(english / italiano)

Ucraina: le Repubbliche Popolari del Donbass e i comunisti

1) Appello del popolo della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk alla comunità mondiale
2) I comunisti ucraini e le sinistre europee. Intervista a Petro Simonenko, leader del PCU
3) Interview with Sergei Kirichuk, leader in exile of BOROTBA
4) Victor Shapinov (BOROTBA): Ukraine’s Donbass is today’s Vietnam
5) Evgenyj Tsarkov (PCU): Chi ha effettivamente guadagnato dalla vittoria del Majdan


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Appello del popolo della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk alla comunità mondiale

da kprf.ru | Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Il sito del Partito Comunista della Federazione Russa ha diffuso il seguente testo dell'appello

Noi, il popolo della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk, in questo momento critico ci rivolgiamo alla comunità mondiale con la richiesta di aiuto immediato e di una risposta immediata a ciò che sta accadendo nella nostra terra, in relazione alla minaccia che incombe su di noi dell'annientamento da parte delle forze nazi-fasciste, che vengono usate dal regime dell'Ucraina.

Dichiariamo che il nostro unico desiderio è rappresentato dall'aspirazione a vivere in conformità con le nostre tradizioni e costumi storici, con la nostra cultura e le nostre abitudini, in pace e in rapporti di buon vicinato con tutte le nazioni, i popoli e gli stati che non mostrano ostilità nei nostri confronti.
Il nostro è un popolo lavoratore e creativo, ma è stato costretto a imbracciare le armi per proteggere la vita e il proprio futuro, poiché non gli è rimasta altra scelta. Noi non abbiamo mai mostrato aggressività nei confronti di alcuno stato o popolo, non abbiamo mai perseguito obiettivi di espansione e di annessione di altri territori. Noi resistiamo per la nostra terra e per le nostre famiglie, e resisteremo fino alla fine. Non è la prima volta che succede nella storia.

E' stato così negli anni della Seconda Guerra Mondiale, quando le orde degli occupanti fascisti calarono sulla nostra terra pacifica. Al prezzo di colossali perdite umane e di uno sforzo immane, l'Unione Sovietica insieme agli altri stati che sostenevano la pace nel mondo sconfisse il fascismo hitleriano, che aveva portato anche nella nostra terra un immenso dolore e fiumi di sangue. Ed ecco ora, dopo più di 70 anni, la peste bruna ha di nuovo alzato la testa. Non c'è bisogno di elencare le incalcolabili azioni fasciste che si svolgono nell'Ucraina di oggi. Kiev, Odessa, Khmelnitsky, Slovyansk, Kramatorsk, Donetsk e molti altri luoghi sono bagnati oggi dal sangue di pacifici cittadini, colpevoli solo di opporsi alla politica contraria ai valori umani delle autoproclamatesi autorità ucraine, che si sono impossessate con la forza della guida del paese.

Oggi, quando non ci è rimasta altra scelta che quella di morire senza sottometterci a fascisti privi di umanità o di sollevarci in difesa della nostra vita e di quella delle nostre donne, dei vecchi e dei bambini, abbiamo scelto la via della lotta. Ma siamo ben consapevoli che la nostra lotta, nonostante la nostra determinazione, senza l'aiuto della comunità mondiale, schierata a difesa della pace nel mondo, sarà più dura.

Secondo quanto apprendiamo da fonti attendibili, le autorità ucraine che agiscono di concerto con gli Stati Uniti si stanno preparando a una resa dei conti che ricoprirà completamente di sangue la nostra terra. In questa operazione di pulizia non verrebbero risparmiati nemmeno le donne e i bambini. Questo scenario fascista dovrebbe essere portato a compimento in tempi brevissimi. Noi, il popolo della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk, siamo pronti a far fronte al nemico, che porta la morte a noi e ai nostri figli. Ma ci auguriamo sinceramente che la comunità mondiale non stia a guardare e risponda alla nostra richiesta di aiuto, poiché è assolutamente evidente che l'idra fascista salita al potere ci sta attaccando e domani, nutrita e guidata dagli Stati Uniti, avanzerà ancora, e allora il mondo si troverà sulla soglia di una nuova guerra mondiale. Tuttavia, è evidente che noi naturalmente non identifichiamo i governi degli Stati Uniti e di alcuni loro alleati europei con il popolo americano e i popoli d'Europa.

Esprimiamo anche la speranza che le forze e le personalità responsabili dell'incitamento all'odio nazionale tra gli slavi, attraverso la manipolazione, la provocazione e l'istigazione, e responsabili anche del sostegno finanziario a organizzazioni nazionaliste estremiste il cui scopo è quello di sferrare attacchi militari, economici, informativi e di altro tipo al nostro popolo, siano consapevoli che dovranno inevitabilmente subire la giusta punizione, corrispondente alla scala delle atrocità e dei crimini di guerra che hanno commesso.

28 maggio 2014


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I comunisti ucraini e le sinistre europee. Intervista a Petro Simonenko

4 Giugno 2014

Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Il leader del Partito Comunista di Ucraina Petro Simonenko dal 22 al 28 maggio si è recato in visita nella Repubblica Ceca, in Germania e Francia, dove ha incontrato i dirigenti di alcuni partiti di sinistra europei.

In un'intervista a Obozrevatel' (L'Osservatore) ha riferito su come le sinistre europee hanno reagito alla possibilità del divieto del Partito comunista, su come intendono aiutare i colleghi ucraini, e ha anche spiegato che le destre europee differiscono da quelle ucraine, e perché la loro popolarità è in crescita tra gli elettori europei.

Simonenko ha anche comunicato che i suoi colleghi europei sono intenzionati a chiedere l'adempimento degli accordi di Ginevra e di quelli del 21 febbraio, firmati anche da Viktor Yanukovich.


Petr Nikolaevich, ha trascorso quasi tutta la settimana scorsa in Europa, dove si è incontrato con le sinistre europee. A quale livello sono avvenute le riunioni?

La settimana scorsa mi sono incontrato con i nostri compagni a Praga. Ho avuto un colloquio con il segretario del Partito Comunista di Boemia e Moravia, Voitech Filip, che è pure vice-presidente del parlamento della Repubblica Ceca. Abbiamo discusso le questioni che ci riguardano con i deputati, abbiamo tenuto una conferenza stampa, illustrando la nostra posizione direttamente ai giornalisti a Praga.

La stessa cosa abbiamo fatto a Berlino. Abbiamo incontrato i deputati del Bundestag, abbiamo discusso con il dirigente del Partito di Sinistra della Germania (Die Linke), Tobias Pflüger e abbiamo incontrato i giornalisti.

Il terzo incontro si è tenuto a Parigi. Ci siamo incontrati con il capo del gruppo parlamentare del Front de Gauche all'Assemblea Nazionale (il parlamento francese) André Chassaigne, con deputati e giornalisti.

L'ultimo incontro l'ho avuto con il leader della “Sinistra Europea”, Pierre Laurent. A questo proposito, va detto che ora il gruppo delle sinistre europee sarà di circa 50 deputati, mentre fino al 25 maggio ne aveva 35.

Quali questioni avete affrontato nel corso degli incontri?

La prima questione che abbiamo pensato di porre è quella relativa alla diffusione delle informazioni e delle nostre valutazioni degli eventi in Ucraina. Abbiamo convenuto che i media europei presentano la situazione in maniera distorta. Purtroppo, la macchina informativa non funziona in modo tale che l'Europa sappia obiettivamente che cosa sta accadendo da noi in Ucraina, ma solo per sostenere ciò che può risultare vantaggioso al punto di vista dell'annessione dell'Ucraina all'UE, senza alcuna considerazione degli interessi nazionali del nostro paese.

Da noi tutti i governi sono stati considerati come i più democratici, prima di accusarli di dittatura, crimini e corruzione. Tutto ciò sta accadendo ora con il nuovo governo ucraino.

Ci siamo trovati d'accordo su tre posizioni di principio.

In primo luogo le sinistre europee hanno sostenuto la nostra idea della necessità di esercitare pressioni sul regime dell'Ucraina con la richiesta di interrompere immediatamente la guerra, fermare lo spargimento di sangue nel cuore dell'Europa e sedere al tavolo dei negoziati.

In secondo luogo, abbiamo concordato sul fatto che oggi la prospettiva della risoluzione dei problemi che hanno provocato lo spargimento di sangue in Ucraina, risiede in un piano di modifica della Costituzione, e che a questo processo va data concretezza. E' inoltre necessario riprendere il lavoro sull'attuazione dell'accordo del 21 febbraio, in cui è stata coinvolta anche l'Europa, e degli accordi di Ginevra, di modo che ciò che è stato firmato in questi due documenti venga realizzato.

E la terza idea: i miei colleghi comprendono davvero che in Ucraina oggi si sta svolgendo un processo politico per la messa sotto accusa del nostro partito. Sapendo come nell'Unione Europea viene considerata la proibizione di un partito, tenendo conto del fatto che noi siamo rappresentati in parlamento e che per noi ha votato la gente, i miei colleghi hanno acconsentito ad aiutarci, mettendo a disposizione giuristi europei di fama, per difenderci in questo tribunale politico, che sta cercando di allestire l'attuale regime nazional-fascista in Ucraina. Questo sarà il lavoro concreto, poiché noi tutti comprendiamo che permettere un secondo incendio del Reichstag, come stanno cercando di fare in Ucraina, non è consentito.

Voglio ancora sottolineare che attraverso queste tre posizioni abbiamo trovato la via costruttiva della collaborazione e della comprensione. Le nostre valutazioni su quanto sta accadendo in Ucraina sono considerate obiettive.

Tutto ciò che sta accadendo in Ucraina è il risultato di problemi interni all'Ucraina. Fino a quando nel nostro paese ci sarà chi non comprende che dobbiamo risolvere i nostri problemi da soli, invece di incolpare qualcuno, non riusciremo mai a risolvere nulla. Di tutto questo abbiamo parlato.

Sono stati firmati accordi o concordate intese verbali?

Per noi è già abbastanza avere potuto illustrare la nostra posizione. Dal 6 all'8 giugno a Bruxelles ci sarà una riunione del Partito della Sinistra Europea e il primo giorno sarà dedicato a discutere dei problemi dell'Ucraina.

Come hanno reagito le sinistre europee alla crescita della popolarità dei partiti di destra, che si è manifestata nelle ultime elezioni per il Parlamento Europeo?

Abbiamo bisogno di comprendere cosa sono i partiti europei di destra. L'idea di fondo, che ha spinto gli europei a sostenere questi partiti, non è l'idea nazionalista, ma la difesa degli interessi nazionali. Nelle condizioni della crisi, nelle condizioni in cui i lavoratori migranti e il loro lavoro vengono intensamente sfruttati, quando non si risolve il problema della disoccupazione, insieme alle sue conseguenze, il voto per la destra rappresenta una protesta contro L'Unione Europea. Dobbiamo capire che proprio questi fattori sono alla base del sostegno ai partiti della destra e dell'estrema destra in Europa.

So che sono fondamentalmente euroscettici...

Si, sono euroscettici. E allora perché in Ucraina sono stati mobilitate sul Majdan persone che hanno ucciso altre persone, per qualcosa a cui in Europa si guarda in modo completamente diverso? E forse ciò si è manifestato solo nell'ultimo anno? Per questo hanno sparso sangue? Ora è necessario capire chi ha ucciso questa gente? A mio avviso, ammontano già a centinaia i morti nel Donbass e gli obitori sono stipati nella regione di Donetsk.

A proposito della situazione nel Donbass, come giudicano i suoi colleghi europei l'operazione anti-terrorismo?

Come una guerra contro il proprio popolo, e la condannano. Il capo del gruppo parlamentare del Front de Gauche all'Assemblea Nazionale André Chassaigne ha detto che verrà richiesto per iscritto al ministro degli affari esteri della Francia di prendere posizione per una cessazione immediata di questa guerra. In Europa l'opinione è molto negativa.

E qual è il parere delle sinistre europee sull'annessione della Crimea alla Russia?

Ho cercato di parlare d'altro con i colleghi europei. Oggi si parla di questo, colpevolizzando la Russia del fatto che essa avrebbe annesso questo territorio. Io ho cercato di rispondere alla domanda su quale sia stata la causa della radicalizzazione dei cittadini dell'Ucraina che vivono in Crimea, ancora una volta sottolineo cittadini dell'Ucraina che vivono in Crimea. E ho detto che il 22-23 febbraio, quando in Ucraina veniva attuato il colpo di Stato, i cittadini della Crimea hanno cominciato a chiedersi che cosa sarebbe loro accaduto.

Ho detto ai colleghi europei che già allora avevo invitato tutti i parlamentari di Kiev a recarsi in Crimea dai loro colleghi del luogo per affrontare tutti i problemi, concedere loro il diritto ad un'ampia autonomia, come era avvenuto nel 1992. Ma che cosa ha fatto Kiev? Kiev ha cominciato a mostrare il bastone, a imbastire processi penali, a dire che tutti in Crimea erano separatisti.

Alla fine non sono stati risolti nella sostanza i problemi, che certo non per la prima volta si presentavano in Crimea: sulla lingua, sui poteri dell'autonomia. Per questo la questione della Crimea ha preso una piega completamente diversa: in Ucraina è necessario imparare a non spaventare la gente, a prestare ascolto al proprio popolo.

Per questo ho spiegato ai miei colleghi in Europa che la separazione della Crimea è il risultato della politica criminale di Kiev. Ecco dove sta la radice dei problemi, e Kiev non deve dare la colpa a Mosca.

Oggi stiamo assistendo a qualcosa di paradossale: tutti i problemi di Kiev vengono risolti o a Washington, o a Bruxelles o a Mosca. E quando saranno risolti a Kiev? Cerchiamo di non aspettare che ci sia qualcuno che decida per noi. Questo va richiesto ai nostri politici: siete in grado di risolvere i problemi o siete solo dei chiacchieroni?

Petr Nikolaevich, ora avete legami con i comunisti russi?

Certo che ne abbiamo. Il risultato dei nostri legami è rappresentato dall'ultima dichiarazione dell'intera Duma di Stato a sostegno del nostro partito minacciato di messa al bando. E' avvenuto la scorsa settimana. Abbiamo parlato con Ghennady Andreevich Zyuganov (leader dei comunisti russi) e ancora una volta abbiamo confrontato le nostre posizioni circa la necessità di trovare oggi una soluzione pacifica alla questione, riguardante il rapporto tra Kiev e le regioni. La mia posizione sulla necessità di risolvere tranquillamente tali problemi, è sostenuta dai miei colleghi e chiediamo che sia lo stesso popolo ucraino a risolverli autonomamente e che nessuno interferisca nei nostri affari interni.


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http://www.workers.org/articles/2014/06/13/ukrainian-leftist-leader-speaks-beginning-maidan-supported-imperialist-plunder/

Ukrainian leftist leader speaks: ‘From the beginning, Maidan supported imperialist plunder’

By Sergei Kirichuk on June 13, 2014

The following interview with Sergei Kirichuk, leader in exile of Union Borotba (Struggle), was published at Initiativ-online.org on June 11, 2014. It was translated from German by Workers World managing editor John Catalinotto.

From the beginning the Maidan [the demonstrations in Kiev’s central square] supported the free trade agreement with the EU. We, on the other hand, were from the beginning against the EU, which had no other goal but to plunder and destroy the Ukrainian economy.”

Initiativ: How and when was Borotba created?

SK: We are a very young, very new organization. We founded Borotba in 2011 as the result of a coalition of various left-wing groups. Some came from Marxist associations; others came from the Communist Party of Ukraine (KPU) and also its youth organization. We are different people with different backgrounds. We have Stalinists, Trotskyists, Maoists and people of other political backgrounds in our organization. We reached a point when we realized that these divisions are no longer as important as they once were. In various campaigns we have all worked together and found that these differences are not as significant now. We can work together to build something new; that was the key idea. A lot of people have participated in this process. To be honest, it was mostly politically experienced and educated people who have supported this process. But even workers without special training were involved, as well as leading people out of the labor movement. One of them comes from Kharkov. A few days ago someone tried to kidnap him.

Although for a long time we were very well organized and active, we were numerically a very small organization. We had regional offices in all major cities. At our biggest demonstrations we had several hundred participants.

When the crisis began, when the Maidan movement started [last November], we were from the beginning against this movement. It was a position many people could easily understand, especially people from the working class. Riding this wave, we increased our influence, and became one of the leading forces in cities like Kharkov, for example. After the Maidan coup [of Feb. 22], the fascists destroyed our headquarters in Kiev. Our comrades in western Ukraine went underground, while we continued to lead public activities in the east, where it was still possible.

The Ukrainian city of Kharkov was one of the largest industrial centers in the days of the Soviet Union, after Moscow and Leningrad. Today, Kharkov is one of the largest railway hubs in Europe. It’s a city with a good old left and democratic tradition.

It is therefore not at all surprising that the mood in Kharkov was and is so strong against the new oligarchic coup government. There were huge gatherings, which were all peaceful, against this new government in Kiev. And of course, we won over new members from this movement. For example, in one day, 300 people signed a statement that they would like to join our organization. And of course they were not all communists, socialists or leftists; they expressed their agreement with a specific policy. But 300 such declarations alone already have enormous importance. It showed how our program was right on target.

Initiativ: If someone asks what Borotba is, how do you answer them? What sets you apart from the KPU (Communist Party of Ukraine)?

SK: We are a communist organization. But the best known leftist organization in Ukraine is the KPU. We criticize this party very sharply, and we were clearly against their parliamentary illusions. The KPU was part of the oligarchic Yanukovych government. But if you say you’re a communist, then everyone thinks you’re part of the KPU. That is why we have taken the name Borotba. The name literally means “struggle,” and implicitly evokes the tradition of Ukrainian communists, who once had a newspaper named Borotba. There have been other organizations in the past that were called Borotba.

For westerners, the name sometimes sounds strange, but it has true Ukrainian roots. What is humorous here is that Borotba is the name in Ukrainian. In the Ukrainian media, we are naturally represented as Putin’s agents, as a pro-Russian party. The problem is that we of course also appear in the Russian-speaking regions with the Ukrainian name Borotba. Most people find it difficult to understand why such a party would have a Ukrainian name.

Initiativ: Right from the start you were against the Maidan. Why?

SK: From the beginning, the Maidan demonstrations made no social demands. Many people think the Maidan was some sort of great democratic movement, with social demands. The fascist forces came into the Maidan like a natural catastrophe, destroying the progressive part of the movement and putting themselves at the forefront. From the beginning, the Maidan supported the free trade agreement with the EU, which has no other content except plundering and destroying the Ukrainian economy.

On the other hand, the idea of success of the ​​individual held sway. This culminated in the idea that the corrupt Ukrainian system dominated by oligarchs could be overcome if we were part of the EU. Those who are willing to work hard will be successful and become rich.

Not only the liberal nationalist opposition but also the Yanukovych government spread the same propaganda in the media. Look at the Baltic countries, they said. They have implemented reforms, they are part of the EU, they have wealth, they are so rich, and we have to follow that path too. But Ukrainians can see and think. They have noticed the crisis in the EU and, for example, also seen what happened in Greece. And there was this big anti-Greek campaign in Ukraine, which argued the following: In Greece, socialism rules, the people are very rich and very lazy. And now they have to pay for their behavior. This is no joke; I mean seriously, it’s what they argued.

For a long time we were the minority of a minority. For example, when I took part in a discussion on a TV show, I was the only one against European integration. All the official representatives [of the Yanukovych regime] as well as the opposition were in favor. And of course they had no reasonable arguments against my position, because I pointed out what the consequences of the free-trade zone would be. They could make not a single rational argument. They said, “Looking at the EU, they are all so rich,” and when I made it clear that I did not agree, they countered by saying they no longer wanted to hear such Soviet propaganda.

Initiativ: What were the reasons Yanukovych refused to submit to the EU’s dictates?

SK: Yanukovych did not sign the declaration with the EU because there was pressure from the Russian side. The problem was that Russia was not able or willing to find a compromise that would have allowed Ukraine to cooperate with Russia as well as with the EU. On the other hand, there was great pressure from Ukrainian business, especially from the high-technology sector, for example, the industry that produces engines for helicopters, airplanes, nuclear weapons and space rockets; they produce for the Russian market and not for the EU. Some 50 percent of Ukrainian foreign trade is with the Russian Federation and the other half is with the EU. So Yanukovych had pressure on both sides from oligarchs.

The difference is Ukraine delivers many raw materials to the EU, and the profit from these sectors is very low, while what is delivered to Russia is high-price, high-tech products. Big capital exerted tremendous pressure and Yanukovych finally announced that there must be more negotiations. There should be more negotiations so that Ukraine would achieve more profitable exchanges with the free trade agreement. That was the reason why the Maidan movement began.

They tried to explain that the reason we are so poor is because we are living in the Soviet Union. It doesn’t exist anymore, but we still have a Soviet mentality, they say, and we need to break with this mentality and become a part of Europe. On the Maidan they built a symbolic wall. They said we are living in the Soviet Union, and if we overcome this border and become part of the EU, then we are breaking with our past.

Initiativ: What was the concrete political program of Borotba at that time?

SK: Of course we were in sharp opposition to the Yanukovych government. But we also understood that this opposition on the Maidan is just as reactionary as Yanukovych. Thus, we have directed our criticism towards both sides. At this time, the political camps were already very strongly polarized between Yanukovych and the pro-Western opposition. We represented at this time the thinking of a small minority of Ukrainian society.

Then some people began to understand what was really happening when the Maidan movement across the country began to destroy Lenin monuments. They destroyed hundreds of monuments that are spread all over the country. Then people could understand very well what was happening. These are reactionary forces, they have no progressive social demands, and they have this right-wing ideology. And they say all problems can be found in the person of Lenin.

After the coup, the Lenin monuments became important political symbols. In Kharkov, for example, they also tried to destroy the monument. Many people from all over Kharkov came to protect the monument, and only a minority of them were communists or leftists, the absolute majority were ordinary people. And they defended the monument as an expression of our history, our Soviet history. This is our history and we won’t let them take it away from us. For example, there was an older woman at a demonstration with a self-made placard on which she had written: You should not destroy your own house, just because it was built in the Soviet era.

Initiativ: What is the situation today?

SK: All our party offices were destroyed by the so-called National Guard, which is the legal cover for the neo-Nazi groups. When our people came to the offices they saw people in black uniforms, armed with AK-47s and blockading our offices. They took everything: flags, music systems, computers and even newspapers. It is easily understood that under such conditions no legal, open work is possible.

Two weeks ago, an attempt was made to kidnap two of our leading comrades following an anti-war demonstration in Kharkov. At the end of the demonstration, people with AK-47s tried to pull our comrades into a car. Bystanders were able to stop that from happening.

Our entire leadership is now in the underground. Many of our members have left the country. The Nazis have, for example, attacked the well-known left-wing journalist and Borotba member Andriy Manchuk, who is the chief editor of the daily Internet magazine Liva. In the end, we were made illegal and the leadership was forced into exile. But a few days ago there was an impromptu rally in Kharkov. Ordinary people gathered in the square, and we saw a lot of Borotba flags at this meeting.

Initiativ: You spoke of solidarity with the Kurdish liberation struggle? What did you mean by that?

SK: That must be clarified. If we look at the flag of Borotba, we see a great many similarities with the flag of the Workers’ Party of Kurdistan (PKK). It was not that we conceived it as such from the beginning. But we have quite a few Kurdish members in Borotba. And it was ultimately pro-capitalist, neoliberal students, hostile to us, whose pressure brought about this agreement on the flag. They wrote in a statement that Borotba is connected to the PKK and that the Kurdish Workers’ Party is considered a terrorist organization in the EU. They claimed that both together form a terrorist front against the EU. We were always in solidarity with the liberation struggle of the Kurds.

Initiative: Where do the Kurds come from? Did they immigrate to Ukraine in the days of the Soviet Union?

SK: The majority of Kurds living in Ukraine come from the south, from the Odessa region. Some of them are students and others work in the markets as traders. The Ukrainian government has always worked in close cooperation with Turkey. This put pressure on the Ukrainian government to take steps against the Kurds.

Previously, the authorities did not actually arrest Kurds, nor did they want to carry out greater repression against them. But the university authorities exerted pressure, for example, on the students, saying they should only study and not take part in political activities. Nevertheless, the Kurdish students have organized political meetings.

The main propaganda that the Ukrainian media always repeated was that Kurds simply cannot live in peace. And that although Turkey is such a “democratic” and “peaceful” country, the Kurds would always carry out terrorist acts. The media always asked, “Why are they coming to Ukraine? They cannot live in peace.”

Initiativ: What do you think about the concept of a democratic federation? Also in relation to the concrete situation in Ukraine?

SK: The Kurdish people must decide for themselves what form self-determination will take. In Ukraine, we are for democratic federalism. This means budgetary, political and social autonomy for southeastern Ukraine. The southeast would be a part of the Ukrainian Federation. And of course we need full equality of languages.

The people are very shocked about the historical mystifications. Nazi collaborators are suddenly turned into national heroes in Ukraine. Those days are now good pages of our history. If they now want to build monuments to Bandera [Hitler’s Ukrainian collaborator], please leave me out. People from the southeast want none of that. They say they are building monuments in Lvov in the west for Nazi collaborators and we defend our Soviet Army monuments.

Whether that should be happening in the same state or in two states is now the ultimate question. In the southeast, in the People’s Republics, there is now a debate. What should we do? Do we enter into a federation with Ukraine or will we be separate?

Initiativ: How will the struggle continue, given the new situation?

SK: We always criticized the KPU because they were focused on the parliamentary struggle. We have always concentrated on mass mobilization of working people and youth, on government service workers, etc. We were under the illusion that we were going to live for many years in a liberal democracy, with freedom of assembly and association. We are not at present nor were we ever prepared for this new situation, this guerrilla warfare. We have no infrastructure, weapons and experience. That was a big mistake.

Initiativ: Are the majority of people who are struggling in the southeast on the part of the People’s Republics of Donetsk and Lugansk made up of Russians, as is claimed by the media again and again in the west?

SK: Of course, the absolute majority of people come from the region itself. Just as there are people from the southeast fighting on the side of the Kiev junta, so there are also people from Russia fighting on the side of the People’s Republics. In the southeast there is no significant Russian influence. For example, there is a Russian citizen who is the leader of the resistance in Slavyansk. And Kiev has been claiming that he is a member of the Russian secret service. According to research by journalists it has now come out that he is a member of the “Rekonstructer” movement. These are people who wear the uniforms that date from the time of the Tsars. They meet for public appearances and organize spectacles, etc. Well, he became a leading commander of the resistance in Slavyansk, and to that extent this is Russian influence. But there are no experienced officers of the Russian secret service who lead and control everything, the way the media present it.

On the other hand, there are some Russians in the southeast, but in turn not as well suited for pro-west media propaganda, because they take a clear position against Putin.

Initiativ: Now one last question about Crimea. What is the situation overall, and in particular that of the Tatars in Crimea?

SK: Putin is now playing the game. He has now given the Tatars in Crimea some national rights. They are represented in the local parliament and in the government. This is exactly what the Tartars have always demanded from the Ukrainian government for 20 years.

As the Ukrainian army left Crimea, nobody wanted to fight against the Russian army; all accepted the new situation more or less. Only the Tatars expressed their rejection. And the Ukrainian nationalists called on the Tartars to join with the Ukrainians in this struggle. But no one joined, not even the Tartars.

Not all people in Crimea were happy about the annexation to Russia. But now they watch TV and see the Odessa massacre, the civil war and the bombing of apartment blocks in Donetsk, and they say to each other, “Thank god that we are not affected.”


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Ukraine’s Donbass is today’s Vietnam

By Workers World staff on May 30, 2014

Following are excerpts from an article by Victor Shapinov, a member of the socialist organization Union Borotba (Struggle). It is directed towards Ukrainian youth, especially those living in the western part of the former Soviet republic. The western region is the stronghold of the coalition of neoliberal politicians, oligarchs and fascists who recently seized power in a U.S.-backed coup, and is currently waging a brutal military campaign against the industrial and mainly Russian-speaking southeast.

The article originally appeared on the Ukrainian progressive websiteLiva.com.ua and was translated by Workers World contributing editor Greg Butterfield.

By Victor Shapіnov

Today, the romantic image of the rebels of 1968 inspires youth. Young, beautiful, sexy participants of the revolutionary events of those times are placed before us as heroes of the movie “The Dreamers” by Bernardo Bertolucci, which is shown by every progressive youth film club. But those who admire the youth of the sixties, apparently, have thought little about what the youthful red rebels of 1968 would fight against today.

There is no doubt that the trigger for the uprising of 1968 was the global anti-war movement. The monstrous war in Vietnam, where the strongest and most modern army developed by the Western countries unleashed its power on peasant guerrillas of a Third World country, was the catalyst for the student unrest of the time.

Footage of the burning of My Lai, photographs of murdered women and children, and farms burned by napalm, did not leave the younger generation of Western youth indifferent. “Not in my name,” said the students in France, Germany, Britain and the U.S. At mass rallies against the war, draftees burned draft cards, and officers and soldiers returning from Vietnam created a stir with a “Veterans Against War” protest at the White House and by their publicly renouncing military decorations.

Could it be that today’s youth don’t share their sincerity and solidarity — if the videos of neo-Nazis burning the House of Trade Unions in Odessa, photos of civilians shot in Mariupol, and images of Donetsk burning do not cause many of us to have the same reaction as the pictures from Vietnam for the distant 1960s generation?

Really, old people are always grumbling that “youth are not the same,” right?

The war is not thousands of miles away, not in some faraway country. The next war is here. Those being killed are like you — Ukrainians, Russians, Armenians, Jews, Tatars. Perhaps your distant relatives, friends or just familiar people. Although in order to empathize with the death of a person, one does not need to know him or her personally.

Where are the mass student rallies against the war? Which draftees are burning their draft cards?  Where is the blockade of the aviation unit in Mirgorod, which launches warplanes for air strikes on residential areas in the city of Donetsk? Where is the stigma against pilots killing random, innocent people and getting paid 9000 hryvnia ($765) per flight? Even the anti-war protests of Volyn women, who blocked the road yesterday, demanding the return and feeding of the soldiers — their husbands, brothers and sons — only began after the death of military personnel in an ambush. Not because some of them protested against the war in Donbass, which killed other people’s sons and husbands.

Of course, you can find a thousand excuses for why it’s not necessary to keep fighting for Donbass.

You will be called traitors and foreign agents. But the U.S. establishment also condemned American students for marching with the flag of the National Liberation Front of South Vietnam.

You will be told that the leaders of the People’s Republic of Donetsk profess the wrong political views. But students who protested against the Vietnam War did not always or fully share the views of Comrade Ho Chi Minh. Among them were devout Christians or liberals from wealthy families. They felt they had to do the right thing to stop the killings, the murders, occurring in their name.

There are many excuses — it’s not a great difficulty to come up with them. But how will the current generation of young people look into the eyes of their children, regardless of what the country is called after this war? Will they also despise their parents, as a generation of young Germans of the sixties looked at their parents who dutifully accepted Nazi crimes, eagerly buying into Nazi propaganda and joyfully marching to war against the “savage, inferior eastern trash”?

Do you believe that this crazy nightmare is not happening in your name?



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Chi ha effettivamente guadagnato dalla vittoria del Majdan

13 Giugno 2014

di Evgenyj Tsarkov, parlamentare del PC d’Ucraina e segretario regionale di Odessa del PCU

Traduzione di Flavio Pettinari per Marx21.it

La nomina a capo del dell'Amministrazione Presidenziale del multimilionario Boris Lozhkin è l'ennesima conferma che i veri beneficiari del "Maidan" sono gli oligarchi. La logica degli oligarchi suggerisce la privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite. Così è successo con il "Majdan". Perdita del territorio, sangue e guerra, aumento dei prezzi dei beni e dei servizi essenziali: questo è stato il tributo per trasferire il potere da una “famiglia” di oligarchi all’altra.

Com’è noto, ai sensi del Decreto Presidenziale № 519/2014, il nuovo capo dell'amministrazione del Presidente è diventato l'ex proprietario della mediaholding UMH Group, e socio in affari del nuovo presidente Poroshenko, Boris Lozhkin, che fa parte del gruppo delle cento persone più ricche d’Ucraina, e la cui fortuna è stimata attorno ai 126,4 milioni di dollari.

Di fatto, come sostenuto dai comunisti, ciò che si è verificato nel paese, la cosiddetta "rivoluzione", è stato principalmente un colpo di stato oligarchico. Avevamo ragione, come in altre occasioni.

L'essenza originaria della protesta degli ucraini scesi sul "Majdan" era combattere il dominio dell’oligarchia sul paese. La lotta contro il fatto che il destino di un intero paese e dei suoi milioni di cittadini fosse nelle mani di alcuni ricchi, ignorando completamente l'opinione della gente. Come risultato, purtroppo, la nostra diagnosi è stata confermata: nel paese c’è stata una banale sostituzione di alcuni oligarchi con altri. La forza della protesta è stata sfruttata per rimuovere Yanukovich, che aveva cercato di diventare il proprietario esclusivo del paese. Oggi, anche il nuovo presidente e il suo capo dell’Amministrazione sono i più evidenti rappresentanti dell'oligarchia.

Per gli oligarchi al potere, è tradizione trattare il popolo come un proprio business, per loro la popolazione è uno dei mezzi per ricevere profitto e su cui far leva per risolvere i problemi del paese. Ecco perché il nuovo governo nelle sue azioni e nelle sue politiche, praticamente non si differenzia da quello precedente.

I cittadini comuni infatti oggi sono sconfitti e "stanno già gustando i frutti del nuovo governo": in tutto il paese si registra l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, dei medicinali e delle tariffe abitative e dei servizi.

Ricordiamo che da inizio anno è stato registrato questo aumento dei prezzi: i prezzi dei prodotti da forno sono aumentati in media del 46%, e il paniere alimentare nel suo complesso del 97%; i medicinali del 127%, il prezzo del gas è aumentato del 52%. Oltre a questo, dal 1° luglio in Ucraina aumenteranno in media del 84% le tariffe per la fornitura dell’acqua, del 105% quelle per le acque di scarico, del 93% le tariffe per il consumo dell’acqua. Allo stesso tempo, vi è una riduzione del 63% delle prestazioni sociali e grivna è svalutata del 53%.

Fonte: Ufficio stampa del PCU, www.kpu.ua