LINGUA BIFORCUTA
Sul sito Osservatorio Balcani Caucaso, finanziato dalla Commissione Europea, Rodolfo Toè ci spiega che agli << studenti bosgnacchi (bosniaco musulmani) della Republika Srpska (RS) >> sarebbe negato il "diritto" di riferirsi alla propria lingua come "lingua bosniaca" anziché, per l'appunto, "bosgnacca". << Parlare di "lingua bosgnacca" ... significa in un certo senso negare l'esistenza di un territorio culturale e linguistico comune a tutta la Bosnia Erzegovina per limitarlo a un solo gruppo etnico, quello appunto bosgnacco e musulmano. >>
Rodolfo Toè vuole dare a intendere che quel "territorio culturale e linguistico comune" termina ai confini della Bosnia.
E come chiamare allora la lingua parlata dai bosgnacchi del Sangiaccato? O del Kosovo?
Noi la chiamiamo SERBOCROATO. Desolé, direbbero i francesi.
Fatto sta che, con questa paradossale motivazione sul nome della lingua, viene giustificata la politica di apartheid etnico a scuola ("boicottaggio"), promossa dalle famiglie dei bosgnacchi più oltranzisti con il sostegno dalla Comunità islamica di Nova Kasaba e sulla base di un memorandum sull'educazione stipulato a maggio tra Bosnia Erzegovina e... Turchia (sic!). Questa auto-segregazione scolastica in senso confessionale, che è finanziata dal ministero dell'Istruzione della Federacija e dal Fondo della diaspora bosgnacca in Australia "Bošnjaci", assomiglia drammaticamente a quella promossa negli anni Novanta dai nazionalisti pan-albanesi di Ibrahim Rugova in Kosovo, che tante tragedie causò per la pacifica convivenza su quel territorio.
(a cura di Italo Slavo)