Perché dobbiamo uscire dalla NATO / Why we must get out of NATO (Appello)
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/usciredallanato2014.htm
La “globalizzazione” – termine che, già noto prima, viene abbondantemente utilizzato a partire dagli anni ‘90, dopo il crollo dell’URSS e l’apertura alle potenze capitaliste occidentali di un vasto mercato in aree che in precedenza erano controllate e regolate da un potere politico orientato al socialismo – non è neutrale, non significa la libera espansione del mercato mondiale su una base di parità, ma è essenzialmente una “globalizzazione imperialista”, che intende imporre in tutto il mondo il modello capitalista neoliberista, gli interessi dei grandi monopoli occidentali, privando molti paesi delle loro risorse. E quando alcuni paesi hanno resistito, cercando il proprio percorso di auto-sviluppo, le potenze occidentali, guidate dagli Stati Uniti, hanno fatto ricorso all’aggressione militare (Iraq, Serbia, Libia, Siria …), come al tempo del grande Lenin (in quest’anno ricordiamo il 90° anniversario della sua morte), quando ha elaborato la categoria scientifica di “imperialismo”…
SCARICA IN FORMATO PDF: http://www.marx21.it/documenti/catone_fronteunito.pdf
L'invio in Iraq di una squadriglia di aerei da combattimento, come i Tornado, fa entrare l'Italia di nuovo in guerra dopo quelle contro la Libia e quella ancora in corso in Afghanistan.
Inoltre assai ambigue ed oscure risultano essere le reali finalità di questa guerra. La motivazione ufficiale è quella di partecipare ad una coalizione che combatte l'ISIS, coalizione di cui però fanno parte stati, come l'Arabia Saudita il Qatar e gli USA, che hanno in passato creato e finanziato l'ISIS e altre formazioni estremiste e terroristiche, o che continuano a finanziare e sostenere tali formazioni, apertamente come la Turchia, o sotto banco come l’Arabia Saudita.
Ben fondata è l'ipotesi che il vero scopo di questa operazione sia interferire pesantemente nella politica interna di stati sovrani come Iraq e Siria e sabotare e porre ostacoli alle uniche forze che finora hanno combattuto efficacemente l'ISIS e gli altri gruppi estremisti, come il Governo e l'Esercito Nazionale della Siria e le formazioni kurde affiliate o simpatizzanti del PKK (considerate invece da USA e UE come "terroriste").
Per sconfiggere i terroristi non serve bombardare. Devono invece essere eliminate le complicità e chiusi i canali – peraltro già ben noti - attraverso cui l’ISIS e altre formazioni estremiste ricevono armi e rifornimenti e vendono il petrolio dei pozzi occupati. Di fatto finora i bombardamenti sono serviti sostanzialmente solo a distruggere importanti infrastrutture in Siria ed Iraq, essenziali per la sopravvivenza stessa di quei paesi.
La Rete No War invita tutti i parlamentari amanti della legalità e della pace ad opporsi a questo ulteriore disegno bellico dalle ambigue finalità, come sembra sia stato fatto finora solo dai parlamentari di 5Stelle, cui va in questo caso tutto il nostro sostegno.
Il rinnovo e il potenziamento della flotta da guerra della Marina Militare ha ottenuto il via libera definitivo dal Parlamento. Entrambe le commissioni Difesa – oggi (giovedì 4 dicembre) anche quella della Camera – hanno dato parere favorevole, con il solo voto contrario di Sel e Cinquestelle, al programma ventennale da 5,4 miliardi di euro già stanziati dalla legge di stabilità dell’anno scorso per la costruzione di una nuova portaerei, dieci pattugliatori/lanciamissili (destinati a diventare sedici), una gigantesca nave appoggio e due piccole unità veloci da assalto. Il finanziamento del programma, non a carico della Difesa ma del ministero dello Sviluppo Economico, aumenterà progressivamente di anno in anno: 140 milioni nel 2015, 470 milioni nel 2016, 690 milioni nel 2017 e così via.
Non è chiaro se all’ammodernamento della flotta sia destinato anche il contributo del ministero dello Sviluppo economico da 770 milioni (53 ogni anno, ex comma 38 dell’articolo 1 della legge n. 147 del 2013) che compare nella Tabella E della legge di stabilità attualmente in fase di approvazione. Se così fosse, il costo complessivo del programma navale supererebbe i 6 miliardi. Stando a questo documento parlamentare (leggi) sembrerebbe proprio così: “Ulteriori contributi ventennali nel settore navale sono stati autorizzati dal successivo comma 38 dell’articolo 1 della legge n. 147 del 2013”. Abbiamo chiesto chiarimenti allo Stato Maggiore della Marina, ma non ne abbiamo ancora ricevuti. Se questi soldi non fossero destinati al programma navale, sarebbe interessante capire a cosa serviranno.
La nuova campagna acquisti della Marina, fortemente voluta dal capo di Stato Maggiore, ammiraglio Giuseppe de Giorgi, appare molto ambiziosa, soprattutto considerando che va a completare l’ammodernamento della flotta già avviato con le portaerei Cavour (1,5 miliardi), le dieci fregate Fremm (5,7 miliardi, le ultime due dovrebbero essere finanziate entro aprile), le due fregate Orizzonte (1,5 miliardi), i quattro nuovi sommergibili U212 (1,9 miliardi), la nuova nave supporto forze speciali (finanziata pure con 50 milioni del ministero dell’Istruzione via Cnr), più ottanta nuovi elicotteri da assalto NH90 e EH101 (3 miliardi) e, almeno nelle intenzioni, quindici cacciabombardieri F35B (2/3 miliardi almeno).
“La Marina ha presentato al Parlamento informazioni limitate e riduttive su queste nuove navi”, denuncia Luca Frusone, membro Cinquestelle della commissione Difesa della Camera, spiegando che i dettagli tecnici sono stati forniti alla stampa specializzata ma non al Parlamento. “Lo Stato Maggiore ha parlato di una portaelicotteri tipo la Garibaldi ma, in realtà, per stazza si tratta di una seconda portaerei tipo Cavour, che potrà anche imbarcare aerei a decollo verticale come gli F35 visto che una delle cinque piattaforme di atterraggio è stata appositamente studiata a questo scopo. E i quattro pattugliatoti polivalenti in versione ‘full combat’ saranno dotati di un arsenale missilistico degno di una fregata. Ma chi dobbiamo invadere con tutte queste navi da guerra?”.
Anni fa altri ammiragli chiesero e ottennero la poderosa portaerei Cavour sostenendo che fosse indispensabile per la difesa dei nostri interessi nazionali. Da quando è entrata in servizio, cinque anni fa, questo costosissimo mastodonte è rimasto inutilizzato perché la Marina non può permettersi il suo esorbitante costo di esercizio (circa 200 mila euro al giorno): finora, quindi, è stata utilizzata solo per due missioni di promozione commerciale spesate dalle aziende italiane (Fincantieri, Finmeccanica, Eni) che se ne sono servite come fiera galleggiante del ‘made in Italy’ una prima volta in Brasile nel 2010 (con una puntata umanitaria ad Haiti) e recentemente in Medio Oriente e in Africa.
L'Italia non ripudia.... La Commissione esteri del Senato si schiera per l'intervento. Nel silenzio generale
http://ilmanifesto.info/roma-si-accoda-alla-guerra-contro-lo-stato-islamico-in-siria/
Il Senato autorizza l'intervento militare italiano in Siria
http://contropiano.org/internazionale/item/27972-il-senato-autorizza-l-intervento-militare-italiano-in-siria
di Manlio Dinucci | da il manifesto, 7 dicembre
La Commissione esteri del Senato, in una risoluzione sulla Siria (Doc. XXIV, n. 43), ha impegnato il governo a «sostenere in tutti i modi, incluso quello militare, l’azione della coalizione internazionale»: in altre parole, ha autorizzato (con voto favorevole PD-Pdl e contrario di Sel e 5Stelle) un intervento militare diretto dell’Italia in Siria.
La crisi siriana – sostiene la premessa approvata invece anche da Sel e con l’astensione di 5Stelle – si è trasformata in guerra civile «per la chiara e riconosciuta responsabilità del regime del presidente Assad», creando «il terreno ideale per il rafforzamento dell’estremismo fondamentalista armato, in particolare di quello del Daesh» (Isis) che costituisce oggi «una minaccia all’integrità territoriale dei paesi dell’area, oltre che una delle maggiori sfide contemporanee alla sicurezza, alla democrazia e alla libertà».
Sono stati in realtà gli Usa e i maggiori alleati Nato a finanziare, armare e addestrare in Libia nel 2011 gruppi islamici fino a poco prima definiti terroristi, tra cui i primi nuclei del futuro Isis; a rifornirli di armi attraverso una rete organizzata dalla Cia (documentata da un’inchiesta del New York Times nel marzo 2013) quando, dopo aver contribuito a rovesciare Gheddafi, sono passati in Siria per rovesciare Assad; sono stati sempre gli Usa e la Nato ad agevolare l’offensiva dell’Isis in Iraq (nel momento in cui il governo al-Maliki si allontanava da Washington, avvicinandosi a Pechino e a Mosca).
Vi sono su questo molte prove. Ad esempio la foto del senatore Usa John McCain, in missione in Siria per conto della Casa Bianca, che incontra nel maggio 2013 Ibrahim al-Badri, il «califfo» a capo dell’Isis. O il servizio televisivo trasmesso pochi giorni fa dalla tedesca Deutsche Welle, che mostra come centinaia di tir attraversano ogni giorno senza alcun controllo il confine fra Turchia e Siria, trasbordando carichi diretti a Raqqa, base delle operazioni Isis in Siria.
La Commissione del Senato sostiene inoltre che l’intervento militare in Siria, effettuato dalla coalizione internazionale di cui fa parte l’Italia, è autorizzato dalle risoluzioni 2170 e 2178 del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Mentre in realtà esse stabiliscono solo l’obbligo dei paesi membri dell’Onu di prevenire il reclutamento, l’organizzazione, il trasporto e l’equipaggiamento di individui che si recano in altri Stati allo scopo di attuare atti terroristici (cosa che fanno proprio Usa e Nato).
L’intervento militare degli Stati uniti e di loro alleati in Siria non è quindi autorizzato dal Consiglio di sicurezza. E, incentrato apparentemente sull’Isis (in realtà funzionale alla strategia Usa/Nato), esso mira alla completa demolizione della Siria, finora impedita dalla resistenza interna e dalla mediazione russa in cambio del disarmo chimico di Damasco, e alla rioccupazione dell’Iraq. In questa guerra può entrare ora anche l’Italia.
Pare proprio che qualsiasi tentativo di modifica, che sia per inserire nuovamente anche il Senato nella decisione o quantomeno per innalzare il quorum necessario alla dichiarazione, verrà respinto dal Governo Renzi alla Camera, dove la discussione giace attualmente in Commissione Affari Costituzionali, come già successo al Senato. Il risultato, per certi versi paradossale, sarebbe quello di avere un accesso più facile ad una decisione grave come questa, addirittura rendendola meno difficile da prendere della già nominata elezione del Capo dello Stato. Inoltre l’effetto combinato con la riforma della legge elettorale, anch’essa sul tavolo parlamentare, ci potrebbe proiettare in una situazione per cui una minoranza non solo dell’elettorato ma anche del totale dei voti espressi, grazie al premio di maggioranza, potrebbe permettersi una dichiarazione di guerra in assoluta autonomia rispetto al resto del Paese.
Chiaramente non stiamo dicendo che la riforma istituzionale attualmente in discussione abbia come obiettivo principale quello di permettere ad un prossimo governo di poter andare a far la guerra facilmente in giro per il mondo… Ed oltretutto è ormai passato il tempo in cui i conflitti bellici venivano dichiarati formalmente dagli ambasciatori, con una sorta di antico galateo tra Stati. Ormai viviamo in un mondo dalla conflittualità liquida e diffusa, in cui la parola d’ordine per le frizioni politico-economiche è «bassa intensità» con il minore coinvolgimento possibile degli apparati pubblici e statali. Eppure dal punto di vista squisitamente politico si tratta di un passaggio problematico e non banale. Perché ancora una volta, come accade per molte altre questioni fondamentali nella vita del Paese e dei suoi Cittadini, si impoverisce il confronto politico riducendo la questione ad una decisione presa in ambiti ristretti e con una estremizzazione dell’idea di «vertice». Si continua insomma verso quella vocazione leaderistica che ha drogato la politica italiana negli ultimi anni per cui tutto appare sacrificato all’altare della cosiddetta «governabilità» o meglio ancora del decisionismo. Anche su un tema, come quello della guerra e della pace, in cui invece la riflessione calma e approfondita dovrebbe essere naturale ed imprescindibile.
Una modifica di prospettiva che sta avvenendo ad un secolo esatto di distanza dal primo conflitto mondiale: la sanguinosa Grande Guerra di cui tutti oggi ricordano orrori e distruzioni. Ma forse questo ricordo è celebrato solo perché siamo (solo in Italia) tranquillamente lontani nel tempo da morti, sangue, fame e conseguenze negative. Vogliamo davvero un modello di società in cui le decisioni più gravi ed importanti vengano prese in poco tempo e sulla base di un mandato conferito da una minoranza del Paese? Speriamo proprio di no. Ed anche per questo sarà opportuno che il mondo della Pace e della nonviolenza si faccia sentire con forza su questo ennesimo tentativo pasticciato di indebolire i capisaldi della nostra Carta Costituzionale.
Il Senato degli Stati Uniti ha accolto con favore la ratifica dell'”Ukraine Freedom Support Act”. L’atto, che deve ancora essere autorizzato dalla Casa Bianca, prevede la fornitura di servizi di sorveglianza, armi radar e anti-carro per l’esercito ucraino. L’aiuto militare degli Stati Uniti sarà del valore di 350 milioni di dollari.
http://www.ilfarosulmondo.it/usa-il-senato-approva-fornitura-di-armi-allesercito-ucraino/
13/12/2014: Jatsenjuk a Bruxelles per concordare l’avvicinamento di Kiev alla NATO
http://comunicati.russia.it/jazenjuk-e-andato-a-bruxelles-per-concordare-l-avvicinamento-di-kiev-alla-nato.html
By Prof Michel Chossudovsky – Global Research, December 05, 2014
NUOVA LEGISLAZIONE AMERICANA PREPARA IL TERRENO PER LA GUERRA ALLA RUSSIA?
- di prof. Michel Chossudovsky -
L’America è in marcia verso la guerra. Se è vero che uno scenario di terza guerra mondiale è stato nei piani del Pentagono per più di 10 anni, ora però le azioni militari contro la Russia vengono contemplate sul “piano operativo”.
Allo stesso modo, sia il Senato che la Camera hanno introdotto nuova legislazione che legittima la condotta di guerra contro la Russia. Non abbiamo a che fare con una “guerra fredda”. Non prevale nessuna delle salvaguardie in vigore in quell’epoca. Si è verificata una rottura diplomatica tra Oriente e Occidente, abbinata a un’estesa propaganda bellica. A loro volta, le Nazioni Unite hanno chiuso gli occhi di fronte ai crimini di guerra commessi dall’alleanza militare occidentale.
L’adozione di un’importante legge da parte della Camera statunitense, avvenuta il 4 dicembre, fornirà (qualora venga approvata in Senato) al presidente e comandante supremo il via libera per iniziare, senza approvazione del congresso, un processo di confronto militare con la Russia.
E’ in questione la sicurezza globale. Questo voto storico, che potrebbe influenzare le vite di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, quasi non è stato riportato dai media.
Il mondo è a un bivio pericoloso. Mosca ha risposto alle minacce di USA e NATO. I suoi confini sono minacciati. Il 3 dicembre, il ministro della difesa della Federazione Russa ha annunciato l’inaugurazione di un nuovo ente politico-militare che assumerebbe il potere nel caso di guerra. (Vedi: Russia launches ‘wartime government’ HQ in major military upgrade ).
Cronologia dei preparativi di guerra
A maggio 2014 è stato introdotto al Senato l’Atto di Prevenzione dell’Aggressione Russa (RAPA, S 2277) che invoca la militarizzazione dell’Europa orientale e degli stati baltici e lo stazionamento permanente di truppe USA e NATO sulle soglie della Russia.
Se è vero che la risoluzione S 2277 è all’esame del Comitato per le Relazioni Estere del Senato, le sue premesse essenziali sono però già in corso d’implementazione. In luglio, il comandante della NATO in Europa, generale Philip Breedlove, ha richiesto di “rifornire una base in Polonia con abbastanza armi, munizioni e provviste da supportare un rapido schieramento di migliaia di soldati contro la Russia” (RT, 24 luglio) […]
In ottobre si sono svolte esercitazioni USA-NATO negli stati baltici. All’inizio di novembre si è tenuto un secondo round di esercitazioni sia negli stati baltici che in Europa orientale. Tra queste, le esercitazioni NATO “Spada di ferro” in Lituania, a cui hanno partecipato 9 stati membri.
Secondo Mosca le esercitazioni servivano ad “aumentare la prontezza operativa” e a trasferire infrastrutture militari NATO ai confini russi. In risposta a tale schieramento NATO, anche la Russia ha condotto ad inizio novembre estese esercitazioni nel Mare di Barents per testare tutta la sua triade nucleare composta di bombardieri strategici, sottomarini e missili balistici intercontinentali.
La risoluzione H.Res. 758
Il 18 novembre è stata introdotta alla Camera l’importante risoluzione H.Res. 758, il cui nocciolo consiste nel dipingere la Russia come un aggressore che ha invaso l’Ucraina e nell’invocare contro di essa l’azione militare. ( https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=VptXR5bPNe4 )
[…] Se la risoluzione 758 dovesse diventare legge, di fatto fornirebbe al presidente degli Stati Uniti il via libera per dichiarare guerra alla Federazione Russa senza l’autorizzazione formale del Congresso. In questo senso potrebbe essere interpretata come “lievemente incostituzionale”, in quanto contravviene alla sostanza dell’articolo 1, sezione 8 della Costituzione statunitense, che assegna “il potere di dichiarare guerra” al Congresso.
La risoluzione sollecita il presidente degli Stati Uniti, in consulta con il Congresso, a:
“condurre una revisione della forza, prontezza e responsabilità delle forze armate statunitensi e delle forze di altri membri NATO, per stabilire se i contributi e le azioni di ciascuno siano sufficienti ad assolvere gli obblighi di difesa collettiva previsti dall’articolo 5 del Trattato Nord-Atlantico, e di specificare le misure necessarie a rimediare eventuali deficienze.”
Questo suggerisce che gli USA stiano contemplando l’uso della dottrina di sicurezza collettiva della NATO (art. 5) in vista dello scatenamento di un confronto militare con la Federazione Russa. L’articolo 5 è un meccanismo imposto dagli USA all’Europa occidentale. Esso costringe gli stati membri della NATO, in gran parte europei, a muovere guerra per conto di Washington.
Inoltre si sta prendendo in considerazione un referendum sull’adesione dell’Ucraina alla NATO. Nel caso l’Ucraina ne diventasse membro e/o ridefinisse i suoi accordi di sicurezza con la NATO, potrebbe venire invocato l’articolo 5 per giustificare una guerra contro la Russia.
Legislazione rapida
La velocità con cui questa legislazione è stata adottata è insolita nella storia del Congresso statunitense. La risoluzione 758 è stata introdotta il 18 novembre, passata in gran fretta al Comitato Affari Esteri e tornata subito all’intera Camera per il dibattito e l’adozione. Appena 16 giorni dopo essere stata introdotta dal deputato Kinzinger (Illinois) è stata adottata con 411 voti favorevoli e 10 contrari nella mattinata del 4 dicembre. I membri del Congresso sono burattini. Il loro voto è controllato dalle lobby di Washington. Per gli appaltatori della difesa, Wall Street e i magnati del petrolio texani, “la guerra fa bene agli affari”. […]
Il blackout dei media
Uno si aspetterebbe che questa decisione storica sia stata ampiamente trattata dai media. Al contrario c’è stato un totale blackout: i media nazionali non hanno parlato della risoluzione 758. Nessuno ha osato riflettere sulle sue drammatiche implicazioni, il suo impatto sulla “sicurezza globale”. La terza guerra mondiale non è notizia da prima pagina.
E, senza copertura mediatica delle preparazioni belliche, il pubblico resta ignaro dell’importanza di tale decisione del Congresso.
Passate parola. Invertite la rotta verso la guerra. […]
Fonte: Global Research
Traduzione: Anacronista
L'arte della guerra. La rubrica settimanale di Manlio Dinucci
In tal modo la risoluzione cancella tutta la storia della penetrazione Usa/Nato in Ucraina, fino al putsch di piazza Maidan organizzato per suscitare la reazione dei russi di Ucraina e della Federazione Russa, riportando l’Europa a una nuova guerra fredda. La risoluzione chiama quindi il Presidente a fornire al governo ucraino armi, addestramento e intelligence, e contemporaneamente a rivedere «lo stato di prontezza delle forze armate Usa e Nato».
Accusando la Russia di violare il Trattato Inf, che nel 1991 ha eliminato in Europa i missili nucleari a gittata intermedia lanciati da terra (tra cui quelli Usa schierati a Comiso), la risoluzione sollecita il Presidente a «rivedere l’utilità del Trattato Inf per gli interessi degli Stati uniti» con la possibilità di «ritirarsi dal Trattato» (non a caso nel momento in cui gli Usa ammodernano le armi nucleari che mantengono in Europa, Italia compresa). La risoluzione sollecita inoltre il Presidente a verificare se ciascun alleato è in grado di contribuire all’«autodifesa collettiva in base all’articolo 5 del Trattato nord-atlantico».
Tale articolo, che obbliga tutti i membri dell’Alleanza a intervenire se uno di loro è attaccato, viene esteso di fatto oggi anche all’Ucraina, pur non essendo ancora ufficialmente membro della Nato. Gli alleati vengono direttamente sollecitati, nella risoluzione, a «fornire la loro piena quota di risorse necessarie alla difesa collettiva», cioè ad accrescere la spesa militare in base all’impegno preso di portarla come minimo al 2% del pil. Il che implica per l’Italia un aumento dagli attuali 52 milioni di euro al giorno, secondo i dati ufficiali della Nato (72 secondo il Sipri [ http://www.ilmanifesto.info/cento-milioni-di-euro-al-giorno-in-armi/ ]), a oltre 100 milioni di euro al giorno.
Sul piano economico, per «ridurre la capacità della Russia di usare le forniture energetiche quale mezzo di pressione», la risoluzione chiama l’Unione europea a «sostenere le iniziative di diversificazione energetica» intraprese dagli Usa, in particolare «l’aumento delle esportazioni di gas naturale e altri tipi di energia dagli Stati uniti» verso la Ue, l’Ucraina e altri paesi europei. In altre parole, chiama la Ue a rinunciare all’importazione di gas russo (e per questo gli Usa hanno affossato il gasdotto «South Stream») per importare quello liquefatto (tra l’altro molto più caro) fornito dalle multinazionali statunitensi.
La risoluzione infine chiama il Presidente a sviluppare una strategia per «produrre e diffondere informazioni in lingua russa in paesi con significativi settori di popolazione che parlano russo», massimizzando l’uso delle emitenti «Voce dell’America» e «Radio Europa Libera/Radio Libertà» attraverso «partnership pubblico-private» con media nazionali. Rilanciando così in Europa l’isterismo propagandistico della guerra fredda.
Questo, in sintesi, il contenuto della Risoluzione 758 che, dopo che sarà stata approvata anche dal Senato, diverrà una vera e propria legge per l’attuale e le future amministrazioni. E allo stesso tempo una dichiarazione ufficiale di guerra alla Russia che, attraverso la Nato, riporta l’Europa in prima linea di un nuovo pericoloso confronto militare.