http://www.anpiroma.org/2014/05/affile-le-motivazioni-della-sentenza-di.html

Erano stati assolti il 1 aprile scorso i tre ragazzi accusati di aver imbrattato il mausoleo intitolato a Rodolfo Graziani ad Affile. Secondo il Tribunale Ordinario di Tivoli – sezione penale monocratica, non si deve procedere nei loro confronti perché il fatto non sussiste.


Vedi Comunicato Stampa del 1 aprilehttp://www.anpiroma.org/2014/04/comunicato-stampa-prosciolti-i-ragazzi.html

L'Anpi Provinciale di Roma è soddisfatta delle motivazioni che qui riportiamo.


Nella motivazione della sentenza di assoluzione si legge come il fabbricato oggetto dell’attività imputata avesse mutato caratteristiche e finalità a seguito della decisione della Giunta Comunale di Affile del 21 luglio 2012, che deliberava di intestare il sacrario non al soldato in senso ampio, ma bensì al Generale M.llo d’Italia Rodolfo Graziani. Dalla scelta della Giunta derivano una serie di rilevanti polemiche politiche, sociali e contestazioni che riguardavano non solo il nostro paese, ma anche l'ambito internazionale, in considerazione del profilo storico e personale di Graziani e al suo evidente coinvolgimento ed identificazione per le attività svolte e i ruoli ricoperti con il regime fascista.

La scelta della Giunta Comunale di Affile, la violazione della destinazione del fabbricato in questione in modo unilaterale senza alcun rispetto dell’originario progetto così come finanziato e valutato positivamente dalla Regione Lazio, determinava l’intervento del Presidente della Regione Lazio per contrastare la intenzione dichiarata del Sindaco di Affile di rendere quel paese un luogo equivalente a Predappio nella celebrazione del M.llo d’Italia Rodolfo Graziani.

Quanto all’accusa di danneggiamento, nella sentenza si legge che dalla documentazione acquisita non emerge alcuna modificazione strutturale o funzionale della cosa e d’altra parte le caratteristiche del bene, la sua impropria destinazione e il contrasto anche a livello amministrativo circa la destinazione del bene, valgono ad escludere senza alcun dubbio la ricorrenza dell’aggravante di aver commesso il fatto su beni pubblici. Dagli accertamenti è emerso che a causa delle scritte non vi sia stata nessuna dispersione, distruzione, o deterioramento definitivo del bene tanto da renderlo inservibile, con la conseguenza che è esclusa la sussistenza del fatto contestato.

Occorre evidenziare, si legge nella sentenza, che la originaria funzione e destinazione del bene era stata identificata in un sacrario volto a celebrare la memoria di tutti quei cittadini e soldati che hanno perso la loro vita in eventi bellici nella difesa del loro paese. Memoria che all’evidenza ricopre carattere e interesse generale e appare rivolta a tutelare un bene riferibile alla intera comunità pubblica. Al contrario, la scelta della delibera comunale del 21/07/2012 è stata quella di mutare tale contesto, intitolando il sacrario al Generale Rodolfo Graziani, e dunque ad una singola persona che non ha perso la propria vita in eventi bellici, la cui celebrazione non riveste carattere di interesse generale, mostrandosi al contrario foriera di contrasti o contestazioni in relazione alla discussa azione bellica dello stesso Graziani realizzata, che hanno portato a polemiche e contestazioni e sul suo passato e sul suo ruolo mai sopite. Non ricorre dunque nel caso in esame quella caratteristica che vale a connotare la evidente pubblica utilità di un bene, ovvero la riferibilità della celebrazione a sentimenti complessivi, condivisi e universalmente riconosciuti come quello del sacrificio e della morte in eventi bellici di cittadini o soldati nella difesa del proprio paese, mentre emerge senza alcun dubbio la volontà di esaltare una singola personalità.

E ancora: non può essere ritenuta la pubblica utilità del bene che per le sua caratteristiche, per l’uso pubblico al quale voleva essere destinato dal Comune di Affile appare in evidente contrasto con la disposizione dell’art. 11 della Costituzione, secondo il quale “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” Noto e condiviso dai padri costituenti lo spirito informatore dell’articolo 11 della Costituzione, in tal senso occorre considerare come il termine ripudio (non risultando utilizzato il termine ‘rinuncia’) alla guerra implica, inoltre, la condanna di ogni propaganda bellicistica, di dottrine che esaltino o giustifichino la guerra, e la condanna della guerra, in particolare di aggressione, ovunque ciò avvenga.

Ebbene, riferire ed intitolare il sacrario in questione ad un rappresentante di diversi governi, tra i quali il governo fascista, che ha materialmente realizzato con costanza proprio le condotte aggressive ripudiate dalla nostra Costituzione, anche con organizzate attività di sterminio ed eliminazione di popoli da conquistare, esclude a parere del tribunale la ricorrenza di quella pubblica utilità che avrebbe dovuto originariamente caratterizzare il sacrario oggetto di accertamento, volto a celebrare la memoria dei cittadini impegnati nella difesa del paese e nella cura dell’interesse pubblico generale.

Tivoli, 1 aprile 2014, depositato in cancelleria il 6 maggio 2014.

Queste le frasi che furono scritte sul monumento: “no al fascismo”, “libertà”, “macellaio”, “vile onore e patria assassina”, “ne spazio ne luoghi per un massacratore”, “chiamate eroe un assasino”, “per i tuoi massacri compiuti un monumento per le vittime”.


Inizio messaggio inoltrato:

Da: "Coord. Naz. per la Jugoslavia" <jugocoord@...>
Oggetto: [JUGOINFO] Tivoli 1/4: Sotto processo per antifascismo
Data: 26 marzo 2014 16:38:59 CET
A: [JUGOINFO]

 

Tivoli 1/4: Sotto processo per antifascismo

1) Affile: “Ma quale danneggiamento, si è scritta solo la verità”. Lettera aperta dei tre ragazzi accusati di aver sporcato il monumento al criminale di guerra fascista e repubblichino Rodolfo Graziani. 1° Aprile: sit in dentro e fuori il tribunale di Tivoli Viale Nicolò Arnaldi n, 19 ore 9.30

2) Nel frattempo… Con qualche decennio di ritardo, aperta inchiesta sui crimini di guerra italiani accertati dalla commissione Gasparotto


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Lettera appello di tre ragazzi accusati di aver verniciato il monumento a Graziani ad Affile. “Ma quale danneggiamento, si è scritta solo la verità”. Il 1° aprile dovranno comparire al Tribunale di Tivoli e convocano un sit in di protesta e solidarietà.
(Vedi anche: "Rodolfo Graziani, soldato o criminale di guerra?" di Ernesto Nassi

"Siamo i 3 ragazzi accusati di aver imbrattato il mausoleo intitolato a Rodolfo Graziani, una delle figure di spicco del ventennio fascista.
Per molti fascisti nostrani questo mausoleo (inaugurato nell'agosto 2012) è stato il compimento del percorso che il Movimento sociale, ad Affile (RM), aveva intrapreso dal dopo guerra. Già nel '67 infatti venne presentato il progetto del suddetto dal celebrato sindaco affilano Luigi Ciuffa (esponente dell' Msi e sindaco della cittadina per 40 anni). Così, assieme al busto di Almirante, Affile oggi vanta anche un mausoleo intitolato tramite delibera comunale al ‘macellaio di Fezzan’, Graziani. La Regione Lazio, a seguito del clamore suscitato da tale scempio, ha bloccato una parte  del finanziamento promesso e dopo un attento sopralluogo sul posto non ha  trovato più alcun riferimento al fascista. Di fatto il mezzo busto che dominava la sala è ora custodito gelosamente in casa dal sindaco Viri, come da lui stesso dichiarato. Il manufatto sarà scappato da solo o qualcuno avrà provveduto a rimuoverlo?Quella che secondo i piani del sindaco deve essere la Predappio del Lazio è una chiara e palese revisione storica che pone il macellaio nella veste del soldato pluri medagliato prima del fascismo, poi soldato "non fascista" nel ventennio e successivamente nella repubblica sociale “ fedele alla patria fino alla fine tanto da salvarne vite umane e beni materiali dalla furia tedesca“... e si può aggiungere “ servo di una patria assassina “ come recitava uno scritto sul mausoleo.A seguito di diverse denunce di individualità e associazioni il sindaco Viri ed alcuni assessori sono stati denunciati. La Procura  ad oggi non sembra aver dato seguito all’indagine per apologia di fascismo scattata ai danni del sindaco … Molto più facile procedere “verso chi pratica gesti violenti“, appunto vernice , come  gridava qualche fascista  in giacca e cravatta, commentando la notizia delle scritte.Così il 1 aprile (non è uno scherzo) ci ritroveremo nell’ aula del tribunale di Tivoli ad essere accusati nel modo in cui riportiamo: “...in concorso tra di loro danneggiavano mediante verniciatura con bombolette  spray la scalinata in marmo, due porte e le quattro facciate del sacrario denominato 'il Soldato' sito in Affile. Con l’ aggravante di aver commesso il fatto su beni destinati per necessità alla pubblica  utilità e su edifici ad uso pubblico...", scrivono i carabinieri.A prescindere dal fatto di chi abbia praticato il gesto, vogliamo evidenziare la volontà di far passare per pubblica utilità un mausoleo intitolato ad un criminale di guerra, come evidenzia la storia, ad un condannato per collaborazionismo con i tedeschi nell’occupazione nazista, al ministro della repubblica di salò firmatario del bando che rese obbligatoria la leva delle classi '22 ‘ 23, deportando 2500 persone nei lager tedeschi.L’uomo che con i suoi ordini sterminò migliaia di etiopi, l’uomo che rivendicò lo sterminio di Debra Libanos (in cui morirono più di 3000 persone), l’uomo firmatario delle leggi razziali, l’uomo protetto ancora oggi da una chiesa complice delle sue atrocità. Sono allora 4 mura intitolate a questa figura un bene pubblico? O sono il tentativo da parte della destra nostalgica di creare un luogo di culto per i vecchi e nuovi fascisti? Proprio perché non ci riconosciamo in questa assurda vicenda e con sentimento di complicità con tutte le persone che ieri hanno combattuto e che oggi combattono contro i vecchi e nuovi fascismi, con spirito di rivalsa verso un gesto che è un insulto alla vita umana e alla Resistenza, vogliamo non far passare questo processo come “un semplice danneggiamento“. Per questo motivo chiediamo un forte sostegno nelle modalità che riterrete più opportune, a tutti gli uomini e alle donne, ad associazioni e movimenti, individualità e collettivi che si riconoscono nei valori della Resistenza. Per una società libera da ogni fascismo e per l’ abbattimento del mausoleo a Rodolfo Graziani.

1° Aprile: sit in dentro e fuori il tribunale di Tivoli Viale Nicolò Arnaldi n, 19 ore 9.30

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Mi perviene una lettera aperta di tre ragazzi che il 1 aprile dovranno comparire davanti al Tribunale di Tivoli per danneggiamento ad un bene pubblico. Si tratta dell’accusa di aver imbrattato “con vernice la scalinata in marmo, due porte e quattro facciate del sacrario denominato “Il soldato”, sito in Affile”. I tre ragazzi fanno alcune considerazioni e chiedono sostegno per un processo “che non deve passare come un semplice danneggiamento”. Ovviamente, io non so come stiano i fatti e quali prove vi siano sugli autori; e, avendo fatto per molto tempo l’avvocato, so che non bisogna mai pronunciarsi su atti che non si conoscono. Ma alcune considerazioni di carattere politico possono e debbono essere svolte; anzitutto per augurare, sinceramente, ai tre ragazzi in questione di poter dimostrare, nel giudizio, la proprio innocenza. Ma poi, colpiscono alcuni fatti di notevole rilevanza. Anzitutto, se è esatto il modo in cui è riportato, nella lettera aperta, il capo d’imputazione, c’è da dire che apprendiamo solo ora che quello è un sacrario denominato “Il soldato”. Da quando? Si è sempre parlato, e ne ha parlato tutta la stampa del mondo, di un sacrario dedicato a Rodolfo Graziani, implacabile e feroce colonialista, fascista e razzista, dichiarato “collaborazionista” (anche per aver firmato un famoso bando della R.S.I. che prometteva la fucilazione per i giovani renitenti alla leva repubblichina) e considerato universalmente un “criminale di guerra”. Qualcuno si è accorto dello scandalo che aveva giustamente suscitato ed ha cercato, praticamente, di “rimediare”? Ma in modo molto ingenuo, perché quello è, per tutti, il sacrario dedicato a Graziani, di cui lo stesso Sindaco del luogo si è dichiarato orgoglioso e contro il quale pende un procedimento penale in fase istruttoria, davanti allo stesso Tribunale di Tivoli. Il cambiamento è, comunque, significativo, anche perché scolora lo stesso atto compiuto dagli ignoti “verniciatori”, che certo non avrebbero reagito in modo simile se non si fosse trattato di una destinazione inaccettabile agli occhi del mondo intero. Ma ancora: l’ANPI ha presentato una denuncia alla Procura della Repubblica di Tivoli, il 29.10.2012, per la creazione del “sacrario” dedicato, appunto, ad un personaggio come Graziani. A tutt’oggi non abbiamo notizie concrete degli esiti di quell’indagine e tantomeno sulle prospettive anche temporali di un auspicato giudizio. Colpisce il fatto che, invece, sia giunto rapidamente a maturazione un episodio, che di quella  vicenda è solo un derivato. Posso comprendere che ogni indagine ed ogni procedimento abbia la propria storia e la propria durata, ma in questo caso, la sproporzione appare assolutamente evidente. E questo deve, necessariamente, essere rilevato con rammarico e preoccupazione.

Carlo Smuraglia, Presidente Nazionale ANPI
Fonte: ANPI News n. 113 – 25 marzo/2 aprile 2014


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Segnaliamo che i documenti del fondo Gasparotto sono online: http://www.criminidiguerra.it/documenti.shtml

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I crimini di guerra italiani sotto inchiesta. Era ora!

•  Martedì, 25 Marzo 2014 08:57
•  Federico Rucco

Era da tempo, da troppo tempo, che questo paese doveva fare i conti con due macigni sulla sua storia. Quello degli “italiani brava gente” e quello dell’impunità assicurata ai criminali di guerra italiani – così come a quelli tedeschi – alla fine della seconda guerra mondiale. Il procuratore militare di Roma, Marco De Paolis, ha finalmente aperto un'inchiesta sui crimini compiuti dai militari italiani nei territori occupati durante la seconda guerra mondiale, in particolare in Grecia, Jugoslavia, Albania. Non è dato sapere se la cosa verrà estesa a Libia ed Etiopia.

Il dott. De Paolis per ora si è limitato a far saper che e' partito un "accertamento conoscitivo" e che e' stato aperto un fascicolo 'modello 45', cioe' "atti relativi a",  ma senza indagati.

A smuovere le acque è stato l'esposto presentato da alcuni cittadini, ispirato da due articoli di Franco Giustolisi, il giornalista che rivelò all'opinione pubblica il famigerato "armadio della vergogna", dove furono chiusi e "provvisoriamente archiviati" nel dopoguerra - per una sorta di "patto segreto" tra Italia e Germania - 695 fascicoli di crimini nazifascisti, riemersi solo negli anni scorsi, quando fu possibile riaprire le indagini e svolgere una serie di processi finiti con decine di ergastoli.
"Dimenticato" in un angolo della procura, non lontano dall'armadio, svela Giustolisi, c'era anche un "carrello della vergogna". Un carrello stipato di incartamenti relativi alle tante stragi commesse, durante l'ultima guerra, dai soldati italiani. Di questi eccidi si occupo' una commissione istituita il 6 maggio 1946 dall'allora ministero della Guerra. La relazione finale, del 30 giugno 1951, e' firmata dal senatore Luigi Gasparotto. Oltre 300 i militari italiani accusati di crimini di guerra dalle varie nazioni aggredite dal fascismo.
Eccidi che sarebbero stati commessi in varie localita' della Jugoslavia, della Grecia, dell'Unione Sovietica, della Francia, dell'Albania. Solo poco piu' di una trentina, secondo la relazione Gasparotto, quelli perseguibili da parte "dell'autorita' competente". Ma nessuno fu processato.
Solo per una di queste stragi - quella di Domenikon, in Grecia, dove furono trucidati 150 civili - il procuratore De Paolis, dopo aver raccolto la denuncia del rappresentante dei familiari delle vittime, gia' da tempo ha riaperto un'inchiesta che in precedenza era stata archiviata. Le indagini della procura militare di Roma avrebbero consentito, secondo quanto si e' appreso, di risalire ai responsabili della strage, che verranno ora iscritti nel registro degli indagati, anche se sarebbero tutti morti. Inevitabile, dunque, la successiva archiviazione.

Recentemente uno degli giovani storici, Davide Conti, ha pubblicato il libro “Criminali di guerra italiani” dove, attraverso un'ampia mole di documenti ufficiali, ricostruisce i crimini di guerra commessi dal regio esercito durante l'occupazione italiana in Albania, Jugoslavia, Urss e Grecia e di cui le alte gerarchie militari avrebbero dovuto rispondere alla fine della guerra. Più precisamente, illustra le trattative, gli accordi, le politiche dilatorie attuate dal governo di Roma per giungere a eludere ogni forma di sanzione giuridica ai danni dei vertici del proprio esercito cosicché i mancati processi, le assoluzioni e la generale impunità ha permesso la narrazione auto-assolutoria degli italiani "brava gente".


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24/03/2014 08:00 | ALTRO - ITALIA | Autore: fabrizio salvatori

Armadio della vergogna. La procura militare di Roma apre un'inchiesta sui crimini fascisti in Grecia, Jugoslavia e Albania

Un'inchiesta sui crimini compiuti dai militari italiani nei territori occupati durante la seconda guerra mondiale, dalla Grecia alla Jugoslavia, all'Albania. L'ha aperta il procuratore militare di Roma, Marco De Paolis, che ha ricevuto un esposto da parte di alcuni cittadini.
De Paolis si limita a dire per il momento che e' partito un "accertamento conoscitivo" e che e' stato aperto un fascicolo 'modello 45', cioe' "atti relativi a", senza indagati. L'esposto, secondo quanto si e appreso, prende in particolare le mosse da due articoli di Franco Giustolisi, il giornalista che per primo svelo' all'opinione pubblica lo scandalo del cosiddetto "armadio della vergogna", dove furono chiusi e "provvisoriamente archiviati" nel dopoguerra - per una sorta di "patto segreto" tra Italia e Germania - 695 fascicoli di crimini nazifascisti, riemersi solo negli anni scorsi, quando fu possibile riaprire le indagini e svolgere una serie di processi finiti con decine di ergastoli.
"Dimenticato" in un angolo della procura, non lontano dall'armadio, svela Giustolisi, c'era anche un "carrello della vergogna". Un carrello stipato di incartamenti relativi alle tante stragi commesse, durante l'ultima guerra, dai soldati italiani. Di questi eccidi si occupo' una commissione istituita il 6 maggio 1946 dall'allora ministero della Guerra. La relazione finale, del 30 giugno 1951, e' firmata dal senatore Luigi Gasparotto. Oltre 300 i militari italiani accusati di crimini di guerra dalle varie nazioni aggredite dal fascismo.
Eccidi che sarebbero stati commessi in varie localita' della Jugoslavia, della Grecia, dell'Unione Sovietica, della Francia, dell'Albania. Solo poco piu' di una trentina, secondo la relazione Gasparotto, quelli perseguibili da parte "dell'autorita' competente". Ma nessuno fu processato.
Solo per una di queste stragi - quella di Domenikon, in Grecia, dove furono trucidati 150 civili - il procuratore De Paolis, dopo aver raccolto la denuncia del rappresentante dei familiari delle vittime, gia' da tempo ha riaperto un'inchiesta che in precedenza era stata archiviata. Le indagini della procura militare di Roma avrebbero consentito, secondo quanto si e' appreso, di risalire ai responsabili della strage, che verranno ora iscritti nel registro degli indagati, anche se sarebbero tutti morti. Inevitabile, dunque, la successiva archiviazione.