realizzato alla fine degli anni Ottanta, acquistato e tradotto dalla Rai ma mai trasmesso, e poi soprattutto il documento finale della commissione storica italo-slovena istituita dai governi dei due Paesi e che avrebbe dovuto essere ratificato dai rispettivi governi, cosa che è avvenuta per la Slovenia ma non per l’Italia.

La data cardine per le specifiche vicende legate ai campi di internamento italiani è il 6 aprile 1941, con l’inizio della aggressione al regno di Yugoslavia e la seguente occupazione, che fu gestita con ossessiva attenzione alla repressione delle vere e presunte forme di resistenza da parte degli abitanti. L’intera città di Lubiana, per esempio, venne trasformata nella notta tra 22 e 23 febbraio 1942 in un immenso campo di concentramento con la costruzione di un reticolato tutt’intorno all’abitato, lungo ben 32 kilometri, e la suddivisione del territorio urbano in zone divise da filo spinato. Si procedette quindi all’internamento dei maschi adulti che vennero “selezionati” per categorie, a cominciare dagli studenti, evidentemente ritenuti i più pericolosi. A seguito di questa vera e propria pulizia etnico-politica i luoghi di detenzione sul posto si dimostrarono rapidamente insufficienti e vennero quindi allestiti veri e propri campi di concentramento in Italia (in Friuli – in primo luogo a Gonars -, in Veneto, ma poi anche in Liguria, in Umbria, in Toscana, in Lazio) e sulle isole dalmate. Alla fine, in condizioni disumane, furono circa 120 mila le persone slovene, croate, montenegrine deportate e internate, di queste non meno di 4500 (secondo le stime più prudenti), ma forse almeno 7000, morirono.

Alessandra Kersevan ha raccontato questi accadimenti in una narrazione pacata, ma implacabile: ha citato cifre, mostrato immagini provenienti dagli archivi militari italiani, smontato false attribuzioni e interpretazioni, letto messaggi inviati dall’interno dei campi e documentati dalle commissioni provinciali della censura fascista, ricostruito un contesto storico che dovrebbe essere noto e che invece è stato artatamente occultato dall’ufficialità.

Ha poi risposto alle domande del pubblico, attento e partecipe, come si è detto. Non si è sottratta nemmeno al pretesto delle polemiche che purtroppo l’accompagnano da tempo e che l’hanno accolta anche a Como: il tema delle foibe. A proposito del quale, ha allargato il contesto di spiegazione, sottolineando che in quella regione la guerra è stata particolarmente dura, fin dal primo conflitto mondiale, e che la guerra non può lasciare che strascichi di guerra e violenza (come è stato sottolineato anche dall’intervento di Celeste Grossi). Lungi dal ridimensionare la drammaticità delle vicende legate alle foibe, ha chiesto uno sforzo di approfondimento, di studio, un impegno anche da parte delle istituzioni per chiarire le reali dimensioni del fenomeno, tuttora oggetto di forzature polemiche, per riuscire a sottrarlo definitivamente a istanze nazionalistiche (e di nuovo ha richiamato la paradossale vicenda della commissione di storici italo-slovena istituita e poi “abbandonata” dal governo italiano) e soprattutto per riuscire a inquadrarlo in una prospettiva storica che non può essere chiusa sul solo periodo seguente alla seconda guerra mondiale e alla fine del fascismo.

Alla fine, tra tutte le persone presenti, è stata forte la consapevolezza di aver imparato molte cose. [Fabio Cani, ecoinformazioni]


---


Kersevan/ Intervista


Abbiamo chiesto alla storica Alessandra Kersevan di ribattere alle accuse e agli oltraggi alla sua professionalità di ricercatrice che sono derivati dalla paradossale vicenda della conferenza per la quale il sindaco di Como ha negato a Anpi e Istituto Perretta una sala comunale. Leggi nel seguito del post l’intervista rilasciata, prima della conferenza di sabato 1 febbraio, dalla Kerservan  a Jlenia Luraschi.

C’è chi la accusa di revisionismo, cosa risponde? Credo che la storia, quando è ricerca storica, debba sempre fare un opera di revisionismo rispetto ai risultati precedenti, altrimenti la ricerca non avrebbe senso, e detta in questo senso la parola revisionista non mi darebbe fastidio. Il problema è che negli ultimi decenni la parola revisionismo è stata usata in un modo politico e di solito veniva usata dalla storiografia resistenziale nei confronti della storiografia di destra che tendeva a reinterpretare la storia della seconda guerra mondiale con la tendenza  a rivalutare il fascismo e a trovare responsabilità a carico dei partigiani. Io in questo senso revisionista non posso essere.

Solo che la storiografia di destra e i politici di destra sono esperti e bravi nel ribaltare il significato delle parole. Hanno fatto delle affermazioni sulla storia del confine  orientale, affermazioni esagerate e non corrispondenti alla verità storica ed alla documentazione. Coloro che invece sono stati attivi sul piano della ricerca e hanno scoperto che i dati che venivano dati sulle Foibe erano sbagliati vengono adesso definiti revisionisti. Evidentemente l’essere revisionisti deriva dal fatto che altri prima sono stati “affermazionisti” senza essersi adeguatamente documentati.

Il problema è poi che i giornalisti travisano a loro volta queste parole affiancando un significato morale  o moralistico e fanno credere che la parola revisionista sia una parola offensiva. Credo che su tutto questo bisogna fare una grande chiarezza

Sulle vicende del confine orientale di cui io mi occupo sono state in questi anni, in particolare dagli anni 90 in poi, fatte ricostruzioni tendenti alla negazione delle responsabilità che il fascismo ha avuto nell’aggressione alla Jugoslavia, nel razzismo verso gli slavi e nei campi di concentramento creati per la popolazione. Quindi si tratta di ristabilire la verità.

Ho smesso di preoccuparmi delle definizioni che mi vengono date e preferisco andare alla sostanza delle cose. Certo che quando i giornali mi attribuiscono frasi che non ho mai pronunciato diventa preoccupante.

Cosa risponde a chi vorrebbe rappresentarla come un’esponente politica e non come una storica? Questa accusa è ingiusta e deriva da esponenti di destra e di estrema destra che sostanzialmente attribuiscono agli altri quello che invece fanno loro. Ho dimostrato con i miei libri, quelli che ho scritto personalmente e quelli che ho pubblicato e quelli del gruppo di ricerca di resistenza storica di cui faccio parte, volumi documentati, basati su una rigorosa e approfondita ricerca, quello che sono. Naturalmente, come tutti gli storici ci assumiamo la responsabilità dell’interpretazione dei dati e dei documenti. Il problema è che da parte dei miei detrattori non viene fatto un necessario e legittimo confronto storiografico, ma viene attuata una vera e propria persecuzione e censura. A me il confronto piace, e mi sono trovata a confrontarmi con chi ha un’altra visione e interpretazione dei documenti, e in questo caso è anche interessante discuterne. Se venissero presentati documenti che mettono in discussione le mie affermazioni, non avrei problemi ad ammetterlo, il fatto è che in tutti questi anni non è mai successo e non è mai stato presentato nulla di nuovo, non sono state fatte reinterpretazione, è stata solo attuata nei nostri confronti una vera persecuzione.

Purtroppo in questa azione di censura nei confronti di una ricostruzione storica seria come quella del confine orientale non sono solo coinvolte espressioni della destra, ma anche una parte della sinistra che, soprattutto negli ultimi anni, ha accettato le versioni che nazisti e fascisti avevano già dato nel 43 e nel 45. [Jlenia Luraschi, ecoinformazioni].