http://donneinrosso.wordpress.com/2014/05/18/femen-un-travestimento-firmato-imperialismo/
Femen: un travestimento firmato imperialismo
di Milena Fiore
Nei mesi scorsi il gruppo Femen, accreditato in Occidente come gruppo femminista all’avanguardia della lotta contro il patriarcato e il fascismo (sono servite a legittimarle alcune azioni dimostrative contro il Fronte nazionale in Francia), è stato parte attiva del movimento contro il governo ucraino, sfociato nel colpo di Stato fascistoide di piazza Majdan. Altrettanto mediatiche sono state le loro performance contro l’immagine del presidente Jankovic: performance caratterizzate non solo da una volgarità estrema ma da un vero e proprio imbarbarimento della lotta politica, segnate da quella umiliazione del nemico che abbiamo già visto nelle foto – certo più drammatiche – di Guantanamo e Abu Ghraib (per vedere le immagini clicca qui…). Si tratta di metodi e forme di lotta che sono lontani anni luce dalle pratiche del movimento delle donne e che condanniamo sia come femministe che come antifasciste.
A questo proposito. particolare ribrezzo suscita la foto di una componente del gruppo in posa a Odessa, davanti alla sede del sindacato in fiamme, mentre decine di antifascisti venivano arsi vivi e massacrati.
Pensiamo che davanti a queste finte realtà “radical”, che servono ad accreditare a sinistra gruppi apertamente al servizio dell’imperialismo, occorra tenere sveglio il senso critico e denunciare appropriazioni indebite del patrimonio del femminismo e dell’antifascismo da parte di chi ne fa un uso solo strumentale finalizzato a ben altri scopi.
Dalla pagina facebook Premio Goebbels per la disinformazione (https://www.facebook.com/premiogoebbels):
“Le #Femen vengono dipinte in occidente come un gruppo di femministe coraggiose che sfoggiano le loro forme per combattere il maschilismo e l’oppressione patriarcale. In Francia e in altri paesi UE si sono spacciate anche per “antifasciste”, dopo aver protestato contro alcuni raduni del Fronte Nazionale e di altri gruppi di estrema destra. In realtà, in Ucraina, il loro paese d’origine, sono forti e provati i contatti che legano il gruppo fondatore delle Femen ai gruppi neonazisti Svoboda e Right Sector. La foto in alto è stata scattata ad Odessa, durante il rogo nazista contro la Casa dei Sindacati, in cui hanno perso la vita decine, forse centinaia, di persone. Quelle in basso, invece, ritraggono le Femen accanto ad esponenti di Svoboda.”
sabato 7 giugno 2014
Il Pdci sul documentario sulle Femen presentato al Biografilm Festival
Il curriculum delle Femen mostra ormai anche ai più disinformati di quali sostegni internazionali disponga questo gruppo. Solo un silenzio colpevole dei grandi media impedisce che queste informazioni siano rese disponibili al grande pubblico.
di Luigi De Biase | da il Foglio del 15 marzo 2013
In Ucraina, il paese in cui le Femen sono nate, hanno un’opinione diversa. Lo scorso autunno una reporter del canale tv 1+1 s’è arruolata nel gruppetto per un mese e ha trovato notizie interessanti (per farlo s’è dovuta immedesimare, ha anche partecipato a qualche azione senza reggiseno, come ha poi raccontato alle telecamere). Una riguarda gli interessi del gruppo: a quanto sembra l’attività delle Femen è ben retribuita, ogni dimostrante ha uno stipendio di mille euro al mese e chi lavora nella sede di Kiev arriva a 2.500 (il salario medio in Ucraina non supera i 500 euro). Le spese a Parigi sarebbero più alte, si parla di mille euro al giorno per ogni ragazza, e la reporter di 1+1 dice di avere le idee chiare anche sull’origine di quella fortuna: Femen avrebbe rapporti solidi con un uomo d’affari americano con molti interessi a Kiev, un certo Jed Sunden, e con due ricconi tedeschi.
In effetti il gruppo è ben organizzato, ha punti d’appoggio in tutta Europa e si pensa che presto ne avrà anche in Canada, negli Stati Uniti, in Brasile e in Israele. La prima protesta è stata nel 2008 ed era contro la prostituzione giovanile, ma in poco tempo le Femen hanno cominciato a occuparsi di politica, di fede e persino di economia, prima in Ucraina e poi all’estero. Il problema è che nessuno ha mai capito bene quale sia il punto delle loro azioni (una volta hanno rincorso il patriarca russo sulla pista dell’aeroporto di Kiev). A volte i loro annunci somigliano un po’ ai messaggi dei ribelli ceceni: cinque anni fa c’erano soltanto tre studentesse ucraine, Anna, Oksana e Inna, nel giro di due anni le attiviste sono diventate 320, “venti in topless e trecento completamente vestite”, come diceva una nota del gruppo, ma lo scorso autunno le tre ambasciatrici hanno annunciato di avere un esercito con oltre cento militanti pronte a togliersi i vestiti da Londra a Roma in nome della libertà. E’ così che Femen è diventato il club femminista più influente d’Europa, almeno sul piano dell’immagine. La loro società ha una pagina Facebook con migliaia di contatti, un account su Twitter, un sito internet in tre lingue diverse: lì si trovano filmati, interviste, magliette (25 euro), colori per il corpo (un kit 70 euro), felpe, tazze e cappelli (dai 20 ai 60 euro). Il 7 marzo, alla vigilia della giornata delle donne, un libro con la storia di Femen è arrivato sugli scaffali delle librerie francesi e ci sono state feste e brindisi al teatro di Goutte d’Or. Naturalmente esistono anche i problemi, gli arresti, le denunce e le minacce, soprattutto per le proteste in Ucraina, in Russia e in Bielorussia. Ma quando le cose si mettono male, c’è sempre qualcuno pronto a chiamarle “dissidenti”.
© - FOGLIO QUOTIDIANO